"Pavel Aleksandrovic? Florenskij è il pensatore che incarna, interpreta ed esprime come nessun altro sia la complessità e la varietà della cultura del XX secolo, sia l'anima del popolo russo nei suoi aspetti più profondi e specifici; è veramente una figura la cui esistenza può essere legittimamente considerata emblema degli splendori e delle miserie del Novecento." L'esegesi del pensiero di Florenskij ha rappresentato una tappa essenziale nelle riflessioni di Silvano Tagliagambe sul ruolo dell'arte e sulla relazione tra visibile e invisibile. In questo volume, il filosofo che fu allievo di Geymonat - specializzatosi in Fisica quantistica all'Università di Mosca - ci introduce all'opera di un personaggio dalla sorprendente versatilità che, prima di trovare la morte nel gulag, fu capace, per dirla con parole di Tagliagambe, di "frantumare ogni barriera tra filosofia, teologia, matematica, fisica, biologia, storia e critica dell'arte, muovendosi con rigore e competenza all'interno di ciascuno di questi campi".
Esercizi spirituali: prima di essere una costruzione concettuale, la filosofia antica era un cammino preparato e accompagnato da esercizi per trasformare la propria visione del mondo e il proprio modo di vivere. Gli scritti di Arnold I. Davidson qui raccolti mostrano come questo cammino sia percorribile ancora oggi, non necessariamente seguendo solo la strada delle categorie tradizionali della filosofia, ma sperimentando altri percorsi, come quello dell'improvvisazione musicale, che secondo Davidson è in grado di diventare un altro genere di pratica filosofica. Pensando insieme straordinari musicisti come Cecil Taylor, Sonny Rollins e Steve Lacy e grandi filosofi come Pierre Hadot, Michel Foucault e Stanley Cavell, l'autore si domanda cosa significhi pensare l'etica e la politica come pratiche di libertà, come atti creativi che danno una forma individuale e collettiva al nostro ethos e al nostro modo di vivere.
In un contesto culturale in cui il «discorso» sull'uomo e sulla sua «verità» diventa sempre più difficoltoso e quanto mai altamente problematico, il «paradigma evolutivo» sembra costituire una chiave «euristica» ed «ermeneutica» idonea per esplicitare il senso dell'uomo come totalità bio-psico-spirituale e per identificare la sua singolarità e unicità nell'ordine dei viventi. I tentativi di «ri-pensare» l'uomo tra evidenze scientifiche e prospettive filosofiche, presenti in questo lavoro, risiedono nella volontà di ricercare e porre le premesse per uno sviluppo antropologico più rispondente all'umanità dell'uomo al fine di ri-articolare le strutture fondamentali dell'antropologico, sulla base di una prospettiva evolutiva. Il presente lavoro si colloca in continuità con i volumi Ri-pensare il mondo. Spazio-tempo, cosmovisioni e conoscenze, del 2001, e Ri-pensare Dio. Tra mutamenti di paradigmi e rimodulazioni teologiche, del 2016, dei quali costituisce la naturale contestualizzazione, esplicitazione e prosecuzione.
Come spiegare la spiccata genialità di Goethe, mirabile poeta e drammaturgo, scienziato ingegnoso e autorevole uomo di stato? Uno sguardo immaginifico sui suoi scritti, sulla sua vita e le relazioni intessute con altri – soprattutto con donne – non si limita a metterne in risalto il genio creativo, bensì aiuta a scoprirne la personalità, e insieme le sofferenze e le forti passioni che lo hanno accompagnato. Con questo ritratto, originale per la specificità dell’approccio prescelto, Rainer M. Holm- Hadulla sottolinea la stretta relazione tra il superamento di conflitti psichici e lo svolgimento di attività creative.
Rainer M. Holm-Hadulla, psichiatra, psicoterapeuta e psicoanalista, è attivo nella ricerca sulla creatività. Insegna presso l’Università di Heidelberg e dirige il servizio di consulenza psicosociale dell’ateneo. Fellow in diversi centri di studi interdisciplinari, è Visiting professor in varie università dell’America Latina e della Cina. Tra i suoi libri: The art of counselling and psychotherapy (2004), Kreativität. Konzept und Lebensstil (20103), Kreativität zwischen Schöpfung und Zerstörung (2011), Integrative Psychotherapie (2015). Questo è il suo primo libro in italiano.
Antonio Staude, traduttore di poesia e saggistica tra il tedesco e l’italiano, nonché autore di saggi sulla cultura letteraria e teatrale. Impartisce corsi di lingua e cultura italiana a Mannheim, collabora all’ufficio editoriale del festival belcantistico Rossini in Wildbad ed è giurato del concorso internazionale di poesia e teatro Castello di Duino.
La preoccupazione tardiva per ciò che Hannah Arendt ha chiamato le attività della vita della mente, relative all'azione, all'etica e alla politica, prende forma consistente dopo il processo a Adolf Eichmann. Se la questione centrale in "Vita activa" è quella di pensare "ciò che stiamo facendo" e attestare la preoccupazione che attraversa tutta la sua opera (la definizione dell'azione politica comune), già ne "La vita della mente" l'autrice ci sfida a una fenomenologizzazione della vita contemplativa, il cui punto di vista privilegiato è la visibilità delle azioni e del linguaggio. Il punto cruciale per una praxis etica della visibilità è come il soggetto si singolarizza nella comunità politica, un'etica della responsabilità personale. Ci chiama a una costante "resa dei conti", verso noi stessi, verso gli altri e verso il mondo. Questa etica della visibilità apre la possibilità di riproblematizzare il pathos tra il self e il mondo comune, tra coscienza e esperienza - i pilastri che ispirano una nuova simbologia etica nella politica.
"Il linguaggio amoroso, 'altro linguaggio' [...:] attrito, frizione insopportabile che l'innamorato avverte tra il suo linguaggio amoroso (per lui: il linguaggio giusto) e ogni altro linguaggio: linguaggi costituiti dalla mondanità, dalla scienza, dalla moda, dalla generalità, avvertiti con orrore come artificiosità. [...] Artificiosità, sensazione della inversione del reale. Il mondano, lo scientifico, la generalità: falsa realtà. Veramente reale è l'Amore 'artificiosità'). Sensazione del soggetto innamorato: che l'Amore faccia vedere lucidamente la futilità, la vanità dei linguaggi non amorosi. L'Amore è mediatore di verità. Allargamento filosofico del sentimento amoroso. [...] Divergenza dei sistemi, l'altro linguaggio rinvia alla divergenza dei campi, dei sistemi. Due sistemi divergenti: l'Amoroso e il Mondano. Ogni accavallamento è intollerabile. Quindi: la nudità della relazione col mondo (di esclusione, di separazione). Ma la separazione (che è di fatto una valutazione) incontra codici culturali che l'alimentano e le servono da alibi. [...] All'innamorato in rottura con la mondanità, la socievolezza, la generalità, la conformità corrisponde un'estetica della dissimmetria, dell'inversione, dell'asindeto, della irregolarità. È almeno così che il soggetto innamorato si dice". Roland Barthes, 'Figura 8: Altro linguaggio', Seminario, 30 gennaio 1975
Il testo che presentiamo si compone di due parti. Nella prima, intendiamo offrir due lavori sul pensiero del Card. Martini frutto di un convegno tenutosi a Palermo nel gennaio 2014. I temi sviluppati riguardano l'etica della conversazione e la teologia politica, così come questi sono presenti in alcuni scritti del Cardinale. Nella seconda parte, abbiamo provato a raccogliere l'insegnamento de Card. Martini, sviluppando a nostra volti il tema del rapporto, non scontato, tra Sacre Scritture e mondo contemporaneo. I tre saggi che la compongono, frutto di altrettante conferenze in Italia e in Europa, affrontano i temi dell'Autonomia Regionale, dell'Europa, e della Giustizia Riparativa, letti ogni volta attraverso un prisma biblico differente.
Il titolo di ispirazione socratica - Scito te ipsum - con cui l'Etica era nota fin dall'inizio, indica il ruolo centrale dell'interiorità e intenzionalità nell'analisi del problema morale. Già dalle prime battute dell'opera Abelardo definisce la colpa come "consenso del soggetto all'inclinazione naturale presente nella natura umana": non è colpa - osserva - desiderare una donna ma acconsentire al desiderio giungendo all'adulterio. All'opera appartengono anche alcune intense pagine di denuncia della corruzione della chiesa che, oramai lontana dal modello evangelico della povertà, mira solo al potere e alla supremazia temporale. In esse riconosciamo l'Abelardo maestro di Arnaldo da Brescia.
Paul Ricoeur (1913-2005) è una delle figure più rappresentative della filosofia francese contemporanea. Le sue opere abbracciano l'intero arco della seconda metà del '900, da "Filosofia della volontà" (1950) a "Percorsi del riconoscimento" (2004). La rassegna delle tematiche affrontate è ampia ed articolata: il volontario e l'involontario, la finitudine e il male, le implicazioni filosofiche della psicoanalisi, l'innovazione della metafora, il tempo ed il racconto, l'ermeneutica del sé, il giusto, la memoria e l'oblio, i modi del riconoscimento. Egli adotta una prospettiva fenomenologico-ermeneutica che, pur nella varietà e nelle progressive variazioni del suo percorso, si attiene ad un filo conduttore imperniato sulla analisi delle fragilità e della complessità del soggetto "agente e sofferente", che mantiene una sua coesione su uno sfondo etico. I capitoli del presente lavoro offrono una presentazione puntuale dei principali testi di Ricoeur in sequenza cronologica ed una loro rilettura critica.
Il passaggio dalle indipendenze alle libertà vuole indicare il periodo della conquista storica che si inserisce nella dinamica del tentativo operato per la costruzione di un futuro migliore, un periodo di ulteriori approfondimenti delle tensioni fra diritti individuali di cittadinanza e diritti comunitari, e di quelle relative all'accesso di ciascun individuo ad eguali diritti nello Stato, a prescindere dal gruppo centrale d'appartenenza. L'invocata libertà tende a manifestarsi soprattutto in politica, nella cultura e nell'economia, ambiti in cui si auspica il totale protagonismo da parte degli africani, che devono rivendicare per se stessi la propria autenticità, facendo, per esempio, in modo che le politiche africane siano una conquista quotidiana costruite a livello locale e non semplici copie stereotipate di modelli occidentali; e facendo sì che esse non continuino a essere determinate da blocchi egemonici del Nord del mondo e da politici locali corrotti.
Filosofo "inimitabile", secondo le parole di Levinas, Jankélévitch si staglia sul quadrante del Novecento come un pensatore volutamente inattuale - perché diversamente orientato rispetto ai vettori caratteristici di esso. Proprio in ciò risiede la sua attualità, racchiusa nella cifra di una riflessione intensa e originale. Alla individuazione delle nascoste e non consumate potenzialità di tale riflessione è rivolto questo saggio. In un momento in cui diverse strategie teoriche paiono esaurirsi e viceversa il pensiero torna ad interrogarsi su quel flusso mobile che è la vita stessa, Jankélévitch, da sempre infaticabile esploratore dell-inquieto fascino del reale, della misteriosa "grazia" (charis) da cui prendono forma le cose - e proprio perciò attento alla responsabilità dell'agire pratico -, si rivela un interlocutore col quale oggi, forse più che mai, è importante confrontarsi.
Secondo F. Nietzsche, il nichilismo è lo "smarrimento dei valori tradizionali - Dio, Verità, Bene - e lo scivolamento verso il trivellante sentimento del proprio nulla". In un mondo frutto del caso, l'uomo si ritrova senz'anima, destinato al niente della morte e senza un fine soprannaturale. Contro questo modo di concepire l'esistenza, si espongono a livello multidisciplinare (teologia, filosofia, psicologia, morale) non solo le contraddizioni interne del nichilismo, ma anche quelle dei suoi precursori (agnosticismo, materialismo, ateismo, scientismo, laicismo). Particolare attenzione viene data alla fondazione religiosa della libertà, della morale e dell'amore (contro il relativismo) e alla critica delle concezioni di Dio come Nulla e Ineffabile (misticismo, teologia negativa). Guidano lo studio il realismo e il pensiero cristiano, due prospettive che offrono risposte per superare le precarietà della vita (divenire, vuoto, male, angoscia) e intravedere la presenza dell'Assoluto. In Appendice, le classiche "dimostrazioni dell'esistenza di Dio" esemplificano la perenne validità di una "metafisica dell'essere" profondamente anti-nichilista.
Decaduto fin dall’inizio dei tempi nel regno del peccato, l’uomo, creatura dalle origini divine ed angeliche, non sa come far ritorno alla sua sorgente spirituale. La natura, la sapienza delle Scritture e dei Padri, nonché l’illuminazione della Grazia divina, sono i mezzi che egli ha a disposizione per intraprendere il suo cammino di ritorno a Dio. Il Periphyseon, il capolavoro di Giovanni Scoto Eriugena (IX d.c.) costituisce un veicolo indispensabile per il lettore moderno per viaggiare sulle vie della contemplazione mistica e spirituale, in cerca della sua vera ed autentica natura.
Vittorio Chietti (Napoli 1981) è Dottore di Ricerca presso il Dipartimento di Filologia Classica Francesco Arnaldi dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Addottoratosi nel 2010 con una dissertazione sul Periphyseon di Giovanni Scoto Eriugena, persegue il suo ambizioso sogno di realizzare la traduzione integrale di tutto il capolavoro eriugeniano. Attualmente lavora alla traduzione e allo studio delle Expositiones in Ierarchiam Coelestem dell’Eriugena.
"Raimon Panikkar. Oltre la frammentazione del sapere e della vita", è un'introduzione alla figura ed al pensiero di questo filosofo-teologo singolare e creativo, molto amato in Italia e recentemente scomparso. Egli stesso si definiva con una quadruplice identità: cristiana, induista, buddhista e secolare. Questo testo se da un lato ne studia l'itinerario di vita e di pensiero, dalle sue origini multiculturali e multireligiose all'incontro con l'India ed alla sua docenza universitaria, dall'altro figura come un'introduzione alla sua visione complessa. A tal riguardo è corredato di un dizionario panikkariano che ne approfondisce alcune tematiche quali l'ontonomìa, la differenza simbolica, l'ermeneutica diatopica, la filosofia dialogica o imparativa, l'ecosofia, gli equivalenti omeomorfici, l'intuizione cosmoteandrica... Il teologo gesuita Xavier Melloni, parlando dell'edizione spagnola, ha affermato che questo testo "è destinato a divenire un punto di riferimento per chi voglia avvicinarsi al pensiero complesso panikkariano". Il libro, risultato di tanti anni di lavoro, desidera aprire nuovi percorsi per quanto riguarda l'esperienza ed il linguaggio su Dio, oltre i confini del dualismo e monismo panteista. Fedele a ciò che è stato il progetto di Raimon Panikkar, è un testo che si prefigge soprattutto di tendere ponti tra il pensiero di Oriente e di Occidente, in particolare tra il Cristianesimo e l'Induismo.