Come si comportò Giuseppe nei confronti del figlio adottivo Gesù? E come hanno interpretato i pittori di ogni epoca il loro singolare rapporto? Prefazione di Isabel Iribarren
Il volume testimonia l'avanzatissimo stato di costruzione della Sagrada Familia dopo la consacrazione e il riconoscimento di basilica minor da parte di papa Benedetto XVI nel 2010. La vertiginosa altezza e complessità della chiesa di Antoni Gaudí è ora visibile a tutti. Fino al 1985 i lavori di cantiere erano proceduti molto lentamente e tra polemiche infuocate, i cui protagonisti internazionali spingevano perché la costruzione fosse conservata nello stato in cui l'aveva lasciata l'autore. La volontà di prosecuzione del progetto del grande catalano venne perseguita dai suoi discepoli, dalla Junta Constructora del templi expiatori de la Sagrada Familia, dai barcellonesi e dalle molte donazioni liberali che affluirono con continuità. Più recentemente vi hanno contribuito gli innumerevoli visitatori da ogni parte del mondo. Per statuto la basilica doveva essere costruita solo su base di donazioni. Jaca Book ha pubblicato diversi volumi su Gaudí e sulle sue architetture, divenendone il principale referente e interprete italiano. Sulla Sagrada Familia, in particolare, ha promosso coedizioni in più lingue con l'editore spagnolo Lunwerg. Quest'ultimo volume è il primo a segnalare in Italia lo stato avanzato del cantiere e a ripercorrerne la lunga storia.
Secondo Mircea Eliade la contemplazione della volta celeste e della sua luminosità ha mobilitato la coscienza dei primi uomini provocando il senso della trascendenza. Le architetture e l'arte dall'antica Cina al Medio Oriente, dal mondo classico al Medioevo e alla contemporaneità hanno mostrato un costante impegno nella ricerca della luce, che in alcuni periodi diviene ricerca centrale e imprescindibile. Ogni religione e cultura ha un simbolismo della luce. Se ogni simbolo, come ricorda Julien Ries, è il segno che permette il passaggio dal visibile all'invisibile, il simbolismo della luce implica in particolare l'ermeneutica dell'invisibile. La luce nell'arte, infatti, mette in relazione l'uomo sia con l'infinito che con gli stati d'animo più profondi. Contributi di: Samir Arbache, François Boespflug, Christian Cannuyer, Michel Delahoutre, Sabine De Lavergne, René Lebrun, Julien Ries, Michel Schmitt, Natale Spineto.
«Lo studioso che si accosti a Jan van Eyck dovrebbe abbandonare saggiamente ogni certezza, persino ogni tentazione di raggiungere una certezza su questi problemi; ed è questa una severa prova per ogni studioso che cerchi di fare luce sull'artista amato, con il quale ritiene di avere ormai una lunga dimestichezza». È con tale lezione metodologica che Liana Castelfranchi si accosta alla figura problematica del celebre pittore (n. 1390 ca - m. 1441). Problematico in quanto solo 17 opere sono attribuibili a lui con certezza, e appartengono tutte al suo ultimo periodo (dal 1432 al 1439). Nel percorso tracciato dall'autrice, dalla complessità emerge la grandezza di Jan van Eyck. «Conoscitore di stoffe come un tessitore, dell'architettura, come un capomastro», fu un artista che operò sotto l'impulso di geniali soluzioni sperimentali. La pittura stessa si aprì con lui a nuove esplorazioni: dal paesaggio alla natura morta, al nuovo quadro di devozione al ritratto; fu scopritore anche nella ricerca dei mezzi, perfezionando la tecnica pittorica a olio; inauguratore della prospettiva architettonica e del trompe-l'oeil. Le composizioni di interni e di paesaggio, la figura umana sentita come parte del paesaggio, sono tutte novità strepitose, destinate a rimanere sostanzialmente senza seguito fino alla grande pittura di paesaggio e di interni del Seicento olandese.
Il libro affronta con particolare cura il rapporto problematico e paradossale dell'arte con il tempo. un viaggio attraverso l'arte del moderno nelle sue tensioni e nelle sue rivelazioni. Le opere d'arte ci permettono di guardare a fondo nei nodi problematici che affondano nel nostro tempo e nella nostra coscienza e un ampio apparato iconografico ci guida in questa esplorazione del contemporaneo. L'arte è sempre stata al centro della riflessione critico-estetica di Franco Rella, articolandosi in una serie di riflessioni che hanno trovato spazio anche nei cataloghi della Galleria Nazionale di Roma, del Museo d'Orsay di Parigi, del MART di Rovereto, del PAC di Milano e in numerose altre istituzioni pubbliche e private. I saggi che costituiscono i capitoli di questo libro affrontato soprattutto il rapporto problematico e paradossale dell'arte con il tempo. L'opera d'arte sembra immune dal tempo, eterna e sempre uguale a sé stessa, e ciò nonostante è carica di tempo, il suo tempo e quello che essa mette in moto nel suo rapportarsi con altre opere, con altre epoche, con altre sensibilità. Il luogo in cui questa pluralità di tempi s'intreccia e si intrama è il museo, ma sono anche le immagini che popolano le strade delle moderne città metropolitane, come avevano visto Proust, Valéry e il surrealismo, e come vediamo nella Street art, o nell'opera di Kentridge.
Eminente storico ma anche abile narratore, Cesare De Seta possiede un bagaglio di conoscenze tali da potersi destreggiare con finezza tra arti e stili che hanno segnato il passaggio all'età moderna. Classico e romantico sono le chiavi che si fronteggiano nel corso del secolo della borghesia. Il romanticismo di Schinkel, costruttore di Berlino, e le tele di Friedrich, che tanto affascinarono e affascinano il pubblico ancora oggi. Solo un grande storico dell'architettura e dell'arte europea poteva concepire questa appassionante cavalcata che ha inizio al termine dell'ancien régime, circa alla metà del Diciottesimo secolo, e giunge fino a comprendere quel grande movimento di rivoluzione nel modo di «vedere» l'arte che fu l'Impressionismo. Anche la costruzione della Tour Eiffel, realizzata fra il 1887 e il 1889, assurse subito a simbolo universale di modernità. L'autore segue tutte le arti, fino alla nascita della fotografia. Essendo anche un abile narratore, de Seta ha scritto un'opera di godibile scrittura e agevole lettura, ben corredata da note di pronto reperimento. Dunque una storia che comincia con David, Blake e Goya, per giungere a Manet e Monet, i quali attingono alla grande pittura di paesaggio inglese con Gainsborough e altri.
Esotici ed esplosivi, sensuali e affascinanti, i dipinti di Frida Kahlo gettano una luce complessa e spesso spaventosa sulla sua anima, la sua "realtà interiore", come la chiamava lei. Alcune delle sue immagini sono diventate vere e proprie icone dell'arte del XX secolo, inviando un messaggio artistico di irresistibile vitalità. "Mostra le tue ferite": il titolo di Beuys potrebbe quasi essere preso come un filo conduttore per l'opera di Frida Kahlo, di cui due terzi sono autoritratti. Le ragioni di questo apparente narcisismo erano strettamente legate alla sua biografia, al paese, all'epoca in cui è cresciuta e al suo carattere decisamente eccentrico. Non a caso le maggiori «menti enigmatiche» del XVI secolo, ovvero Hieronymus Bosch e Pieter Bruegel il Vecchio, erano tra i suoi pittori preferiti. Frida Kahlo in realtà non ha mai mostrato direttamente le sue ferite, sia quelle fisiche causate da incidenti e malattie sia quelle interne psicologiche. Il suo è un linguaggio simbolico sottilmente cifrato, ricco di metafore tratte da quasi tutte le culture del mondo. I miti aztechi della creazione, la mitologia greca classica e dell'Estremo Oriente e le credenze cattoliche popolari, si mescolano nelle sue opere con il folklore messicano e i luoghi comuni, con Marx e Freud. André Breton, uno dei suoi tanti estimatori della scena europea d'avanguardia, una volta ha descritto la sua arte come un «nastro colorato attorno a una bomba». Negli anni '70 Frida Kahlo fu scoperta dal movimento femminista, che rese la sua opera popolare in tutto il mondo e influenzò in modo decisivo il modo in cui fu accolta. Il marketing commerciale delle opere di Frida è diventato oggi così intenso che tende a offuscare una visione chiara della sua opera. Questa monografia ritorna invece alle origini, a 42 capolavori selezionati, riprodotti a grandezza naturale e con dettagli, che consentono agli spettatori di sperimentare con i propri occhi la qualità pittorica, la bellezza e l'immensa ricchezza di dettagli delle sue opere, per non parlare dell'abisso in cui la pittrice si è trovata.
Un volume ricco di suggestioni, aggiornato alle ultime ricerche archeologiche, con un ricco apparato illustrativo. Un itinerario artistico che permette al lettore di seguire lo sviluppo di una delle più eccezionali avventure intellettuali e artistiche della civiltà umana. Tracciare un profilo dell'arte espressa dalla civiltà mesopotamica, la cultura sviluppatasi nella "Terra fra i due fiumi", Tigri ed Eufrate, è un'impresa allo stesso tempo ardua e necessaria. Ardua perché un'intera biblioteca è stata dedicata all'argomento sin dai primi scavi archeologici ottocenteschi; necessaria perché i più recenti ritrovamenti archeologici, le nuove scoperte e l'approfondimento delle conoscenze nel settore necessitano di continue puntualizzazioni e precisazioni che gettano nuova luce su un insieme che rapidamente evolve, rendendo più dettagliato il quadro complessivo. E questo è tanto più vero quando si esaminino le successive stratificazioni culturali avvenute in Mesopotamia, tenendo conto della continuità di insediamento verificatasi nel corso dei millenni in questa terra. Alle tre sezioni principali che componevano l'edizione originale di questo volume - quella dell'antichità che possiamo definire "classica" della Mesopotamia regale con i grandi e celebrati imperi, seguita dall'epoca dell'ellenismo, preludio all'età partica e sasanide e, infine, dalla stagione islamica, in genere un po' sottaciuta e trascurata - si aggiunge oggi un contributo che rende conto delle recenti scoperte archeologiche in merito al periodo preislamico. Il risultato è uno spaccato a tutto tondo del ruolo di centro elaboratore e diffusore della cultura che nei millenni ha avuto l'Iraq.
Sulla scia del messaggio agostiniano de "La città di Dio", il Medioevo è l'inizio di una nuova era e per una civiltà che muore, quella apparentemente eterna e immutabile dell'impero romano, un'altra nasce sulle fondamenta del cristianesimo. Questo Atlante storico illustrato sviluppa i tratti essenziali della produzione e della trasmissione del sapere medievale e delle sue discipline, incrociandoli con le concezioni culturali e sociali, con i diversi momenti e stili della storia dell'arte e della vita religiosa. Sia nella cartografia sia nei testi, viene dato ampio spazio alle principali tappe della storia politico-sociale e il risultato è un affresco sintetico che orienta alla conoscenza dell'Occidente medievale dalla fine del secolo IV all'inizio del secolo XVI, arricchito da una ricca documentazione fotografica, di luoghi, architetture e opere d'arte. Ci si imbatte in una cultura, in alcuni grandi personaggi e in momenti fondamentali nella storia del sapere universale, nei quali il cristianesimo, con le proprie istituzioni ed espressioni, offre un impulso basilare e garantisce l'equilibrio dei poteri a vantaggio delle libertà delle città e delle persone. Questo Atlante storico, con il contributo di studiosi di fama internazionale, si propone come uno strumento sintetico utile per la conoscenza del Medioevo europeo.
Capolavoro poco frequentato di Botticelli, Quadri dalla Divina Commedia presenta i disegni tracciati con incomparabile maestria dal pittore per illustrare l'opera dantesca. Il commento è affidato alla penna contemporanea di Quirino Principe. Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, cugino di secondo grado di Lorenzo il Magnifico, commissionò a Botticelli l'illustrazione su pergamena della Divina Commedia di Dante: un foglio per ogni canto dell'Inferno, del Purgatorio e del Paradiso, in formato 47x32,5 cm. Il lavoro, pur molto avanzato nei disegni, non fu portato a compimento col colore, diversi fogli sono purtroppo andati perduti. Sette dei superstiti sono conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana, mentre la maggior parte si trova a Berlino. Siamo di fronte a un capolavoro di Botticelli, di cui pubblichiamo una scelta dei fogli più completi e meglio conservati. La selezione è accompagnata da un commento d'eccezione quello di Quirino Principe che da alcuni anni intrattiene un assiduo pubblico nella fortunatissima Lectura Dantis, la lettura integrale e il commento della Divina Commedia iniziata nel 2017. Due drammatizzazioni a confronto: quella grafica di Sandro Botticelli e quella scritta di Quirino Principe.
La prima storia globale dell'arte dell'icona che ripercorre la sua diffusione geografica, gli stili che l'hanno caratterizzata e le tecniche utilizzate nel corso dei secoli. L'icona nasce nel Vicino Oriente ellenistico, nell'ultimo periodo dell'Impero romano e la sua diffusione interessa paesi quali Egitto, Palestina, Giordania, Siria, Libano, Anatolia, ma dal IX secolo sarà Costantinopoli, centro del nuovo Impero bizantino, a divenirne il massimo centro propulsore. Da qui le icone raggiungeranno anche Etiopia, Georgia, Armenia, la Grecia e tutte le isole dell'Egeo, per poi proseguire il loro viaggio nei Balcani e nel mondo slavo. Nel XII secolo raggiungeranno Kiev, il cuore della prima Russia, poi Novgorod e Mosca, la terza Roma, come sarà chiamata anche dopo la caduta di Costantinopoli. La varietà di stili e tecniche, che caratterizza le icone, rispecchia le specifiche tradizioni culturali ed estetiche dei paesi nei quali si sono sviluppate, anche se sono sempre riconoscibili quali immagini dotate di forza simbolica, liturgica, religiosa e, talvolta, anche politica. I maggiori studiosi si sono confrontati sul tema, per realizzarne la prima storia artistica globale: significati, evoluzione, soggetti cui l'icona si ispira e, infine, la comprensione di come un'immagine possa trascendere il reale pur rappresentandolo.
Lo sviluppo della ricerca storiografica e dell'archeologia hanno permesso di smontare il pregiudizio accademico che vedeva nell'arte romana il prolungamento decadente di quella greca. La cultura romana delle origini viene analizzata come koinè, comunità in gran parte omogenea che ha il suo fulcro nell'italia tirrenica Con un metodo originale Filippo Coarelli ha saputo realizzare una storia dell'arte romana che raccoglie in una visione complessiva la ricerca archeologica e storica svolta da studiosi di diversi Paesi, basando la propria indagine sul dialogo continuo tra i dati archeologici e la tradizione classica sulle origini di Roma. Nei secoli più antichi, quelli della Roma dei re, la città si trovava all'incontro di due mondi artistici ricchi e vivaci - quello etrusco a nord e quello greco-italico a sud - e costituiva una periferia artistica dove influenze e modalità espressive variegate si intrecciavano e interagivano con la sensibilità locale. Nell'età dei re, Roma apparteneva a un territorio relativamente omogeneo, quello dell'Italia tirrenica, i cui segni si colgono nell'urbanesimo, nella celebrazione del sovrano, nei templi e nell'introduzione della scrittura. Nella prima parte dell'età repubblicana - il volume giunge fino al III secolo a.C. - iniziano a prender forma componenti proprie, in un continuo scambio di somiglianza e differenza rispetto ai mondi circostanti. Il quadro politico è cambiato, con l'espansione nel Lazio e la creazione di colonie, ed è così che gradualmente inizia a delinearsi una cultura artistica riconoscibile come «romana».
I mosaici di Ravenna sono considerati patrimonio artistico tra i più importanti del mondo. La loro qualità e gli splendidi colori hanno incantato appassionati e visitatori fin dai tempi della loro realizzazione, tra il V e il VII secolo. Il presente volume si propone di analizzare il valore profondo di questa arte figurativa, le sue peculiarità e i messaggi veicolati agli spettatori attraverso i secoli, esplorandone il significato nel contesto liturgico dell'epoca tardoantica. Scritto in un linguaggio semplice e chiaro, sulla base dello stato attuale delle conoscenze, il volume offre una nuova e preziosa analisi di uno dei più suggestivi cicli di immagini del cristianesimo delle origini, e la campagna fotografica, appositamente realizzata per questo libro, ci immerge nello splendore e nella varietà di questi mosaici, consentendoci di ammirarli nel dettaglio, in un'esperienza visiva altrimenti impossibile in situ. Il risultato è una sintesi estremamente curata e al tempo stesso scorrevole delle conoscenze su uno dei patrimoni ?gurativi più straordinari della tarda antichità: quel momento in cui l'eredità antica si travasa nelle forme medievali, in cui la nuova temperie culturale cristiana elabora una nuova estetica a partire dall'esperienza artistica romana.
Le icone russe sono una scoperta del Ventesimo secolo. È infatti soltanto dopo un'importante stagione di restauri che queste opere, ripulite dagli scuri strati di vernice e dalle successive mani di pittura, hanno svelato a studiosi e appassionati d'arte il loro intrinseco valore. Ed è stato proprio grazie a questo periodo di straordinario impulso nello studio della tradizione artistica delle icone russe che il pubblico ha progressivamente imparato a conoscerne la bellezza, le armoniche composizioni e le figure eccezionalmente eloquenti. Uno dei primi artisti che apprezzarono adeguatamente la bellezza delle icone russe fu Matisse, che, capitato a Mosca nel 1911, ebbe modo di visitare diverse collezioni di icone e divenne subito un appassionato ammiratore di questa arte. In seguito, soprattutto dopo le mostre del 1913, 1927 e 1967, l'icona russa incominciò a destare un'attenzione sempre più viva. Non essendo in grado di trasformarsi in pittura realistica, come accadde invece in Europa occidentale, l'icona sopravvisse a sé stessa, trasformandosi in un fenomeno di genere eclettico. L'opera di Viktor Lazarev è un classico, impreziosito in questa riedizione italiana da una ampia sezione di tavole a colori. La trattazione è dedicata alla storia delle icone russe dalle origini sino agli inizi del Sedicesimo secolo con deliberata scelta di concentrarsi sull'«età d'oro» di quest'arte. Scritto con stile chiaro ed eloquente, il lavoro di Lazarev descrive la nascita della pittura su tavola in Russia, la tecnica, l'estetica e le principali scuole di produzione delle icone, oltre a introdurre il lettore agli artisti più importanti di questa tradizione e alle loro opere.
È sostanzialmente inedita un'approfondita riflessione filosofica sull'Ornamento. Sotto questo punto di vista, lo sterminato, multiforme continente della decorazione si rivela una sonda che rimette in questione alcune delle nostre convinzioni sulle forme dell'arte e sul pensiero che vi presiede. In questo libro ? che torna in una nuova edizione ampliato nel testo e in veste illustrata ? l'autore segue una duplice pista interpretativa: il rilievo teorico-filosofico, infatti, si incrocia e dialoga con il piano storico-critico. La prospettiva che da Kant porta fino a Husserl e poi al dibattito sul concetto di Kunstwollen ('volontà artistica') che vede protagonisti Riegl, Panofsky e Sedlmayr, incontra sul suo cammino la prospettiva che elegge tra i suoi momenti esemplificativi l'arte islamica, Matisse, la Vienna di Klimt e di Loos. Durante questo tragitto, si incontrano altri grandi autori della cultura europea del Novecento, da Simmel a Valéry, da Bloch a Lévi-Strauss, da Hartmann a Focillon, solo per citarne alcuni. La pervicace convinzione secondo cui l'Ornamento è qualcosa di supplementare, di opzionale, non celerà forse l'assunto opposto? Proprio la sua pretesa marginalità non ne rivelerà una paradossale centralità?
Due personalità diverse e lontane fra loro, due strade in apparenza prive di particolari punti di contatto, che si scoprono vicine nella ricerca di risposte al quesito del tempo che scorre. Per Ratzinger, il frutto di tale ricerca è la meditazione, distillata negli scritti sulla Settimana Santa, raccolti in questo volume. Per William Congdon, artista statunitense segnato dall'esperienza bellica, si tratta di una lotta dell'uomo in cerca di un tempo significativo, di una storia trasfigurata. Per Ratzinger, il Sabato Santo è un «singolare intreccio di oscurità e di luce, di dolore e di speranza, di nascondimento e di presenza di Dio», «un grande silenzio, ma un silenzio nel quale si opera una grandiosa trasformazione». Sotto questo segno radicalmente trasformativo l'uomo può accettare il suo tempo affaticato come ricchezza operosa, perché nel buio «la luce sta in attesa». E Congdon: «Dipingo su nero perché il dipingere non è rappresentare una luce che c'è e basta ma piuttosto partecipare della luce che sta divenendo dal buio - e tu la segui fino al punto o qualità di luce che è quella che ti ha afferrato». Con la riproduzione di 42 opere di Congdon, accompagnate da sintetiche schede di approfondimento a cura di Rodolfo Balzarotti.
Che cosa è accaduto il giorno di Pasqua? Un attento studio dei racconti dei quattro Vangeli rivela cinque fasi principali, dall'alba al tramonto, che sono in realtà cinque incontri che François Boespflug presenta attraverso una selezione di opere d'arte che li raccontano. Il libro non racconta la resurrezione di Cristo con le immagini tradizionali della discesa agli inferi o dell'uscita dalla tomba, ma, attraverso una sessantina di opere d'arte, rievoca l'esperienza di coloro che passarono dalla tristezza profonda per la morte di Cristo alla gioia dell'incontro con il Risorto. La giornata si apre con la scoperta della tomba vuota, la mattina presto, da parte delle donne e di Maria Maddalena, recatesi con degli aromi per onorare il defunto: qui incontrano uno o più angeli, forieri di un annuncio sconvolgente. Il secondo momento è ancora più inedito perché il Risorto stesso appare ad alcune donne o, secondo altri racconti, solo a Maria Maddalena che, riconosciutolo, prova ad abbracciarlo, bloccata dal celebre Noli me tangere. Questo incontro travolgente la porta - terzo momento/incontro - a correre ad annunciare la notizia agli apostoli, un annuncio che attiva Pietro e Giovanni nel verificare a loro volta quanto accaduto, scoprendo il sepolcro vuoto. Il quarto incontro è l'esperienza eccezionale dei discepoli di Emmaus, che conversavano lungo la strada di tutti questi strani eventi e si ritrovarono a parlare e cenare con Gesù. La lunga e movimentata giornata si conclude con l'apparizione del Risorto, a tarda notte, agli undici Apostoli rinchiusi nel Cenacolo per paura delle autorità ebraiche.
Le vicende della straordinaria arte turca, attraverso le quali ci guida questo libro, partono dai primi secoli dopo il Mille, quando un gruppo di popolazioni originarie dell'Asia Centrale, sotto la guida dei sovrani della dinastia Selgiuchide, si diffuse dagli estremi confini orientali fin nel cuore dell'Anatolia, sottraendo territori all'impero di Bisanzio. Insediatisi stabilmente, i Selgiuchidi fecero nascere un'arte originale che assunse l'uso della pietra dalle regioni conquistate e la utilizzò per costruire interni austeri ma, nelle facciate e nei portali, la piegò a una ricchezza decorativa incomparabile, carica di echi sciamanici della tradizione delle steppe e della passione islamica per la calligrafia e i motivi geometrici. Con il passaggio ai turchi ottomani e la conquista di Costantinopoli, il punto di riferimento artistico diventa il Mediterraneo, e l'architettura bizantina offre un modello per l'architettura ottomana. Nel Cinquecento, una volta consolidato l'impero multietnico e multiculturale, sotto il governo e il patronato di Solimano, si apre la grande stagione di Sinan: genio di una grandezza comparabile a quella di Michelangelo (furono circa contemporanei), riesce a creare un linguaggio architettonico rigoroso, capace di assorbire sia la tradizione mediterranea sia la cultura asiatica. La moschea di Solimano a Istanbul, quella di Selim a Edirne e le moschee destinate alle più importanti città dell'impero, sono infatti capolavori mediterranei e universali. Anche l'arte decorativa di quei secoli esprime desiderio del bello, passione per il colore, rigore e ricerca dell'eleganza, dai libri alle miniature, dai tessuti ai tappeti, passando per le ceramiche. Tra Settecento e Ottocento, poi, gli Ottomani rielaborano gli influssi europei e l'Art Nouveau segnerà l'arte di Istanbul, riuscendo a fondere in un equilibrio prezioso echi occidentali e orientali.
Il volume sui miti organizzato da Julien Ries ospita i contributi di studiosi e membri di culture diversissime. Troviamo nei vari capitoli una studiosa navajo, Trudy Griffin-Pierce, accanto a Gianfranco Ravasi, attuale «ministro della cultura» del Vaticano; la sinologa Christine Kontler e lo studioso di Omero (il liberatore dai miti) Paul Wathelet. Per il mondo indù Michel Delahoutre, per quello delle Americhe precolombiane Davide Domenici, per l'Africa subsahariana Ivan Bargna, per il mito di Demetra Dario M. Cosi, per i miti dell'antica Roma Natale Spineto; e ancora, per i giochi di parole e i miti dell'antico Egitto Michel Malaise. Ma il mito è presente anche nella preistoria, e di questo tema si occupa direttamente il curatore del volume Julien Ries. Il mito è un racconto, si diceva, un racconto costitutivo di una cultura, di una sapienza diffusa, di riferimenti fondamentali per una popolazione. Il racconto è legato a immagini e simboli, per questo il mito si presta a essere illustrato. Le illustrazioni riguardano monumenti, dei e simboli dell'antichità, oltre che scene del Kumbha Mela, il più grande pellegrinaggio del mondo che si tiene all'incrocio del Gange con altri due fiumi sacri a indù, buddhisti, jainisti, sikh e altri credenti indiani.
La nascita di Gesù, concepito misteriosamente dallo Spirito Santo nel grembo di una giovane donna vergine di nome Maria, è la pietra angolare della Buona Novella e di tutta la dottrina cristiana sul Verbo di Dio fatto uomo. Evento razionalmente inspiegabile ma fonte di grandi speranze, la Natività è stata oggetto, un secolo dopo l'altro, della contemplazione e dello stupore di sapienti e fedeli. Celebrata e rappresentata nell'arte dagli inizi del cristianesimo ai giorni nostri, ha brillato in tutte le epoche e in tutti i continenti raggiunti dalla diffusione del Vangelo. Questo libro presenta una selezione di cinquanta opere d'arte. La più antica Natività risale al IV secolo e la più recente è del 2018. Ognuna è riprodotta a piena pagina, arricchita da un commento descrittivo, che ne evidenzia il contesto storico e le fonti letterarie, teologiche e artistiche di ispirazione e interpretazione. I due autori, teologi e storici dell'arte, sono desiderosi di coinvolgere il lettore e risvegliare una viva attenzione verso ogni opera e verso gli artisti che hanno immaginato un evento del quale non si finirà mai di esplorarne la forza.