Come vivevano gli uomini, le donne e soprattutto i bambini, nel Medioevo? Questo libro, divenuto ormai un classico della storia medievale, ce lo racconta svelando aspetti insoliti e sorprendenti. Cominciamo dalla stanza da letto, utilizzata anche di giorno, per pranzare, studiare, ricevere visite. Come era ammobiliata? E come ci si difendeva dall'assillo per eccellenza, il freddo? Perché i neonati venivano fasciati come piccole mummie e il rosso era così presente nel loro abbigliamento? Come giocavano i bambini e le bambine - che, solo se mandate in monastero, potevano forse non avere un destino infelice? Pagine raffinate e immortali, un racconto reso vivace anche da un sontuoso apparato di immagini.
«Ci vuole molto, molto tempo prima che ciò che è stato cancellato venga alla luce» Patrick Modiano La Shoah si è ormai insediata al cuore della coscienza contemporanea. Ma ciò è accaduto lentamente; in realtà, mentre si consumava, il genocidio degli ebrei è passato quasi inosservato e nell'immediato dopoguerra ha occupato solo una posizione marginale in seno alla cultura del mondo occidentale. Nell'orizzonte di questo «accecamento» sono stati alcuni intellettuali ebrei esuli o reduci dai campi i primi a «pensare Auschwitz». Ripercorrendo il cammino tortuoso della memoria della Shoah, Enzo Traverso ricostruisce la riflessione degli intellettuali che hanno saputo dare voce agli interrogativi sollevati dall'Olocausto: dal suo rapporto con le violenze del XX secolo alla complicità che essa rivela tra modernità e barbarie, tra razionalità tecnica e sterminio di massa.
Al cuore della storia del potere temporale della Chiesa. Ritornato da Avignone a Roma dopo la chiusura del Grande Scisma d'Occidente (1378-1417), il papato attraversa un periodo di consolidamento, vissuto all'insegna del trionfalismo. Il recupero dell'autorità, il radicamento definitivo in Italia e l'edificazione di un apparato centrale di governo della Chiesa vennero celebrati dagli apologeti dell'ideologia papalista non meno che dagli artisti e dai letterati della curia. I controversi mezzi di cui fece uso la Chiesa romana nell'ampliamento del suo dominio temporale, come il bellicismo e il «grande nepotismo», sollevarono proteste e imbarazzi ma nessun ostacolo serio. Eppure, l'ascesa dei papi a fastosi sovrani del più forte e rispettato Stato italico, dopo aver toccato il culmine entro i primi due decenni del Cinquecento, conobbe la più dolorosa delle interruzioni con il Sacco di Roma del 1527, evento che conclude l'appassionante ricostruzione di questo libro.
Il profitto e la circolazione delle ricchezze possono avvicinare il cielo alla terra? Fautori di una povertà rigorosa ed evangelica, i francescani sono paradossalmente indotti, proprio da questa scelta «scandalosa», a indagare tutte le forme della vita economica che stanno tra povertà estrema e ricchezza eccessiva, distinguendo tra proprietà, possesso temporaneo e uso dei beni economici. In che modo i cristiani devono fare un uso appropriato dei beni terreni? Per rispondere a tale interrogativo molti francescani, sin dal Duecento, scrivono sulla circolazione del denaro, sulla formazione dei prezzi, sul contratto e sulle regole del mercato, sottolineando l'importanza dell'investimento socialmente produttivo contro la tesaurizzazione improduttiva. In questo libro Giacomo Todeschini indaga lo sviluppo socio-economico in Occidente mediante la chiave interpretativa del concetto di ricchezza introdotto da San Francesco e poi lungamente lavorato, plasmato, in un certo senso snaturato, dalle abili e dotte menti dei suoi epigoni.
«Formigoni ripercorre in maniera documentata e attenta la vicenda dell'uomo che con coraggio e visione ha segnato la storia d'Italia della seconda metà del Novecento» Andrea Riccardi Aldo Moro fu il principale stratega del centro-sinistra e della «solidarietà nazionale», ma anche a lungo guida del governo e della politica estera italiana. La sua esperienza assunse un carattere drammatico non solo per il violento epilogo ma anche per la crescente difficoltà nel tenere assieme Stato e società, innovazione e tradizione, cambiamento e coesione, in un sistema sociale e politico messo a dura prova dalla transizione degli anni Settanta. Guido Formigoni ne tratteggia un profilo biografico completo: l'intellettuale, il giurista, il dirigente delle associazioni cattoliche, il costituente, il politico, lo statista.
«Volli bene a Mussolini anche quando, nella notte del 25 luglio, durante il Gran Consiglio, sentii il dovere di agire contro di lui... con la nostalgia di un Mussolini che ormai non esisteva più» Dino Grandi «testo fondamentale per capire la personalità dell'autore e soprattutto la natura del regime» Corrado Augias Nel 1983, rompendo un silenzio durato quarant'anni, Dino Grandi decideva di esporre la sua verità sulla fine della dittatura mussoliniana, e lo faceva autorizzando infine la pubblicazione di questo libro che egli aveva scritto a ridosso ancora dei fatti, nel 1944, e aveva poi conservato inedito. Non era, la sua, una verità qualunque: questo è infatti il memoriale di colui che dopo essere stato per molti anni, tra fedeltà e disubbidienza, l'antagonista di Mussolini, fu l'artefice primo della sua fine. Il 25 luglio 1943, che si chiude con il faccia a faccia tra il re e Mussolini e con il licenziamento e l'arresto del duce, si era aperto, alla seduta del Gran Consiglio, con le diciannove firme che, approvando l'ordine del giorno proposto da Grandi, siglarono di fatto la sfiducia del supremo organo del fascismo a Mussolini. Qui dunque Grandi racconta il suo 25 luglio. Il testo è preceduto da una corposa introduzione di Renzo De Felice e da una premessa di Giuseppe Parlato.
L'autore è estraneo al nostro percorso politico-culturale, ma questo non gli impedisce, anzi forse lo aiuta a rompere i vecchi schemi e a fornire un lavoro completo e organico (Secolo d'Italia, 29 giugno 1989) Alla fine degli anni Ottanta, quando venne pubblicata la prima edizione de II Polo Escluso, il Msi era un partito marginale, quasi un reperto archeologico, cementato da un'inestricabile nostalgia; ora il suo erede diretto, Fratelli d'Italia, è al centro della politica italiana. Cosa è accaduto in questi trent'anni per portare quel mondo dall'irrilevanza al potere? Questo volume, oltre a riproporre la prima, ancora insuperata, analisi del Msi, ci conduce lungo gli eventi del trentennio successivo. Si sofferma sulle svolte ideologiche più o meno convinte intraprese negli anni Novanta, sulle lacerazioni del decennio successivo culminato con l'uccisione politica del leader, Gianfranco Fini, che non accettava, diversamente dai suoi ex sodali, l'egemonia del populismo berlusconiano dopo la diluizione di An in Pdl, e infine sull'ingresso in scena di Fratelli d'Italia. Pur con le sue numerose varianti c'è tuttora un mondo riconoscibile in quel passato, nei suoi riferimenti culturali e nei simboli che non tramontano. La fiamma non si è mai spenta.
Il nome di Spartaco è legato alla terza e più nota delle guerre cosiddette servili, ribellioni di schiavi e non solo, che afflissero lo Stato romano fra secondo e primo secolo a.C. All'indomani di conflitti che avevano lasciato strascichi spaventosi di rovine, lutti, odio, Spartaco riuscì a coagulare attorno a sé lo scontento delle popolazioni meridionali, soprattutto appenniniche, non ancora integrate. Fu dunque l'ultimo condottiero di un'Italia disperata e furibonda, da secoli in lotta con Roma. Crasso mise fine alla guerra, ma Roma, provata, fu infine costretta a cedere pienamente alle richieste degli Italici. «Brizzi apre il dossier dell'"altra Italiaµ, quella del mondo appenninico e meridionale che fino all'inizio del I secolo a.C. prese più volte le armi contro Roma» (Paolo Mieli).
Matteo Ricci è una delle personalità occidentali più note in Cina. Arrivato nel 1582, vi rimase per quasi trent'anni svolgendovi un ruolo decisivo nella diffusione non solo del cristianesimo ma anche della cultura e della scienza europea. Avvalendosi delle fonti sia occidentali sia cinesi, Po-chia Hsia racconta la vicenda di questo leggendario gesuita, seguendolo dall'infanzia nella nativa Macerata agli anni della formazione nella Roma dei papi, dal soggiorno nell'India portoghese fino all'approdo in Cina, dove grazie alle sue conoscenze di cartografia, matematica e astronomia, e al prestigio acquisito, fu ricevuto alla corte imperiale dei Ming e fu il primo occidentale a poter entrare nella Città Proibita.
All'inizio del Novecento l'Europa comandava il mondo. Il suo impero coloniale era vastissimo e la popolazione cresceva a ritmo sostenuto. La guerra aveva cessato da tempo di decimare le giovani generazioni. Scoperte e innovazioni producevano il miglioramento delle condizioni di vita anche delle masse rimaste in povertà. La natura, che nei secoli aveva disseminato epidemie e carestie, sembrava sotto controllo. Ma nel volgere di trent'anni si succedono due catastrofi immani. La forza distruttiva delle decisioni e delle azioni determinate dalla politica sovrasta la potenza rovinosa degli eventi naturali. I due conflitti mondiali con decine di milioni di morti, le guerre civili, le carestie, le migrazioni forzate, la pulizia etnica e il genocidio sono il frutto avvelenato di azioni politiche e mietono vittime assai più numerose di quelle provocate dai microbi, dal clima o da altri eventi naturali.
«Una brillante sintesi dei meccanismi attraverso cui la chiesa cattolica esercitava il suo potere sui fedeli» Nuccio Ordine Per quanto gli indici romani dei libri proibiti del Cinquecento registrino un numero esiguo di autori e di opere letterarie, gli interventi sulla letteratura di svago furono molto ampi. Pareva ai censori che gran parte delle opere dei più diversi generi - dalla novellistica, al romanzo cavalleresco, al poema biblico, alla satira - fosse caratterizzata da anticlericalismo, o lascivia e oscenità, o commistione tra sacro e profano, tra pagano e cristiano. Il libro ricostruisce i meccanismi che portarono alla distruzione di un vastissimo patrimonio culturale, alla manipolazione di opere attraverso l'espurgazione, a profonde trasformazioni di interi generi letterari, ma anche alla prassi sempre più diffusa tra gli autori dell'autocensura. Se lo scopo di quest'azione repressiva era la moralizzazione dei fedeli, non vi è dubbio che, unita alla rimozione della Sacra Scrittura e dei libri di contenuto biblico in volgare, alla liturgia e alla recita delle preghiere in latino, essa consentì alla Chiesa di esercitare più facilmente il suo potere sulle menti e sulle coscienze riducendo i fedeli allo stato di «minorenni perpetui».
«Se Dio è lontano, il santo è vicino, è di casa, è il mediatore ideale, un poco come il parente importante che va a Roma a trattare direttamente con il potere, ed è a lui che ci si raccomanda» (Michele Serra). Identificare come petroniani i Bolognesi o come ambrosiani i Milanesi ci dà la misura del legame fondativo che la cittadinanza stringe con il santo che ne è il simbolo. Santa Maria, san Giovanni, san Giuseppe, san Michele, san Francesco, santa Rita... sono fra i toponimi più diffusi, ma anche tra i nomi di battesimo maggiormente ricorrenti: i veri poli della geografia, della storia e del costume italiani. Tuttavia, nella storia del nostro paese, la pratica devozionale si sostanzia anche di aspetti politico-sociali. Nei lunghi secoli che hanno preceduto l'unità del paese, la Chiesa è stata l'unico potere non straniero che ha rappresentato, soprattutto fra i ceti popolari, il tratto identitario effettivamente comune. Il culto per la Madonna (il cui patronato è di gran lunga il più diffuso), per i protomartiri cristiani, per i primi santi vescovi ha finito con il conferire loro il ruolo di taumaturgici «defensor civitatis», facendone al tempo stesso i depositari di consuetudini e memoria, simboli identitari e totem cittadini.
«Merito di Vivarelli è di avere mostrato tutta la complessità del quadro, in un'indagine che esige lettori attenti, curiosi, che non si accontentino» Roberto Pertici In questa fondamentale opera in tre volumi che ha accompagnato per più di cinquant'anni il suo itinerario intellettuale e umano, Roberto Vivarelli rilegge la storia dell'Italia postunitaria mostrando come il fascismo sia il frutto, non la causa, delle debolezze dello Stato liberale, incapace di gestire la propria trasformazione in Stato democratico dopo l'avvento del suffragio universale. Orientata da tale ipotesi interpretativa e sorretta da una rigorosa documentazione, questa opera è molto più di una cronaca delle vicende italiane tra il 1918 e il 1922: al di là della guerra, infatti, il problema delle origini del fascismo trova qui la sua definizione nell'intero contesto della storia politica, istituzionale e sociale dell'Italia dopo l'Unità. Questo secondo volume riprende la narrazione dall'inaugurazione della nuova Camera, il 1º dicembre 1919 per concludersi con la fine, nell'ottobre del 1920, dello sciopero agrario nel Bolognese.
«Merito di Vivarelli è di avere mostrato tutta la complessità del quadro, in un'indagine che esige lettori attenti, curiosi, che non si accontentino» Roberto Pertici In questa fondamentale opera in tre volumi che ha accompagnato per più di cinquant'anni il suo itinerario intellettuale e umano, Roberto Vivarelli rilegge la storia dell'Italia postunitaria mostrando come il fascismo sia il frutto, non la causa, delle debolezze dello Stato liberale, incapace di gestire la propria trasformazione in Stato democratico dopo l'avvento del suffragio universale. Orientata da tale ipotesi interpretativa e sorretta da una rigorosa documentazione, questa opera è molto più di una cronaca delle vicende italiane tra il 1918 e il 1922: al di là della guerra, infatti, il problema delle origini del fascismo trova qui la sua definizione nell'intero contesto della storia politica, istituzionale e sociale dell'Italia dopo l'Unità. Questo terzo e ultimo volume prende le mosse dalla «rinascita dei Fasci», dopo la sconfitta elettorale del novembre 1919 e la successiva crisi organizzativa e ideologica, e si conclude nel novembre del 1922, con Mussolini che presenta il suo governo e il suo programma politico, prima alla camera a poi al senato.
«Merito di Vivarelli è di avere mostrato tutta la complessità del quadro, in un'indagine che esige lettori attenti, curiosi, che non si accontentino» Roberto Pertici In questa fondamentale opera in tre volumi che ha accompagnato per più di cinquant'anni il suo itinerario intellettuale e umano, Roberto Vivarelli rilegge la storia dell'Italia postunitaria mostrando come il fascismo sia il frutto, non la causa, delle debolezze dello Stato liberale, incapace di gestire la propria trasformazione in Stato democratico dopo l'avvento del suffragio universale. Orientata da tale ipotesi interpretativa e sorretta da una rigorosa documentazione, questa opera è molto più di una cronaca delle vicende italiane tra il 1918 e il 1922: al di là della guerra, infatti, il problema delle origini del fascismo trova qui la sua definizione nell'intero contesto della storia politica, istituzionale e sociale dell'Italia dopo l'Unità. Questo primo volume copre il periodo fra l'ultimo anno di guerra e l'impresa dannunziana di Fiume nel settembre 1919.
«Unendo all'autorità della studiosa uno stile elegante e scorrevole Maria Serena Mazzi sa evocare con efficacia un lungo passato di servaggio femminile, e ci costringe a pensare che per molte donne il Medioevo non accenna a finire e la fuga continua» Benedetta Craveri Nel Medioevo le donne erano oggetto di discriminazione giuridica e sociale, senza indipendenza economica, sottoposte a tutela e custodia da parte degli uomini, costrette a conformarsi a rigide norme di comportamento. Non assecondare la volontà della famiglia, non ubbidire a padri, mariti o padroni, manifestare indipendenza di giudizio e di comportamento, rendeva la donna una ribelle. Maria Serena Mazzi racconta la storia di quelle donne, celebri o ignote, sante, regine, badesse, semplici monache, umili contadine, serve, schiave, eretiche, streghe, prostitute, che si sono ribellate, che hanno scelto di sottrarsi a destini segnati, resistendo, opponendosi, fuggendo. Donne decise a viaggiare, conoscere, insegnare, lavorare, combattere, predicare. O semplicemente a difendersi da un marito violento, da un padrone brutale. Da Margery Kempe a Giovanna d'Arco, da santa Brigida a Eleonora d'Aquitania, alle tante ignote o dimenticate donne in fuga verso la libertà.
Si è scritto molto sulle grandi scoperte geografiche dell'età di Colombo, assai meno sull'esperienza che quei primi viaggiatori europei fecero incontrando le popolazioni native. Questi incontri cominciarono in realtà un secolo prima, quando i primi spagnoli arrivarono alle Canarie, continuarono sulle coste africane e infine nelle isole caraibiche in cui approdò Colombo. Gli europei scoprirono che il genere umano era più vasto e differenziato di quanto avessero saputo fin lì. Ma quei «selvaggi» nudi, licenziosi, magari anche cannibali, erano uomini davvero? E se lo erano per l'aspetto, lo erano per l'anima? Perché non conoscevano la parola di Cristo? E potevano riceverla? Abulafia racconta come quegli incontri si svolsero, e quali effetti ebbero sia sull'idea europea di genere umano sia sul destino, tragico, di quei popoli sconosciuti.
La vittoria nella Grande Guerra (4 novembre), la Liberazione (25 aprile), la nascita della Repubblica (2 giugno) sono le ricorrenze canoniche dell'Italia democratica. Ma quale storia hanno dietro di sé? E quali altre ricorrenze sono state invece dimenticate o derubricate? Quella sorta di pedagogia storica che un paese esercita segnando sul calendario la celebrazione dei momenti fondanti della propria storia cambia nel tempo. Lo mostra questo volume raccontando le nostre feste nazionali, dai primi anni unitari alla mobilitazione patriottica della prima guerra mondiale, alla ritualità fascista, all'affermarsi di un patriottismo costituzionale nell'età repubblicana. E infine all'evolvere del calendario civile del primo ventennio del Duemila che ha visto fra l'altro l'istituzione di ben cinque diversi giorni della memoria.
La peste arrivò in Europa nell'ottobre 1347, su una nave proveniente dalla Crimea che attraccò a Messina carica di marinai morti o moribondi. Si diffuse con una velocità impressionante e uccise circa un terzo dell'intera popolazione europea. Fino a tutto il Seicento, l'Europa ha dovuto convivere con ondate pressoché regolari di epidemia; la popolazione europea ha impiegato quattro secoli a tornare ai livelli precedenti il 1350. Questo volume sintetizza in una narrazione densa di fatti la storia della «morte nera» e del suo impatto sull'Europa; dopo aver richiamato le maggiori epidemie del mondo antico e medievale, gli autori raccontano lo scoppio della peste del Trecento, i tentativi di comprenderne le cause e di arginarla, gli effetti delle ricorrenti epidemie e i due ultimi maggiori episodi, la famosa Grande Peste di Londra del 1665 e quella di Marsiglia del 1720.
Nel giro di tre secoli, una piccola setta periferica riesce a diffondere e imporre il proprio messaggio, la propria legge, all'interno dell'impero romano. È questa la vicenda, stupefacente e improbabile, della prima diffusione del cristianesimo, che questo volume ricapitola con chiarezza. Dopo aver tratteggiato il contesto religioso in cui sorse, cioè il giudaismo tardo e i vari paganesimi vigenti nel territorio dell'impero romano, il volume descrive l'azione di Gesù e degli apostoli e l'intensa opera di proselitismo che questi iniziarono, la progressiva fissazione della dottrina, l'organizzazione delle comunità, le persecuzioni di cui l'autore mette in luce in particolare l'importanza nel dar forma a un'idea di Chiesa come Chiesa di martiri e dunque a una particolare idea di santità a partire dalla quale si svilupperà un'imponente letteratura agiografica.