
Insieme all'"Odissea", le "Metamorfosi" sono il libro più fortunato che l'antichità classica ci abbia lasciato. Dante e Shakespeare, pittori e scultori, musicisti e romanzieri di ogni paese e di ogni età lo hanno amato, riscritto, illustrato, dipinto. È il libro che per la sua leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità e molteplicità Italo Calvino affidava al terzo millennio. E' la summa del mito antico, ma anche delle passioni e dell'infelicità che dominano da sempre il mondo. Tutto, secondo Ovidio, muta: il cosmo, gli dèi, i corpi degli uomini e delle donne. Nelle "Metamorfosi", le storie di animali che divengono pietre, di eroi e ninfe mutati in stelle, di numi che s'incarnano, nascono l'una dall'altra, si intrecciano, riaffiorano in sequenza velocissima e cangiante. Nei libri III e IV troviamo alcuni degli episodi più belli di tutta l'opera, centrati sulle vicende mitiche di Tebe. Cadmo uccide il drago, ne semina i denti - dai quali nascono guerrieri che si sterminano fra di loro - e fonda la città. Atteone vede Diana nuda, è trasformato in cervo e sbranato dai suoi stessi cani. Narciso, specchiandosi nell'acqua, si innamora di sé stesso e diviene un fiore. Eco lo ama perdutamente e, respinta da lui, rimane puro suono che ripete le parole nell'aria. Semele, amata da Giove, chiede al dio di unirsi a lei in tutto il suo fulgore e rimane incenerita. Ino alleva il figlio dei due, Bacco, impazzisce su istigazione di Giunone, si getta nei flutti e diventa dea marina. Piramo e Tisbe, amandosi follemente, si uccidono l'una dopo l'altro, e il sangue tinge di nero le bacche bianche del gelso. Perseo vince Medusa e ne usa il capo, il cui sguardo pietrifica, per mutare Atlante in monte. Storie, direbbe Shakespeare, di "suono e furore", nelle quali la guerra fratricida, l'amore infelice, il volto del terrore, divengono città, fiori, sassi, foglie scure, e in cui la voce si perde nel vento. La Fondazione Valla prosegue con questo la pubblicazione in sei volumi delle "Metamorfosi", basando il testo e gli apparati su quelli editi da Richard Tarrant per gli Oxford Classical Texts: la cura generale è di Alessandro Barchiesi. Il commento è affidato allo stesso Barchiesi e a Gianpiero Rosati. La traduzione è opera di Ludovica Koch.
Indice - Sommario
Premessa dei curatori
Abbreviazioni bibliografiche
Nota al testo
TESTO e TRADUZIONE
Sigla
Libro terzo
Libro quarto
COMMENTO
Libro terzo
Libro quarto
Sulle cause della fine dell'Impero romano sorse già in età antica un acceso dibattito che non ha tuttora trovato una soluzione condivisa da tutti gli studiosi. Tra le molte storie scritte da coloro che di quegli avvenimenti furono testimoni oculari e assistettero alla fine di un mondo, un particolare interesse suscita la "Storia nuova" di Zosimo. Pagano e ostile al cristianesimo trionfante, Zosimo individua la ragione del crollo nell'abbandono dei culti e delle tradizioni che avevano reso grande Roma: e quando uno stato smarrisce, insieme al favore degli dèi, etica e morale, non può che sprofondare nel caos e nella guerra civile. Una lezione che, nonostante la faziosità dello storico, conserva ancora oggi il suo valore. L'introduzione di Fabrizio Conca guida alla lettura dell'opera e ai presupposti ideologici che la animano.
"Il 'bando' di Antigone "condanna" Ismene all'ordine della pólis; solo lì potrà abitare, non importa sotto quali leggi, suddita per sempre. Nel tempo della pólis dovranno instancabilmente cercare occasionali compromessi la prudenza degli anziani e la volontà di potenza dei regnanti, la timorosa pietas di Ismene e la paura servile della prima guardia, immagine di quella del plethos, della plebe disprezzata da Antigone. Qui sarà chiamato a sopravvivere Creonte, sconfitto insieme al cieco Tiresia. Dura legge e dura prova, la cui necessità la parola tragica enuncia senza ombra di consolazione. E perciò il pathos che suscita fa sapere - e solo nel sapere 'guarisce'." (dall'introduzione di Massimo Cacciari)
Un giardino aperto alle donne e agli schiavi, dove domina il vincolo dell'amicizia e la filosofia ha il compito di alleviare le sofferenze umane: questa la scuola retta da Epicuro per trentacinque anni e vissuta nella venerazione del maestro fino al IV secolo d.C. L'etica epicurea, il tetrafarmaco che libera l'uomo dalle paure e dai pregiudizi, ha affascinato i discepoli del maestro e ancora oggi è in grado di consolare e di indicare la via della saggezza: il saggio, come Epicuro, non teme la morte, non è afflitto dalle incertezze e vive "come un dio fra gli uomini".
Un padre esorta il figlio ad andare a scuola da Socrate. E c'è una notevole sequela di sue freddure e discorsi dissennati portati all'estremo opposto; e c'è il coro delle Nuvole che dice cose utili e mostra che Socrate è un sacrilego; e ci sono contro costui altre terribili accuse; e c'è uno dei suoi discepoli che - mostruoso! - percuote il padre; c'è poi l'incendio della scuola di Socrate. Il poeta afferma che questa commedia è la più bella e la più curata di tutta la sua produzione poetica.
"Per quanto abbiano la figura umana [gli Unni], sebbene deforme, sono così rozzi nel tenor di vita da non aver bisogno né di fuoco né di cibi conditi, ma si nutrono di radici di erbe selvatiche e di carne semicruda di qualsiasi animale, che riscaldano per un po' di tempo fra le loro cosce e il dorso dei cavalli." (Ammiano Marcellino)
L'arte della cavalleria (Perì Hippikès) e Il manuale del comandante della cavalleria (Hipparchikòs), scritti dal greco Senofonte attorno al 370 a.C., costituiscono i più antichi trattati sull'equitazione oggi esistenti, e conservano dopo ventiquattro secoli una sorprendente freschezza e validità, essendo ancora oggi utilizzati dagli studiosi e dagli appassionati di ippica come guida e fonte di preziosi insegnamenti pratici. È autore dell'indimenticabile Anabasi, l'epica ritirata dei Diecimila, si avvale della sua esperienza di letterato, di avventuriero e di uomo d'armi per analizzare nei dettagli i requisiti e le virtù ideali del cavallo da guerra, l'armamento, l'equipaggiamento, l'addestramento e le tecniche d'impiego dei reparti, nonché i doveri e le astuzie che devono guidare il buon comandante di cavalleria. I due trattati vengono tradotti e riproposti insieme, con il testo greco a fronte, per consentire di ricostruire con precisione un aspetto importante dell'arte bellica antica, da cui trassero insegnamento e ispirazione tutte le culture guerriere dell'occidente eredi della civiltà greca. I due testi vengono preceduti da un'ampia e dettagliata introduzione che descrive la storia, l'equipaggiamento e l'impiego della cavalleria greca dalle origini fino all'epopea di Alessandro il Grande, con decine di illustrazioni originali in bianco e nero e 8 tavole a colori.
I nove libri delle Storie trattano dei contrasti e delle lotte tra i Greci e i barbari prima e durante le guerre persiane, investigandone le cause. L'opera, che si basa sulla raccolta di materiali frutto di ricerche dirette, narra di paesi e popoli diversi, coprendo un arco di vari secoli. Attento alla dimensione religiosa, Erodoto la coniuga con un senso acuto della relatività dei fenomeni umani: pur accogliendo fatti mitici o leggendari, egli rifiuta l'interpretazione mitica della storia e fonda il suo racconto - che si avvale di uno stile semplice ed efficace - sull'analisi critica sorretta da una passione investigativa laica e razionale.
Artemidoro fu un personaggio cosmopolita e nomade, maratoneta dell'Occidente conosciuto (visse nel II secolo d.C.), che percorse per scopi "professionali" richiamato dalle corti più prestigiose dell'epoca. Era infatti noto come "oniromante", cioè interprete di sogni, e i suoi viaggi in Arcadia, Italia e Grecia continentale gli consentirono di raccogliere casi di interpretazione onirica che variano dal simbolico al clinico, individuando un catalogo di sogni "tipici" che sembra anticipare la teoria junghiana degli archetipi e quella delle topiche freudiane. Introdotto da un saggio di Giulio Guidorizzi, questo database onirico dell'antichità conta più di 3.000 casi e svela gli antichi segreti per penetrare nei destini e nelle tracce che il nostro inconscio elabora e occulta nei sogni. In questa edizione, "Il libro dei sogni" viene presentato in una nuova traduzione, corredata da brevi note esplicative. L'introduzione ripercorre la storia del sogno nell'antica Grecia, ne illustra le più recenti interpretazioni, prendendo spunti dalle recenti teorie sull'inconscio e la psicanalisi, e spiega l'interesse che ha suscitato nelle più diverse discipline.
Le opere di Rimbaud sono qui inquadrate storicamente da un'ampia introduzione e accompagnate da un commento sia linguistico che esegetico. Il testo francese è quello dell'edizione critica di Bouillane de Lacoste. A ciò si aggiunge una scelta delle lettere più importanti del poeta di Charleville, un succinto schema biografico e alcune indicazioni bibliografiche fondamentali.
I ricordi raccolgono dodici libri di meditazioni in forma di aforisma, che il grande imperatore filosofo scrisse durante le sanguinose campagne militari, lottando vanamente contro le invasioni dei barbari. I ricordi non sono dunque un diario, memoria di gesta passate; al contrario, con la loro natura di "schegge" scaturite dal più profondo dell'anima di un uomo saggio, rappresentano un breviario spirituale che parla a ciascuno, in ogni tempo. A sorreggerne ogni riga è chiamata la lucidissima morale stoica ("arte di vivere", ricerca di sapienza e pratica di virtù) di Seneca ed Epitteto. Si compone così un'opera fra le più alte, per intensità morale e intellettuale, della storia del pensiero: il cosiddetto "vangelo dei pagani", quello che Giacomo Leopardi definì "la filosofia in trono".