In un mondo frenetico dove la fede rischia di diventare superficiale, John MacNeil ci offre una guida indispensabile per scoprire la profondità e la potenza di una vita guidata dallo Spirito Santo. Con una prosa chiara e accessibile, l'autore ci rivela il modo in cui i credenti possono superare le sfide spirituali. Attraverso aneddoti personali, insegnamenti biblici e applicazioni pratiche, l'autore dimostra che vivere ripieni dello Spirito Santo non è un'ideale lontano, ma una realtà accessibile a tutti. Questo libro è un tesoro per chiunque desideri rinnovare il proprio cammino di fede, approfondire la propria relazione con Dio e vivere ogni momento sotto la guida dello Spirito Santo.
Con la sua opera pit conosciuta, Foscolo ha consegnato alla storia della letteratura la esperienza più intima. In forma di romanzo epistolare viene infatti narrata la forte passione amorosa che il protagonista concepisce per la "divina Fanciulla" Teresa, promessa sposa a Odoardo, Jacopo Ortis diventa quasi un alter ego dell'autore: nei suoi amori e nei suoi sentimenti vediamo adombrati quelli di Foscolo stesso, i suoi innamoramenti le peregrinazioni per l'Italia contesa tradita dagli stranieri, l'esilio del 1815 dopo la caduta del Regno Italico. Documento di una nuova sensibilità romantica, il libro ebbe grande diffusione in Europa e ad esso ispirarono in particolare coloro che combattevano la dominazione napoleonica e per le libertà nazionali.
Le Metamorfosi — poema in esametri che narra la straordinaria trasformazione dei corpi a partire dalla prima origo mundi — non possono considerarsi un vero e proprio poema epico, perché coniugano elementi della poetica callimachea e anti-callimachea, storia universale ed eziologia, armonizzandoli con forme e motivi della tragedia e soprattutto dell'elegia. Dai poeti alessandrini Ovidio riprende la sperimentazione di forme di poesia catalogica, la concezione del mito come favola dotta, ma non c'è opera di epoca alessandrina a noi nota che possa essere comparata ai quindici libri delle Metamorfosi ovidiane né per estensione, né per la cura nella descrizione del processo della metamorfosi. Nella lunga serie di sequenze narrative intrecciate attraverso la tecnica dell'epillio si coglie l'unita di concezione nello sviluppo del tema metamorfico, che fa emergere la labilità del confine tra passato e presente, l’ambiguo rapporto tra umano e divino, la combinazione di realismo ed artificio letterario.
Saggio introduttivo a cura di:
Alessio Ruta, docente a contratto di Lingua e letteratura Latina presso l'Università di Catania, ha conseguito Scientifica Nazionale a professore associato in Filologia classica e in Letteratura greca. Il suo campo di ricerca va dal romanzo greco e latino alla tradizione paremiografica, dalla poesia latina di età imperiale alla prosa epistolare.
Nuova traduzione e note a cura di: Francesco Fantuzzi ha conseguito la laurea in Lettere classiche e il Dottorato in Filologia greca e latina presso l'Università di Bologna e ora è docente di Lettere al Liceo. I suoi interessi di studi si concentrano principalmente su Catullo,l'elegia latina e alcuni aspetti della metrica.
Nella Germania, tra le poche opere etnografiche superstiti dell'antichità, composta probabilmente all'inizio del II sec. d.C., Tacito delinea a tutto tondo il ritratto degli antichi Germani: forti, coraggiosi, saldi moralmente, ma nonostante questo, ancora barbari e lontani dalla civiltà romana.
Questo scritto offre al suo autore anche l'opportunità per condannare la dilagante corruzione dei Romani e per far conoscere le istituzioni dei Germani che, a partire dal Medioevo, avranno un ruolo notevole nel quadro politico europeo. Il frequente confronto, più spesso lo scontro, tra mondo germanico e mondo latino nel corso dell'età moderna, a partire dalla riforma protestante fino al Novecento, farà della Germania uno dei testi classici più letti e discussi, anche se di frequente deformata da interpretazioni faziose, ideologiche e, come al tempo del nazismo, criminali.
Gli Epodi e le Odi di Orazio portano un soffio di novità nella tradizione poetica di Roma antica. Con i primi Orazio trapianta a Roma un nuovo genere d'invettiva letteraria: la sua indignazione verso personaggi ignoti o fittizi si fa più manierata rispetto all'aggressività dei giambi di Catullo, ma le forme metriche che egli elabora si fondano, per la prima volta, sull'originale adattamento dei più complessi metri usati da Archiloco di Paro.
Con le Odi il poeta si cimenta nel recupero delle forme della lirica greca arcaica (con particolare predilezione per Alceo), mai affrontato dai suoi predecessori, se si eccettuano gli eccentrici esperimenti di Levio e i pochi carmi prettamente lirici di Catullo. Un duplice rinnovamento letterario, riconosciuto, per il suo carattere epocale, dallo stesso Augusto, che ad Orazio affidò la composizione del solenne Carme secolare, a suggello dell'ammirazione per un poeta capace di esprimere in forme 'antiche' sentimenti moderni: dalla ricerca della vera felicità alla saggezza del modus, dalla malinconica consapevolezza della fuga del tempo alla gioia per i prudenti e pacati 'naufraghi' d'amore.
Una delle caratteristiche più vistose della poesia di Whitman è l'uso di "cataloghi". La sua maestria nell'utilizzo di questi ultimi indica, per molti critici, la sua sterminata forza generatrice, la sua apparente capacità di allineare centinaia di immagini senza mai cadere nella ripetizione, producendo, al contempo, una straordinaria varietà e freschezza. L'opera conobbe la sua stesura definitiva nel 1892, arrivando a contenere quasi 400 poesie, suddivise in 14 sezioni. Whitman, tra il 1855 e il 1892, continuò a rielaborare costantemente la sua raccolta che, perciò, può letteralmente considerarsi il lavoro di una vita.
Pubblicata nel 1788, è la seconda opera critica di Kant e la seconda opera di etica dopo la Fondazione della metafisica dei costumi del 1785. Fin dalla prefazione Kant ritiene di dover giustificare il titolo dell'opera, preoccupandosi di spiegare perché abbia scelto di intitolarla Critica della ragion pratica. Ciò che Kant ritiene di dover giustificare non è l'uso del termine "critica", ma è la parte del titolo che specifica l'oggetto dell'esame critico: sarebbe infatti naturale attendersi che esso fosse stabilito in parallelo a quello della prima Critica. Se quest'ultima si era concentrata sulla ragion pura teoretica, è lecito aspettarsi che a essere ora sottoposta ad esame sia la ragion pura nel suo uso pratico, e che pertanto l'opera si intitoli Critica della raion pura pratica. Invece nel determinare la scelta del titolo prevale il riconoscimento che in ambito pratico s'impone un'inversione del compito critico tanto al suo versante negativo. Mentre infatti in sede teoretica il lavoro critico era pervenuto a negare le pretese della ragion pura di varcare i limiti dell'esperienza, in sede pratica il lavoro critico contesta alla ragion pratica empiricamente condizionata la pretesa di essere la sola a dirigere la nostra condotta.
La piccola Gabri vive in una quotidianità caotica e priva di affetto, girovagando per le strade di Parigi con la sorellina Michette e nutrendo un sotterraneo rancore per la madre Francine, animo volubile e civettuolo, completamente concentrato su di sé e i propri amanti. Quando, però, la sorte colpisce Gabri con un'inaspettata fortuna e, al tempo stesso, la più grande delle tragedie, la sua vita viene del tutto sconvolta: da bambina scostante e riservata, si trasforma in una ragazza affascinante e piena di vita. Poco alla volta, la giovane si prenderà le sue piccole rivincite sino ad arrivare alla partita finale con la nemica di sempre. Pubblicato a Parigi nel 1928, La nemica si configura come un'aspra caricatura dell'infanzia della scrittrice e del rapporto con la madre Fanny, un intreccio di vendetta e cupe passioni che si incontreranno in molti romanzi successivi, da Jézabel a Il vino della solitudine.
Irène Némirovsky (1903-1942)
Nata a Kiev nella famiglia di un ricco banchiere ebreo, trascorre un'infanzia agiata e solitaria a San Pietroburgo, prima di trasferirsi, con la Rivoluzione d'Ottobre, in Finlandia e, poi, in Francia A Parigi si laurea in lettere alla Sorbona e si dedica completamente alla scrittura, componendo tutte le sue opere in francese. Nel 1926 sposa l'ingegnere ebreo russo Michel Epstein, mentre al 1929 risale il suo primo romanzo di successo, David Golder. Benché la su attività di scrittrice fosse ampiamente apprezzata e riconosciuta, la Némirovsky non ottiene mai la cittadinanza francese e alla fine degli anni '30 si avvicina alla fede cattolica. Vittima delle leggi razziali insieme al marito, non riesce più a pubblicare se non sotto pseudonimo. Mentre si trova con la famiglia a Issy-l'Eveque, viene arrestata e deportata ad Auschwitz, dove viene uccisa il 17 agosto 1942; la stessa sorte spetta a Michel Epstein qualche mese dopo. Le figlie Denise ed Elisabeth riescono a salvarsi e a portare con sé una valigia piena di documenti e manoscritti della madre: solo decenni dopo Denise si ritrova tra le mani i primi due volumi di un capolavoro incompiuto, Suite francese.
Le Consolationes senecane sono tre: Ad Marciam, Ad Helviam mater e Ad Polybium. Esse hanno l'obiettivo di consolare i tre personaggi, afflitti per la morte di qualcuno, attraverso argomentazioni filosofiche. La prima è rivolta a Marcia, figlia dello storico Cremuzio Cordo, in seguito alla morte del figlio; l'opera vuole muovere una riflessione in particolare sul tema del suicidio, portando esempi di altre donne colpite dalla stessa disgrazia. La seconda consolati, la quale è addolorata per l'esilio in Corsica del figlio: egli però lo rassicura in quanto tale provvedimento non impedisce al saggio di dedicarsi all'otium. L'ultima consolazione è indirizzata a Polibio, il quale ha perso il fratello: Seneca, attraverso quest'opera, vuole in realtà tessere le lodi dell'imperatore Claudio per tornare dall'esilio a Roma.
Lucio Anneo Seneca (4 a.C.-65 d.C.) nasce a Cordoba, in Spagna, verso il 4 a.C., ma è a Roma che inizia gli studi retorici e filosofici. Prima sotto Caligola, poi anche sotto Claudio cade in disgrazia e viene esiliato in Corsica per otto anni. Richiamato a Roma da Agrippina, diviene precettore del figlio Nerone e poi nel 56 è nominato console: è ormai ai vertici della carriera politica. Nerone però intende seguire le sue ambizioni, eliminando tutti i possibili avversari. Seneca allora, fallito il sogno di un regno della filosofia, sceglie di ritirarsi a vita privata. Nel 65 si trova però coinvolto nella congiura dei Pisoni, per cui, rientrato dalla Campania, lo raggiunge la comunicazione della condanna capitale. Il filosofo allora decide di togliersi la vita; con quel gesto intendeva affermare che al saggio rimane ancora un'ultima libertà, cioè la morte.
"Alla lunga il dolore si consuma: anche il più ostinato, quello che insorge quotidianamente e si ribella alle cure, è spossato dal tempo, efficacissimo mitigatore delle violenze."
L'Avaro è una commedia in cinque atti, rappresentata per la prima volta il 9 settembre 1668 al Palais-Royal con Molière nel ruolo di Harpagon e Armande Béjart in quello di Mariane, che si ispira all'Aulularia di Plauto. All'inizio non ebbe molto successo, forse per l'insolito uso della prosa in una commedia lunga o per il trionfo pressoché insuperabile dell'opera di Molière Il Tartuffo. In tutta la commedia l'ilarità quasi amara, perché l'avarizia vince su tutti i sentimenti: sull'amore filiale, sull'amore paterno e sull'amore romantico. Divertenti sono i dialoghi in cui l'essere avaro è presentato come il sintomo di una malattia. Nonostante l'evoluzione dell'intrigo della pièce, il vizio non viene mai corretto e l'avarizia trionfa fino all'ultima pagina.
Molière (1622-1673), pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin, nasce a Parigi nel gennaio del 1622 e cresce in un ambiente di ricchi commercianti e artigiani. Studia presso il gesuita Collège de Clermont e si laurea in diritto, ma comincia ben presto a frequentare gli ambienti teatrali e l'attrice ventiduenne Madeleine Béjart. Insieme alla donna, Joseph e Geneviève Béjart fonda la "Compagnie de l'Illustre Théatre" che però, ricoperta di debiti, porta l'uomo in prigione e viene sciolta nel 1645. Molière si unisce poi, insieme ai Béjart, alla compagnia teatrale itinerante dei "Comédiens du seigneur due d'Epernon" di Charles Dufresne e nel 1646 lascia Parigi viaggiando per tredici anni. Al suo ritorno è un uomo di teatro a tutto tondo (attore, direttore, autore) e a Lione ha inoltre scoperto la Commedia dell'Arte, a cui si ispira per le sue farse, apprezzate in particolare modo dal re Luigi XIV. Tra le opere di maggiore successo, oltre L'Avaro (1668), ricordiamo La scuola delle mogli (1622), Il Tartuffo o l'impostore (1664), Don Giovanni (1665), Il misantropo (1666) e Il malato immaginario (1673).
"Con quello che indossate dalla testa ai piedi ci si potrebbe vivere di rendita. Ve l'ho detto cento volte, figliolo, il vostro modo di fare non mi piace: vi date arie da principe e per andar vestito così dovete per forza derubarmi".
Nel rivalutare il ruolo di Cicerone nella storia del pensiero antico, i critici hanno recentemente sottolineato e apprezzato la passione con la quale egli rivendica un proprio spazio nel dibattito su uno dei principali motivi della filosofia ellenistica: la contraddizione tra le necessità del fato stoico il libero arbitrio. Composto nel 44 a.C., all'indomani della morte di Cesare, come ultimo momento di una riflessione teologica già avviata dall'Arpinate con i dialoghi De natura decorum e De divinazione, il trattato De fato segna inoltre il ritorno alla tecnica delle Tusculanae disputationes, con l'abulia fatalistica dei boni viri contrastata in un discorso continuo aperto alle soluzioni delle varie scuole di pensiero.
Saggio introduttivo, nuova traduzione e note a cura di:
Andrea Filippetti è dottore di ricerca in Filologia e Letteratura greca e latina e insegna Discipline Letterarie e Latino negli Istituti Scolastici di Istruzione Superiore della provincia fiorentina. Si è occupato soprattutto di medicina e poesia didascalica, di ritrattistica e fisionomica in Grecia e Roma antiche, seguendo anche la fortuna di concezioni scientifiche forme letterarie classiche fino al Rinascimento e al Barocco. Per i tipi di Rusconi Libri ha curato la traduzione commentata dei Remedia amori ovidiani (Santarcangelo di Romagna 2014), mentre per la Pisa University Press ha pubblicato Il remedium amori da Ovidio a Shakespeare (Pisa 2014), raccolta di tre suoi saggi - di cui uno inedito - sulla ricezione shakespeariana delle "cure per il mal d'amore".
Marco Tullio Cicerone (106 a.C.-43 a.C.)
Nato ad Arpino, da famiglia agiata ma non nobile, nel 106 a.C., Marco Tullio Cicerone si forma, a Roma e in Grecia, presso grandi giuristi, retori e filosofi, percorrendo tutti i gradi del cursus honorum fino al consolato (ricoperto nel 63). Convinto assertore del conservatorismo repubblicano, ci lascerà una cospicua messe di orazioni e di opere retoriche, politiche e filosofiche (mentre delle sue prove poetiche ci giungeranno soltanto frammenti). Grazie al suo ricco e articolato epistolario, l'epoca dell'Arpinate è quella che meglio conosciamo di tutta l'Antichità. Sopravvissuto a Cesare, Cicerone è raggiunto e ucciso dai sicari di Antonio sulla spiaggia di Formia nel 43 a.C.
Riscoperta nel 1333 da Francesco Petrarca, l'orazione in difesa di Archia rappresenta un appassionato elogio della poesia e dell'humanitas, e pertanto divenne subito un testo chiave per la genesi del concetto stesso di umanesimo. Ma la Pro Archia è anche un'orazione profondamente politica, in cui Cicerone riflette, sullo sfondo della crisi della repubblica, sulla funzione sociale e civile della poesia.
Saggio introduttivo, nuova traduzione e note a cura di:
Daniele Pellacani è ricercatore on Lingua e letteratura Latina presso l'Università di Bologna. Si occupa prevalentemente di letteratura scientifica, e in particolare astronomica, e della ricezione dei testi antichi nella letteratura moderna e contemporanea.
MARCO TULLIO CICERONE (106-43 a.C.)
E' senza dubbio una delle figure più importanti della letteratura latina. Oratore straordinario, fu anche protagonista dellamvita politica del suo tempo, percorrendo da homo novus tutti i gradini del cursus honorem, fino al consolato del 63 a.C., durante il quale sventò la congiura di Catilina guadagnandosi il titolo di pater patriae. Dopo aver conosciuto l'amarezza dell'esilio (58 a.C.), fu confinato ai margini della scena politica, ma continuò, attraverso le opere retoriche e filosofiche, a portare avanti il suo progetto culturale, finalizzato alla formazione di una nuova classe dirigente, capace di affrontare la crisi in cui versava lo stato. Un progetto che Cicerone perseguì fino all'ultimo, quando, dopo le Filippiche, venne ucciso dai sicari di Antonio.
"Tutte le arti che formano la cultura hanno come un legame che le accomuna, e sono unite tra loro da una specie di parentela."
Perfetta fusione tra racconto del terrore e giallo classico, Il mastino dei Baskerville, racconta l'impresa definitiva di Sherlock Holmes, la più spettacolare e la più complessa. La storia, ambientata nella landa desolata di Dartmoor, nel Devon, tra nebbie e paludi, è quanto mai suggestiva e carica di suspence. Un'oscura maledizione aleggia sulla casata dei Baskerville. Alla sua origine, un efferato crimine commesso da sir Hugo Baskerville due secoli prima. Da allora un mostro sanguinario, un enorme cane nero dagli occhi infernali, sembra perseguitare gli eredi maschi di Baskerville Hall, tutti morti in modo violento. Aiutato dal fedele Watson, Holmes tenterà, con la sua impareggiabile logica e il suo formidabile dinamismo, di districare la matassa che avvolge il caso più difficile e pericoloso che abbia mai dovuto affrontare.
ARTHUR CONAN DOYLE (1859-1930)
Arthur Conan Doyle nasca a Edimburgo da padre inglese e madre irlandese.Secondo di dieci figli è uno studente brillante e si laurea in medicina nel 1885. Mentre è assistente medico a Birmingham si appassiona alla letteratura ed è proprio uno dei suoi professori, Joseph Bell, che gli ispirerà il famoso detective Sherlock Holmes, personaggio che tentò invano di "uccidere" perché sopraffatto dalla sua notorietà. Uomo dal forte temperamento, conduce molte battaglie per mezzo della stampa e scrive saggi, racconti e romanzi di diverso genere: storico, di avventura, fantastico, del paranormale e del terrore. Insieme a Edgar Allan Poe, è fra i padri fondatori del romanzo poliziesco.
Il Mercante di Venezia, andato in scena per la prima volta nel 1596, affronta diverse tematiche care all'autore, tra cui il conflitto fra ego e amore, il pregiudizio e l'intolleranza tra ebrei e cattolici, la pietà e la legge. Tutta la vicenda, ambientata a Venezia e a Belmont, ruota attorno a due donne particolarmente astute: Porzia e Nerissa, mogli rispettivamente di Bassano e Graziano, che si fingono avvocato e scrivano per difendere i loro interessi dall'usuraio ebreo Shylock, figura ambigua e calzante rappresentazione di un uomo al tempo stesso tiranno e vittima, sacrificante e sacrificato.
Questa vivace raccolta di aforismi, pubblicati nel 1901, un anno dopo la morte dell'autore irlandese più amato - e insieme più odiato - dell'Inghilterra vittoriana, rappresenta l'espressione delle riflessioni e degli affetti più profondi, originali e sentiti, di Wilde. Numerose battute paradossali, solo in apparenza ciniche, grottesche e superficiali, lasciano trapelare l'inquietudine del suo animo, l'ipercritica e la sofferenza del poeta che in poche righe riesce a penetrare nelle pieghe più riposte dell'animo umano.
"Volete avere, di questo nostro pianeta, l'opinione ch'esso meriti un certo rispetto, e che non sia poi tanto piccolo in rapporto alle passioni che ci agitano, e che offra molte belle vedute e varietà di vita e climi e di costumi; e poi vi chiudete in un guscio e non pensate neppure a tanta vita che vi sfugge, mentre ve ne state tutti sprofondati in un pensiero che v'affligge o in una miseria che v'opprime".
Chi mente a se stesso arriva al punto che non sa più discernere tra la verità e la menzogna né in sé, né attorno a sé e arriva a non avere più stima di sé e degli altri. E, se non rispetta più nessuno, smette di amare e in mancanza di amore, per tenersi occupato e per distrarsi, si abbandona alle passioni e ai piaceri grossolani e si spinge nei vizi fino a diventare un bruto; e tutto questo solo per il suo continuo mentire a sé e agli altri. Chi mente a se stesso è anche il più suscettibile ad offendersi.
Allora disperato di dover morire, si mise a bastonare anatre e tacchini, a strappare gemme e sementi. Avrebbe voluto distruggere d'un colpo tutto quel ben di Dio che aveva accumulato a poco a poco. Voleva che la sua roba se ne andasse con lui, disperata come lui.
Le bugie, ragazzo mio, si riconoscono subito, perché ve ne sono di due specie: vi sono le buche che hanno le gambe corte e le bugie che hanno il naso lungo.
Vi vedo dappertutto, nelle stelle, nel fiume; per me siete ciò che esiste; la realtà di ogni cosa. La vita vi dico, sarebbe impossibile senza di voi
Sai, dopotutto sei un po' complicata. Oh, no, si affrettò a rassicurarlo. Non lo sono per niente, sono solo, sono solo un sacco di persone diverse, ma tutte semplici
C'è in lui qualcosa di strano, qualcosa di ripugnante, di detestabile addirittura
Le Storie Filippiche rappresentano uno dei perduti Graal della letteratura di Roma antica: una storia universale scritta in latino. Loro autore è un uomo di origine gallica, Pompeo Troppo: proprio mentre Tito Livio componeva la sua monumentale Storia di Roma, scelse invece di narrare ke vicende dei popoli più lontani, nel tempo e nello spazio. Al centro doveva spiccare la formidabile ascesa e caduta del regno macedone, da qui il titolo. Sfortunatamente, però, le Storie Filippiche sono andate perdute: tutto quello che ci resta è un Florilegio, composto qualche secolo dopo da un certo Giustino. La perdita è quindi parzialmente sanata? No: Giustino, pur limitandosi ad un'operazione apparentemente innocua come la selezione di brani, in realtà modifica nel profondo gli equilibri e le prospettive dell'originale. Il suo Florilegio, quindi, più che raccontarci la storia del mondo, rappresenta il biglietto di accesso a una camera delle meraviglie, in cui da ogni scaffale fa capolino qualcosa di stravagante: regine malvagie, sovrani obesi, bambini prodigio, fughe rocambolesche, passioni e enigmi.
La piccola Jane, povera e orfana, trascorre la propria fanciullezza in un triste asilo di Lowood, priva di qualunque di affetto. Ben presto Jane trova un modesto impiego come governante presso casa Rochester unitamente all'amore: il padrone di casa finisce per innamorarsi di lei, ma proprio quando si sta per celebrare il matrimonio tra i due, una sconvolgente verità travolge la vita della fanciulla. Il romanzo, che ha avuto un successo ininterrottamente sin dalla sua prima pubblicazione, è stato tradotto in molte lingue e più volte adattato allo schermo e sulle scene.
L'opera, che può identificarsi come un lungo viaggio per comprendere il significato dell'arte,, del tempo e dell'essenza umana, è divisa in tre sezioni. Il protagonista, identificabile con Proust, racconta la propria infanzia trascorsa nella città di Combray, la sua travolgente passione per la raffinata e opportunista Odette de Crècy e un viaggio a occhi aperti in varie località evocate anche solo dal nome. Infatti, un oggetto un luogo o anche solo il profumo di the e madeleine diventano un appiglio per ritrovare sensazioni perdute, per fondere i confini del tempo e della memoria in questa delicata e sapiente analisi psicologica.