Carlo Maria Martini conosceva bene il rischio della parola carità: "Non pochi pensano subito a qualche atto di umana compassione, o a tirar fuori qualcosa dal portafoglio, o a gesti e attitudini poco efficaci a cambiare davvero la storia". Ma non è questa la testimonianza dei cristiani, uomini e donne che hanno smesso di pensare a se stessi perché hanno sperimentato dentro la propria persona la forza di Dio. E da qui nasce la decisione, l'energia inesauribile, l'ascolto, il movimento verso il vicino, il prossimo, l'accoglienza per creare una nuova umanità. Questo è il potente insegnamento di Martini che non aveva una ricetta pronta ma che si metteva in ascolto profondo dei suoi "vicini": carcerati, disabili, malati, poveri, migranti e stranieri, emarginati dalla droga, anziani, terroristi e brigatisti, con i quali Martini intrattenne per lungo tempo un rapporto epistolare regolare e che sfociò nel noto episodio della consegna delle armi avvenuto segretamente nei locali della curia milanese.
Giornalista della Repubblica, Silvia Giacomoni si trovò a raccontare per il suo giornale i momenti pubblici, i discorsi e l'attività pastorale di Carlo Maria Martini fin dall'arrivo del cardinale a Milano nel 1980. Cresciuta in una famiglia anticlericale, del tutto digiuna di Chiesa, di religione, per non parlare della Bibbia, Giacomoni iniziò a seguire Martini con il distacco della cronista e finì per accompagnarlo fino alla morte con l'affetto premuroso dell'amica, lei stessa profondamente cambiata da un lento processo di conversione che ebbe in Martini un motore fondamentale.
La memoria è una scatola. Aprirla, guardare, ricordare, raccontare sono atti naturalmente concatenati in questa raccolta di storie e racconti di Carlo Verdone. L'attore e regista aveva già lavorato sulla memoria ne "La casa sopra i portici", pubblicato da Bompiani nel 2012, ritornando nelle stanze della casa di famiglia e ascoltando le vicende evocate da quel luogo. Nel suo nuovo libro è il disordine delle immagini in cui si imbatte, immagini dal passato, ad accendere la narrazione. Ogni racconto è un momento di vita vissuta rivisitato dopo tanto tempo: dal legame col padre ai momenti preziosi condivisi con i figli, dai primi viaggi alla scoperta del mondo alle trasferte di lavoro, dalle amicizie romane a un delicato amore di gioventù. Ovunque, sempre, il gusto per l'osservazione della commedia umana, l'attenzione agli altri - come sono, come parlano, come si muovono - che nutre la creazione dei personaggi cinematografici, e uno sguardo acuto, partecipe, a tratti impietoso a tratti melanconico su Roma, sulla sua gente, sul mondo. Leggendo queste pagine si ride, si sorride, ci si commuove, si riflette; si torna indietro nel tempo, si viaggia su treni lentissimi con compagni di viaggio sorprendenti, si incontrano celebrità e persone comuni, ugualmente illuminate dallo sguardo di un artista e di un uomo da sempre attento, per indole, vocazione e professione, all'altro da sé.
Sono le dieci del mattino del 27 maggio 1865. A Ravenna due manovali trovano per caso una cassetta di legno. Stanno per gettarla tra le macerie quando qualcuno nota sul coperchio una scritta: Dantis Ossa. La scoperta muove una città intera, e un vortice di persone - assessori, periti, notai, medici e scienziati - inizia a ruotare attorno a una sola ossessione: la testa di Dante. Tutti vogliono sapere perché quel cranio si trovi lì, quale sia la sua storia e soprattutto il peso del suo cervello. Per conoscerne la grandezza in realtà bastava vedere cosa avesse prodotto: la Commedia, il più bel libro mai scritto dagli uomini. Dante lo aveva creato attingendo da ciò che aveva vissuto, rubando saperi, storie e segreti, e lo aveva popolato di figure per lui familiari, quelle che avevano respirato la sua stessa aria: Paolo e Francesca, il conte Ugolino, Farinata, Cavalcanti, Guido da Montefeltro, Ezzelino e gli altri. Erano tutti legati. Eppure un mondo così piccolo era diventato una storia universale. Come Dante ci sia riuscito rimane un mistero. Per provare a svelarlo e a sfiorare un brandello di verità resta forse una sola possibilità: evitare di guardare lui per guardare ciò che guardò lui. Prendere quindi gli uomini che attraversarono la sua iride per distribuirli in una storia. E tentare così di vivere, con i suoi occhi, le vite degli altri.
Un uomo si ferma di fronte alla scuola che ha frequentato a sedici anni e vede uscire il ragazzo che è stato, quello che ancora ha un futuro tutto da immaginare. L’uomo sa che quel ragazzo è solo, e il suo cammino non sarà facile. Vorrebbe poterlo aiutare, ma non gli è concesso. Può però radunare intorno a lui dei compagni di viaggio che lo guidino, che lo facciano sentire meno solo, perché i nostri destini individuali compongono, insieme, l’unica grande avventura della storia umana. Ipazia, Giordano Bruno, Anna Achmatova, Robert Capa, Jean Seberg, Martin Luther King, Francesca Cabrini sono solo alcuni di questi compagni, ma ci sono anche personaggi sorprendenti come Hulk Hogan, Joseph Goebbels, George Floyd, due giovani italiani costretti a emigrare... Donne e uomini le cui storie – a saperle leggere con l’accanimento del reporter d’inchiesta, con la visione potente dello scrittore – svelano dinamiche nascoste, pericolose, e pongono domande ineludibili. La competizione feroce, la sensazione di essere ridotti a consumatori manipolati dagli algoritmi, una propaganda bugiarda e invasiva: davvero questo è il solo mondo possibile? E perché quando qualcuno alza la voce per ottenere giustizia c’è sempre chi insinua che lo faccia per tornaconto personale, chi lo mette in ridicolo mostrandone le contraddizioni? No: non occorre essere santi per lottare. Le contraddizioni, le debolezze non ci fermano come non hanno fermato le donne e gli uomini che popolano queste pagine. Questo libro è una mappa fatta di storie, che non vogliono insegnarci niente, tanto meno a non sbagliare. Ma una cosa la pretendono: aprirci gli occhi.
Al ragazzo fuori da scuola, a tutti i ragazzi vogliono raccontare come le loro madri, i loro padri, i loro fratelli maggiori sono caduti e si sono rialzati. Agli adulti vogliono ancora scaldare il sangue, restituire la voglia d’indignarsi, di ritrovare la rabbia giovane.
[Il testo è accompagnato da alcune illustrazioni di Alessandro Baronciani]
“Pochi paesi al mondo destano nell’animo del viaggiatore reazioni così vive e talvolta così ostili come gli Stati Uniti.”
Alberto Moravia sogna l’America fin da bambino. Come inviato va negli Stati Uniti nel 1935-1936, nel 1955 dopo numerosi rifiuti del visto, nel 1968 e nel 1969, e firma articoli lucidi e lungimiranti che attraversano l’America nello spazio, dall’East alla West Coast, ma soprattutto nel tempo, scavando nella memoria collettiva e nei suoi lasciti irrinunciabili. Ogni volta l’America gli appare il paese del futuro e delle insanabili contraddizioni: la definisce la terra degli estremi, tra la ricchezza e la miseria, la libertà e le sue distorsioni, molto più evidenti che nel vecchio continente. Questo libro, grazie a documenti dispersi e ritrovati, a mappe e diari di viaggio che ricostruiscono gli spostamenti dell’autore, raccoglie gran parte degli scritti e un inedito: un reportage postumo che offre uno spaccato di oltre trent’anni e di indubbia attualità. Nell’America rooseveltiana e post maccartista, in quella della rivolta sessantottesca e della conquista spaziale, Moravia viaggia, ragiona sull’uomo della modernità e sulle merci, sui conflitti razziali e sull’avvento di una tecnocrazia preoccupante già alla fine degli anni sessanta. Ammira e insieme condanna la realtà statunitense, sempre all’avanguardia e sempre reazionaria. In un momento storico in cui il razzismo e gli scontri politici si riaccendono e il ruolo degli Stati Uniti come modello culturale è messo in discussione a livello mondiale, le parole di Moravia mostrano tutta la loro potenza rivelatrice e tutto l’acume di un intellettuale libero da pregiudizi.
Trentaquattro discorsi pubblici pronunciati da Albert Camus dal 1937 al 1958 e raccolti per la prima volta in volume. Di intervento in intervento lo scrittore descrive e affronta quella che definisce la “crisi dell’uomo”, si sforza di restituire voce e dignità a coloro che ne sono stati privati da mezzo secolo di rumore e rabbia. Sono discorsi pieni di un profondo senso di civiltà. Per Albert Camus, infatti, quella di uomo è una professione, ritagliata su misura per ogni individuo, che consiste nell’opporsi al male del mondo per diminuirne la sofferenza. E lo scrittore non può sottrarsi a questo compito, né a questo onore: “Preferisco uomini impegnati a letterature impegnate” scrive Camus nei suoi Taccuini. “Il coraggio nella vita e il talento nelle opere non sono poi così male.” È sottile il distinguo fra cultura e civiltà, ma è sulla seconda, unita al sentimento fraterno, che gli uomini devono poter contare per vincere l’eterna lotta contro il loro destino.
"I bambini non hanno bisogno che qualcuno li forzi a imparare, che dica loro cosa imparare o come. Se permettiamo loro di avere sufficiente accesso al mondo reale, comprese le nostre stesse vite e i nostri lavori, capiranno benissimo quali cose siano veramente importanti per noi e per gli altri e costruiranno per loro stessi un percorso migliore di quello che noi potremmo realizzare per loro." Quando fu pubblicato per la prima volta nel 1967, questo libro, oggi un classico, fece scalpore. Il suo scopo era dimostrare a genitori e insegnanti che imparare è naturale quanto respirare: se ci fidiamo dei bambini e della loro innata capacità di imparare ancora prima che mettano piede in un'aula scolastica, allora potremo creare delle scuole che rendano l'apprendimento facile e naturale. Il compito di genitori e insegnanti è preparare scuole per i bambini e non preparare i bambini per la scuola, perché i bambini imparano da tutto quello che vedono, ovunque si trovino, non solo in speciali luoghi di apprendimento. Introduzione di Deborah Meier.
È una fredda notte di febbraio del 1943 quando la famiglia Brilleslijper arriva all'Alto Nido, una villa nascosta nel bosco poco fuori il villaggio di Nardeen, a est di Amsterdam. È al riparo delle sue mura che le giovani sorelle Brilleslijper, Lien e Janny, metteranno in piedi una delle operazioni di salvataggio più audaci della resistenza olandese all'occupazione nazista, proprio sotto il naso dei leader dell'NSB, il Movimento nazionalsocialista olandese, che abitano a poche centinaia di metri dalla grande casa. L'Alto Nido diventa infatti il nascondiglio per dozzine di ebrei in fuga, che là trovano non solo un posto sicuro dove vivere ma anche il calore di una famiglia allargata e la vitalità di una comune di artisti: mentre la guerra infuria la villa si riempie di gioia di vivere e della musica che Lien e i suoi ospiti compongono e suonano tra le risate dei bambini. A giugno del 1944 però la sicurezza dell'Alto Nido viene compromessa. Lien e Janny sono arrestate insieme alle loro famiglie e portate nel campo di concentramento di Westerbork. È lì che incontrano Anne e Margot Frank, con cui verranno deportate ad Auschwitz e poi a Bergen-Belsen, dove Jenny e Lien, che saranno fra i pochissimi a sopravvivere all'inferno dei campi e a fare ritorno ad Amsterdam, si prenderanno cura delle sorelle Frank nei loro ultimi giorni di vita.
A chi l'ha definito un rinnegato, Mughini ha risposto con una vita ad alto tasso d'indipendenza - "la più fiera che mi ritrovo" - e lontana da qualsivoglia rigidità ideologica: lui che ha vissuto per intero la stagione dell'impegno intellettuale e militante a sinistra ma che non ha mai avuto altra tessera se non quella dell'Atac; lui che ha tratto il pane dal lavorare nei giornali ma che in tutti i giornali in cui ha lavorato non si è nemmeno tolto l'impermeabile, "come uno che entra in una casa da cui sa che andrà via subito"; lui che ha fatto la tv popolare però mai in trent'anni si è arruffianato il gusto popolare nella sua accezione televisivamente più piaciona - "sarebbe stato un barare con me stesso, me ne sarei vergognato"; e guai a chiamarlo "opinionista", lui che in tv è solo un ospite, che chiacchiera con gli altri ospiti sull'uno o sull'altro tema. Senza rispettare la cronologia, com'è diritto di chi scrive e rammemora, Giampiero Mughini narra i ricordi di una vita e insieme le vicende politiche e sociali del nostro paese.
Gus ha quattordici anni ed è autistico. Non guarda le persone negli occhi e saltella quando è felice, cioè quasi sempre. Quando scopre che Siri, l’assistente vocale di Apple, non solo sa reperire informazioni sulle sue varie ossessioni – treni, autobus, scale mobili, il meteo – ma può anche parlarne per ore senza mai spazientirsi, la elegge a sua migliore amica. Judith, la mamma di Gus, comincia a provare una profonda gratitudine per questa macchina premurosa dalla voce conciliante e dai modi affabili che la sottrae all’ennesima discussione sull’eventualità di tornado a Kansas City e che aiuta suo figlio a comunicare con il resto del mondo. A Siri con amore è il racconto divertente e onesto di cosa vuol dire vivere con un ragazzo fuori dall’ordinario: un ragazzo che non sa tirare la palla, abbottonarsi la camicia o usare il coltello, che a volte non sa cogliere la differenza tra realtà e fantasia, ma sa suonare Beethoven al pianoforte in maniera commovente, a cui basta andare da qualunque parte una volta sola per saper ritrovare la strada per il resto della sua vita, che a volte pensa che le macchine siano amiche, e non capisce bene cosa sia un amico in carne e ossa. Ma sente di averne, e ne vorrebbe sempre di più.
Il fulgore rinascimentale della Firenze medicea è stato ormai raccontato in ogni sua piega.In queste pagine, come in un prisma infranto o negli episodi di una serie televisiva inesistente, sfilano gli ultimi Medici: personaggi bizzarri e mutevoli, alla rincorsa di una realtà che sfugge loro di mano. Erotomani, devotissimi, collezionisti maniaci, malmaritate, sul proscenio di Palazzo Pitti e delle innumerevoli ville della dinastia. Splendore e disastro si attirano e si seducono: dal 1620 al 1737 si susseguono ambizioni sbagliate, scelte dinastiche suicide, alleanze improbabili: tutto per salvare la stirpe, che comunque infine si estingue, lasciando il posto ai Lorena.
Una raccolta di saggi narrativi per entrare nel mondo di una delle più grandi scrittrici americane, ancora sconosciuta in Italia. Annie Dillard ha trascorso la vita intera a esaminare il mondo intorno a lei con gli occhi bene aperti, assorbendo ogni cosa con voracità implacabile. Con uno spirito unico, una curiosità senza confini e una voce fiera e inconfondibile ha illuminato i momenti più ordinari dell'esistenza. Che sia osservando una sublime eclissi di luna o una falena consumata dalla fiamma di una candela, il tremolio delle ninfee sulla superficie di uno stagno o centinaia di merli dalle ali rosse in volo, la sua meraviglia di fronte alla fragilità del mondo naturale ispira gioia e struggimento... Prefazione di Geoff Dyer.
Dal 2008 al 2016 il leader del mondo libero è stato un uomo nero. Barack Obama, eletto nel panico diffuso, nel corso di due mandati è emerso come una forza altamente stabilizzante. Lui, la sua famiglia e la sua amministrazione sono stati l'immagine della facilità con la quale i neri hanno potuto integrarsi nella tradizione della cultura, della politica e del mito americano. Ma il potere simbolico di quel buon governo ha fatto paura al suprematismo bianco e ai suoi sostenitori, ed è stata quella paura a conferire a Donald Trump un potere sufficiente a garantirgli l'elezione. Trump ha fatto della negazione dell'eredità del suo predecessore la base della propria, diventando il primo presidente la cui intera esistenza politica dipende da quella di un presidente nero. In questo senso Trump deve essere chiamato con il suo legittimo titolo onorifico: il primo presidente bianco d'America. Ta-Nehisi Coates firma otto saggi potenti, uno per ogni anno della presidenza di Obama, che è stato anche il diretto responsabile dell'affermazione di voci, idee e movimenti nuovi e dell'ascesa di una schiera di scrittori e giornalisti neri, Coates compreso, che hanno trovato nella sua presidenza suolo fertile per manifestare e far crescere il loro talento.
Dall'omeopatia all'astrologia, dallo "scemo bio" allo "scemo dell'11 settembre", dallo "scemo del selfie" allo "scemo editoriale": un manuale di sopravvivenza nell'era della banalità.
C'è chi vede ovunque un complotto e crede che l'uomo non sia andato sulla Luna, chi pensa che quella di Darwin sia "solo una teoria", chi (solo in Italia) non fa il bagno dopo pranzo per paura della congestione, chi è contrario agli OGM non sapendo neppure cosa sono, ci sono i No-Vax, i No-Global, i salutisti esasperati... Con una scrittura satirica e graffiante, Massimiliano Parente prende di mira, uno per uno, i luoghi comuni del pensiero, della politica, del costume, senza rinunciare a portare serie prove scientifiche, anche perché spesso il pensiero scientifico non è intuitivo (altrimenti il Sole girerebbe ancora intorno alla Terra). Un libro contro il pensiero comune che smonta tanti cliché della nostra società che crediamo moderna anche se spesso non lo è affatto, una satira pungente contro i luoghi comuni, le mode e ogni credenza non razionale. Corredato da una "Bibliografia essenziale (per essere meno scemi)".
Fin dai tempi più remoti l'uomo ha associato un significato ai fiori. E verso la fine del XVIII secolo si diffusero opere che ne codificavano le regole per permettere agli spasimanti di scambiarsi segreti messaggi d'amore, altrimenti proibiti dalle castigate convenzioni dell'epoca. Kranz recupera questa tradizione e ne segue gli sviluppi fino ai nostri giorni attraverso libri, film e opere musicali. Propone quindi, in ordine alfabetico, un elenco di settantasette fiori particolarmente ricchi di rimandi: dalla «American Beauty», una conturbante rosa omonima del film di Sam Mendes, alla più casta verbena, col suo vescovile viola, passando per la misteriosa Dalia nera, al centro del famoso noir di James Ellroy, il giglio parlante di «Alice attraverso la specchio» e il papavero, il cui lattice ha indotto molti a credere ai "paradisi artificiali". Ogni fiore, a cui è dedicata una pagina, dischiude un piccolo scrigno di curiosità e fantasia, e tutti insieme aprono le porte di un giardino delle meraviglie da esplorare senza fretta, lasciandosi conquistare dalla bellezza.
"Ancora un libro sulla questione femminile? Un campo tanto arato da poter apparire quasi démodé. Così fosse davvero! Pensandovi vedo i terreni coltivati del nostro Appennino. Lavorati da secoli, ogni anno rigurgitano sassi e massi. E questo appunto continua a fare il pregiudizio dei pregiudizi: quello della supposta inferiorità della donna."
Roberto Finzi torna con una nuova storia di diffamazione: dopo aver indagato l'antisemitismo e il linguaggio come tramite – attraverso gli animali – di duri preconcetti, con "Il maschio sgomento" punta il dito sul pregiudizio dei pregiudizi, cioè quello sulla donna e la sua supposta inferiorità, e con piglio sapiente e curioso tenta di tracciarne la traiettoria nella storia della cultura occidentale. Ma la questione femminile, non scomparsa e dura a morire, si rivela anche e soprattutto una questione maschile: il maschio, sgomento di fronte alla scomparsa della donna creata dal suo ego, dissolta dalla presa di coscienza femminile e dallo sgretolamento del plurimillenario scudo della legge, deve confrontarsi con la realtà e costruire un altro, vero se stesso.
Un garage, una buona dose di genio e altrettanta di fortuna, un'idea rivoluzionaria destinata a cambiare il mondo. E poi soldi, successo, felicità. Una narrazione facile e seducente, che per anni ha alimentato la mitologia dorata delle startup da Silicon Valley. Ma la realtà delle statistiche riporta con i piedi per terra: nove startup su dieci non sopravvivono ai primi tre anni di attività. La retorica dell'ottimismo però ha spesso la meglio e delle startup che non ce l'hanno fatta non rimane traccia, soprattutto in quei paesi, incluso il nostro, in cui è assente una cultura positiva del fallimento, vissuto come un'onta personale che si fa stigma sociale. Ma studiare i fallimenti, propri o altrui, è strumento indispensabile per individuare gli errori da non commettere e ricavare lezioni sulle pratiche virtuose da seguire. E perché no, per imparare a essere felici. Andrea Dusi lo fa in questo libro in modo concreto e sistematico, analizzando centinaia di casi, letti e interpretati anche alla luce dei suoi fallimenti e dei suoi successi.
La storia di Nellie Bly, pioniera di una figura mai esistita prima: una donna indipendente, artefice del proprio destino, una giornalista intrepida armata solo del proprio sguardo libero e della propria voce.
«Ti hanno preso per pazza quando hanno letto il biglietto in cui dicevi "Me ne vado a New York". Ti hanno preso per pazza anche qui, in questa città, quando ti sei proposta al "World" di Pulitzer come reporter. Ora da sola, in un mondo tutto al maschile, devi arrivare fino in fondo a questa storia»
Settembre 1887: una ragazza bussa alla porta di John Cockerill, direttore del "New York World" di Joseph Pulitzer. Chiede di essere assunta come reporter. Nessuna donna aveva mai osato tanto. Il suo nome è Elizabeth Cochran, ha ventitré anni, ma già da tre scrive per un quotidiano di Pittsburgh firmandosi Nellie Bly. Una donna reporter non si è mai vista, ma la sua idea di un'inchiesta sotto copertura a Blackwell Island, manicomio femminile di New York, convince Cockerill e Pulitzer ad accettare la sfida. Ne nasce un reportage che farà la storia del giornalismo. Da qui, in un crescendo di popolarità e sotto mille travestimenti, Nellie racconterà l'America agli americani. Diventerà l'incubo di politici e benpensanti, viaggerà in tutto il mondo, vivrà amori e fallimenti. Mentre i grattacieli, i treni, il telegrafo e poi la guerra trasformano la realtà, Nellie Bly si trova a essere pioniera di una figura mai esistita prima: la donna indipendente, artefice del proprio destino, la giornalista intrepida armata solo del proprio sguardo libero e della propria voce.
La dichiarazione d'amore di un professore per l'università, luogo di bellezza e di cultura, di libertà e di servizio, di fatica che cambia il mondo.
«Il primo vero finanziamento di cui l'istruzione ha bisogno è una grande iniezione d'amore verso il mondo che ci circonda»
Questo non è un libro di denuncia dei mali dell'università. Non è un'accusa contro lo Stato che non investe nella ricerca. E nemmeno deplorazione delle distanze tra strutture e tecnologie dei nostri atenei d'eccellenza e quelle dei maggiori atenei stranieri. È invece un libro che canta la bellezza dell'insegnare e del vivere in università, racconta il piacere delle sfide culturali, la meraviglia dell'incontro con le generazioni più giovani, la scoperta di realtà e sentimenti sempre nuovi, la ricchezza nascosta dei percorsi collettivi. È un libro che dimostra che il nostro sguardo serve non solo a vedere le cose ma anche a farle nascere e che la cultura scientifica può farsi cultura civile e propagarsi come incendio nella prateria.
Un libro in onore dei libri, quelli di carta. Libri come cavalieri, che vanno alla carica, disperata e inane, contro il fuoco battente dell'artiglieria digitale. Fragili creature da pochi centimetri di altezza e pochi centimetri di larghezza, ma che non per questo hanno un'aria meno imponente nel loro osare contro un nemico ben equipaggiato. Giampiero Mughini ha scelto alcuni dei libri a lui più cari fra quelli della sua collezione dedicata al Novecento italiano, non necessariamente i più famosi e riconosciuti, anzi spesso i più obliqui, azzardati e trascurati dal grande pubblico. Quei libri, che Mughini mette in vetrina come una mostra o racconta come in una telecronaca sportiva, sono descritti minuziosamente nella veste e nelle caratteristiche che ebbero quando apparvero in prima edizione, perché quello è il momento in cui un libro arrischia la sua avventura nel mondo. Tutti insieme compongono una biblioteca ''ideale'' non nel senso oggettivo del termine, bensì arbitraria e soggettiva e talvolta spudorata, modellata dai capricci della memoria e a volte dalle sue malizie.
Giappone, Papua e le isole dei Mari del Sud, India, Nepal, Spagna, Tunisia, Marocco. E gli Stati Uniti, naturalmente. Sono solo alcuni dei viaggi che Fernanda Pivano ha compiuto con Ettore Sottsass Jr. durante gli anni del loro matrimonio. Questo libro nasce dal ritrovamento nell'archivio Pivano delle registrazioni che i due hanno realizzato durante i loro viaggi. Fernanda infatti non si allontanava da casa senza avere con sé un piccolo registratore giapponese, dei nastri su cui incidere e le batterie: un modo per prendere nota di tutto, paesaggi, incontri, dialoghi, riflessioni e ricordi. Ne sono nati testi carichi d'ironia e di meraviglia. L'ironia di due menti che hanno sprovincializzato l'Italia e la meraviglia di chi ha scoperto luoghi che nessuno in Italia aveva ancora mai raccontato. In queste pagine rivivono il loro spirito e la loro storia, il loro desiderio di conoscere artisti e popoli lontani, gli incontri di Nanda con i tanto amati autori americani e le prime mostre di design di Sottsass.
Il Mediterraneo è un mistero. Vi aleggiano personaggi oscuri, salvifici, pericolosi, presenze ineffabili in grado di attrarre flotte di girovaghi, pirati turchi inseguiti dagli acerrimi nemici genovesi, anonimi piloti inabissatisi nei pressi dell'isola di Alborán, vichinghi giunti navigando il Dnepr e il Mar Nero, eremiti superstiti e dimenticati. Un arabesco di storie che da geografia disegnata su un foglio diventa manuale di esistenza, mappa alla ricerca geosofica del senso. Seguendo le sue rotte potremmo sconvolgere le categorie della conoscenza, finendo col misurare la terra col canto, tracciare i confini con i colori delle spezie, usare i ricordi per contare le miglia, o le idee per riempire il volume delle cose. E allora le carte mostrerebbero ben altro dal semplice profilo delle coste. Semmai il comune dolore e l'ebbra euforia che condividiamo con chi crediamo diverso da noi, solo perché abita sull'altra sponda di questo mare. Quella che sta lì, di fronte a noi, e che ancora non conosciamo.
David Lodge nasce a Londra il 28 gennaio 1935, un momento piuttosto buono, per un futuro scrittore, per nascere in Inghilterra. Ha quattro anni quando scoppia la seconda guerra mondiale e cresce attraversando decenni di grandi cambiamenti sociali e culturali, che gli offriranno parecchio materiale di prima mano per la sua attività di scrittore. Qui Lodge ripercorre l'infanzia e la giovinezza, gli anni allo University College di Londra, l'incontro con Mary, sua futura moglie, la nascita del primo figlio, gli anni di apprendistato da professore e da scrittore, fino alla cattedra all'Università di Birmingham, all'amicizia con il collega e scrittore Malcolm Bradbury e al successo del romanzo "Scambi".
Manuel, sedici anni, vive a Catanzaro e sta per finire la quarta ginnasio. Non possiede le parole parlate, ma quelle scritte sì: ha trovato attraverso la scrittura il suo modo di mettersi in comunicazione col mondo. È lui, con grande consapevolezza, a raccontare la sua storia e quella della sua famiglia, e il loro lento aprirsi verso gli altri, anche quando non capiscono o non sanno. Fino a nove anni non ha parlato: semplicemente, urlava il suo malessere al mondo, come faceva la scienziata autistica Temple Grandin da bambina, sognando di liberarsi del silenzio che lo opprimeva. Poi grazie ai genitori e a un percorso attento ha scoperto la comunicazione facilitata e ben presto ha cominciato a scrivere. Da allora scrive sempre, con grande passione e precisione, e col gusto di chi ama le parole e le possibilità che offrono, per raccontare quello che non riesce a dire, per smentire chi pensa che "il quoziente intellettivo sia proporzionale alla quantità di parole emesse nell'aria".
Gli alberi più antichi delle nostre città hanno uno strano destino: li sfioriamo, li guardiamo ogni giorno, ma difficilmente i nostri occhi vanno oltre. Eppure sono le creature più longeve della Terra: quando nasciamo sono già lì e con buona probabilità ci sopravviveranno. Testimoni muti delle epoche, assistono apparentemente impassibili ai cambiamenti ambientali e allo scorrere delle nostre vite. Alcuni di loro hanno fisionomie e storie eccezionali, sono individui unici e riconoscibili. Tiziano Fratus, appassionato e scrupoloso cercatore di alberi, col piglio rigoroso del naturalista e il suo inconfondibile afflato poetico, ci offre un viaggio inedito attraverso le città d'Italia in cui è possibile incontrare questi immensi eremiti secolari e ci invita a guardarli con attenzione, ad ascoltarli. Torino, Milano, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Palermo, Cagliari sono solo alcune delle tappe di questo itinerario che attraverso apposite mappe e un ricco apparato di immagini mostra il lato più ancestrale dei luoghi che pensiamo di conoscere meglio, in cui le storie dei giganti arborei si intrecciano a quelle degli umani.
Quando Susan Cain era un'adolescente, molti le chiedevano perché fosse così silenziosa. Per anni ha fatto del suo meglio per apparire "socievole", che a scuola sembrava il complimento migliore che si potesse ricevere. Si sforzava di parlare di più in classe e andava a feste chiassose e piene di gente anche quando avrebbe preferito uscire con pochi amici. Con il tempo però ha realizzato che il suo approccio pacato verso la vita era sempre stato un grande potere: gli altri la apprezzavano per la profondità delle sue riflessioni, la capacità di ascolto e la calma. Dopo "Quiet. Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare", Susan Cain ha scritto una guida pensata appositamente per i bambini e gli adolescenti e per il loro mondo (la scuola, le attività sportive, la vita familiare, i rapporti con i coetanei), ricca di storie esemplari di introversi famosi, da Einstein a Beyoncé a Emma Watson, ma anche di strategie e consigli pratici per imparare a usare i "superpoteri" degli introversi e affrontare le sfide più difficili.
"Esser volpe" offre un resoconto avvincente e accurato della vita di uno dei pensatori politici più celebrati e controversi della storia: Niccolò Machiavelli. E lo fa nella forma di una biografia non convenzionale, animata dal ritmo e dall'energia della narrazione romanzesca. Intrecciando abilmente un corpus esteso di lettere, diari e numerose altre fonti, Erica Benner ci conduce in un viaggio nel mondo e nella mente di Machiavelli: lo cala nel suo tempo, tra familiari, amici, colleghi, concittadini; ne descrive gli incontri e le relazioni; ne riporta le conversazioni, i commenti e le parole, insieme a quelle dei suoi amici e dei suoi nemici. Ne emerge il ritratto di un ardente repubblicano, per nulla disponibile a compromettere i suoi valori, ma che talvolta, come un attore nelle sue commedie, ha dovuto indossare maschere e giocare ruoli, diventando maestro di ironia, un dissimulatore astuto come una volpe.
Quante volte ci siamo domandati che cosa passa nella testa degli animali? Se l'è chiesto anche Charles Foster e per darsi una risposta ha scelto di vivere davvero come una creatura selvaggia: alla pari di un tasso si è rintanato nelle Black Mountains del Galles e si è nutrito di vermi, imparando a fare esperienza dell'ambiente attraverso il naso piuttosto che con gli occhi; ha nuotato nel fiume East Lyn come una lontra, catturando pesci con i denti; ha frugato tra i bidoni della spazzatura dell'East End come una volpe di città alla ricerca di cibo; si è lasciato cacciare da un segugio nell'Exmoor come un cervo e ha seguito i rondoni nella loro rotta migratoria attraverso l'Europa fino all'Africa occidentale. Foster ha sperimentato per noi cosa vuol dire appartenere a un'altra specie e ci ha raccontato mondi diversi ma forse non irrimediabilmente lontani. Un'esplorazione affascinante che è anche un invito a entrare in connessione con la natura, a "essere un animale per diventare un uomo migliore."
Roberto Giardina è la guida che tutti vorremmo avere: non ci impone itinerari prefissati e tappe obbligate, ma crea continue suggestioni per viaggi personali. In effetti, più che il ruolo di guida gli si addice quello di compagno di viaggio ideale. Con tono piacevole, colto ma leggero e spesso divertito, ci dà una chiave d'accesso privilegiata alle terre di Francia e del Belgio, grazie alle tante storie che hanno contribuito a definire l'identità di questi luoghi. Storie vere o ricreate dal mito, dalla letteratura o dal cinema, che poi finiscono col diventare più vere della realtà. Il racconto di una vicenda storica, un quadro, un romanzo, un film, una canzone ci permette di stabilire un legame intimo con un luogo, un ponte tra presente e passato.
Un viaggio, tante possibilità. Partiamo dalla Costa Azzurra dei belli e dannati, dalla Provenza di Nostradamus, de Sade o van Gogh, per raggiungere Parigi sulle orme di Napoleone o sulla vecchia Rue Royale delle diligenze, ottime alternative alle autostrade che ci invitano ad abbandonare la fretta e gustare atmosfere di provincia. La Parigi attraverso cui ci accompagna Giardina pulsa della vita che si è svolta nelle sue strade, negli atelier, nei caffè, nei ristoranti, a teatro. La vedremo con altri occhi, così come vedremo in modo diverso i grandi palaces di Nizza, Biarritz o Cabourg, conoscendo gli amori e i destini di artisti e intellettuali, teste coronate e mondani che li hanno frequentati. Infine, non senza una certa sorpresa, potremo farci un'idea più precisa della realtà del Belgio attraverso le visioni surreali e perturbanti dei suoi tanti pittori di talento.
Accanto ai temi principali, brevi profili su argomenti insoliti, a cura di Paolo Mazzoni: informazioni pratiche necessarie alle visite e ancora altri consigli di viaggio a carattere culturale. Le illustrazioni di Alessandra Scandella traducono il testo in immagini dal fascino evocativo.
Un centinaio di documenti tra lettere e messaggi datate dal 1946 alla fine degli anni Settanta, che testimoniano il legame lungo e profondo tra Alberto Moravia ed Elsa Morante. Passione e passioni comuni, la cura dell'altro, l'impegno di una presenza costante. A cura di Alessandra Grandelis.
L’ultimo rifugio è lo sguardo che un grande testimone del XX secolo rivolge alla propria vita, legata a doppio filo alle svolte drammatichedella storia. Insieme diario intimo e racconto, questo libro guarda agli anni della fuga dall’Ungheria come a un esilio volontario da un paese che, dopo il crollo del socialismo, manifestava preoccupanti tendenze totalitarie. Trasferitosi a Berlino, Kertész riassapora la ritrovata libertà nella scrittura e nella vita quotidiana, ma il pensiero alla vecchiaia fisica e creativa che si avvicina è inevitabile e doloroso.Tenendo sempre all’orizzonte l’atto della scrittura, giustificazione della sua stessa esistenza, Kertész intreccia una critica tagliente dei tempi moderni e lucide riflessioni sulla storia e sull’arte alla cronaca disarmante del suo declino, che si fa testimonianza della lotta per la dignità di ogni essere umano anche nelle circostanze più estreme.
Oltre 20 anni di esplorazioni nelle parti meno note del mondo raccontate da Alberto Moravia con le immagini di Andrea Andermann. Un volume di grande formato, illustrato a colori, l'esperienza di due artisti e viaggiatori attraverso le zone più remote di Mongolia, Yemen, Africa. Alberto Moravia e Andrea Andermann per oltre 20 anni sono stati compagni di viaggio, viaggi soprattutto in Africa, in Mongolia e lo Yemen. Da queste loro esplorazioni in parti meno note del mondo, lo scrittore ha riportato le sue variazioni su tanti temi nate dalle profonde esperienze vissute in questi luoghi lontani ed il regista le sue impressioni fotografiche che vanno a ricomporsi in un insolito ed unitario racconto, in cinquecento pagine suddivise fra intense immagini e narrazioni emozionate.
Che cos'è il genio? Come nasce? Perché certi luoghi, in certi momenti, hanno prodotto una grande quantità di menti brillanti e di buone idee, mentre altri no? Oggi sappiamo che le persone geniali non nascono singolarmente, a caso, bensì a gruppi. Il genio tende a fare massa, e la genetica c'entra pochissimo: le epoche d'oro vanno e vengono molto più rapidamente di quanto cambi il patrimonio genetico. Quali sono le cause, quindi? Il clima? La ricchezza? Con piglio sicuro e humor irriverente, Weiner esamina le connessioni, anche le più inaspettate, tra l'ingegno e l'ambiente in cui si sviluppa, e lo fa accompagnandoci in sette luoghi esemplari: alcuni sono enormi metropoli, come la Vienna del 1900, altri sono piccoli centri, come la Firenze del Cinquecento. Certi, come l'antica Atene, sono ben noti; altri, come la Calcutta del XIX secolo, lo sono meno. Ciascuno di questi posti, tuttavia, ha rappresentato un momento culminante nella storia dell'umanità. E quasi tutti sono città: possiamo essere ispirati dalla natura, ma è chiaro che il contesto urbano ha qualcosa di particolarmente favorevole alla genialità, che questo libro ci invita a ripensare come il frutto di una cultura che la incoraggia, non come atto individuale ma come responsabilità collettiva.
Il paese delle Amazzoni, il regno del Prete Gianni, la Barberia... da sempre, i paesi sognati hanno abitato le fantasie e i racconti dei grandi esploratori. Marinai, scopritori, avventurieri hanno raccontato il mondo e le sue terre lontane popolate da creature mitiche e leggendarie. Isole meravigliose come Citera, la patria di Afrodite, paesi della cuccagna come la Colchide, terra del Vello d'oro, reami selvaggi abitati da mostri come quello dei Mangbetu, imperi tenebrosi come quello dei Cimmeri, abitanti delle gallerie sotterranee. Questo atlante invita a un'esplorazione poetica del mondo in compagnia dei grandi viaggiatori dell'antichità e del XVI secolo ma anche di romanzieri ed eruditi di tutti i tempi.
Per la generazione di Giampiero Mughini, che ha vissuto in pieno gli anni della contestazione, i libri non erano semplicemente libri: erano l'obiettivo e l'emblema della vita stessa. E nelle biblioteche di quei ragazzi, pareti coperte di bianchi dorsi Einaudi o piccole raccolte di testi fondamentali, era racchiusa la loro identità. Così è stato per Mughini, che per i libri ha sempre nutrito una passione smodata e che ora rifiuta il sapere liquido che scorre incessantemente sui nostri schermi. Come può una fruizione bulimica di grosse quantità di nozioni sostituire il rapporto profondo e riflessivo con testi accuratamente scelti, che vivono per molto tempo tra le nostre mani e che diventano parte di noi?
Gianni Cervetti è un universitario nella Milano del dopoguerra che sogna di fare il medico. Ben presto però la sua passione politica lo avvicina al PCI e nel 1956 viene inviato a Mosca per studiare da quadro del partito. Sono anni decisivi tanto per la sua formazione politica e intellettuale quanto per la sua vita personale; qui comincia il lungo percorso che lo porterà a diventare, nei decenni, un grande conoscitore di cose, ambienti e personaggi russi. Nel 1961 torna a Milano e continua il suo impegno nel partito fino ad approdare nel 1975 alla segreteria nazionale con Berlinguer. In una ricostruzione vivida dei fatti salienti della sua epoca, Gianni Cervetti non solo ci restituisce il clima politico di quegli anni di speranze e disillusioni, ma ci offre personalissirni ritratti umani e aneddoti sui suoi protagonisti: da Giorgio Napolitano a Bettino Craxi, da Concetto Marchesi a Luigi Longo, Emilio Sereni, Giancarlo Pajetta, Emanuele Macaluso e molti altri.
"Non intendo rinnegare le preghiere tradizionali che ho detto per tutta la vita; ma le dico e non le sento... Vorrei scrivere una preghiera bellissima". Questo diario personale di Flannery O'Connor, scritto tra il 1946 e il 1947 ai tempi dell'università in Iowa e di recente ritrovato tra le sue carte in Georgia, è molto più di una raccolta di preghiere: è un singolare dialogo con Dio, il colloquio silenzioso e appassionato di una giovane donna intelligente alla ricerca della propria strada e determinata a metterla al servizio di una causa superiore. Una finestra sull'interiorità di una delle maggiori narratrici americane del secolo passato. Scavando nel profondo dei propri sentimenti e paure - di essere mediocre, stupida, presuntuosa - Flannery O'Connor si esercita in un costante confronto con la fede cattolica e i maestri che la ispirano come Freud, Proust e Rousseau. In questo documento, arricchito dalla riproduzione anastatica delle pagine del diario, già emerge l'umiltà e la sensibilità priva di retorica di un'autrice le cui ambizioni e valore letterari si intrecciano con una incessante tensione verso il divino e la grazia. Prefazione di Mariapia Veladiano.
Nell'estate del 1941 le truppe tedesche invadono la Bielorussia e occupano la capitale, Minsk. Gli eroi di questo libro sono bambini e ragazzi bielorussi e russi che hanno vissuto la terribile quotidianità di quegli anni di guerra e sono cresciuti nell'orrore del più disumano dei conflitti, Pubblicato per la prima volta nel 1985 e censurato dal regime sovietico, "Gli ultimi testimoni" compare oggi nella sua versione definitiva, per raccontarci una storia diversa da quella ufficiale, letta attraverso i ricordi e gli occhi innocenti dei più piccoli. Le loro parole, che per semplicità e immediatezza hanno una forza evocativa ancora più sconvolgente, cancellano ogni ideologia e modificano il nostro sguardo sul mondo. Un bambino che è stato strappato alla sua famiglia e defraudato della sua infanzia resta ancora un bambino? Che interpretazione può dare della guerra, suo unico orizzonte di vita? Quali sono le immagini che più l'hanno segnato? Sono questi gli interrogativi a cui il premio Nobel Svetlana Aleksievic cerca di dare risposta attraverso le sue interviste. Ma la conclusione è che non c'è azione attuata per il bene universale che possa giustificare anche "una sola lacrima di bambino".
Un piccolo aspide dalle guance morbide come quelle di un bebè, nascosto nella tasca di una giacca; le rane, le salamandre e i tritoni di un fiume salvati da una morte atroce; una sacra famiglia di cani randagi osservati con stupore affettuoso da un convinto gattofilo; una tenia sbarazzina come la "Lolita" di Nabokov, una mantide religiosa ubriacona, e anche un gruppo di Narcisi che parlano e cantano l'antica lingua ebrea del Nord Africa, un accampamento di Iris-guerrieri di un'audacia e di una bellezza terrificanti. Questi sono solo alcuni degli eroi che popolano il Marocco magico di Umberto Pasti, raccontato con la libertà e la grazia di un poeta.
I media sono in crisi. Non solo la carta stampata, ma tutta la catena di produzione dell'informazione. Di fronte a una concorrenza spietata e a un calo inesorabile degli introiti pubblicitari, i giornali, le radio, le televisioni sono tutti alla ricerca di un nuovo modello. Basato su un'indagine inedita sui media in Europa e negli Stati Uniti, questo libro propone di creare un nuovo statuto di "associazione non profit", a metà strada tra lo statuto delle fondazioni e quello delle società per azioni, che concili attività commerciale e attività senza fini di lucro. Un simile statuto consentirebbe ai media di essere indipendenti dagli azionisti esterni, dagli inserzionisti e dai poteri pubblici, e di operare invece contando sui lettori, sui dipendenti e su metodi innovativi di finanziamento, incluso il crowdfunding. Julia Cagé propone un metodo ambizioso, che incrocia le sfide della rivoluzione digitale e la realtà del XXI secolo, e che si ispira a un presupposto fondamentale: che l'informazione, come l'istruzione, è un bene pubblico, e come tale va difeso. Il dibattito è aperto: ne va, molto semplicemente, del futuro della nostra democrazia.
Se la guerra la raccontano le donne, quando prima l'hanno raccontata solo gli uomini... se a farla raccontare è Svetlana Aleksieviéc... se le sue interlocutrici avevano in gran parte diciotto o diciannove anni quando, perlopiù volontarie, sono accorse al fronte per difendere la patria e gli ideali della loro giovinezza contro uno spietato aggressore... allora nasce un libro come questo. 22 giugno 1941: l'uragano di ferro e fuoco che Hitler ha scatenato verso Oriente comporta per l'URSS la perdita di milioni di uomini e di vasti territori e il nemico arriva presto alle porte di Mosca. Centinaia di migliaia di donne e ragazze, anche molto giovani, vanno a integrare i vuoti di effettivi e alla fine saranno un milione: infermiere, radiotelegrafiste, cuciniere e lavandaie, ma anche soldati di fanteria, addette alla contraerea e carriste, genieri sminatori, aviatrici, tiratrici scelte. La guerra "al femminile" - dice la scrittrice - "ha i propri colori, odori, una sua interpretazione dei fatti ed estensione dei sentimenti e anche parole sue". Lei si è dedicata a raccogliere queste parole, a far rivivere questi fatti e sentimenti, nel corso di alcuni anni, in centinaia di conversazioni e interviste. Cercava l'incontro sincero che si instaura tra amiche e quasi sempre l'ha trovato: le ex combattenti e ausiliarie al fronte avevano serbato troppo a lungo, in silenzio, il segreto di quella guerra che le aveva per sempre segnate...
Da quando ha iniziato a scrivere, Rick Moody si è sempre occupato di musica: questo libro raccoglie i suoi testi sul tema, da leggere come un'appassionata dichiarazione d'amore per il mondo delle note. Moody passa dal jazz degli anni '40, quando la parola cool evocava vibrazioni finalmente positive dopo la guerra, ai progetti dei Wilco o di Pete Townshend, passando in rassegna il meglio della musica: la delicatezza di Otis Redding, l'estasi dei Velvet Underground, le collaborazioni con Meredith Monk, fino alla sperimentazione estrema di Arvo Part. "Musica celestiale" è una guida all'ascolto che invita a immergersi nella musica come ha fatto il suo autore, per scoprire suoni nuovi e sorprendenti.
"Sono estremamente grata per due cose: di essere nata in Corea del Nord e di essere fuggita dalla Corea del Nord. Entrambi gli eventi mi hanno formato, e non cambierei mai la mia vita con una pacifica e tranquilla. Ma c'è molto di più nella storia che mi ha portato a essere quella che sono oggi. [...] Durante il mio viaggio ho visto gli orrori che gli esseri umani sono capaci di infliggersi a vicenda, ma sono stata anche testimone di atti di tenerezza, gentilezza e sacrificio nelle peggiori circostanze immaginabili. So che si può perdere parte della propria umanità per spirito di sopravvivenza. Ma so anche che la scintilla della dignità umana non si potrà mai davvero spegnere e che, grazie all'ossigeno della libertà e al potere dell'amore, potrà tornare a brillare. Quella è la storia delle scelte che ho fatto per riuscire a vivere." Yeonmi Park racconta la sua storia incredibile: dall'infanzia sotto il regime di Kim Jong-il, alla fuga in Cina finita nelle mani dei trafficanti di esseri umani, alla ricerca senza esito della sorella Eunmi, alla traversata del gelido deserto di Gobi seguendo le stelle verso una nuova vita, il suo memoir è un inno senza retorica alla libertà e alla forza dello spirito umano.
"Trieste è il suo mare. Un mare diverso da qualsiasi altro, che da subito cambia nome e diventa più familiarmente 'bagno', a indicarne una prossimità domestica: molteplice e paradossale. Al bagno ci si va non solo a prendere il sole, ma a chiacchierare, correre, litigare, lasciare giuramenti, con la pelle cosparsa di olio o con la sciarpa in pile tirata fino sopra il naso. Fin dall'infanzia si assorbe 'questa (fmiliarità con il mare, con il sentimento della sua necessità; quel senso delle grandi estati e della loro apertura. Un'apertura che non è solo fisica, ma anche culturale e umana'. Ogni bagno a Trieste è rigorosamente diverso dall'altro. Ognuno sa riconoscere il proprio a istinto, così come ogni scrittore sa raccontarlo: La Diga di Claudio Grisancich e Gillo Dorfles, gli scogli di Barcola nei ricordi d'infanzia di Claudio Magris, Mauro Covacich e Boris Pahor, l'ambigua e seducente Costa dei Barbari di Mary Barbara Tolusso, il Bagno Militare di Pietro Spirito, il bagno Sticco visitato da Veit Heinichen, il popolare Pedocìn di Pino Roveredo, fino al leggendario bagno Ausonia raccontato da Alessandro Mezzena Lona. A Trieste il mare non si può sfuggire, e il mito asburgico si frantuma e si ricompone nella promessa di una felicità sempre rimandata e mai smentita, sospesa tra la malinconia che prende a guardare il mare dai Campi Elisi la sera e la nostalgia fugace per la risata di un ragazzino che chiama il tuffo, bomba americana". (Federica Manzon)
Randall Munroe, con i suoi fumetti stilizzati sulla scienza, la tecnologia, il linguaggio e l'amore fornisce risposte dettagliate e documentate alle domande più strampalate, che spaziano dal semplicemente bizzarro all'assolutamente diabolico: Cosa accadrebbe se facessi una nuotata in una piscina di combustibile nucleare esausto? È possibile costruire uno zaino jet utilizzando delle mitragliatrici che sparino verso il basso? E se New York venisse colpita da un terremoto di magnitudo 15 della scala Richter? Cosa accadrebbe se il DNA di una persona svanisse? Nel tentativo di trovare delle risposte, Munroe conduce simulazioni al computer, spulcia appunti di ricerca di progetti militari declassificati, si consulta con operatori di un reattore nucleare, misura con un cronometro il tempo delle scene di StarWars, chiama sua madre e cerca su Google animali dall'aspetto inquietante. Le sue risposte sono perle di umorismo e illustrano in maniera accurata e divertente ogni cosa, a partire dalle vostre probabilità di incontrare l'anima gemella fino ai molti modi orribili in cui potreste morire costruendo una tavola periodica degli elementi. Quando è Randall Munroe a guidarvi, la scienza diventa piuttosto strana molto in fretta. Lanciare una palla da baseball a velocità prossime a quelle della luce può radere al suolo interi isolati cittadini. Una mole di talpe può soffocare il pianeta sotto una coltre di carne.
"La storia ha sbagliato. Le dichiarazioni secondo cui l'Africa è stata esplorata sono avventate come le notizie della sua morte imminente. Un'indagine davvero illuminante sull'Africa deve ancora avere luogo, e non finge di accadere neanche nelle pagine di questo libro, che si limita a raccogliere qualche seme fecondo abbandonato sull'aia dell'esistenza africana nel suo complesso. Spero che da questi semi nasca una nuova stirpe di esploratori per la corsa alla necessaria Età della Comprensione Universale, ispirata dall'Africa." (Wole Soyinka)
"Roma è il racconto di come una città può diventare universo nell'interpretazione di uno scrittore. Se volete sapere che cose uno scrittore - estremizzando - avete due modi. Uno è soffermarvi per un attimo sui versi iniziali di 'Il suonatore Jones' di Fabrizio De André: 'in un vortice di polvere gli altri vedevan siccità, a me ricordava la gonna di Jenny in un ballo di tanti anni fa'. Il secondo è - appunto - leggere questo libro: di quei versi, declinazione sontuosa che diverte e commuove. Perché uno scrittore è prima di tutto il suo sguardo e la sua capacità di creare storie, indipendentemente dalla forma che si sceglie. E se De André riesce a raccontarne una puntando il suo su un vortice di polvere, immaginatevi che cosa è in grado di fare Fulvio Abbate orientando il suo, ugualmente immune da ogni conformismo, sulla Città Eterna, generatrice millenaria di narrazioni. Non ne voglio qui anticipare nessuna per non togliere al lettore la sorpresa di tutte le gonne di Jenny che di pagina in pagina Fulvio Abbate vede e rievoca nel suo viaggio patafisico tra cronaca e memoria nelle vie di Roma. Anche quelle ancora oggi capaci di stupirci a ogni angolo svoltato, serbatoio infinito, come sono, di bellezza e di miserie: esattamente nello stesso modo del paese di cui Roma è capitale." (Francesca Serafini) Introduzione di Carlo Verdone.
Fahim, 11 anni, racconta la sua storia, un'autentica favola moderna: immigrato clandestino dal Bangladesh in Francia insieme al padre Nura, Fahim si riscatterà dalla condizione di sans papiers grazie al suo innato e straordinario talento, non prima di aver affrontato difficoltà e patimenti. Una storia bella e commovente di emigrazione e redenzione, coraggio e fede, che tocca i temi universali dell'amicizia, dello spaesamento, della lotta per la vita, della ricerca dell'identità, ma che incrocia anche l'attualità più stringente: le condizioni di vita degli immigrati, la clandestinità, le politiche di integrazione. Dal libro verrà tratto un film che vedrà Daniel Auteuil come regista e nel ruolo di Xavier Parmentier, maestro di scacchi di Fahim.
Bernard Maris è una delle vittime dell'attacco terroristico alla redazione di "Charlie Hebdo" del 7 gennaio 2015. "Houellebecq economista" è il suo ultimo libro, un omaggio a Houellebecq e alla sua analisi del mondo. Per capire a fondo l'essenza di un'economia basata sul libero mercato non c'è niente di meglio che leggere "Estensione del dominio della lotta" di Michel Houellebecq. Dalla devastazione post-capitalistica di "La possibilità di un'isola" alla lucida analisi della divisione del lavoro in "La carta e il territorio", dalla questione sull'utile e l'inutile in "Piattaforma" all'orrore per il liberalismo economico nelle sue poesie, nessun altro scrittore contemporaneo ha mostrato una pari capacità di comprensione di un mondo così impregnato di economia. Questo libro non vuol fare a Houellebecq il torto di definirlo un economista, ma rendere omaggio alla sua acutezza visionaria.
Lo chef e autore Yotam Ottolenghi è il coproprietario di quattro boutique gastronomiche nei migliori quartieri di Londra, dove locali e turisti possono gustare una gamma di delizie che varia ogni giorno: da una semplice zucca con peperoni arrosto a tipi di pasta e insalate di cereali provenienti da tutto il mondo. Una regola vige sovrana: ingredienti di primissima qualità e preparazioni belle e gustose. La filosofia di Yotam, famoso per i sapori innovativi e per lo speciale approccio al mondo delle verdure, si traduce nella rubrica di cucina vegetariana che tiene settimanalmente sul Guardian di Londra. Per "Plenty", ha scelto oltre 120 tra le sue proposte preferite e le ha suddivise per ingredienti. Le fotografie di Jonathan Lovekin vi saranno d'ispirazione per portare questi piatti anche sulle vostre tavole.
Non è l'ennesima biografia di Franco Battiato, non è un libro di musica, tantomeno d'arte. Più che altro è una storia fatta di progetti in salita, di viaggi non sempre prevedibili e altre amenità varie, intraprese da due amici che hanno scelto anche di lavorare insieme su questioni molto pop e altre che non lo sono affatto. È la cronaca, raccontata e disegnata, di quasi una quarantina d'anni di ricerche, tentativi ed esperienze negli ambiti più vari: quelli della musica, della grafica, del teatro, del cinema e di quant'altro fosse al tempo necessario affrontare per trovarsi sempre più spesso coinvolti in un bel viaggio Quello che conduce alla più personale delle ricerche, quella di se stessi.
"Ho visto l'Italia per la prima volta dai finestrini di un treno." Così comincia questa strana avventura di Tim Parks, in un libro che non è "un libro di storia" e "non propriamente un libro di viaggi". È piuttosto l'omaggio di uno scrittore inglese che da molti anni vive in Italia e per il quale le strade ferrate, a forza di vagabondare in lungo e in largo per il Bel Paese, sono diventate una seconda famiglia. Ne emerge un ritratto dell'Italia divertente e pungente, tra aneddoti e malintesi, paesaggi meravigliosi e contrattempi e ritardi. Un'avventura tutta da leggere, per chi ama l'Italia, per chi ama (o deve) viaggiare in treno.
La città moderna: in continua trasformazione, priva di centro, crea un nuovo modo di vedere. Baudelaire è tra i primi a coglierne il senso. Nel corso del Novecento e oltre, pittori, registi, scrittori e filosofi cercano i mezzi adeguati a dire una realtà che mette in crisi i modi di rappresentazione tradizionali. Vincenzo Trione ripercorre una storia complessa e in perenne divenire, facendo dialogare teorie e opere: architettura e cinema, pittura e urbanistica. Parte da alcuni luoghi-simbolo (Parigi, Vienna, New York, Roma, Napoli...); e li analizza per il ruolo che hanno avuto nel riconfigurare lo sguardo degli artisti. Pone a confronto i classici delle avanguardie storiche e i videoclip, i concettuali e i writers. Da de Chirico a Warhol, da Boccioni a Ruttmann, da Ejzenstejn a Dario Argento, da Schwitters e Cornell ai film apocalittici hollywoodiani, rintraccia analogie impensate e illuminanti. Con un'idea di fondo: mettere in luce come le metafore, le invenzioni e le scommesse dell'arte siano indispensabili per trovare una strada nel caos della "città che sale". Trione mostra come la metropoli emerga nelle opere astratte di Mondrian, Rothko e Fontana. E come il cinema, da Antonioni a Wenders, sia spesso un'arte astratta. Si delinea così l'archeologia di un futuro possibile: una cartografia che conduce da spazi reali e riconoscibili a spazi immaginari, fantastici.
"L'Atlante dei luoghi maledetti" traccia un inventario inedito delle regioni meno raccomandabili del pianeta. Dalla riserva naturale di Kasanka, nello Zambia, invasa da nugoli di pipistrelli, al tenebroso faro degli uomini scomparsi di Eilean Mor, perso nelle isole Flannan, passando per la sinistra foresta dei suicidi di Aokigabara, in Giappone, o per la diabolica casa coloniale che sorge al 112 di Ocean Avenue, a Amityville, ciascuno dei quaranta luoghi censiti racchiude una storia tanto tormentata quanto affascinante. Questo atlante, vero e proprio manuale geografico dell'orrore, si sfoglia con mano febbrile, e con la paura addosso...
"Per me non è tanto importante che tu scriva quello che ti ho raccontato, ma che andando via ti volti a guardare la mia casetta, e non una ma due volte". Così si è rivolta a Svetlana Aleksievic, congedandosi da lei sulla soglia della sua chata, una contadina bielorussa. La speranza di avere affidato il racconto della sua vita a qualcuno capace di vero ascolto non poteva essere meglio riposta. Far raccontare a donne e uomini, protagonisti e vittime e carnefici, un dramma corale, quello delle "piccole persone" coinvolte dalla Grande Utopia comunista, che ha squassato la storia dell'URSS-Russia per settant'anni e fino a oggi, è il cuore del lavoro letterario di Svetlana Aleksievic. Questo nuovo libro, sullo sfondo del grande dramma collettivo del crollo dell'Unione Sovietica e della tormentosa e problematica nascita di una "nuova Russia", costituisce il coronamento ideale di un lavoro di trent'anni: qui sono decine i protagonisti-narratori che raccontano cos'è stata l'epocale svolta tuttora in atto: contadini, operai, studenti, intellettuali, dalla semplice militante al generale, all'alto funzionario del Cremlino, al volonteroso carnefice di ieri forse ormai consapevole dei troppi orrori del regime che serviva. Nonché misconosciuti eroi sovietici del tempo di pace e del tempo di guerra, i quali non sanno rassegnarsi al tramonto degli ideali e alle mediocri servitù di un'esistenza che, rispettando solo successo e denaro, esclude i deboli e gli ultimi.
Una delle firme dell'alta moda italiana, il fondatore di Costume National, ci racconta l'origine della sua formazione in Giappone. Un viaggio nella moda che è un viaggio nell'anima delle tradizioni, tra Puglia e Zen. È il 1983 quando Ennio Capasa, poco più che ventenne, lascia la sua Puglia per Tokyo. Lì incontra Yohji Yamamoto, uno dei geni della moda degli anni ottanta, un uomo che ha sovvertito i principi della moda europea introducendo l'idea e la sottile atmosfera di un equilibrio di stile, materiali e portamento che ha influenzato gli anni successivi in misura esponenziale. L'atelier di Yamamoto è quasi un "tempio" ed è lì che Capasa inizia a capire le profonde differenze tra il mondo da cui proviene e quello in cui è arrivato. Differenze che non riguardano solo gli aspetti materiali del Giappone (la tecnologia, il cibo, i terremoti...) ma quelli più essenzialmente culturali: il carattere gerarchico e militaristico della società, il modo di lavorare, perfino il modo di fare sesso. Pochi anni dopo, Costume National diventerà protagonista delle sfilate mondiali e l'educazione estetica di Capasa avrà già i tratti inconfondibili che hanno decretato il suo successo internazionale.
"L'esperienza del moderno corrisponde alla sensazione del vortice, che travolge ogni rapporto consolidato, ogni certezza acquisita, ogni rifugio del sacro. Questo vento elettrizzante e angoscioso soffia più forte per le vie della città. Prendi Milano, per esempio: dove una ventina d'anni fa le raffiche aumentarono sino a innescare una bufera di proporzioni inaudite, seguita da un'interminabile notte di brume. Agli autori di 'Festa del Perdono', da poco affacciati sugli orizzonti dell'età adulta, non restò che inoltrarsi nella nebbia. Senza bussole, senza provviste, senza ponti alle spalle per recuperare i caldi rifugi della tradizione. Soli. [...] Vent'anni fa, quando la fine ebbe inizio, non tutti si chiamarono fuori con disinvoltura. Qualcuno ebbe un soprassalto. Giovanni Raboni per esempio si lasciò assalire dal più ovvio dei pensieri, 'e noi, nel frattempo, dove eravamo?' Dalla stessa domanda nascono i pezzi raccolti in questo libro. A porsela però sono scrittori di un'altra generazione, nati tra la metà e la fine degli anni sessanta, che conobbero in gioventù il collasso rovinoso del mondo in cui erano cresciuti, diventato antichissimo in un batter d'occhi. La fine - se non della storia - della guerra fredda, della prima Repubblica, di una certa idea di modernità." (dalla postfazione di Mauro Novelli)
"Inventare la pace" muove dalla constatazione che noi, di solito, "guardiamo il mondo senza osservarlo", lasciandoci scorrere davanti agli occhi, magari con indifferenza o per mancanza di tempo, tutto ciò che di male ci accade intorno, quotidianamente: guerre, ingiustizie, sofferenze, violenza. Quali sono allora le conseguenze etiche di questo guardare senza vedere? E, soprattutto, che fine ha fatto la nozione di pace in tale contesto di non-attenzione, non-conoscenza? Un grande regista contemporaneo, Wim Wenders, e la filosofa Mary Zournazi dialogano su una delle questioni cruciali del nostro tempo, affermando la necessità non più differibile di reinventare un linguaggio visivo e morale finalizzato alla pace e alle strategie per costruirla insieme. Ecco la vera sfida intellettuale del Terzo Millennio, raccolta, nei modi della confessione più intima e avvincente, da un poeta della visione e Maestro del cinema contemporaneo. Postfazione di Guido Brivio.
Il più grande allenatore nella storia del calcio inglese si racconta per la prima volta. La storia di Sir Alex Ferguson comincia a Govan, il quartiere dei cantieri navali di Glasgow, continua con il successo senza precedenti dell'Aberdeen in Europa e diventa leggendaria grazie ai ventisette anni di vittorie con il Manchester United, la più grande potenza sportiva mondiale dell'ultimo quarto di secolo. Grazie alla sua capacità manageriale, alla sua energia e abilità, unite a una visione strategica fuori dal comune, Sir Alex è stato capace di costruire la squadra in ogni minimo particolare, dentro e fuori dal campo. Ha allenato giocatori di livello assoluto come Roy Keane, Ryan Giggs, Eric Cantona, Ruud van Nistelrooy, Cristiano Ronaldo e David Beckham. Ha rivaleggiato con il Liverpool, l'Arsenal, il Chelsea e il Manchester City. Ha sbaragliato il campo, rivoltato come un guanto le logiche, le tattiche, gli aspetti psicologici dell'allenamento di una squadra. Leggere le sue parole, i suoi aneddoti, i suoi giudizi, significa essere proiettati sul terreno di gioco, attori e non più solo spettatori dello sport da sempre radicato nel cuore di tutti.