Faville di Favella! Una sinestesia suggestiva per presentare questo lavoro. Se la Scrittura è paragonabile al roveto ardente, la figura retorica fa all'uopo. La Parola sfavilla a chi la "percuote" nella lettura, nello studio, nella preghiera e il bagliore che ne scaturisce rivela l'invisibile forma (temûnâh) di Dio a nessuno concessa se non a Mosè (Nm 12,8). E se Mosè è l'altro modo - nobile, solenne, ipostatico - di dire la Tôrâh, significa che grazie ad essa, nei cui precetti s'impara a camminare, non è negata a nessuno l'immagine di Dio, perché nella Tôrâh Dio si rivela quale fiamma di fuoco (labbat-'ës?). Pur brulicando di scintille, non si consuma e, nella notte dell'esistenza, lascia intravedere il Misericordioso ('Ël-rah?ûm). Mosè ne ha fatto esperienza all'inizio della sua parabola di vita (Es 3) e anche dopo l'apostasia di Israele, quando il Signore scese nella nube e gli manifestò in un privilegio senza pari la sua essenza (Es 34,6). Riconsiderare le faville misericordiose dell'eterna Favella non può che far bene, favorendo la maturazione di una testimonianza ancor più generosa e incisiva in tempi complicati e difficili quali quelli che stiamo vivendo.
Quale rilevanza ha l'esperienza e la conoscenza di fede in un mondo post-secolare? Il pensiero del teologo Joseph Ratzinger l'ha individuata nella categoria lógos, mostrando il valore cristologico che esso ha per l'antropologia, nell'intreccio della sua dimensione storica e ontologica. Attraverso un duplice momento di ricognizioni delle fonti dell'autore e di rilettura critica, emerge un pensiero che vuole narrare all'uomo di oggi la possibilità di declinare l'esperienza della fede come «amore» e «verità », ma che può raggiungersi solo se queste categorie abbandonano la pretesa di coincidere con se stesse e si aprono a quell'ulteriorità che le giustifica.
La destrutturazione della famiglia e dei suoi ruoli attualmente in atto sfrutta anche fenomeni quali l'omosessualità, la bisessualità e la transessualità. L'opera, partendo dalla figura chiave di Gesù, Sposo dell'umanità redenta, intende offrire una lettura del fenomeno in modo teologicamente critico. Il rapporto tra buona notizia evangelica e matrimonio viene dapprima considerato alla luce della relazione sponsale che lega Maria a Giuseppe. Il desiderio omoerotico, la dinamica polarità fra i sessi e la dimensione sponsale del Mistero cristiano, verranno invece letti in prospettiva trinitaria e cristologica, orizzonte in grado di teologicamente inquadrare anche fenomeni quali la bisessualità e la transessualità. In conclusione verrà fatto un cenno anche all'attuale decostruzione transumanista, dalla forte caratterizzazione transessuale, della maternità e della paternità.
Il sacrificio è interminabile. Scorre come un fiume carsico. A volte si inabissa, altre volte ritorna con irruenza in superfice, generando riflessioni e dibattiti. In alcuni casi essi nascono all'interno della teologia o degli studi delle religioni comparate o della psicoanalisi, nell'ambito della riflessione filosofica o della più stringente attualità che spinge puntualmente a evocare di fronte a eventi straordinariamente drammatici e violenti un linguaggio sacrificale. Il presente volume, frutto di una riflessione iniziata all'interno del settore di Teologia dell'esperienza religiosa nel contesto del Mediterraneo, è un lavoro a più voci (tra gli altri J.-P. Hernandez, A. Nugnes, C. Torcivia), che tendono a convergere progressivamente intorno a una prospettiva comune secondo cui il linguaggio sacrificale ha il suo valore insostituibile per la teologia solo se veicolo di donazione gratuita e incondizionata sia nella morte di Cristo sia nella vita dei cristiani.
Il volume contiene una sintesi riveduta della ricerca svolta da p. Luigi Di Pinto S.I. sui Fondamenti biblici della teologia morale, disciplina che lo tenne occupato - nello studio e nell'insegnamento - per oltre trent'anni. Partendo dalla nuova prospettiva aperta dal Concilio Vaticano II e dal suo spiccato amore per la Scrittura, l'Autore sonda i fondamenti, il dinamismo e le caratteristiche tipiche del discorso morale alla luce di due categorie centrali del testo biblico: l'alleanza di Dio con Israele e la chiamata di Gesù ai discepoli. Attraverso un'analisi seria e profonda sul testo sacro, egli fa emergere la stretta relazione che lega il dono di grazia e l'agire morale: «Dono e compito non sono se- parati né giustapposti, ma costituiscono le due componenti dell'unico vangelo di Dio, come le due facce di una medaglia o le valve di una conchiglia». Si tratta di pagine dense e stimolanti che sarebbe stato un peccato lasciar perdere negli scaffali di qualche archivio.
Movendo dalla riflessione teologica di Schelling nel suo riconoscere, attraverso le peculiari risorse offerte dal giudizio infinito, Dioin una indeterminazione ontologica che rende il concetto stesso, predicativamente declinato, del tutto "inerte" a cospetto di Dio, questo studio si propone di esaminare la funzione che, in tale orizzonte di pensiero, è svolta dalla Chiesa nel suo sviluppo storico e spirituale. L'"ecumenismo spirituale", al quale la Chiesa futura dovrebbe, per Schelling, ispirarsi poggerebbe infatti su una "pluralità" monoteistica consonante con la vocazione più autentica di una ecclesia che intenda dare espressione alla pura potentia existendidi Dio. Qui - si legge in un'ispirata pagina di Schelling - «come in un germe infinitamente fecondo, dorme in quell'unità eterna con l'abbondanza delle sue figure, la ricchezza della vita e la pienezza dei suoi sviluppi, temporalmente senza fine, ma qui assolutamente presenti, e passato e futuro, entrambi senza fine per il finito, qui giacciono insieme, indivisi, sotto una coltre comune».
Attraverso questo prezioso contributo, P. Antuan Ilgit, S.I. mostra di essere un maestro costruttore di ponti. Fondando una solida base che connette il cristianesimo e l’islam, attingendo al ricco patrimonio di entrambi, fornisce una specie di «planimetria» straordinariamente completa mediante il dialogo interreligioso e il discorso etico. Partendo dalle nozioni di «disabilità» già in possesso delle due grandi religioni, passa poi a considerare come questa planimetria etico-interreligiosa possa essere applicata ai contesti pluri-culturali in generale e alla questione della disabilità in particolare. Oltre a una ricognizione dei principali testi sacri di cristianesimo e islam sull’argomento, P. Ilgit riporta un’incredibile varietà di letteratura in varie lingue. A questo progetto concorrono le sue notevoli capacità analitiche di teologo morale e il suo personale background di gesuita turco formatisi in Europa e Stati Uniti d’America, e con una diretta esperienza di vita in entrambe le tradizioni religiose. Il suo lavoro si rivela inestimabile non solo per coloro che sono interessati a una o più aree di studi sulla disabilità, al dialogo interreligioso tra islam e cristianesimo – specialmente in riferimento alla Turchia moderna –, ma anche all’area critica, volta a portare la teologia morale fondamentale e la Scrittura nell’etica applicata.
Percorsi dell'esperienza raccoglie sette studi sull'esperienza umana che l'autore interpreta in una prospettiva spirituale fondamentale - intesa in termini filosofici e non dogmatici o religiosi. L'esperienza spirituale costituisce la preoccupazione comune che attraversa e unifica gli studi ed è al cuore dei "percorsi" proposti, fino al confronto con l'esperienza digitale contemporanea. In definitiva, lo spirituale nell'uomo coincide con la sua più profonda umanità (che l'autore chiama "dimensione" umana, del sottotitolo): e cioè. con l'esperienza radicale del suo essere affidato a se stesso in modo unico e irripetibile, gratuito e imponderabile. Tale esperienza si compie nel presente di ogni istante e di ogni situazione, coincidendo con l'apertura dell'uomo al/del mondo a cui appartiene. Nell'esperienza appare dominante l'idea del viaggio e dell'uscire fuori (ex) attraversando i pericoli e i rischi connessi (per-): ciò che rinvia a una comprensione dell'uomo (homo viator) impegnato in un cammino mai definitivamente compiuto o realizzato e sempre in fieri. L'uomo è un inizio capace di dare inizio: l'inizio di una libertà (H. Arendt) capace a sua volta di dare inizio alla storia. Per questo motivo, Abramo e Ulisse rappresentano due figure archetipiche su cui la riflessione del libro si sofferma a più riprese. In quanto essere dell'esperienza, l'uomo diventa umano attraverso le esperienze che compie: è necessario assumere e attraversare l'esperienza affinché l'umanità si realizzi.
Il tema della preghiera nell’epistolario paolino ha conosciuto nel corso del tempo fasi alternate di studio e di eclissi. Recentemente molti studiosi hanno ritenuto opportuno classificare le menzioni di preghiere ricorrenti nelle sezioni iniziali delle lettere, e non solo, come semplici espedienti letterari in uso nelle lettere antiche, da cui l’apostolo avrebbe preso spunto. Lo studio offerto nel libro si propone, attraverso il contatto con alcuni testi scelti dell’epistolario di Paolo, confrontati con testi coevi profani, di comprendere il “possibile significato” che l’apostolo conferisce alle menzioni di preghiera disseminate in lungo e in largo nelle sue lettere. La domanda che fa partire la ricerca muove dalla questione aperta se tali menzioni siano effettivamente da considerare alla stregua di quelle che incontriamo nelle lettere profane del tempo, o se esse abbiano un rilievo nelle argomentazioni offerte dall’apostolo, ponendo attenzione al contesto in cui le stesse sono inserite. L’elemento di novità presente nel libro verte intorno alla constatazione che, come tipico di diverse argomentazioni dell’apostolo delle genti, ciò che egli comunica della preghiera è mediato dalla “personale” esperienza di vita che mette in gioco il suo retroterra culturale e religioso, riletto a partire dalla fede in Cristo, scardinando tutte le convenzioni sociali e scritturistiche del tempo, e facendo degli stessi “espedienti letterari” un’occasione per tramettere ciò che ha profondamente trasformato la sua vita. Pertanto il lavoro, pur attento ai dati esegetici e seguendo criteri scientifici, non è pensato per i soli addetti ai lavori, ma per avvicinare un pubblico vasto, nella speranza che quanto esposto possa aiutare il cammino
Lo studio cerca di mostrare come le risposte alle attuali sfide che ruotano attorno allo statuto del corpo sessuato umano nel contesto liquido postmoderno sembrano tutte convergere nella necessità di lasciar maggiormente emergere dal deposito della fede custodito dalla Chiesa il significato teologico della distinzione sessuale. Un significato in precedenza certo già implicitamente vissuto dal popolo di Dio, ma mai esplicitamente affermato come tale dal magistero del- la Chiesa. Tale significato rende possibile il costituirsi di un nesso tra i misteri della fede tale da lasciar intuire l’esistenza di una profonda struttura nuziale della rivelazione ebraico-cristiana. Essa ha una dimensione escatologica non solo perché tocca centralmente il mistero della resurrectio carnis, ma anche perché il suo emergere proprio ora potrebbe suggerire anche il progressivo venir meno dei tempi delle Nazioni (cf Lc 21,24). Si dimostra, infine, come tutto questo illumina la recezione di Amoris laetitia attualmente in corso.
Annunciare il vangelo è accogliere la sfida sempre nuova di rendere ragione della fede in modo comprensibile e significativo. Questa convinzione è al centro della elaborazione teoretica di Carlo Greco per molti anni docente di Filosofia della religione e di Teologia fondamentale nella sezione san Luigi della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale.
Muovendo dalla messa in luce dei nodi fondamentali del suo itinerario intellettuale, il volume è una sorta di dialogo a più voci che, da punti di approccio diversi, si costruisce avendo sullo sfondo come interlocutore padre Greco: le argomentazioni a lui più care, il suo stile di ricerca e di confronto. Un aiuto ad entrare nel vivo del dibattito teologico e filosofico contemporaneo intorno ad un tema che non smette di appassionare.
Nella prospettiva del Convegno ecclesiale di Firenze In Gesù Cristo il nuovo umanesimo, gli studi raccolti in questo volume partono da un punto di vista comune: l'esistenza marginale di Israele, e in esso delle prime comunità di credenti in Gesù, rispetto ai popoli e alle culture con cui si e dovuto confrontare per consolidare e vivere la propria identità. Interrogano perciò la Bibbia e altri scritti della tradizione giudaica e cristiana sui diversi momenti del dibattito sull'umano al confine tra culture e prospettive differenti. Affrontano dunque il tema della frontiera, della sua funzione e del suo attraversamento come spazio di incontro e coabitazione e come apporto peculiare a una definizione dell'"umano" e del suo rapporto con il divino. Sono inquadrati da un intervento storico introduttivo, che traccia le coordinate su cui collocare le varie interpretazioni bibliche, e da uno studio ermeneutico conclusivo, che rilancia la ricerca nella prospettiva del conflitto delle interpretazioni. In particolare mettono a fuoco le tendenze esclusive e inclusive che caratterizzano l'agire umano nell'incontro, e molte volte nello scontro, alla ricerca o affermazione di un'identità etnica, culturale e religiosa. Abitando un mondo in cui spesso siamo più preoccupati a difendere i confini e poco attenti ad abitare le frontiere, siamo condotti all'interno di un dibattito o confronto dialettico tra interpretazioni diverse che attraversano l'uno e l'altro Testamento.
Preso atto della svolta realizzata da Heidegger e da Gadamer nel campo della riflessione ermeneutica, il testo approfondisce il nesso che lega indissolubilmente il vivere e il comprendere esplorando in diversi modi il carattere costitutivamente storico e intersoggettivo dell’esistenza. Immerse in una trama di rimandi e di legami, al cui interno emerge con chiarezza che non esistono né 'cose in sé' né 'uomini in sé', cose e persone esistono nella misura in cui coesistono, intrecciate le une alle altre in una varietà di vincoli che non sono destinati a rimanere limiti intollerabili di una libertà immaginata stoltamente come assoluta. I vincoli, infatti, attestano una storia, dicono possibilità, aprono strade affidate alla libera responsabilità di ciascuno. Ecco perché l’ermeneutica si presenta anzitutto come un cammino sulle tracce dell’altro. I testi tramandati dalla tradizione, le opere d’arte, le conversazioni quotidiane, le molteplici esperienze di incontro costituiscono tracce che provocano il domandare e attivano ad intraprendere un cammino. La comprensione autentica promuove una trasformazione di esistenza all’interno di un orizzonte dilatato continuamente dall’esperienza del dialogo, con la disponibilità a mettere in gioco se stessi e la propria visione del mondo.
Quale senso riconosciamo alla vita nostra e degli altri? Chi siamo, chi vogliamo essere? È possibile vivere la solidarietà nel presente, in condizioni di pluralismo di fatto, di fronte alla complessità di relazioni, con strutture fortemente condizionanti? Quale volto di Dio mediamo nel nostro vivere come credenti in questa storia? Sentiamo da più parti invocare il bisogno di onestà, di trasparenza, di un ritorno all’intenzionalità e alla prassi del vangelo. Ma non basta pensare all’efficacia dell’annuncio, a quadri normativi e criteri di decisione riconoscibili. Occorre curare l’esperienza morale nel suo carattere originariamente umano, consapevole, libero e responsabile di incontro con l’altro. L’accoglienza della Parola è invito a una comunione che ci è affidata.
La cura dell’altro esprime una prospettiva della teologia morale legata al nome di Sergio Bastianel, gesuita, professore e formatore di coscienze. L’unità etica, spirituale e sociale della sua riflessione, capace di assumere in profondità le istanze conciliari e quelle del presente, è nota negli ambienti laici ed ecclesiali italiani e internazionali. Il libro nasce come omaggio di riconoscenza in occasione del suo settantesimo compleanno. Esso contiene saggi di discepoli di diversa provenienza che condividono con Bastianel un cammino di comune riflessione sui temi principali della teologia morale. Ad essi si uniscono alcune voci di docenti di teologia morale particolarmente vicini nella riflessione, nell’insegnamento, nella testimonianza di vita.
La proposta di una riflessione metafisica nel presente può risultare a prima vista inattuale o quanto meno problematica. La crisi delle certezze e l'eccesso di specializzazioni sembrano suggerire che un discorso integrato sull'intero costituisca semplicemente un residuo del passato. Muovendo dall'esigenza di chiarire il senso e i limiti di un pensare metafisico nell'attuale contesto, il volume si apre con un'intervista al prof. Saturnino Muratore S.J., docente emerito di Filosofia Teoretica presso la Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale (sezione san Luigi). In modo semplice e accattivante, l'intervista condotta da Antonio Trupiano - da circa trent'anni collaboratore di Muratore - costituisce un valido strumento di indagine per quanti si accostano alla complessità del pensiero metafisico, sia nelle Facoltà e negli Istituti ecclesiastici, sia nelle Facoltà di Filosofia delle Università civili. Preso atto della crisi della filosofia neoscolastica, il percorso indicato da Muratore valorizza la svolta al soggetto dell'età moderna e affronta l'indifferibile sfida dell'integrazione tra saperi. Negli altri tre saggi raccolti nel volume, P. Coda, S. Muratore, e A. Trupiano sviluppano ulteriori aspetti del rinnovamento degli studi filosofico-teologici, in ascolto delle istanze promosse dal Concilio Vaticano II.
Dopo un'introduzione di carattere generale vengono richiamati quegli elementi dell'analisi conoscitivo-metafisica lonerganiana che portano Bernard J.F. Lonergan a delineare un realismo critico, elaborato a partire dall'auto-appropriazione da per del soggetto in quanto conoscente, fino a fondare la possibilità dell'etica, possibilità che costituisce la problematica centrale del presente lavoro
Secondo GH. Gardner, la scienza cognitiva si avvale di contributi di neuroscienze, antropologia, linguistica, intelligenza artificiale, psicologia e filosofia, i cui confini sono destinati ad attenuarsi nel reciproco interscambio. Il volume presenta una panoramica di alcuni problemi attualmente affrontati in scienza cognitiva ed è frutto di un'attività di confronto interdisciplinare, in atteggiamento di interesse e apertura, fra docenti, ricercatori e studiosi, cultori di vari ambiti di scienza cognitiva provenienti da Università italiane e pontificie, dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e da altre istituzioni.
Ai miei nonni voglio dire grazie perché...
Tra l'abbondante letteratura dedicata alla poliedrica figura di Edith Stein soprattutto dopo la sua canonizzazione nel 1998 da parte di Giovanni Paolo II - sono pochi gli studi che hanno affrontato il suo pensiero in prospettiva teologico-fondamentale, individuando la linea di continuità che lega le ricerche filosofiche prima della conversione e quelle successive relative alla metafisica e ai commenti delle opere dei grandi mistici carmelitani Teresa d'Avila e san Giovani della Croce, Tiziana Caputo ricostruisce in modo originalissimo con metodo storico-genetico e con un approccio teologico-fondamentale l'itinerario intellettuale che porta Edith Stein dallo studio della fenomenologia alla filosofia cristiana da Agostino a Tommaso, fino all'approfondimento dell'esperienza mistica. Tre vie che si rivelano come altrettante vie a Dio e che questo volume presenta in una analisi che offre un contributo a disegnare il sofferto itinerario di ricerca della verità da parte della Stein fino al sovranamente personale incontro con il Dio cristiano.
La teoria dell'agire comunicativo, che J Habermas completa con l'etica del discorso, nei suoi risvolti etici, politici e culturali risulta essere una salutare provocazione per la teologia morale fondamentale e consente di rileggere la recente riflessione nel campo etico-teologico a proposito di coscienze, strutture e rapporti interumani all'interno della società. La dimensione dell'intersoggettività, che è quella della comunicazione interpersonale e del confronto argomentativo, è l'unica che può portare alla verità, purché gli interlocutori, al di là di ogni razionalità strategica, portino nel confronto le tesi che ritengono effettivamente vere. La teoria della verità elaborata da Habermas sollecita la teologia morale a non ridurre il confronto intersoggettivo alla semplice riaffermazione del rispetto per l'altro e le sue opinioni e a tenere alto l'impegno per la sovrabbondanza della verità.
Questo libro presenta l'avvio di un itinerario sulla questione di Dio nel pensiero filosofico in dialogo con autori della tradizione mistica e fenomenologica e nel libero confronto con la tradizione metafisica.
Il volume propone una considerazione globale dell'originale intreccio che nel pensiero di Michel Henry si delinea tra la ricerca filosofico-fenomenologica del vero e il patrimonio di pensiero e di esperienza della fede cristiana. Di questo intreccio vengono dipanati i fili ponendo in rilievo il tema intorno a cui si costruisce: la vita e la sua natura rivelativa e affettiva. La filosofia di Henry è una profonda ed intensa meditazione della vita. La sua forza è nell'appassionata difesa dell'interiorità quale luogo in cui la vita di Dio originariamente si rivela. Ne deriva per la teologia l'invito a riscoprire 'la via dell'interiorità' nell'itinerario ad Deum e nell'argomentazione della credibilità della fede, una via antica e affascinante che essa oggi è chiamata a seguire con rinnovato coraggio.