Nel 1953 Alberto Carocci e Alberto Moravia fondano "Nuovi Argomenti", da allora la rivista è rimasta un punto di riferimento per il mondo intellettuale e letterario italiano. In tutti gli anni di attività si sono alternati alla direzione i principali protagonisti della scena culturale italiana, da Pasolini a Sciascia, da Bertolucci a Siciliano, fino all'impegno attuale di Dacia Maraini. Negli ultimi anni "Nuovi Argomenti" ha saputo dimostrare la sua straordinaria vitalità scommettendo su molte delle voci più interessanti della nuova generazione di scrittori, tra le quali quelle di Alessandro Piperno, Roberto Saviano e Paolo Giordano.
Teresa e Angelina sono sorelle diverse in tutto: tanto delicata, schiva e silenziosa è Teresa, la voce narrante di questa storia, quanto vitale, curiosa e impertinente è Angelina, la sorella più piccola. Siamo all'inizio degli anni Quaranta a Copertino, nelle Terre d'Arneo, un'immensa distesa di campi coltivati nel cuore della Puglia. Qui, Teresa e Angelina crescono in una famiglia di braccianti, povera ma allegra e piena di risorse: i nonni sono dei grandi narratori, briganti, lupi e masciare diventano vivi nei loro racconti davanti al camino, mentre la madre Caterina ha ricevuto in sorte una bellezza moresca, fiera, che cattura gli sguardi di tutti gli uomini, compreso quello del barone Personè, il latifondista più potente del paese. "La tua bellezza è una condanna" le dice sempre nonna Assunta. Una bellezza - e una condanna - che sono toccate in eredità ad Angelina. Quando il padre parte per la guerra lasciando sole le tre donne, Caterina per mantenere le figlie non ha altre armi se non quella bellezza, ed è costretta a cedere a un terribile compromesso. O, forse, a un inconfessabile desiderio. È qui che comincia a essere braccata dalla malalegna , il chiacchiericcio velenoso delle malelingue, un concerto di bisbigli che serpeggia da un uscio all'altro e la segue ovunque. Questa vergogna, che infetta tutta la famiglia, avrà su Angelina l'effetto opposto: lei, che non sopporta di vivere nella miseria, inseguirà sfacciatamente l'amore delle favole. Anche a costo di rimanerne vittima. Sono la nostalgia e il rimpianto a muovere con passo delicato la voce di Teresa, che, ricostruendo la parabola di una famiglia, ci riconsegna un capitolo di storia italiana, dalla Seconda guerra mondiale alle lotte dei contadini salentini per strappare le terre ai padroni nel 1950.
Una felice storia d'amore, e un figlio, portano Anna, la protagonista di questo romanzo, a confrontarsi con un mondo tanto distante dal suo come quello di Dubai: sposata a un uomo musulmano, per quanto aperto, Anna si trova alla ricerca di un nuovo equilibrio. Così, la ragazza occidentale, si trova catapultata in una nuova realtà, in un mondo da sogno, che però rischia di trasformarsi in una gabbia dorata.
La vita di un professore non è mai facile: la noia nello sguardo degli studenti, la loro smania di guardare i cellulari durante la lezione, l'aria che, tra ormoni e finestre chiuse, si fa ben presto irrespirabile. E in più la consapevolezza che "gli studenti che vanno bene avrebbero buoni voti con qualunque insegnante; quelli che vanno male invece vanno male con te". È così anche per il protagonista di questo romanzo, un professore di Lettere, cinquantenne, vedovo, solitario, che da tempo ha perso la fiducia nell'incanto del suo lavoro. E di incanto non c'è nemmeno l'ombra nella rivoluzione messa in atto dalla nuova Dirigente scolastica, Lisa Bardella - un passato politico aggressivo -, decisa a razionalizzare la scuola in base ai più moderni criteri di valutazione e a renderla una vera e propria "Scuola della Felicità". Obiettivo principale è aumentare la "Fil", ovvero la Felicità interna lorda, ma anche, o forse soprattutto, recuperare iscritti. Nel frattempo, nell'istituto cominciano a verificarsi strani avvenimenti: chi si intrufola in piena notte per dipingere sulle pareti enigmatici murales di protesta? E perché gli studenti si sono divisi in due fazioni concorrenti, i Marci, contrari a quello che considerano un degrado dell'istituzione scolastica, e i Benesserini, sostenitori invece della Dirigente e dei suoi metodi? Un commovente romanzo di formazione, in cui ad affrontare un processo di profondo cambiamento non sono solo gli adolescenti, ma anche il loro insegnante.
Laura è giovane, bella e molto amata. Ha sposato un famoso scrittore che la venera, lei stessa scrive, va a teatro, è un'esperta storica dell'arte. È capace di concedersi emozioni intense con altri uomini, quando lo desidera, senza farsi travolgere dal senso di colpa. È generosa di sé e delle proprie ricchezze. Ma, in certi momenti, su di lei cala un cono d'ombra. "Ho il ghibli" dice, secondo l'immagine evocata da uno dei suoi amanti: perché davvero è come se si alzasse nel suo cuore il temibile vento del deserto, che la prostra e la costringe a giorni di reclusione durante i quali nessuno deve azzardarsi a toccarla. Poi torna la bonaccia, e Laura è di nuovo la donna volubile ma anche luminosa che tutti ammirano. Fino a che, una notte, Laura scompare. Incontrando chi l'ha conosciuta, il commissario Maurizi - uomo colto e fine indagatore dell'animo umano - capirà che di Laura, come di una divinità antica, ognuno ricorda un volto diverso. Al primo sguardo sembra una donna facile, che non vuole perdere una sola occasione. E invece le tracce che portano a lei sono quelle invisibili lasciate dalle domande che si è posta senza tregua, dalla tensione bruciante nascosta in ogni suo gesto... proprio come nel movimento dei corpi al centro dell'affresco del Beato Angelico che Laura stessa aveva saputo interpretare con una intuizione straordinaria, quello dedicato alle parole che Gesù dice a Maria Maddalena dopo essere risorto: Noli me tangere, non toccarmi.
"Ho sempre pensato che a Milano sto bene, che è un posto da combattenti, da apolidi, una legione straniera. Che non saprei dove altro vivere. Ho fatto tutto qui: università, figli, matrimonio, lavoro. Milano mi somiglia. Parla poco, non ha tempo, sembra che non si affezioni a nessuno, ma non è così. Milano è come me, va di fretta e cerca di fare tutto meglio che può, nonostante se stessa." Mila è stata una bambina amata e luminosa, una ragazza solitaria: oggi è la moglie di Paolo e la madre di Maddi e dei gemelli, una donna che ha perso il filo del suo destino. Un giorno cede a un impulso segreto, e si ritrova in ospedale. Qui incontra Annamaria, un'insegnante laica che, come le suore, ha fatto voto di povertà, castità e obbedienza. Tramite lei Mila torna in contatto con una figura straordinaria della sua infanzia, santa Rita, la santa degli impossibili, che ha attraversato i secoli con la forza della sua testimonianza: quella di una donna che – a nome di tutte le donne – riuscì a volare oltre ogni ostacolo grazie alla potenza magica di una passione inestinguibile.
Attraverso un racconto asciutto e raccolto, Daria Bignardi dà vita a un personaggio inquieto, pieno di contraddizioni, segnato da un bisogno di trascendenza inespresso eppure capace di cogliere l'amore del mondo che silenziosamente ci può salvare.
Mauro Assante è, prima di ogni altra cosa, un uomo serio: ha sempre lavorato con scrupolo estremo, guadagnandosi incarichi di crescente responsabilità nell'istituzione in cui presta servizio, l'authority preposta al controllo della trasparenza delle banche italiane. Si è sposato tardi, con la sola donna che sia riuscita ad aprire una breccia nel suo temperamento ombroso, e ha un figlio piccolo, che trascorre i mesi estivi con la madre, in montagna. Questa estate Mauro si trattiene in città perché gli è stato affidato il compito di stilare una relazione particolarmente delicata su di un istituto bancario che con ogni probabilità verrà commissariato in seguito alla sua ispezione. Ma proprio durante queste solitarie giornate di lavoro, nella sua prevedibile esistenza iniziano ad aprirsi minuscole crepe. Dimentica aperta la porta di casa, riceve una telefonata beffarda, si convince di essere seguito da un uomo in motorino. Soprattutto, riceve la visita di una meravigliosa ragazza che evidentemente ha sbagliato indirizzo. Strano, ci dev'essere stato un errore. Ma dalla vita di Mauro Assante gli errori erano sempre stati banditi; così come sarebbe bandito il batticuore che invece lui prova quando, poche sere dopo, rincontra per caso quella stessa ragazza bionda... L'estate avanza, le temperature aumentano, la stesura della relazione si fa più complessa e con essa l'ansia di consegnare tutto senza sbavature, senza condizionamenti.
"Avremo mai il coraggio di essere noi stessi?" si chiedono i protagonisti di questo romanzo. Due ragazzi, due uomini, due destini. Uno eclettico e inquietto, l'altro sofferto e carnale. Una identità frammentata da ricomporre, come le tessere di un mosaico lanciato nel vuoto. Un legame assoluto che s'impone, violento e creativo, insieme al sollevarsi della propria natura. Un filo d'acciaio teso sul precipizio di una intera esistenza. I due protagonisti si allontanano, crescono geograficamente distanti, stabiliscono nuovi legami, ma il bisogno dell'altro resiste in quel primitivo abbandono che li riporta a se stessi. Nel luogo dove hanno imparato l'amore. Un luogo fragile e virile, tragico come il rifiuto, ambizioso come il desiderio. L'iniziazione sentimentale di Guido e Costantino attraversa le stagioni della vita l'infanzia, l'adolescenza, il ratto dell'età adulta. Mettono a repentaglio tutto, ogni altro affetto, ogni sicurezza conquistata, la stessa incolumità personale. Ogni fase della vita rende più struggente la nostalgia per l'età dello splendore che i due protagonisti, guerrieri con la lancia spezzata, attraversano insieme. Un romanzo che cambia forma come cambia forma l'amore, un viaggio attraverso i molti modi della letteratura, un caleidoscopio di suggestioni che attraversa l'archeologia e la contemporaneità. E alla fine sappiamo che ognuno di noi può essere soltanto quello che è. E che il vero splendore è la nostra singola, sofferta, diversità.
"L'amore per crescere ha bisogno di muri, proprio come l'edera." Nonna Comasia ha insegnato questo a Francesco, detto Veleno, e lui lo ricorda ogni giorno. Timido e solitario, fino ai quattordici anni è vissuto immaginando vite eroiche e ammirando i coetanei più intraprendenti. Il suo universo quotidiano, nel paese pugliese dove vive, è quello della scuola, con regole e muri che sembrano fatti per essere invalicabili, non certo per nascondere gioie proibite. Fino all'incontro con Donatella Telesca, professoressa di Educazione tecnica. Lei ha il doppio degli anni di Veleno, eppure veste in modo più simile a lui e ai suoi amici Mimmo e Nappi che alle altre insegnanti. Ha la pelle candida, ma nasconde un'ombra che agisce come una calamita sui suoi giovani allievi: somiglia forse a quella che abita ogni adolescenza, presto dimenticata negli anni in cui si cresce e si impara a adeguarsi alle leggi del mondo. La Telesca siede tra i banchi, ascolta i ragazzi, li guarda come nessuno ha mai fatto prima. Nasce un'attrazione irresistibile, destinata a essere scoperta nel clamore dello scandalo. Un'attrazione imperdonabile, interrotta con la massima violenza. Per ristabilire l'ordine ognuno deve essere rimesso nella casella che gli spetta: Nappi, Mimmo e Veleno, ragazzi plagiati da raddrizzare e "reinserire"; Donatella, la plagiatrice da punire.
È un'abbagliante mattina di luglio quando Emma, neolaureata in Lettere, riceve una telefonata inattesa: l'anziana prozia Carolina, che lei a malapena conosce, la invita a casa sua perché, dice, ha un regalo per lei. La curiosità di Emma si tramuta in stupore quando - tra le mura solenni del palazzo di via dei Mille, a Napoli, teatro di tutte le vicende della sua famiglia - la zia le affida un astuccio che contiene un anello: una meravigliosa corniola ovale con una figura incisa sostenuta da una catena liberty d'oro rosso. Un oggetto prezioso, appartenuto in origine a Giulia, la mitica bisnonna capostipite della famiglia. L'anello, la cui pietra somiglia a un cuore pulsante, sembra lanciare un richiamo al quale la nuova proprietaria non riesce a sottrarsi: abbandonato ogni progetto di vacanza estiva, Emma si dedica alla ricostruzione di una storia famigliare che si rivela coinvolgente oltre ogni sua previsione. Dalle carte rese fragili dal tempo emergono parole piene di passione, le foto ingiallite mostrano volti fieri e misteriosi, la voce di zia Carolina narra di amori e tradimenti, di guerre, speranze e sconfitte - ma a tratti si indurisce in una reticenza impenetrabile. Le vite degli uomini bellissimi e infedeli e delle donne volitive della famiglia Cortesi offrono a Emma chiavi preziose per capire se stessa; ed è sempre più chiaro che all'anello è legato un segreto bruciante...
"La buona cucina è un agente morale. Per buona cucina intendo la preparazione coscienziosa del semplice cibo quotidiano, non la più o meno talentuosa elaborazione di oziosi banchetti e piatti eccentrici. Il proposito di un libro di cucina è uno e inequivocabile. Il suo unico obiettivo concepibile non può essere che accrescere la felicità degli esseri umani." È sorprendente scoprire che l'autore di queste righe è Joseph Conrad, nella prefazione al libro di ricette pubblicato nel 1923 da sua moglie Jessie. "A capotavola" è intessuto di sorprese simili a questa: perché scruta attraverso la lente della passione gastronomica le vite di una galleria di personaggi straordinari - dalla A del copista arabo Muhammad Al-Baghdadi alla Y dello scrittore cinese Yuan Mei, passando per Pellegrino Artusi, André Michelin, Agatha Christie, Georges Simenon, fino ad Ave Ninchi, Elena di Sparta e Margherita di Savoia. Entrare a far parte del firmamento dell'alta cucina è oggi il sogno di tanti aspiranti "master chef". Ma le storie golose raccolte da Laura Grandi e Stefano Tettamanti ci rivelano come spesso a battezzare ricette, metodi di preparazione e "filosofie" gastronomiche siano stati personaggi che dietro ai fornelli non ci sono mai stati. "A capotavola" è una piccola enciclopedia illustrata - del tutto personale e cosparsa di quei buchi che rendono ottima una buona fetta di groviera - della storia della cucina e, insieme, del mutamento del gusto e del costume, non solo alimentare, attraverso il tempo.
Un grande e attualissimo ritratto di donna, con l'irrequietezza delle sue passioni umane e intellettuali, con la delicatezza dei suoi dubbi, con il coraggio dei suoi ardori.
Nella Padrona rivive la Roma del Seicento, con i suoi intrighi e i suoi segreti, si muovono grandissimi artisti e personaggi come Caravaggio e Galileo, mentre si scopre la storia personale di una donna sui generis.
È il maggio del 1605, il cardinale Camillo Borghese è appena diventato papa con il nome di Paolo V, per lo Stato Pontificio e per la sua capitale si apre uno dei periodi di più intenso e rigoglioso sviluppo, quasi una rivincita, non solo spirituale ma anche culturale, dopo gli anni difficili della Controriforma.
La Città eterna si pone sempre più come il grande teatro diplomatico europeo mentre prende le mosse uno straordinario rimodellamento urbanistico con memorabili opere architettoniche ed artistiche, come la nuova facciata della basilica di San Pietro, che ancora oggi segnano Roma in maniera inconfondibile.
Su questo sfondo Alessandra Borghese - che di Paolo V è una discendente - disegna, attingendoli dalle intense pagine di un diario intimo, i tratti della sua protagonista: una donna di nobili natali che, ferita per l'inspiegabile abbandono del padre e sconvolta da una prima esperienza sentimentale, decide di prostituirsi, quasi a cercare una vendetta per il dolore subito. Per anni agisce nella più torbida ed oscura trasgressività, nella penombra dei palazzi del potere. Indossa una maschera e recita il ruolo della Padrona, impartendo dolore e umiliazione agli uomini che incontra, e ricevendone in cambio una sorta di venerazione. Nella casa-palazzo della "Signora" - crocevia del potere e degli intrighi romani - la nostra misteriosa protagonista trafigge e calpesta gli uomini potenti, divenendo ben presto la donna più desiderata.
Di giorno legge, studia, scrive e si occupa di opere di bene. Di notte invece incontra i suoi clienti, lasciando spazio a quella parte della sua anima marchiata dal dolore.
Ma in lei convive un'altra parte, quella di una donna che si è sempre interrogata e non si è mai arresa. Sarà proprio quella parte di anima a portare la Padrona a riscoprire l'immensità dell'amore vero e a spingerla ad intraprendere un percorso di redenzione che la condurrà a mutare radicalmente e a incrociare di nuovo l'uomo che più di ogni altro ha segnato la sua esistenza.
Venezia, primo Cinquecento. A pochi decenni dalla rivoluzione di Gutenberg, la città è una stamperia a cielo aperto. Mentre il numero di librai e tipografi è in euforico aumento - la concorrenza si fa feroce e i torchi macinano pagine senza tregua -, si affaccia con urgenza sulla scena il problema della qualità dei testi. Per garantire l'"onore" dei libri pubblicati, gli stampatori si circondano di un fitto pulviscolo di collaboratori: chierici e laici che correggono, limano, "bulinano" scrupolosamente i testi da editare. Vengono detti, appunto, "correttori": oggi si chiamano redattori, editor. Fra tutti spicca Giovan Francesco Valier, chierico veneziano amico di importanti letterati e artisti, dal Bembo a Raffaello, da Bernardo Tasso all'Ariosto che ne parla con gratitudine perfino nell'"Orlando Furioso". Mondano e colto, brillante raccontatore di storie boccaccesche e conoscitore del migliore italiano letterario, il Valier verrà scelto dagli eredi di Aldo Manuzio per intervenire su un libro che diventerà un bestseller, il "Cortigiano" di Baldassar Castiglione. Ma Monsignor Valier, uomo intraprendente e all'occorrenza assai spregiudicato, vanta parecchi contatti anche sul fronte della politica, veneziana e italica. In tal senso coltiva alcune ambizioni pericolose; talmente rischiose che, sullo sfondo di un intrigo internazionale, lo condurranno a una fine tragica e sconvolgente.
Come i suoi maestri Vittorini e Sciascia, Consolo si è dedicato a un'instancabile attività militante, su quotidiani e periodici. Questo volume raccoglie cinquantadue brevi scritti, tra cui alcuni preziosi inediti, racconti - come li definiva l'autore - che coprono un arco di più di cinquant'anni, ripercorrendo il suo itinerario di scrittore e toccando tutti i temi a lui più cari. In un'intensa galleria sfilano davanti ai nostri occhi vividi quadri dell'infanzia in Sicilia e della giovinezza a Milano, ritratti ironici o feroci della società e del mondo culturale italiano; viaggi nella storia, nel paesaggio, nell'arte di una Sicilia amata con dolorosa consapevolezza; interventi precisi, affilati sul nostro tempo, che testimoniano un appassionato impegno civile. I lettori di Consolo troveranno pagine sorprendenti per freschezza e immediatezza e testi che gettano nuova luce sui suoi capolavori: l'articolo su Aleister Crowley che è la lontana premessa a "Nottetempo, casa per casa"; la rievocazione della Mozia di Retablo scoperta nel primo affacciarsi alla vita adulta; il ricordo di quella Palermo martoriata che è al centro dello Spasimo; lo sguardo critico sul Risorgimento che informa "Il sorriso dell'ignoto marinaio". Chi si avvicina per la prima volta a Consolo scoprirà la sua lingua ricca di storia e di sapori e il ritmo musicale della sua prosa, la sua capacità di raccontare la società italiana attraverso la lente di un giorno come gli altri...
Pietro ha trentacinque anni, è felicemente sposato e in attesa di un figlio, quando scopre di avere un cancro. È un pomeriggio di fine settembre e i medici gli dicono che gli rimangono sei mesi da vivere, solo duecentosessantaduemilaottanta minuti. Quando suo figlio verrà al mondo, lui non ci sarà più. Travolto dalla rabbia e dall'angoscia, decide di sparire, di ritrarsi da tutto e da tutti, in un solitario conto alla rovescia. Per non scaricare sulla donna che ama il dolore che lo aspetta e, soprattutto, per affrontare la morte a viso aperto, senza ospedali, senza terapie, senza inutili pietismi, in un ultimo scontro decisivo. Si ritrova così sulle colline di Assisi in un rustico fatiscente, insieme a un vecchio cane guercio, cinque galline, un gallo, sei conigli e una capra. Le sue giornate d'un tratto sono fatte di niente, un unico corpo a corpo con la paura. Finché all'improvviso un frate francescano, che vive in un eremo lì vicino, ne squarcia la monotonia. All'inizio c'è solo la diffidenza di Marco nei confronti di quell'uomo di Dio che gli parla di bellezza, di gioia, di unicità, perché, in questo pezzo di vita che gli rimane, lui non trova nulla di bello, gioioso, unico. Poi comincia a delinearsi un sentiero, una scia di luce nel nero del dolore. Un cammino lungo, a tratti impervio, in fondo al quale si trova la possibilità unica e irripetibile di comprendere il senso ultimo delle cose.
In una stanza immersa nella penombra un donna, giunta all'autunno della vita, si muove lentamente appoggiandosi a un bastone. Intorno a lei sculture di ogni tipo. La donna le sfiora e insegue il ricordo di un uomo. Un uomo schivo, selvatico, che però ha saputo rendere eterno nel legno il sentimento che li ha uniti. Ogni statua evoca un episodio della vita avventurosa che quell'uomo ha vissuto e amava condividere con lei, le difficoltà di un'infanzia di povertà e abbandoni, in cui la più grande gioia era stare con i fratelli e i nonni attorno al fuoco, la sera, imparando a intagliare legno, o sentire la vibrante intensità della natura durante una battuta di caccia. Ogni angolo arrotondato delle sculture fa affiorare in maniera dirompente l'orgoglio e la rabbia di quel giovane che, crescendo, aveva voglia di farcela da solo, cancellando le ombre del passato che lo tormentavano. Ma quei profili, quelle figure che ancora profumano di bosco, raccontano anche che l'amore può trovare pieno compimento solamente nella trasfigurazione, nel sogno, perché l'unica via per non rovinare quel sentimento vero e cristallino è allontanarlo dalle mani dell'uomo che, nella sua intrinseca incapacità di essere felice, finirebbe inevitabilmente per sprecarlo. Dai boschi che Mauro Corona ci ha insegnato ad ascoltare e ad amare si leva in questo romanzo una voce nuova, per molti versi inaspettata, a tratti dolente ma non perciò men energica.
Margherita ha quattordici anni e sta per varcare una soglia magica e misteriosa: l'inizio del liceo. Un mondo nuovo da esplorare e conquistare, sapendo però di poter contare sulle persone che la amano. Ma un giorno, tornata a casa, ascolta un messaggio nella segreteria telefonica: è di suo padre, che non tornerà più a casa. Margherita ancora non sa che affrontando questo dolore si trasformerà a poco a poco in una donna, proprio come una splendida perla fiorisce nell'ostrica per l'attacco di un predatore marino. Accanto a lei ci sono la madre, il fratellino vivace e sensibile e l'irriverente nonna Teresa. E poi Marta, la compagna di banco sempre sorridente, e Giulio, il ragazzo più cupo e affascinante della scuola. Ma sarà un professore, un giovane uomo alla ricerca di sé eppure capace di ascoltare le pulsazioni della vita nelle pagine dei libri, a indicare a Margherita il coraggio di Telemaco nell'"Odissea": così che il viaggio sulle tracce del padre possa cambiare il suo destino.
Come prima colazione c'è chi si prepara rognoni di castrato alla griglia, giusto per il piacere avventuroso di avvertire al palato "un fine gusto d'urina leggermente aromatica". È il caso di Leopold Bloom nell'"Ulisse" di Joyce. Altri, meno temerari, non riescono a rinunciare alle dolcezze di brioche, cornetti, miele e marmellate e quanto ricordi la sensualità appagante del latte materno descritta da Maupassant in "Idillio". Il cibo è fra gli argomenti più frequentati nella letteratura di ogni tempo, anzi, i curatori di questo "Sillabario" si spingono a sostenere che non esista romanzo senza qualcuno che, prima o poi, mangi o beva qualcosa, e comunque concordano con Aldo Buzzi quando sentenzia: "lo scrittore che non parla mai di mangiare, di appetito, di fame, di cibo, di cuochi, di pranzi mi ispira diffidenza, come se mancasse di qualcosa di essenziale". In questo libro gli autori con passione, ma senza prendersi mai troppo sul serio, compongono un menu di piatti e letture che attraversa l'arco della giornata, dal primo bicchiere d'acqua del mattino fino alle ostriche e allo champagne delle notti da 'ons vivants'. Sapori, ricette, curiosità, consigli, piluccando qua e là fra le voci del Sillabario o sbafandosele una dopo l'altra, si compie un viaggio concreto e fantastico e si scopre, con emozione, che per sperimentare piaceri profondi, per nutrirsi e saziarsi, può essere sufficiente aprire un libro e mettersi a leggerlo.
Fu una vita senza regole, quella di Chet Baker: il genio bellissimo e maledetto del jazz, l'uomo capace tanto di distruggere il proprio corpo con la schiavitù dall'eroina, quanto di far salire fino al cielo le note della sua tromba. E fu una vita tragica quella di Chet, conclusa il 13 maggio del 1988 con un volo da una finestra del Prins Hendrik Hotel di Amsterdam. Quasi vent'anni dopo, una mattina del 2006, il protagonista di questo romanzo riceve una telefonata che riapre il mistero su uno dei miti più controversi del Novecento: Chet non è morto, ma vive, come un eremita, nel cuore del Salento. E qualcuno giura di aver sentito la sua tromba suonare ancora. Sulle note di My Funny Valentine comincia un viaggio che spinge il protagonista a cercare di scoprire se quell'uomo è davvero Chet. Ad affiancarlo in questa ricerca, le donne che in gioventù conobbero il lato più imprevedibile e ribelle di quel "James Dean del jazz" e che oggi vegliano sul suo segreto. E sarà proprio grazie a Nathalie, americana trapiantata a Parigi, che potrà svelarsi il mistero di un artista straordinario che rappresentò il dolore di un'epoca e che negli ultimi anni della sua vita "ufficiale" si avvicinò agli insegnamenti di un mistico e filosofo armeno, Georges Ivanovic Gurdjieff, che sconvolse la vita di tutti coloro che lo conobbero. L'incontro con Gurdjeff segnò per il musicista e l'uomo Chet Baker l'inizio di un percorso di "resurrezione" dagli esiti sconcertanti e radicali.
Il titolo viene da un'usanza sette-ottocentesca di cui parla lo scrittore Giuseppe Rovani nel romanzo “Cento anni”: uomini di mondo si facevano dipingere la maschera di un noto personaggio del tempo, poi se la applicavano sul volto per stupire, infastidire o impaurire la gente per strada o nei salotti. Il protagonista, vissuto nella convinzione di assomigliare all'amato padre, scoprirà, alla fine, di essere identico al detestato nonno. Almeno nei tratti del volto. Le due figure del padre e del nonno sono l'oggetto di una doppia indagine da parte del narratore. Entrambi sono legati a un mistero: il padre a un inspiegabile suicidio, il nonno a una colpevole sparizione che ha generato sofferenza e senso d'abbandono. Entrambi sono legati a una figura femminile assente: il primo ne è il marito, il secondo il padre.