Alice ha scritto due romanzi di enorme successo, ma per trovare compagnia deve andare su Tinder. Eileen, la sua amica, lavora per una rivista letteraria, però non ci paga l'affitto. Simon ama da sempre la stessa donna, ma da sempre ne frequenta altre. Felix passa in birreria il tempo libero dal lavoro di magazziniere, ma la sua è soltanto una fuga. Alice, Eileen, Simon e Felix si parlano, si fraintendono, si deludono e si amano e, mentre attraversano il cerchio di fuoco dei trent'anni, si chiedono se esista davvero, al di là, un mondo bello in cui sperare.
Nicola ha ventisei anni e fa l'insegnante precario a Milano. È figlio di Riccardo, un emigrante invecchiato troppo presto, e nipote di Leonardo, un contadino analfabeta e senza terra, che un giorno sorprende tutta la famiglia con una decisione importante: bisogna vendere la casa al mare, diventata l'oggetto ingombrante che divide fratelli, genitori e cugini. Cosí, una mattina di prima estate, partono a bordo di una Punto amaranto, nonno padre e nipote, per raggiungere la Puglia, a cui sono legati in maniera diversa. Il viaggio tra i luoghi e le memorie che hanno costruito la famiglia Russo diventa un viaggio iniziatico in cui i rapporti di confronto-scontro tra padri e figli si sciolgono in rapporti fra tre uomini, ognuno con i propri imbarazzi, affetti, difficoltà.
Mario Lodi è stato e continua a essere un maestro da ascoltare, leggere, studiare, perché la sua scuola era rigorosa ed esigente e insieme appassionata e divertente Franco Lorenzoni
Il paese sbagliato alla sua prima pubblicazione, nel 1970, mise a nudo le deficienze di una scuola rigida che escludeva i più fragili. Da allora è trascorso mezzo secolo, ma siamo ancora lontani dal garantire un'istruzione capace di contrastare ogni forma di discriminazione, mentre è cambiata profondamente la relazione dell'infanzia con il gioco, l'intrattenimento e le fonti di informazione. I bambini trascorrono sempre più ore davanti a schermi di ogni dimensione, spesso cercando nel virtuale una via di fuga dalla solitudine. Capire che scrivere è «scoprire gli altri», che le parole sono anche suoni e colori, che ci sono molti modi per incontrare la storia e che si può costruire conoscenza insieme, anche se diversi, è quanto hanno imparato gli allievi di Mario Lodi. Il suo diario racconta quell'esperienza suggerendo una scuola inclusiva e aperta che innanzitutto vuole educare, e che crede nello studio come occasione di crescita morale e civile. Con una "Lettera aperta ai giovani maestri".
Pubblicato nell'aprile del 1950 e considerato il libro più bello di Pavese, "La luna e i falò" è il suo ultimo romanzo. Il protagonista, Anguilla, all'indomani della Liberazione, torna al suo paese delle Langhe dopo molti anni trascorsi in America e, in compagnia dell'amico Nuto, ripercorre i luoghi dell'infanzia e dell'adolescenza in un viaggio nel tempo, alla ricerca di antiche e sofferte radici. Storia semplice e lirica insieme, costruita come un continuo viavai tra il piano del passato e quello del presente, La luna e i falò recupera i temi civili della guerra partigiana, la cospirazione antifascista, la lotta di Liberazione, e li lega a problematiche private - l'amicizia, la sensualità, la morte -, in un intreccio drammatico che conferma la totale inappartenenza dell'individuo rispetto al mondo e il suo triste destino di solitudine.
Corrado è un professore che ogni sera lascia una Torino buia e bombardata per rifugiarsi sulle colline circostanti. Ma quando la guerra lo raggiunge fin lì, decide di ritirarsi su altre colline, più lontane ancora, quelle in cui è cresciuto. Lungo la strada incontra sparatorie, morti, sangue umano misto alla benzina fuoriuscita dagli autocarri. L'innocenza è perduta per sempre e il conforto non può arrivare neppure dalla terra delle origini, perché niente è più come prima. Il momento più alto della maturità dello scrittore Cesare Pavese, la storia di una solitudine individuale di fronte all'impegno civile e storico; il superamento dell'egoismo attraverso la scoperta che ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione. Il romanzo simbolo dell'impegno politico e del disagio esistenziale di un'intera generazione.
Zvi Luria ha poco più di settant'anni quando un neurologo gli diagnostica un principio di demenza senile. All'inizio la malattia lo porterà soltanto a commettere piccole distrazioni, sbagliare un nome, confondere un altro bambino per suo nipote, oppure visitare il letto di uno sconosciuto in ospedale convinto di essere al capezzale di un vecchio amico in coma. Poi però tutto diventerà più duro e passo dopo passo la sua lucidità finirà con l'essere completamente compromessa. Zvi però è sempre stato un uomo preciso e pragmatico, prima di andare in pensione aveva lavorato come capo ingegnere ai lavori pubblici, e non riesce ad accettare di essere destinato in breve tempo a fare una fine del genere. Sua moglie Dina, una pediatra di fama legata a lui da un amore ancora tenero, lo sa benissimo, e lo convince ad aiutare Assael Maimoni, che ha preso il suo posto ai lavori pubblici. Maimoni sta però lavorando al progetto di un tunnel segreto, che trascina Zvi nel cuore del conflitto israelo-palestinese. In mezzo a questo caos mentale e geopolitico Zvi a un certo punto rischia di perdere anche Dina, la sua unica ancora di salvezza... Come può un uomo che è sempre stato affidabile e solido, un punto di riferimento per famiglia e amici, un ingegnere, scendere a patti con il proprio inevitabile declino mentale? Come possono farlo sua moglie e i suoi figli? Come ci si comporta di fronte alla razionalità che lentamente svanisce? E come si affronta la paura? Yehoshua costruisce intorno a queste domande una toccante meditazione sull'identità e sull'amore, sui gesti che è necessario compiere prima di congedarsi. Una vicenda intima e privata che s'intreccia a doppio filo con quella collettiva e politica del popolo palestinese e di quello israeliano, vicinissimi eppure così distanti dal trovare un modo per esistere insieme.
Sono ventuno gli elementi chimici che danno il titolo ai racconti di questo libro, e ventuno i capitoli di un autobiografia che per affinità e accostamenti corre sul filo di una storia personale e collettiva, affondando le radici nell'oscura qualità della materia, raccontando le storie di un mestiere "che è poi un caso particolare, una versione più strenua del mestiere di vivere".
Hisham Matar aveva diciannove anni quando il padre fu rapito in Egitto e portato in una prigione libica. Non lo avrebbe mai più rivisto. E non avrebbe mai saputo nulla della sua sorte. Era stato giustiziato? Oppure no? Trentatré anni dopo Hisham, con la caduta di Gheddafi, può finalmente rientrare in Libia dopo un lungo esilio. Può incontrare amici e parenti, e grazie a loro ricostruire l'immagine ormai sbiadita del padre, cercando di scendere a patti con il dolore della sua assenza. Un viaggio lucido e struggente attraverso i luoghi di una memoria privata intrecciata a doppio filo con la storia libica del ventesimo secolo, che è anche la nostra. Un toccante racconto di perdita, amore e speranza.
Daniel Mendelsohn da bambino restava seduto per ore ad ascoltare i racconti del nonno. Erano storie di un tempo lontano e quasi magico, di un piccolo villaggio della Polonia, Bolechow, in cui la vita scorreva felice. C'era però un punto in cui la voce del nonno si rompeva, oltre il quale non riusciva ad andare, come volesse nascondere un segreto troppo doloroso. Che ne era stato durante l'Olocausto del fratello Shmiel, della moglie e delle loro quattro bellissime figlie? Molti anni dopo Daniel scopre una serie di lettere disperate che il prozio Shmiel aveva indirizzato al nonno. Quelle lettere custodiscono frammenti del passato di una generazione perseguitata e cancellata per sempre, che in queste pagine ritorna a vivere davanti ai nostri occhi.
Per Christopher Banks tutto sembra essersi fermato quando, da bambino, gli sono stati misteriosamente rapiti i genitori. Fino a dieci anni è cresciuto come un orfano nella ricca Shanghai dell'oppio, per poi essere affidato alle cure di una zia nell'austera Inghilterra. Londra anni Trenta: Christopher è ormai un famoso detective privato, ma dietro ad ogni caso brillantemente risolto grava l'enigma di quel rapimento. Poco importa se in quegli anni proprio a Shanghai si sta innescando la scintilla che porterà il mondo alla rovina. Banks, infatti, ritiene che anche il massacro insensato della guerra sia un caso risolvibile per un buon investigatore, magari con l'aiuto del suo strumento feticcio, la lente di ingrandimento.
Il tempo dei desideri che si consumano, dei balli, delle stagioni, della gioventú, il tempo crudele e magico di tutto ciò che non lascia traccia. La storia di una famiglia monferrina, dalla fine dell'età napoleonica ai primi anni dell'Italia unita.
Gianni Rodari è stato un giornalista di quelli rari, capace di muoversi tra registri e voci diverse grazie alla splendida versatilità di una parola sempre esatta. Sapeva raccontare con semplicità il suo approccio pedagogico attraverso l'errore di una bambina, che orecchiando la Chanson de Roland dà vita a un misterioso animale: il cane di Magonza. Ma Rodari poteva trasformarsi in un cronista di razza, in grado di individuare, nel groviglio di voci che circondano un evento, il dettaglio che cattura l'attenzione. E sapeva quanto di vero si può dire con la fantasia. E cosi in queste pagine ci s'imbatte anche in meravigliosi esercizi narrativi; pezzi magistrali di «giornalismo surreale», in cui Rodari, da raffinato scrittore comico, reinventa completamente la realtà per mostrarci il volto segreto, talvolta tenero e talvolta ridicolo, della nostra vita di ogni giorno.
Il romanzo è un'esplorazione attenta della prima realtà verso le sorgenti non inquinate della vita. L'isola nativa rappresenta una felice reclusione originaria e, insieme, la tentazione delle terre ignote. L'isola, dunque, è il punto di una scelta e a tale scelta finale, attraverso le varie prove necessarie, si prepara qui, nella sua isola, l'eroe ragazzo-Arturo. È una scelta rischiosa perché non si dà uscita dall'isola senza la traversata del mare materno; come dire il passaggio dalla preistoria infantile verso la storia e la coscienza.
Questo libro è il percorso di una vita. Nato da un profondo rispetto della natura, del suo equilibrio e della sua grazia, rievoca grandi avvenimenti della storia e piccole vicende personali, in un flusso scandito dall'alternarsi delle stagioni. Nella memoria dell'autore ogni cosa ha lo stesso spazio, la stessa dignità; ogni frammento trova la giusta collocazione all'interno di un quadro che Rigoni Stern, "uomo di montagna", dipinge dei colori più vivi. Accanto alla campagna di Russia e alla drammatica esperienza del Lager riemergono così episodi apparentemente marginali, che tuttavia danno il senso di una vita: dai suoi giochi di ragazzo alle prime battute di caccia, da una visita alla Reggia di Versailles al "bel gallo" regalato all'amico Vittorini, che però, a mangiarlo, si rivela "selvatico e coriaceo". E poi ancora antichi riti e vecchie tradizioni, uomini e affetti di altre epoche, alberi e animali destinati ad annunciare il nuovo clima e la nuova stagione, luoghi e paesaggi forse dimenticati ma sempre carichi di storia e di ricordi: su tutto lo sguardo, a volte divertito a volte malinconico, dell'autore, testimone del suo tempo e di un passato che continua a riaffiorare.
Nella settimana che precede la Pasqua, torna in Israele Kaminka, padre di tre figli ormai sposati, e marito di una donna chiusa da anni in manicomio. Abita negli Stati Uniti, ha una nuova compagna e aspetta un figlio. Sono dunque le pratiche del divorzio che Kaminka deve avviare, ma il rientro in patria e in famiglia non avviene senza traumi. Davanti a un avvenimento così grave, vengono a galla i nodi irrisolti, le vecchie ferite, scatenando una crisi progressiva che esplode proprio il giorno di Pasqua. Il dramma della famiglia sconvolta dalla divisione "tardiva" dei genitori si arricchisce di una miriade di particolari che ne fanno un forte affresco di vita contemporanea, non soltanto israeliana.
Quando Anne inizia il suo diario, nel giugno del 1942, ha appena compiuto tredici anni. Poche pagine, e all'immagine della scuola, dei compagni e di amori più o meno ideali, si sostituisce la storia della lunga clandestinità. Obbedendo a una sicura vocazione di scrittrice, Anne ha voluto e saputo lasciare testimonianza di sè e dell'esperienza degli altri clandestini. La prima edizione del "Diario" subì tuttavia non pochi tagli, ritocchi, variazioni. Il testo, restituito alla sua integrità originale, ci consegna un'immagine nuova: quella di una ragazza vera, ironica, passionale, irriverente, animata da un'allegra voglia di vivere, già adulta nelle sue riflessioni. Questa edizione, in appendice, offre anche una ricostruzione degli ultimi mesi della vita di Anne e della sorella Margot, sulla base di testimonianze e documenti raccolti negli anni. Prefazione di Eraldo Affinati. Con uno scritto di Natalia Ginzburg.
Nel 1975 lo storico dell'arte Leo Hertzberg scopre un ritratto di donna di un artista sconosciuto. Rintracciato l'autore, Bill Wechsler, intreccia con lui un'amicizia lunga una vita. Le loro due mogli, Erica e Lucille, partoriscono lo stesso anno; le famiglie vivono nello stesso edificio a SoHo e trascorrono le vacanze insieme. Quando i figli diventano quattro, Bill divorzia da Lucille e sposa Violet, amata in segreto da Leo. Le due coppie, unite dall'amore per l'arte e la letteratura condividono più di vent'anni di successi e tragedie. Fino a quando Mark, figlio di Bill e Lucille, scivola nel torbido ambiente dei club newyorchesi dove si lega a un ambiguo artista specializzato in immagini di tortura e morte. Un'esplorazione dell'amore, della perdita, del tradimento.
"Chi sono io?" domanda un bambino alla sua mamma. E la mamma risponde: "Tu sei mio figlio". Totò però non si accontenta e ha bisogno di saperne di più: "E poi?" Nell'universo di Gianni Rodari ogni domanda ha il potere di scatenare un vortice di scoperte meravigliose. Senza fine. Le filastrocche, i racconti e le poesie di Rodari qui riproposti sono un invito all'esercizio del sogno e della fantasia. Perché non ci sono limiti alla curiosità e all'immaginazione. Incontreremo piante di pantofole, ladri che suonano il campanello e robot che mangiano bottoni; il mondo sterminato di un autore che ha incantato generazioni di lettori. Una nuova occasione per riscoprire la magia e il piacere di giocare con le parole. Età di lettura: da 8 anni.
"In ogni pagina di questo libro c'è il modo di essere donna (di Natalia Ginzburg): un modo spesso dolente ma sempre pratico e quasi brusco, in mezzo ai dolori e alle gioie della vita... Tra i capitoli del volume si ricorda 'Ritratto d'un amico', certo la più bella cosa che sia stata scritta sull'uomo Cesare Pavese. E le pagine scritte subito dopo la guerra, che riportano con una forza più che mai struggente il senso dell'esperienza d'anni terribili (e sanno pur farlo, serbando, come 'Le scarpe rotte', un quasi miracoloso senso del comico). Poi, le prove (come 'Silenzio' e 'Le piccole virtù') d'una Natalia Ginzburg moralista, dove una partecipazione acuta ai mali del secolo sembra nascere dalla matrice d'un calore familiare. E soprattutto, perfetto capitolo d'una autobiografia in chiave obiettiva e ironica, 'Lui e io', in cui la contrapposizione dei caratteri si trasforma, da spunto di commedia, nel più affettuoso poema della vita coniugale." (Italo Calvino). L'edizione è corredata dal saggio di Domenico Scarpa "Le strade di Natalia Ginzburg" e da un apparato comprendente le Notizie sul testo, un'antologia della critica, una bibliografia e una cronologia della vita e delle opere. Prefazione di Adriano Sofri.
Questo breve scritto, ormai considerato un classico della letteratura post-clandestina, racconta della retata nazista nel Ghetto di Roma, che nel volgere di una mattina si concluse con la deportazione di mille ebrei. Lettori e critici lo hanno giustamente accostato ai primi capitoli della "Storia della Colonna Infame" per la qualità dello stile che si accompagna al valore documentario. Con una prefazione di Natalia Ginzburg.
"Il paese sbagliato" alla sua prima pubblicazione, nel 1970, mise a nudo le deficienze di una scuola vecchia e inadeguata. Da allora molto è cambiato, eppure l'insegnamento continua a essere sotto tiro, vittima delle storture di un sistema burocratico e inefficiente, mentre la televisione tende a occupare il tempo una volta dedicato ai giochi e alla lettura. Capire che scrivere è "scoprire gli altri", che le parole sono anche suoni e colori, che la storia non è quella dei manuali, che si può stare insieme, anche se diversi, è quanto hanno imparato gli allievi di Mario Lodi. Il suo diario racconta quell'esperienza suggerendo il modello di una scuola che innanzitutto vuole educare, e che crede nello studio come occasione di crescita morale e civile. Con una "Lettera aperta ai giovani maestri".
Scritto nel 1948 e pubblicato l'anno seguente con altri due romanzi brevi in un volume, "La bella estate", che avrebbe poi vinto il premio Strega, "Il diavolo sulle colline" resta uno dei libri più belli di Pavese. Vi si trova il suo clima morale più tipico, le tensioni e la fragilità di un'adolescenza che si protrae in una giovinezza sognatrice, più portata a fantasticare se stessa che ad agire, sempre in attesa di un evento straordinario che sembra in agguato nella placida noia di giornate sempre eguali.
Paesaggi lontani e luoghi della memoria, storie di ombre, incontri con gli amici di una vita, riflessioni personali, letterarie ed artistiche si intrecciano in questo libro, il cui tono diaristico e spesso confidenziale riesce ad assumere valore di metafora. L'itinerario di Lalla Romano finisce col coincidere, ora con la peculiare tradizione europea, ora con le inquietudini contemporanee. Postfazione di Giovanni Tesio.
Scritto subito dopo la seconda guerra mondiale, la Morante con questo romanzo ha iniziato il suo lungo percorso letterario. "O impareggiabile prosapia! Mia madre fu una Santa, mio padre un granduca in incognito, mio cugino Edoardo un ras dei deserti d'oltretomba e mia zia Concetta una profetessa regina. Si fissarono così, in solenni aspetti a me familiari, le maschere delle mie futili tragedie...". Così assediata da tali "magnifiche" ombre, l'io narrante di Menzogna e sortilegio s'incammina verso la necropoli del proprio mito familiare: pari a un archeologo che parte verso una città leggendaria.
Il 1929, passato alla storia come l'anno del crollo di Wall Street che segnò l'inizio della Grande Depressione, è un anno fondamentale anche per la letteratura americana. Escono infatti "Addio alle armi" di Hemingway e "L'urlo e il furore" di Faulkner, una coincidenza che avvicina i libri, diversissimi tra loro, di due amici. Faulkner dà voce barocca a tutte le ossessioni e i fanatismi di quel Sud di cui pativa l'interminabile decadenza, incominciata con la sconfitta nella guerra civile. La mitica contea di Oxford diventa il teatro di un insanabile conflitto tra bianchi e neri, bene e male, passato e presente. Il romanzo è un complesso poema sinfonico in 4 tempi, che scandiscono le sventure di una famiglia del profondo Sud.
Questo capolavoro incompiuto del Novecento, da mezzo secolo al centro di un tormentato lavoro di sistemazione critica e filologica, ora in una edizione che organizza i materiali inediti in una prospettiva capace di illuminare l'architettura segreta del lavoro di Musil.
Un affresco fiammeggiante di storia cinese, dagli anni Trenta agli anni Settanta, raccontati da un giovane della provincia che ripercorre i drammi, gli amori, i lutti della propria famiglia. Un romanzo che per la sua forza mitica e immaginativa è stato avvicinato a "Cent'anni di solitudine".
Una piccola comunità dell'altipiano di Asiago esce stremata dalla Grande Guerra: ovunque macerie, povertà, disoccupazione. Chi non emigra ha davanti a sé un solo, pericoloso mestiere, quello del "recuperante": battere la montagna alla ricerca di residui bellici da rivendere ai grossisti di metalli per pochi centesimi. Giacomo, il protagonista del romanzo, impara il mestiere fin da bambino, al seguito del padre. Nel silenzio dei monti, impara a dialogare con i soldati scomparsi, ma anche a conoscere e decifrare il linguaggio segreto di piante e animali.
"Il destino assegnò a Fernando Pessoa questo nome fatale, 'Pessoa, Persona': proprio a lui, che era una e mille persone, innumerevoli flatus vocis imprendibili e senza neppure un nome [...]. Nella nostra civiltà la Persona si installa come funzione prima di tutto linguistica, in delicato bilanciamento fra l'individuazione pronominale e la processualità di un soggetto inafferrabile se non come flusso, ritmo danzante, 'forma del movimento'. Il drammatico 'Je suis l'autre' che Nerval scrisse sotto un suo ritratto e l'estremistico 'Je est un autre' di Rimbaud, che in Pessoa risuonano alla lettera nel 'Viver é ser outro' (255) e in molti altri luoghi del 'Libro dell'inquietudine', fanno esplodere l'equilibrio instabile: il più profondo, autentico desassossego di Pessoa, l'inquietudine più devastante del Novecento, è questo porsi del Soggetto come altro da sé, questa non solo esistenziale, ma metafisica perdita della presenza. Pessoa è Persona e Personne, Tutti e Nessuno nel contempo, 'Todos os Nomes' e Anonimo assoluto: 'Everyman', Chiunque, Ognuno di noi." (dalla prefazione di Corrado Bologna). Con un testo critico di Jerònimo Pizarro.
La solitudine dell'infanzia e lo stupore della vecchiaia, i film visti e i libri letti, il lavoro, la musica lirica (il titolo è tratto dal libretto del Lohengrin), la politica, il credere o il non credere in Dio: i brevi saggi qui raccolti somigliano alle pagine di quel diario che l'autrice dichiarava di non essere mai riuscita a tenere. Di certo sono vicini, per affinità tematica e sapienza di racconto, a "Lessico famigliare" e, come altrove nell'opera di Natalia Ginzburg, sono inseparabili dalla vocazione del narrare di sé. Nella loro casualità, nel loro placido disordine quotidiano, affrontano questioni che appartengono a ciascuno di noi. Singolare autoritratto di donna, "Mai devi domandarmi" diventa cosi un'esperienza familiare, un oggetto destinato a farci compagnia giorno dopo giorno. L'edizione è corredata da un saggio di Domenico Scarpa e da un apparato comprendente le notizie sul testo, un'antologia della critica, una bibliografia e una cronologia della vita e delle opere. Introduzione di Cesare Garboli.