Nuova traduzione con ampia introduzione e apparato di note. Tra le ricche raccolte omiletiche di Giovanni Crisostomo, quelle sul vangelo di Giovanni - di cui in questo volume si pubblicano le omelie 60-88 - costituiscono un corpus notevole per ampiezza, organicità e sistematicità. Nelle omelie sul vangelo di Giovanni l'autore, attraverso la consueta raffinatezza stilistica e la grande sensibilità, interpreta il testo evidenziandone il fondamentale portato per la definizione della teologia trinitaria, in opposizione alla speculazione ariana. Inoltre coglie tutti gli spunti utili all'edificazione morale e spirituale della propria comunità, con frequenti e concreti riferimenti alle pratiche, agli usi e costumi dell'epoca.
Nuova traduzione con ampia introduzione e apparato di note. Tra le ricche raccolte omiletiche di Giovanni Crisostomo, quelle sul vangelo di Giovanni - di cui in questo volume si pubblicano le omelie 30-59 - costituiscono un corpus notevole per ampiezza, organicità e sistematicità. Nelle omelie sul vangelo di Giovanni l'autore, attraverso la consueta raffinatezza stilistica e la grande sensibilità, interpreta il testo evidenziandone il fondamentale portato per la definizione della teologia trinitaria, in opposizione alla speculazione ariana. Inoltre coglie tutti gli spunti utili all'edificazione morale e spirituale della propria comunità, con frequenti e concreti riferimenti alle pratiche, agli usi e costumi dell'epoca.
Nuova traduzione con ampia introduzione e apparato di note. Un corpus notevole per ampiezza, organicità e sistematicità in cui l'autore interpreta il testo evidenziandone il fondamentale portato per la definizione della teologia trinitaria, in opposizione alla speculazione ariana. Con frequenti e concreti riferimenti ai costumi dell'epoca utili all'edificazione morale e spirituale della comunità.
La Storia della Chiesa di Socrate offre al lettore italiano odierno una testimonianza inedita e imparziale, equilibrata e tanto più preziosa in quanto emessa dal suo stesso centro, sulla storia dell'impero cristiano romano-bizantino.
Il De Trinitate di Sant'Agostino, duramente criticato da molti teologi del secolo XX, alla luce delle ricerche più recenti sorprende per l'originalità del metodo e dei contenuti. L'autore non si limita a difendere la fede trinitaria della Chiesa confutando l'eresia ariana sul piano biblico e razionale. Si confronta con la Tradizione in pace catholica pacifico studio sul tema delle teofanie veterotestamentarie, critica le speculazioni di Mario Vittorino troppo dipendenti dagli schemi neoplatonici, approfondisce il mistero di Dio in dialogo con i lettori, cristiani e pagani, a partire dalle relazioni e dall'amore tra le persone divine, mettendo in risalto il valore gnoseologico e soteriologico delle missioni del Figlio e dello Spirito Santo e la differenza tra la generazione e la processione in Dio. Un'opera che ha aperto nuovi orizzonti alla teologia trinitaria contemporanea, riproposta in una nuova traduzione curata da uno dei massimi specialisti di Agostino.
Questo dettagliato Commento all'Ecclesiaste, attribuito per lungo tempo a San Gregorio Agrigentino, nella recente edizione critica del 2007 è presentato come dello PseudoGregorio di Agrigento. Negli anni immediatamente successivi, la ricerca filologica ha permesso di identificare come suo autore Metrofane (912 ca.), metropolita di Smirne, già noto come uno degli avversari di Fozio. Nonostante l'evo bizantino inoltrato, Metrofane continua la tradizione esegetica dell'Ecclesiaste che risale a Origene e interpreta il testo sapienziale come «libro della fisica», ovvero libro della conoscenza della natura, per la cui meditazione l'uomo può liberamente determinarsi per il suo bene. Nel commento ai primi versetti dell'Ecclesiaste, Metrofane scrive che questo libro sapienziale tratta «dell'ordine e dello stato di quasi tutti gli enti e fenomeni della natura e inoltre anche della bontà o della malvagità della facoltà volitiva degli uomini». Il Commento deve dunque essere valutato come un logos unitario, dove le singole sentenze dell'Ecclesiaste non soltanto sono commentate dettagliatamente attraverso equivalenze sintattiche, ma sono anche inserite nella trama di un disegno d'insieme circa la fisica. Il testo dell'Ecclesiaste diviene, in tal modo, un discorso epidittico sulla fisica cristiana, un discorso che però a volte s'invola in considerazioni più prettamente teologiche o - come preferisce l'autore - «mistiche».
Il "De Athanasio" di Lucifero di Cagliari (morto nel 370 ca.), di cui qui si presenta una traduzione in lingua moderna, è uno dei cinque pamphlet che l'agguerrito vescovo rivolge con virulenza contro l'imperatore Costanzo, ben noto per il suo sostegno alla dottrina ariana. Motivo dell'attacco è il fatto che, in occasione del concilio di Milano (355), Atanasio, grande paladino dell'ortodossia nicena, fu condannato nonostante fosse absens, inauditus e innocens. Una profluvie di citazioni bibliche, alcune molto lunghe ed esondanti; stringenti argomentazioni e minacce di dannazione eterna, qua e là inframmezzate da tentativi di correzione nella speranza di un ravvedimento; uno stile scabro come la natura della sua terra; tutto ciò fa di questa opera un riferimento imprescindibile per comprendere importanti elementi della controversia ariana del IV secolo.
Il volume riunisce due opuscoli appartenenti al corpus asceticum di Giovanni Crisostomo. Essi trattano e contrastano un fenomeno presente nei primi secoli del cristianesimo, vale a dire la coabitazione di monaci o asceti con donne vergini. In un'epoca in cui non era ancora diffuso un monachesimo cenobitico regolare e organizzato, poteva accadere che uomini e donne decidessero di dedicare la propria vita a Dio in preghiera, ascesi e castità, vivendo insieme per beneficiare di assistenza reciproca e soccorso vicendevole. Tuttavia, per i sospetti di immoralità cui poteva dar adito e per lo scandalo che poteva procurare, tale fenomeno nel cristianesimo antico fu spesso considerato con grande sfavore. Con i due opuscoli - il primo indirizzato agli asceti, il secondo alle vergini - il Crisostomo si inserisce in una polemica già viva e ben nota ai suoi tempi, trattata da autori ecclesiastici e recepita da molti concili, consegnandoci i testi più organici e specifici che sull'argomento ci abbia lasciato il cristianesimo antico.
La Confutazione di alcune dottrine aristoteliche è opera in lingua greca falsamente attribuita dalla tradizione manoscritta all'apologista Giustino, la cui redazione può probabilmente essere datata tra il IV e il V secolo. L'opera si inserisce nella tradizione del pensiero cristiano antico che, a partire dalla convinzione che L'attività creatrice di Dio si collochi ab initio temporis, individua in Aristotele, sostenitore della dottrina dell'eternità del cosmo e del tempo, uno dei bersagli privilegiati della sua polemica. In questo contesto l'atteggiamento dell'anonimo autore della Confutatio appare tuttavia singolare: per difendere la creazione dal nulla egli si confronta in modo diretto - caso quasi unico all'interno della Patristica - con il testo aristotelico della Fisica e del trattato De caelo, confutandone le dottrine con argomentazioni di carattere esclusivamente filosofico ed evitando il richiamo al testo biblico quale strumento probatorio.
Panarion adversus omnes haereses è il capolavoro di Epifanio di Salamina (310/20-403) scritto contro tutte le eresie dell’epoca. L’Autore si propone di confutare le eresie che attecchivano allora all’interno delle comunità cristiane e ne considera e combatte nel testo circa 80 eresie diverse. Ad ogni eresia associa l’immagine di un serpente velenoso per il quale suggerisce un siero, da cui il titolo dell’opera “Panarion” ovvero “cassetta dei medicinali” da utilizzare nella lotta “contro il veleno dell’errore”. Anche se è stato molto discusso dai posteri per la faziosità che talora l’attraversa, è un trattato prezioso per la quantità di notizie e documenti che riporta.
Panarion adversus omnes haereses è il capolavoro di Epifanio di Salamina (310/20-403) scritto contro tutte le eresie dell’epoca. L’Autore si propone di confutare le eresie che attecchivano allora all’interno delle comunità cristiane e ne considera e combatte nel testo circa 80 eresie diverse. Ad ogni eresia associa l’immagine di un serpente velenoso per il quale suggerisce un siero, da cui il titolo dell’opera “Panarion” ovvero “cassetta dei medicinali” da utilizzare nella lotta “contro il veleno dell’errore”. Anche se è stato molto discusso dai posteri per la faziosità che talora l’attraversa, è un trattato prezioso per la quantità di notizie e documenti che riporta. Il presente volume è il secondo tomo della serie.
Un trattato fondamentale per conoscere la Storia della Chiesa e delle prime comunità cristiane. Panarion adversus omnes haereses è il capolavoro di Epifanio di Salamina (310/20-403) scritto contro tutte le eresie dell'epoca. L'Autore si propone di confutare le eresie che attecchivano allora all'interno delle comunità cristiane e ne considera e combatte nel testo circa 80 eresie diverse. Ad ogni eresia associa l'immagine di un serpente velenoso per il quale suggerisce un siero, da cui il titolo dell'opera "Panarion" ovvero "cassetta dei medicinali" da utilizzare nella lotta "contro il veleno dell'errore". Anche se è stato molto discusso dai posteri per la faziosità che talora l'attraversa, è un trattato prezioso per la quantità di notizie e documenti che riporta.
Uno spaccato prezioso per conoscere di vita e l'indole di un autore che poco ricorda l'austero "Teologo" della tradizione bizantina. Le Epistole di Gregorio Nazianzeno, di cui il volume propone la prima traduzione completa in lingua italiana, costituiscono un osservatorio privilegiato per conoscere la vita e l'indole di un Autore che seppe raccontare, in una prosa d'altri tempi, la quotidianità posta sullo sfondo delle complesse vicende politiche e religiose della seconda metà del IV secolo d.C. Ne emerge un ritratto ricco e complesso per cui Gregorio è al tempo stesso il nostalgico cantore di una giovinezza trascorsa ad Atene, il figlio devoto, l'amico fedele, l'iraconda vittima del "tirannico volere", l'ironico e inflessibile censore di condotte da biasimare. L'intero corpus è anche l'occasione unica per avvicinarci ad una linguaggio che trae linfa dal grande patrimonio della letteratura greca per esprimere una concezione di vita ormai pienamente cristiana.
La "Confutazione di tutte le eresie" è una delle opere più problematiche della letteratura patristica. Costituita da dieci libri, è stata ricomposta nel secolo XIX, quando si sono uniti i manoscritti conosciuti in precedenza con uno ritrovato sul Monte Athos. Ben presto venne meno l'attribuzione a Origene in favore dell'ipotesi Ippolito, alla quale, in seguito demolita, non segue a tutt'oggi alcuna proposta alternativa. Dopo un'ampia antologia filosofica segue una parte in cui si fa cenno alle dottrine magiche, astrologiche, astronomiche, numero-logiche greche, poi si passa a descrivere le eresie gnostiche. La sezione si conclude con la dottrina di Noeto, per poi passare a una feroce polemica contro papa Callisto, cui segue la descrizione degli Elchasaiti e delle diverse sette giudaiche. II X libro si conclude con una dimostrazione della verità.
La Storia dei Goti di Iordanes si delinea a tutti gli effetti come una storia a carattere nazionale. L’Autore, infatti, ripercorre tutte le fasi di formazione della cultura e della società gota a partire dalle sue lontane origini scandinave, per poi narrare le fasi salienti della migrazione nel nord-est Europa, attraverso l’analisi dei rapporti che i Goti hanno avuto con l’Impero romano e con gli altri popoli, fino alla formazione dei due grandi domini: quello visigoto in Gallia e quello ostrogoto in Italia. I Germani, attraverso le migrazioni in massa e la costituzione di regni romano-barbarici, hanno contribuito in maniera determinante a ridisegnare la carta politica, economica, sociale, culturale, linguistica dell’Europa, segnando una traccia inconfondibile nel destino delle nazioni moderne. L’opera di Iordanes, dunque, rientra perfettamente in questo quadro, contribuendo in maniera efficace a dimostrare quanto determinante sia stata la presenza dei Goti in Europa.
Il primo trattato di argomento teologico scritto in latino a Roma.
La Trinità di Novaziano, presbitero romano della prima metà del III secolo, espone la “regola della verità” per definire quale debba essere la giusta fede nelle tre Persone divine e cerca di prendere le distanze da alcune dottrine eretiche allora in circolazione. La maggior parte del trattato si concentra sul Figlio, vero Dio e vero uomo, e chiarisce il suo rapporto con il Padre, ricorrendo costantemente alle Scritture. Pur proponendo in alcuni punti interpretazioni non del tutto ortodosse ciò, tuttavia, non sminuisce il valore di questo primo trattato di argomento teologico scritto in latino a Roma. L’ultima traduzione italiana de La Trinità di Novaziano è stata curata da Vincenzo Loi per la serie Corona Patrum e risale al 1975. Tre anni prima era stata pubblicata da G. F. Diercks una nuova edizione critica pienamente soddisfacente (Corpus Christianorum. Serie Latina). La presente traduzione è la prima in lingua italiana a basarsi interamente sul testo di Diercks e, nel commento, tiene conto di numerosi contributi recenti.
Il primo tentativo di interpretare la storia universale secondo una visione cristiana. Ad opera dello scrittore vissuto tra la fine del II e la prima metà del III secolo, il volume, mette a disposizione del pubblico questa cronaca datata all'anno 221 d.C. giunta in modo frammentario. L'opera, che si sviluppava con un continuo sincronismo tra storia del popolo ebraico e storia degli altri popoli del Mediterraneo africano, costruisce un nuovo paradigma di storia universale cristiana. I suoi presupposti fondamentali sono: la precisa indicazione dell'inizio della storia; l'impostazione cristocentrica degli eventi; l'uso della translatio imperii per la storia politica dei grandi imperi; l'intuizione del ruolo provvidenziale di Roma; l'affermazione dell'unità del genere umano; la trasmissione del sapere e della civiltà da Oriente verso Occidente.
Omelie sulla Preghiera e in particolare sul Padre Nostro.
Le omelie di Gregorio di Nissa sulla preghiera del Signore si possono far risalire agli anni 379-380. Con quest’opera egli si inserisce in una importante tradizione patristica di commento al passo di Matteo 6, 9-13 dove è riportato il Padre nostro. Prima di lui, infatti, altri Padri della Chiesa, Tertulliano e Cipriano tra i latini e Cirillo di Gerusalemme e Origene tra i greci, si erano confrontati con l’interpretazione di questo brano evangelico. Testo esegetico, anche se è evidente la natura omiletica di queste composizioni, l’opera è divisa in cinque omelie che passano in rassegna le sette petizioni in cui si articola l’orazione del Signore. Emerge in esse la lettura morale che Gregorio di Nissa fa del Padre nostro. La preghiera, dice il Nisseno, è un “bene” perché essa ci pone alle presenza di Dio. Tuttavia questa “familiarità” con Dio non può essere intesa come qualcosa di astratto ma deve avere una ricaduta concreta nella vita dell’uomo e le virtù che la modellano devono contenere un riflesso di quella giustizia, santità e bontà che riconosciamo a Dio quando lo chiamiamo «Padre nostro».
Perché partire dal fondo, dall'ultimo testo delle Sacre Scritture? Perché iniziare i propri studi teologici proprio dall'Apocalisse? Forse perché è uno dei testi più enigmatici di tutti, quello di cui lo stesso san Girolamo diceva che ogni parola racchiudeva in sé un mistero e meritava riflessione e considerazione; forse perché è uno dei testi più dibattuti, per cui Beda può (e vuole) inserirsi in un ampio e vario dibattito. Forse perché l'inizio dell'VIII secolo fa sentire il giorno del Giudizio particolarmente vicino? Certo le pagine di Beda affascinano il lettore anche moderno, nella loro capacità di costruire giochi di immagini e significati, sempre avendo in mente lo scopo primo: aiutare il lettore nella crescita della sua fede. E questo fine ha cercato di rispettare anche la presente traduzione, unendo il rispetto per il testo con la comprensibilità che non allontana il lettore.
Un classico della letteratura patristica sulla vita monastica. La biografia di S. Antonio - monaco nativo di Alessandria d'Egitto, vissuto tra il III e il IV secolo - è il best-seller della letteratura cristiana; è infatti una lunga lettera scritta (IV sec.) in greco dal vescovo Atanasio ai monaci d'Occidente al fine di indicare loro nella figura di Antonio Abate l'ideale monastico puro. La Vita, qui presentata nella prima vera traduzione italiana, è interessante per l'attualità del messaggio, mentre l'introduzione evidenzia l'importanza della trasmissione e della diffusione di idee anche in ambiti apparentemente molto lontani fra loro (ascetismo cristiano e yoga). Note di commento, ricche e puntuali, sotto vari aspetti - filologico, storico, esegetico e storico-religioso - accrescono il valore di questo volume.
Un'opera che offre una preziosa testimonianza storica, politica, sociale ed ecclesiale del V secolo. Opera agiografica nella quale si narra la vita di Germano vescovo di Auxerre in Gallia tra il 418 e il 448, lo scritto è privo di date secondo l'uso dell'agiografia del tempo, disinteressata agli eventi storici e tesa invece all'edificazione del lettore; è concentrato piuttosto sull'ascesi personale di Germano, sui suoi viaggi e sui suoi miracoli più che sulla attività pastorale in senso lato. Ciò che si intende far emergere è la vita di un alter Christus: le guarigioni, gli esorcismi, il dominio sugli elementi naturali richiamano alla mente eventi biblici soprattutto neotestamentari che fanno di Germano un riflesso e un'imitazione di Cristo. Un testo utilissimo per informazioni sull'azione di Germano, nonché della situazione politica, sociale ed ecclesiale del suo tempo. La Vita è l'unica opera conosciuta di Costanzo del quale si hanno poche notizie. Il testo, risalente al 470-475 spesso retoricamente elevato, rivela una persona colta, familiare dei classici latini oltre che della Bibbia.
Nell'infuocato clima provocato dalla eresia ariana nella metà del IV sec., Ilario di Poitiers è tra i più accaniti difensori dell'ortodossia. Nel 359 scrive il Liber II ad Constantium: una supplica all'imperatore, pregandolo di autorizzare un dibattito tra lui e Saturnino di Arles, che lo aveva ingiustamente accusato di tradimento della vera fede evangelica. Un documento importante per ricostruire la posizione dei vescovi della Gallia, e più particolarmente dell'Aquitania, di fronte alla professione di fede di Nicea. Ilario fu il primo autore nella cristianità latina a comporre inni come strumento di acculturazione dottrinale dei suoi fedeli. Di tali testi ne sono giunti a noi solo tre: Cristo Dio in cui Ilario esprime la sua fede nell'unico Dio; La resurrezione di Cristo, inno pasquale affidato a una voce femminile che incarna l'anima del neofita da poco rigenerata nella Veglia battesimale di Pasqua; Le tentazioni di Cristo che mette in contrapposizione il primo e il secondo Adamo, l'Adamo terrestre e caduco con l'Adamo celeste vittorioso sulla morte e su Satana.
Un trattato fondamentale per conoscere la Storia della Chiesa e delle prime comunità cristiane. Panarion adversus omnes haereses è il capolavoro di Epifanio di Salamina (310/20-403) scritto contro tutte le eresie dell'epoca. L'autore si propone di confutare le eresie che attecchivano allora all'interno delle comunità cristiane e ne considera e combatte nel testo circa 80 eresie diverse. Ad ogni eresia associa l'immagine di un serpente velenoso per il quale suggerisce un siero, da cui il titolo dell'opera "Panarion" ovvero "cassetta dei medicinali" da utilizzare nella lotta "contro il veleno dell'errore". Anche se è stato molto discusso dai posteri per la faziosità che talora l'attraversa, è un trattato prezioso per la quantità di notizie e documenti che riporta. Il presente volume è il terzo tomo della serie.
Gli insegnamenti spirituali di un Padre del deserto monaco, asceta e teologo: i vizi capitali, il modello di vita spirituale, le malattie dell'anima. Sui pensieri. Come e dove si generano nella mente i pensieri maligni? Evagrio Pontico, monaco del deserto egiziano vissuto nel IV sec. a. C., parla di "spiriti maligni" e li riconduce a sette peccati capitali: gola, avarizia, vanagloria e lussuria, ira, tristezza e superbia. Due sono i demoni che ispirano tali pensieri: il "demone vagabondo", origine di alcune fantasie oniriche, e "demone dell'insensibilità", che genera disaffezione dell'anima verso i precetti di Dio, dai quali si può guarire con la pratica della carità. Riflessioni: Evagrio sintetizza il suo modello di vita spirituale in cui vita attiva e vita contemplativa, teoria e pratica, preghiera e contemplazione si compenetrano a vicenda. Definizioni: lo scritto è dedicato alla definizione delle malattie dell'anima razionale mutuando tale elenco dai morbi descritti nel Levitico e da altri libri dell'Antico Testamento.
Simeone nasce a Galatai, nella Paflagonia, regione dell'Asia Minore circa nel 949, da una famiglia ricca e di rango sociale elevato. Ordinato presbitero (980ca) e poi igúmeno (abate), svolge un'intensa attività di predicatore e di scrittore, che, insieme ad una diffusa notorietà, gli attira anche invidie. Per queste, viene condannato all'esilio (1009) a Crisopoli (Scutari). Richiamato nel 1010 a Costantinopoli, preferisce rimanere in Asia, dove erige un suo monastero (S. Marina). Qui muore nel 1022. Instancabile scrittore è autore di numerose opere. Nei 10700 versi degli Inni, Simeone ci lascia la sua autobiografia mistica nella quale l'Autore parla di sé, ma al tempo stesso si trascende per presentare un modello universale di perfezione. Pensiero ricorrente è l'invito ad una piena adesione a Dio e di un'immersione in Lui; una proposta di vita che rifugge da accomodamenti ed esige integralità.
Un trattato fondamentale per conoscere la Storia della Chiesa e delle prime comunità cristiane. Panarion adversus omnes haereses è il capolavoro di Epifanio di Salamina (310/20-403) scritto contro tutte le eresie dell'epoca. L'autore si propone di confutare le eresie che attecchivano allora all'interno delle comunità cristiane e ne considera e combatte nel testo circa 80 eresie diverse. Ad ogni eresia associa l'immagine di un serpente velenoso per il quale suggerisce un siero, da cui il titolo dell'opera "Panarion" ovvero "cassetta dei medicinali" da utilizzare nella lotta "contro il veleno dell'errore". Anche se è stato molto discusso dai posteri per la faziosità che talora l'attraversa, è un trattato prezioso per la quantità di notizie e documenti che riporta. Il presente tomo è il terzo volume del Panarion.
Un trattato per conoscere la Storia della Chiesa e delle prime comunità cristiane. "Panarion adversus omnes haereses" è il capolavoro di Epifanio di Salamina (310/20-403) scritto contro tutte le eresie dell'epoca. L'autore si propone di confutare le eresie che attecchivano allora all'interno delle comunità cristiane e nel testo considera e combatte circa 80 eresie diverse. Ad ogni eresia associa l'immagine di un serpente velenoso per il quale suggerisce un siero, da cui il titolo dell'opera "Panarion" ovvero "cassetta dei medicinali" da utilizzare nella lotta "contro il veleno dell'errore". Anche se è stato molto discusso dai posteri per la faziosità che talora l'attraversa, è un trattato prezioso per la quantità di notizie e documenti che riporta. Vi sono esaminate le eresie degli: apostolici, sabelliani, origeniani primi, manichei, ieraciti, ariani, audiani, fotiniani, martelliani, semiariani, pneumatomachi, anomei, antidicomarianiti, colliridiani, messaliani. Contro: Origene, Paolo di Samosata, Melizio, Aerio, Apollinare. Il presente tomo è il secondo volume del Panarion.
Il Libro sul cuore indurito del Faraone, risalente al V secolo d.C., è un trattato attribuito a Pelagio. Si tratta di uno scritto espressione di una dottrina maturata nel Cristianesimo delle origini, il pelagianesimo, secondo la quale la santità è nelle possibilità dell'uomo. L'autore individua pertanto alcuni brani dell'Antico e Nuovo Testamento che sembrano confermare tale visione contro l'idea contraria secondo la quale Dio sceglie chi salvare e chi no. Diversi sono egli esempi scelti e commentati. Tra questi il testo si sofferma in modo particolare sulla vicenda del Faraone - nella quale il cuore indurito del Faraone lo ha reso ostinato nel proposito di non lasciare andare il popolo di Israele - che ha dato il titolo all'intero trattato. L'ampia introduzione è un ottimo sussidio alla lettura e comprensione del testo.
L'esegesi letterale e spirituale del libro biblico, un invito al pentimento. Girolamo compone i commenti a libri biblici di Naum e Sofonia tra il 389 e il 392 dedicando entrambi a Paola, nobile matrona romana, e la figlia Eustochio delle quali era guida spirituale. Il commento a Naum è costituito da un unico libro, introdotto da un breve prologo e privo di conclusione. Com'è abitudine di Girolamo, il libro profetico è analizzato versetto per versetto con una doppia interpretazione, prima secondo un livello storico-letterale e poi spirituale. Quale il messaggio di Girolamo? Ninive è intesa come figura del mondo in cui viviamo e i veri Assiri di cui bisogna avere timore sono i persecutori dei credenti, cioè degli uomini di Chiesa, autentico Israele.Così procede per il commento a Sofonia. Tema dominante del libro è l'annuncio del giorno del Signore, "giorno della collera, giorno del castigo, giorno del giudizio" che si traduce nel testo di Girolamo in un invito al pentimento.
Temi fondamentali per la storia del cristianesimo. Una valida testimonianza della vita dei crististiani tra il III e il IV secolo. Le opere pseudociprianee sono più numerose e più estese degli scritti autentici di Cipriano a causa della grande fama che egli ebbe non solo ai suoi tempi, ma anche e soprattutto nei secoli successivi. Porre uno scritto sotto la paternità di Cipriano significava infatti garantirne la sopravvivenza e l'ortodossia. Tra i tantissimi testi attributi a Cipriano il curatore ha selezionato dodici opere la cui origine è presumibilmente riconducibile all'Africa romana e la cui epoca di composizione oscilla tra il III e il IV secolo. I testi contengono temi fondamentali per la storia del cristianesimo, come la datazione della Pasqua, il celibato del clero, la penitenza, il valore del martirio, la spiritualità cristiana, il rapporto con gli Ebrei.
Negli apocrifi la storia del leggendario anello ricevuto da Dio che permise al Re di assoggettare i demoni e costruire il Tempio di Gerusalemme.
La biografia della nobile romana, personalità di spicco, monaca e asceta della tradizione patristica venerata come santa sia in Oriente che in Occidente. La Vita di Melania di Geronzio ripercorre la storia di Melania, giovane romana, vissuta nella prima metà del V secolo, di estrazione nobiliare e di origine senatoria. Dopo la morte precoce dei figli, d’accordo con il marito Piniano, abbraccia gli ideali di castità e di povertà, vende tutte le sue proprietà – contro il parere della sua famiglia di origine - e abbandona una condizione agiata per le difficoltà e le ristrettezze di una vita ascetica fondata sugli ideali evangelici. Moltissimi beneficiarono del suo aiuto caritatevole in tutto l'impero: poveri, malati, prigionieri schiavi. Ciò le valse la grande fama di santità. A seguito del Sacco di Roma nel 410, lascia l’Italia per Tagaste in Africa, dove stringe una salda amicizia con Agostino, quindi per Gerusalemme dove fonda un monastero femminile e uno maschile.
Una piccola Spoon River cristiana del IV secolo lascia intravedere la rete di amicizie familiari e personali di Gregorio.
Un breve saggio di esegesi spirituale, una solida chiave interpretativa per un'approccio alle Sacre Scritture.
Un classico dell'apologetica, della storia della cultura e della filologia; uno dei più straordinari florilegi di autori dell'antichità classica mai pervenuti.
Un classico dell'apologetica, della storia della cultura e della filologia: uno de più straordinari florilegi di autori dell'antichità classica mai pervenuti.
Preparazione evangelica può essere considerato un vero e proprio monumento dell’intera cultura occidentale: si tratta di uno scritto che, pur appartenendo al genere letterario dell’apologetica, si colloca nella storia della cultura e della filologia, in quanto uno dei più straordinari florilegi di autori dell’antichità classica mai pervenuti. Non c’è scrittore, poeta, storico o filosofo, di cui Eusebio non citi almeno una volta un passo o un verso. Sotto questo profilo l’opera ha il pregio innegabile di aver contribuito a meglio comprendere autori i cui testi ci sono pervenuti e a farci conoscere testi di autori altrimenti sconosciuti. Il secondo tomo completa la pubblicazione.
Un classico dell'apologetica, della storia della cultura e della filologia; uno dei più straordinari florilegi di autori dell'antichità classica mai pervenuti.
Il Commento ad Abacuc, composto tra il 389 e il 392, è dedicato a Cromazio, vescovo di Aquileia. Girolamo offre una lettura spirituale: Nabucodonosor è il diavolo e i Caldei sono i suoi seguaci, ovvero i demoni o gli eretici. Nel Commento ad Abdia, composto intorno al 396, gli Idumei che aggrediscono gli Israeliti alludono agli eretici che insidiano i credenti e li spingono ad uscire dalla Chiesa. Nei due commenti, seppure in misure diverse, Girolamo ricorre al suo repertorio esegetico consueto che combina letteratura patristica, cultura classica profana e tradizione giudaica.
Intorno al 329 d.C., Giovenco, sacerdote spagnolo, vissuto alla corte di Costantino, traduce i quattro Vangeli in esametri. Giovenco crea così un nuovo genere letterario, quello dell'epica biblica, che gli fa ottenere fama e apprezzamento in tutta l'epoca medievale.
Il Commento alle XIII epistole di Paolo di Pelagio costituisce l'opera più estesa del celebre avversario di Agostino: un commento sistematico a tutte le epistole paoline, fatta eccezione per quella agli Ebrei. Tale Commento risulta importante per far luce su alcuni aspetti del pensiero di Pelagio prima della polemica con Agostino: l'autore, infatti, non si limita a spiegare le parole dell'Apostolo, ma fa emergere il proprio punto di vista su tematiche fondamentali come il peccato originale, la grazia, il libero arbitrio. Un'opera fondamentale, dunque, per quanti vogliono conoscere la figura di Pelagio attingendo direttamente alle sue parole, senza il filtro delle opere del vescovo di Ippona che, per quanto rimanga una fonte importante, non può certo essere un testimone imparziale. La traduzione è preceduta da un'ampia introduzione che ricostruisce il contesto storico-dottrinale in cui Pelagio ha operato; vengono descritte le principali tematiche del Commento e analizzati alcuni problemi di tradizione testuale, in modo da fornire delle linee-guida per orientarsi meglio nella lettura dell'opera.
Il volume presenta una raccolta di sentenze di Padri della Chiesa (Basilio Magno, Isaia di Scete, Iperechio, Marco l'Eremita) risalenti tra il IV e il VI secolo.
La collana Testi Patristici, fondata da Antonio Quacquarelli e oggi diretta da Claudio Moreschini, rappresenta un vero unicum in Italia nel campo della letteratura cristiana antica, per ricchezza di titoli, precisione e cura dei testi. Un valido strumento per corsi universitari e per l'approfondimento teologico e spirituale. I Padri della Chiesa rappresentano infatti le coordinate indispensabili per chiunque voglia risalire alle fonti del pensiero cristiano. La collana offre oltre 200 opere in una panoramica ragionata della produzione patristica dai secc. II al VII. Testi cristologici, pastorali, catechetici e scritturistici, molti in prima traduzione italiana, introdotti ed annotati da studiosi qualificati esperti del settore, e corredati da indici analitico e scritturistico. Formato dei volumi 13x20.
L'opera teologica più significativa di Ilario di Poitiers e documento storico rilevante del dibattito intorno all'eresia ariana
L'opera teologica più significativa di Ilario di Poitiers e documento storico rilevante del dibattito intorno all'eresia ariana.
Una difesa teologica, morale, scientifica ed esegetica del dogma della risurrezione.
Sotto il titolo di Sentenze si raccoglie, serie completa, inedita, dei testi gnomici di Evagrio che nell'offrire consigli utili alla vita cenobitica, colmano un vuoto relativo alla conoscenza diretta dell'opera e del suo pensiero ascetico. Gli otto spiriti della malvagità è un'opera molto nota, per la prima volta edita nella sua forma più estesa. Evagrio affronta il discorso dei vizi e delle passioni situandole all'interno di un percorso di affrancamento del monaco.
Il Libro di Aggeo si compone di due parti: nella prima i Giudei sono esortati a ricostruire il tempio distrutto da Nabucodonosor, nella seconda si prospetta la gloria dell'edificio e si esalta in termini regali Zorobabel, governatore di Giuda a nome del re persiano. Nel Libro a lui intitolato, il profeta Gioele annuncia un'invasione di cavallette e rivolge un appello al popolo perché si penta. Il presente volume raccoglie i due commenti di Girolamo ai due Libri dell'Antico Testamento, nei quali, seppure in misure diverse, l'Autore ricorre al suo repertorio esegetico consueto che combina la letteratura patristica, la cultura classica profana e la tradizione giudaica. L'esegesi è condotta su un doppio livello, l'uno storico-letterale e l'altro spirituale. Nel corso del suo esame Girolamo confronta la propria versione dall'ebraico e quella dei Settanta, ricorrendo anche agli Hexapla origeniani.
Uno dei gioielli della letteratura cristiana, una vera e propria istruzione morale di grande saggezza spirituale che tocca gli aspetti salienti della consacrazione verginale.
Composto successivamente al Concilio di Efeso del 431 d.C. il Commento al Cantico dei Cantici costituisce il primo lavoro esegetico di Teodoreto di Cirro. Opera in cinque libri, tale commento si caratterizza per la profonda influenza origeniana che spiega l'interpretazione prettamente allegorica del testo biblico. Precede i libri un ampio prologo in forma di lettera indirizzata ad un amico vescovo, forse Giovanni di Germanicia, nel quale Teodoreto si propone di dimostrare il carattere ispirato del Cantico. Contro quanti infatti considerano il testo biblico un dialogo d'amore profano, l'Autore legge le espressioni bibliche in senso spirituale e non carnale: lo sposo e la sposa sono Cristo e la Chiesa. Nell'interpretazione dello sposo il Commento evidenzia talvolta la natura umana di Cristo, in altri momenti l'esistenza di due nature, divina e umana, divenendo così un documento importante della cristologia duofisita di Teodoreto.
I commenti alle Lettere paoline a Filemone, ai Galati, agli Efesini e a Tito costituiscono la prima, impegnativa, prova del vastissimo lavoro esegetico che Girolamo, uno dei grandi Padri della Chiesa d'Occidente, dedicò alla Sacra Scrittura. Composti intorno al 386, poco dopo l'arrivo di Girolamo a Betlemme, e dedicati alle sue discepole Paola ed Eustochio, i Commenti alle Lettere agli Efesini e a Tito sono condotti con grande perizia esegetica, soprattutto sul piano linguistico. Oscillante tra apprezzamenti e rifiuti, ma continuo, è il "dialogo" di Girolamo con le opere dedicate da Origene ai medesimi testi. Di forte impronta cristologica, non mancano in questi Commenti riferimenti alle tematiche morali, nonché una certa vena satirica che li allontanano dalle sterili discussioni accademiche che tanto poco interessavano a Girolamo, sempre impegnato nell'umile ricerca del Vero.
I commenti di Girolamo ai libri di Zaccaria e Malachia, un unicum per sistematicità della spiegazione storica, rigore metodologico e filologico.
Una raccolta dei capolavori poetici di Prudenzio, gli inni poetico-religiosi con cui consacrare i momenti più significativi della giornata e le corone dei martiri che ne esaltano i meriti e le virtù.
Comunemente conosciuta come "Adversos haereses", ma il cui titolo completo è "Smascheramento e confutazione della falsa gnosi", l'opera di Ireneo di Lione era stata originariamente concepita in due libri. Il primo doveva esporre la dottrina degli gnostici e il secondo confutarla. La stesura definiva fu invece in cinque libri. Ireneo la compose intorno al III secolo in greco, ma l'originale è andato in buona parte perduto già in età antica ed è giunta a noi in traduzione latina e, per alcuni frammenti, in armeno e siriano. Anche se mossa da un intento polemico e non meramente scientifico, l'opera è una delle fonti più antiche e autorevoli sullo gnosticismo, di cui Ireneo si presenta come un fine conoscitore e - come Tertulliano lo definì - "un esploratore curiosissimo di tutte le dottrine". Il secondo tomo completa l'opera.
Lo Pseudo-Macario, al quale vengono attribuiti gli scritti qui raccolti, fu con ogni probabilità, un monaco vivente in una comunità monastica cenobitica dell'Asia Minore, nel IV secolo, al confine con l'area siriaca, in un ambiente pervaso da fermenti di radicalismo evangelico. Il Corpus dei suoi scritti si compone di discorsi, omelie, domande e risposte, lettere. Attraverso di essi l'Autore si propone di aiutare i suoi lettori nella conquista della salvezza dell'anima alla ricerca della verità - abbandonando desideri, passioni, opinioni false su Dio - attraverso la continua ricerca della volontà di Dio.
L'Adversus haereses, intitolato originariamente da Ireneo di Lione Smascheramento e confutazione della pretesa gnosi, è un'opera in cinque libri nella quale il vescovo di Lione si propone di confutare lo gnosticismo, del quale era un ottimo conoscitore e del quale avvertiva tutti i pericoli. Lo stile brillante e la profonda cultura sia biblica sia classica, uniti a una solida formazione cristiana, fanno di quest'opera una delle fonti più antiche e autorevoli sulle dottrine gnostiche e al tempo stesso un'ampia esposizione della dottrina cristiana e della fede della Chiesa.
In un'epoca di grande instabilità sociale l'autore si preoccupa dell'ingiusta distribuzione dei beni fra ricchi e poveri e si fa promotore di un ambizioso progetto di trasformazione della città, alla luce della testimonianza evangelica.
Sussidio alla lettura e allo studio dei 200 volumi della collana Testi Patristici, questo Prontuario enuclea le tematiche che meglio rappresentano la visione dei Padri riguardo l'uomo e l'esistenza in rapporto all'"evento" cristiano. Dalla teologia all'esegesi, dalla morale all'ascesi, dalla vita ecclesiale a quella sociale, le scelte tematiche mostrano l'attenzione dei Padri della Chiesa a ogni aspetto della vita spirituale e quotidiana del loro tempo, e spingono ad una lettura sempre più attenta degli autori della letteratura cristiana antica.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
1. In questo volume vengono raccolte tre opere di san Giovanni Crisostomo: L'unità delle nozze; Discorso ad una giovane vedova; Elogio di Massimo (Quali donne bisogna sposare). Di san Giovanni Crisostomo (344 c. - 407) non mi fermo a parlare della vita e delle opere perché rimando ai volumi 7, 22, 24, 31, 35 di questa collana.
Il trattato L'unità delle nozze vuol consigliare le donne che sono state sposate una volta sola a considerare la vedovanza superiore alle seconde nozze: queste ultime sono lecite, sono anzi autorizzate dalla Legge anche se sono la testimonianza «di un animo debole, incline ai piaceri della carne... incapace di concepire alcunché di grande e di eccelso» (2.1). D'altra parte, «il matrimonio non si chiama matrimonio per l'unione carnale — in tal caso anche la fornicazione sarebbe un matrimonio — ma perché la donna sposata ama un solo uomo» (2.2). Le seconde nozze poi recano notevoli situazioni di disagio nell'ambito del nuovo nucleo familiare. Gli stessi legislatori hanno ben compreso questo, donde il motivo di «spogliarle di ogni sfarzo»: il secondo matrimonio «C meritevole di indulgenza ma non di elogi, applausi di corone». Nel Cap. III, il Crisostomo indica quali solfo le «giovani vedove), di cui parla Paolo e alle quali Paolo ordina di risposarsi. Paolo si rivolge non alle giovani vedove che trovano il coraggio di perseverare nella vedovanza, ma a quelle i cui «desideri carnali le distaccano da Cristo» (3.1). Si tratta quindi di una semplice concessione: «per condiscendenza... a causa della vostra incontinenza» (3.2). Sono giovani deboli, non comunque di una «debolezza di natura, ma di volontà», per cui è bene ed è necessario evitare lo scandalo dando così «all'avversario occasione di maldicenza» (3.3): ecco perché Paolo. in fondo, ha prescritto il matrimonio. La vera vedova è colei che si consacra totalmente «alle cose spirituali e celesti, attendendo alle cose del Signore»; è colei che «ha riposto in Dio la sua speranza» (ibid.). Sono appunto questi i concetti-chiave su cui il Crisostomo impernierà l'intera sua discussione e trattazione: sono infatti la chiave di volta interpretativa di tutta la problematica matrimoniale affrontata dal Crisostomo.
A tal proposito, per una più approfondita conoscenza del pensiero crisostomeo in questa materia, oltre ai tre trattati di cui nel presente volume, in particolare sono da leggere per la loro specificità sull'argomento: La verginità, Il matrimonio, Il libello del ripudio.
Ritornando al contenuto del testo, non mancano obiezioni alla vedovanza: l'amministrazione dei beni, ad esempio, rischia fortemente di rovesciarsi, senza la presenza di un uomo, del marito. Crisostomo dimostra (Cap. IV) che le donne sanno amministrare altrettanto bene che gli uomini il loro patrimonio. Infatti, compito della donna non e acquistare i beni — questo è proprio del marito — ma di conservarli.
A CURA DI C. RIGGI
Viene pubblicato la traduzione integrale dell'Autobiografia del Nazianzieno, scritta originariamente in versi, e con essa un'opera in prosa, La fuga, un'orazione sul sacerdozio.
Un lavoro quanto mai ricco e vivo sul piano spirituale, nonche attuale e impegnato sotto il profilo pastorale ed ecclesiologico.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
1. Sull'attribuzione della Vita Fulgentii
Nessuno dei manoscritti', che tramandano la Vita Fulgentii, rivela il nome dell'autore; né i primi editori dell'opera — o di sue crestomazie — si preoccuparono di attribuirgliene uno, benché avvertissero che esso andava cercato tra i discepoli di Fulgenzio.
Il nome di Ferrando venne alla ribalta nel 1649 con il gesuita P. F. Chifflet. Egli pubblicò la Vita Fulgentii tra le opere del diacono di Cartagine e ne sostenne la paternità sulla base di due argomentazioni fondamentali: a. tanto Ferrando quanto l'autore della biografia si professano discepoli di Fulgenzio; b. la Vita Fulgentii tace sul carteggio intercorso tra Fulgenzio e Ferrando: segno evidente, sostiene il Chifflet, che questo silenzio vada attribuito alla modestia di Ferrando, che se a scrivere l'opera fosse stato un altro non si capirebbe perché avrebbe omesso di darne notizia, come fa per altre epistulae scritte o ricevute dal vescovo di Ruspe. Lo studioso non manca, infine, di accennare a generiche somiglianze di lingua e di stile.
La tesi del Chifflet venne contestata da coloro, cui il contenuto dell'opera sembrò rivelare la presenza costante dell'autore accanto al suo magister — e pensarono segnatamente alle vicende legate alla relegazione in Sardegna e a quelle dell'ultimo periodo di vita, a Ruspe —: ciò non dovrebbe potersi dire di Ferrando. Ma riscosse anche molti consensi. In particolare, G. G. Lapeyre la sostenne nel 1929 con una serie di argomentazioni, che a molti sono sembrate se non assolutamente cogenti, quanto meno assai plausibili.
A nostro avviso, le argomentazioni dello studioso francese prestano il fianco a numerose considerazioni di segno contrario. Non possiamo entrare sistematicamente nel merito di tutta la questione; ci sia tuttavia consentito di segnalare il passo dell'epist. dogmatica contro gli ariani e altri eretici, nel quale Ferrando annunciava al suo corrispondente, Eugippio, che era in preparazione una Vita di Fulgenzio: vita... eius si de-scripta fideliter fuerit, satis magna praebebit imitari cupientibus exempla virtutum. Sed hoc ora, domine Frater, ut Deus... hoc fieri sinat: et cum factum fuerit, mei erit officii exemplaria veriora dirigere.
Il Lapeyre vi colse « une forte présomption » in favore della sua tesi, senza però affermare espressamente che Ferrando si designi autore della Vita Fulgentii. Per parte nostra, osservato preliminarmente che nella medesima lunga lettera Ferrando, quando parla di se stesso, non fa mai uso di forme indeterminate, mentre di norma ricorre alla prima persona singolare, per professare modestia, o al pluralis maiestatis, nelle altre circostanze, vorremmo evidenziare soprattutto lo scarto improvviso e contestuale tra l'indeterminato ora... ut Deus... hoc fieri sinat e il puntuale mei erit officii exemplaria veriora dirigere: questo rimarca un impegno personale di Ferrando ed è in netta contrapposizione rispetto all'enunciato precedente, dal quale sembra prendere le distanze.
Con il nome di Sibilla si indicava nel mondo antico, greco e romano, pagano e cristiano, fino al Medioevo, una tipologia di profetessa invasata che per volere del dio ed in preda alla possessione divina annunciava "tristi cose". Nel passaggio dal mondo pagano a quello cristiano, le profezie della Sibilla mutano di contenuto: la Sibilla continua a profetare poiché posseduta da un Dio (ora non più Apollo, ma Jahwé); i suoi oracoli sono sempre espressi in esametri e contengono l'annuncio di catastrofi che colpiranno l'umanità che ha tradito il volere divino, ma il suo è soprattutto l'invito alla conversione, poiché solo chi si affida alla “grazia” di Dio otterrà la salvezza. La presente raccolta degli Oracula Sybillina - 4230 esametri greci divisi in 12 libri - è il risultato di epoche differenti: i primi otto libri costituiscono la sezione più antica e furono probabilmente riuniti nel VI secolo da un "sibillista" senza rispettare alcun criterio filologico o cronologico. Il secondo gruppo di libri è di carattere prevalentemente storico: presenta un congruo numero di notizie storiche e/o frutto di creazione letteraria, relative al passato biblico e alla storia dei popoli e dei regn
All'interno della vastissima produzione di Giovanni Crisostomo, le tre omelie De Davide et Saule - con ogni probabilità pronunciate e messe per iscritto nella Pasqua del 387 - costituiscono un ciclo di predicazioni i cui temi centrali sono l'ira, che spinge a cercare vendetta sul proprio nemico, e le virtù ad essa contrapposte, cioè la pazienza, la mitezza e la benignità, che muovono, invece, al perdono. La vicenda biblica che nelle omelie viene commentata è la storia di Davide e Saul: nel Primo libro di Samuele Saul, pur avendo ricevuto da Davide numerosi benefici, tenta più volte di ucciderlo, laddove l'altro, trovandosi a sua volta nella condizione di farsi vendetta, in numerose occasioni risparmia il proprio nemico. Davide, dunque, con la sua capacità di resistere alle tentazioni dell'ira, diventa il referente esemplare per le virtù che l'Autore propone ai fedeli: in quanto uomo, perché capace di superare l'inevitabile condizione di peccato; nel suo rapporto con Dio, perché, consapevole delle proprie miserie, si affida a Lui con fede, speranza ed amore sincero; nel suo rapporto con gli altri uomini, perché non cede alle passioni ma sa prendersi cura persino dei nemici.
Composta intorno al 314-320 d.C., appartiene al gruppo delle opere apologetiche di Eusebio di Cesarea. Originariamente in venti libri, ci sono pervenuti per intero i primi dieci e alcuni frammenti del quindicesimo. L'intento dell'opera è quello di controbattere le accuse dei giudei, perciò Eusebio legge ed interpreta, in chiave cristologica, le profezie anticotestamentarie, cui riconosce un valore universale e che, come egli dimostra, si sono pienamente realizzate in Cristo. Il Cristianesimo non è pertanto una nuova forma di religione, ma la prima, sola, unica e vera forma, che attua pienamente la reale essenza del giudaismo come religione rivelata. Ricchissima di citazioni bibliche, l'opera rivela la grande capacità di Eusebio di muoversi con dimestichezza all'interno del testo sacro; in essa l'Autore riassume e completa tutti i temi e i motivi cui l'apologetica aveva fatto ricorso in passato. La novità vera dell'opera rispetto alla precedente apologetica è nell'aria nuova che in essa si respira, da cui traspare che la nuova religione non è più perseguitata e costretta a difendersi, come in precedenza, dagli attacchi che venivano dalle istituzioni, dai giudei e dai pagani.
Eusebio di Cesarea "Dimostrazione evangelica". L'impegno pastorale e intellettuale di Eusebio di Cesarea (vissuto tra la fine del III e gli inizi del IV secolo), le sue capacità, gli studi e le ricerche che condusse nei più svariati campi, l'essere stato vescovo di una sede importante come Cesarea, il rapporto che lo legò all'imperatore Costantino - di cui fu amico e ascoltato consigliere -, gli conferirono una posizione di prestigio nella Chiesa orientale: la sua fama di pastore, storico, apologeta, esegeta e oratore si diffuse a Oriente come a Occidente, per giungere ininterrotta fino a noi. La Dimostrazione evangelica, una delle sue più note opere apologetiche, originariamente era composta di venti libri: di essi ci sono pervenuti i primi dieci e alcuni frammenti del quindicesimo. L'opera vede la luce in un momento in cui la religione cristiana non è più chiamata a difendersi dalle persecuzioni, bensì a presentarsi e a far conoscere le proprie verità; è in questo senso che Eusebio legge e interpreta in chiave cristologica il valore universale delle profezie anticotestamentarie. Il cristianesimo, infatti, non è per Eusebio una nuova forma di religione, ma la prima, sola, unica e vera forma, che attua pienamente la reale essenza del giudaismo come religione rivelata. La grande conoscenza del testo sacro permette all'autore di dimostrare come Gesù di Nazareth sia il Messia di cui parlano i profeti, e in tal senso egli sottolinea come la legge mosaica abbia avuto un carattere temporaneo, di preparazione al Vangelo. La Dimostrazione evangelica presenta anche le interessanti concezioni trinitarie e cristologiche elaborate da Eusebio nel corso degli anni. Franzo Migliore, già collaboratore con le cattedre di Storia del cristianesimo e di Storia della Chiesa antica dell'Università di Catania, attualmente insegna Nuovo Testamento presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose "San Metodio" di Siracusa e collabora con la rivista di studi mariani «Theotokos». Ha curato per la collana Testi patristici: Eusebio di Cesarea, Teologia ecclesiastica (1998); Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica (2 voll., 2001, in collaborazione); Clemente Alessandrino, Protrettico ai greci (2004).
L'impegno pastorale e intellettuale di Eusebio di Cesarea (vissuto tra la fine del III e gli inizi del IV secolo), le sue capacità, gli studi e le ricerche che condusse nei più svariati campi, l'essere stato vescovo di una sede importante come Cesarea, il rapporto che lo legò all'imperatore Costantino - di cui fu amico e ascoltato consigliere -, gli conferirono una posizione di prestigio nella Chiesa orientale: la sua fama di pastore, storico, apologeta, esegeta e oratore si diffuse a Oriente come a Occidente, per giungere ininterrotta fino a noi. La Dimostrazione evangelica, una delle sue più note opere apologetiche, originariamente era composta di venti libri: di essi ci sono pervenuti i primi dieci e alcuni frammenti del quindicesimo. L'opera vede la luce in un momento in cui la religione cristiana non è più chiamata a difendersi dalle persecuzioni, bensì a presentarsi e a far conoscere le proprie verità; è in questo senso che Eusebio legge e interpreta in chiave cristologica il valore universale delle profezie anticotestamentarie. Il cristianesimo, infatti, non è per Eusebio una nuova forma di religione, ma la prima, sola, unica e vera forma, che attua pienamente la reale essenza del giudaismo come religione rivelata. La grande conoscenza del testo sacro permette all'autore di dimostrare come Gesù di Nazareth sia il Messia di cui parlano i profeti, e in tal senso egli sottolinea come la legge mosaica abbia avuto un carattere temporaneo, di preparazione al Vangelo. La Dimostrazione evangelica presenta anche le interessanti concezioni trinitarie e cristologiche elaborate da Eusebio nel corso degli anni.
Scrittore classico per formazione e per stile, Sulpicio - nato verso il 360 in Aquitania da famiglia nobile e ricca, noto per aver scelto, dopo la morte della moglie, una vita ascetica alla sequela di san Martino di Tours - si pone nella tradizione della prosa d'arte latina. Oltre agli scritti dedicati a san Martino (la Vita di Martino, i Dialoghi e le Lettere) che ebbero una straordinaria fortuna nella cultura religiosa e letteraria del Medioevo, Sulpicio scrisse anche le Cronache, che abbracciano la storia sacra dalla creazione del mondo ai suoi tempi. Le Cronache - che si caratterizzano, rispetto alle opere precedenti dello stesso genere, per una più accentuata sensibilità filologica e storica - dopo un sommario della storia di alcuni popoli antichi (caldei, assiri, ebrei, egiziani, greci, romani), presentano tavole sincroniche accompagnate da brevi notizie sui fatti della storia universale, a partire dalla nascita di Abramo (2016-2015 a.C.). Lo scopo dell'opera di Sulpicio è di «istruire gli ignoranti e convincere le persone colte», e dunque introdurre ai libri sacri senza però venir meno alla necessità della lettura della Bibbia. Il passato narrato da Sulpicio deve servire a fornire insegnamenti per il futuro, soprattutto grazie alla testimonianza dei santi e della loro vita ascetica. Nel contempo, le Cronache sono una preziosa miniera di informazioni per la conoscenza della cultura e della mentalità dell'epoca a cavallo tra il IV e il V secolo, in particolare dell'eresia ariana e del movimento priscillianista.
Scritta per confutare l'eresia messaliana, l'opera e' la testimonianza di un'epoca di dispute teologiche e di eresie emergenti. In prima traduzione italiana.
Tra le numerose opere di Massimo il Confessore sono state scelte quelle che trattano l'arduo tema dell'umanita e divinita di Cristo.