Nell'immaginario collettivo gli istituti religiosi femminili di vita attiva si sono dedicati esclusivamente alle opere di cura, ma nella loro storia non sono poche le congregazioni che si sono occupate, in maniera più o meno diretta, di lavoro, di lavoratori e di lavoratrici. Questo è avvenuto, da una parte, in controtendenza rispetto alla dottrina sociale cattolica, che per decenni predilesse - e per molti versi ancora predilige - il lavoro domestico per le donne, mentre dall'altra è avvenuto in sintonia con la tradizionale visione che privilegiava le logiche di tutela nei confronti delle lavoratrici. Attraverso cinque casi studio - le suore operaie della Santa Casa di Nazareth, le suore apostoline di Novara e le piccole sorelle di Charles de Foucauld, le orsoline e le pie operaie di S. Giuseppe - questo libro si propone di esplorare in che modo alcuni istituti religiosi femminili tra '800 e '900 si sono dedicati al lavoro inteso come attività umana rivolta alla produzione di beni di valore economico secondo i sistemi produttivi vigenti e come la loro gestione sia stata parte di un apostolato più ampio verso il mondo del lavoro di tipo capitalistico. Tali ricostruzioni consentono di colmare un vuoto oggettivo degli studi di storia sociale e religiosa, offrendo una conoscenza per buona parte ancora inedita delle congregazioni femminili spesso promotrici di esperienze che hanno finanche cronologicamente preceduto quelle maschili più note.
Fondata nel 1622 e tuttora esistente con il nome di Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, la Congregazione de Propaganda Fide è il dicastero della Curia pontificia preposto alla giurisdizione sulle missioni cattoliche nelle varie parti del mondo. La fondazione di questa istituzione costituisce un fattore di affermazione dell'autorità spirituale universale del papa nel contesto globale apertosi con l'espansione dell'Europa nel mondo. Giovanni Pizzorusso discute i motivi che hanno portato alla creazione di questa istituzione e i problemi geopolitici che sono sorti con le potenze coloniali nelle varie parti del mondo. Analizza inoltre la struttura burocratica interna e il funzionamento della Congregazione, anche in rapporto alle altre congregazioni soprattutto il Sant'Uffizio, e i termini della sua giurisdizione sui missionari nell'ambito delle varietà di situazioni presentate nelle missioni dal confronto tra il cattolicesimo tridentino e le diverse società e culture. Approfondisce infine il rapporto tra Propaganda Fide e gli ordini regolari protagonisti delle missioni, in particolare cappuccini e gesuiti.
La possessione diabolica e l'arte esorcistica, le apparizioni e il culto dei santi, la medicina dotta e i rimedi popolari, il sonnambulismo e lo spiritismo: sono le tappe di un percorso all'interno del 'meraviglioso' napoletano di età moderna, presentato nelle sue diverse sfaccettature - dall'uso degli elementi materiali a quello dei miti arcaici, dal ricorso alle dottrine teologiche a quello delle pratiche scientifiche - e catalizzato in quella zona ambigua e instabile della vita quotidiana le cui manifestazioni venivano definite 'preternaturali'. I saggi qui raccolti riflettono in una prospettiva interdisciplinare sui concetti di naturale e di sovrannaturale, sulle loro sovrapposizioni e sui tentativi di rigorosa definizione, collocando il Regno di Napoli nell'orizzonte intellettuale europeo.
A partire dalla ricostruzione del culto alla 'Virgo sacerdos', il saggio propone uno studio su forme devozionali, ricerca spirituale, simbologie e pratiche di vita religiosa che a cavallo tra '800 e '900, soprattutto in Francia e Italia, hanno posto il problema del ruolo femminile nel sacerdozio cattolico, anticipando elementi del dibattito attuale. Insieme alla vicenda dell'indagine inquisitoriale cui fu sottoposto il piccolo ordine contemplativo delle Figlie del Cuore di Gesù della Deluil Martiny, il saggio tematizza esplicitamente la necessità del soccorso femminile di fronte all'inadeguatezza maschile nell'esercizio dei ministeri sacri, e mostra anche su questo piano un protagonismo femminile che resta in buona parte ancora da approfondire.
In questo volume vengono presentati saggi di autori diversi che intendono presentare le forme della presenza delle minoranze ebraiche e islamiche a Roma e nello Stato della Chiesa in età moderna a partire dalla raccolte di oggetti preziosi e curiosi. Attraverso l'esame delle produzioni artistiche minori con rappresentazioni del nemico turco e della schiavitù, l'analisi della pubblicistica in arabo stampata a Roma, le raccolte di arte ebraica e musulmana... gli autori presentano una riflessione a tutto campo sia sulla propaganda religiosa sia sulla conoscenza di culture diverse che permette di ridiscutere (da un punto di vista così particolare) le occasioni di confronto tra cristiani, ebrei e musulmani tra Cinquecento e Ottocento.
Il volume prende spunto dal Seminario di studi L'Inquisizione e le donne organizzato nel 2014 dall'Università di Roma La Sapienza insieme all'Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede presso l'antico Palazzo del S. Uffizio (Città del Vaticano). La tematica affrontata è del tutto originale, in quanto prima non era stata mai oggetto specifico ed esclusivo né di trattazione né di convegni né di studi, né di libri o articoli. Il volume intende porsi in un'ottica di genere e cogliere le differenze tra i sessi sul piano della repressione, del controllo e del procedimento giudiziario; in ogni caso riflettere su come la qualità femminile influenzasse dottrine, istituzioni e comportamenti. Avvalendosi di fonti documentarie estremamente varie, il testo raccoglie una serie di saggi che affrontano il tema del rapporto tra l'Inquisizione romana e le donne, sia in qualità di inquisite che di testimoni, in un lungo arco temporale che va dal XVI al XX secolo.
Per gli esuli religiosi italiani l'uso della lingua materna non solo era indispensabile all'evangelizzazione, ma rappresentava anche un importante strumento di coesione identitaria. Tra i primi a studiare l'intreccio tra volgare e Riforma, Franco Pierno ripercorre in questo libro alcuni dei temi più importanti di questa diaspora geografica e spirituale, tenendo principalmente in conto la valenza comunitaria che la lingua assumeva presso i riformati (come trasmettere le verità divine ai fedeli? come tradurre la Scrittura?), senza perdere di vista il dibattito teorico che pervadeva il Cinquecento e che inevitabilmente coinvolgeva anche le chiese dell'esilio religioso.
Nei primi decenni del '900, la Congregazione del Sant'Ufficio discusse al suo interno progetti di riforma volti a riaffermare la propria autorità messa in discussione dai processi di secolarizzazione. Sullo sfondo di questo quadro istituzionale, il libro indaga le pratiche dei custodi dell'ortodossia e della morale cattolica. Al centro dell'attenzione vi sono vicende emblematiche del difficile rapporto tra il clero e il corpo: il corpo ostile della donna e il corpo inteso come luogo di pulsioni, indicibile perché scandaloso. Le vicende qui discusse - a proposito di mistiche, fondatrici, "teologhesse", medici, pedagoghi e sacerdoti accusati di molestie verso le penitenti - permettono di osservare come il Sant'Ufficio reagì a tali difficili questioni.
Il libro indaga la pluralità dei metodi, delle rappresentazioni e delle pratiche testuali tese a ridisegnare i confini dell'"eresia" nella prima metà del '300. Lo studio si concentra sull'attività e sugli scritti di Jacques Fournier/Benedetto XII (Saverdun, ca. 1284 - Avignone, 1342): durante la sua carriera di abate cistercense, vescovo-inquisitore, teologo, cardinale ed infine papa ad Avignone, Fournier predispose un multiforme intervento nella lotta contro il dissenso religioso.
Vengono qui raccolti alcuni testi di Enrico Nuzzo che, in ragione della loro dispersione in vari periodici o volumi collettanei, sono divenuti di non facile reperibilità. Sono così stati inseriti studi di natura diversa, legati ora da una prevalente mira teorica, ora da una precisa intenzione storiografica, rivolta ad autori differenti, prevalentemente moderni. Vi si ritroveranno alcune delle principali linee del lavoro di Nuzzo: l'intenso interesse rivolto alla 'metaforologia' e ai suoi possibili rapporti con le ragioni dello storicismo più avvertito; l'attento e innovativo corpo a corpo con i testi vichiani; la riflessione critica su temi quali la 'vita civile', la 'sapienza', le variazioni sincroniche e diacroniche nel linguaggio filosofico. Pur nella loro autonoma configurazione, gli studi contribuiscono, così, a delineare la cifra unitaria che caratterizza la riflessione di Nuzzo, in cui la profonda acutezza teorica si coniuga sempre con la ricchezza delle indagini storiografiche e il rigore metodologico.
L'"In calumniatorem Platonis" di Bessarione è stato un testo capitale della storia della cultura occidentale, un testo che garantì il ritorno di Platone e della tradizione platonica nel pensiero occidentale. Dopo secoli nei quali il platonismo aveva avuto infatti un'esistenza sotterranea e limitata a pochi testi disponibili in versione latina, Bessarione si liberò dei limiti angusti dell'occasione polemica, per offrire un compendio e una giustificazione delle dottrine platoniche ai lettori latini. Naturalmente per poter confermare la bontà del platonismo, e salvarlo così dalle accuse di empietà, lussuria e inettitudine lanciate dal Trebisonda, Bessarione aveva bisogno di testimoni adeguati. Per questo l'avvicinamento del platonismo al cristianesimo miravano a confermare nel mondo latino un antico paradigma interpretativo, che vedeva in Platone un teologo, e in Aristotele un fisico. Il presente volume rappresenta la prima traduzione in lingua moderna del testo, che viene presentato attraverso una vasta selezione delle sue parti più significative e un rinnovato apparato di fonti.
"La ricerca intorno alla storia dell'Ordine francescano, che qui presentiamo, non è da intendersi quale 'Storia dell'Ordine dei Frati Minori', così com'è valutata nell'accezione comune. Siamo del parere infatti che la stesura di un'opera in linea con questa definizione possa attuarsi solo dopo aver tentato di esaminarne i presupposti. Il nostro saggio mira perciò ad offrire un contributo, che induca ad una riflessione e di conseguenza possa accompagnare una discussione intorno a natura, finalità e limiti di una auspicabile 'Storia dell'Ordine Francescano'. In coerenza con tale ragionamento, il nostro impegno è stato condotto dal desiderio di sciogliere un preciso interrogativo 'Come fare storia di un Ordine religioso?'. È su tale quesito che si snoda lo sviluppo della nostra indagine e del nostro studio." (dalla Introduzione dell'autore)
"La questione affrontata - il rapporto fra religione e politica - riguarda un aspetto fondamentale della dimensione religiosa: la richiesta non soltanto legittima ma doverosa della religione di veder riconosciuta la sua dimensione pubblica e l'altrettanto legittima e doverosa pretesa della politica, intendendo con questo termine l'organizzazione complessiva della vita sociale, di veder rispettate le sue specifiche, molteplici prerogative. Con questo obiettivo il volume intende delineare un percorso attraverso momenti storici particolarmente significativi, che propongono all'attenzione figure emblematiche utili alla riflessione sul tema e ad affrontare direttamente le questioni più controverse che esso presenta."
Il "Geistbuch" è un trattato teologico anonimo in volgare composto nella prima metà del XIV secolo, che circolò sia in altotedesco medio che in medio nederlandese. Prendendo spunto dall'ingiunzione di Gesù a Pietro, "Sequere me", "Seguimi" (Gv. 21,19), il testo descrive la via del cristiano verso la perfezione. Questo volume offre l'edizione di due importanti manoscritti (Bruxelles, Koninklijke Bibliotheek, 19.565 e Parigi, Bibliothèque de l'Arsenal, 8205) che tramandano la versione nederlandese dell'opera. Un saggio prefatorio di Maarten J. F. M. Hoenen e di Loris Sturlese, insieme alla introduzione dell'editore Wybren Scheepsma, collocano i due testi nel loro orizzonte culturale, storico e filologico, che è quello delle discussioni teologiche intorno ad un tema caro alla pietà in volgare al tempo di Meister Eckhart e della sua condanna: il tema della perfezione della vita spirituale.
La riflessione filosofica sviluppatasi tra la fine del XIII e il XIV secolo intorno allo Studium Generale domenicano di Colonia, fondato da Alberto Magno, è da alcuni decenni oggetto di crescente interesse. Questo studio ne presenta una sintesi teorica, a partire dal tema centrale della beatitudine come unione intellettuale a Dio, all'interno di un contesto filosofico estremamente vivace, non riconducibile a un unico elemento d'ispirazione, nonostante le molteplici affinità. Seguendo un approccio tematico, vengono ricostruiti gli aspetti principali del dibattito, di cui si prendono in esame sia la riflessione degli autori principali (Ulrico di Strasburgo, Dietrich di Freiberg, Meister Eckhart, Bertoldo di Moosburg), sia le posizioni di testi meno noti, spesso anonimi, sulla base di una letteratura non solo in latino, ma anche in alto tedesco medio, che testimonia l'ampiezza della discussione.
Il volume è dedicato allo studio e all'edizione del più antico manuale inquisitoriale italiano, "Explicatio super officio inquisitionis", scritto da un anonimo francescano ad uso di un giudice della fede di Toscana attorno al 1258. Per una migliore comprensione delle caratteristiche del testo, l'opera è inquadrata storicamente nel panorama complessivo della prima manualistica, fonte 'interna', in quanto riservata ai soli inquisitori. Nati contestualmente al negotium fidei, i manuali rappresentano il veicolo della normativa, permettendo di cogliere un duplice e contrastante fenomeno: se da un lato si dimostrano lo specchio della declinazione della procedura su base locale, restituendo un'immagine complessivamente plurale dell'Inquisizione medievale, dall'altro sono caratterizzati da una forte permeabilità testuale, recependo influssi provenienti da ambiti diversi rispetto a quello di fruizione. Quest'ultima tendenza è confermata da tre inediti formulari italiani, pubblicati in appendice.
Si tratta dell'edizione critica del commento del sociniano austriaco Wolzogen alle "Meditationes de Prima Philosophia" di Descartes. Del testo esistono solo tre precedenti edizioni, le due del Seicento, ovvero l'editio princeps del 1657 e la riedizione nella Bibliotheca Fratrum Polonorum del 1668, e l'edizione polacca moderna del 1959 curata da Ludwik Chmaj. A differenza di quella di Chmaj, questa nuova edizione si basa sul testo del 1657 e segnala tutte le varianti significative sul piano filologico fra le due versioni. Le note filologiche indicano tutti i rimandi del commento al testo cartesiano. Le note di commento tentano di proporre riferimenti eruditi utili a contestualizzare il testo. Nell'introduzione sono ripercorse le ragioni dell'interesse storico e filosofico di questo commento alle "Meditationes", che è certamente l'unico a provenire dagli ambienti della riforma radicale. Rivedendo talune interpretazioni che hanno tradizionalmente messo in relazione la teologia sociniana con certo platonismo della cultura umanistica, la curatrice sottolinea che l'originalità del testo di Wolzogen consiste nell'ispirazione propriamente sociniana della sua critica anticartesiana.
Alcuni valori condivisi stanno alla base dell'etica risorgimentale della patria: nella stagione delle Guerre di Indipendenza, e delle insurrezioni cittadine, il coraggio guerriero, il valore bellico, lo slancio eroico concorrono certamente, e in modo determinante, alla costituzione del mito patriottico. Ma le molte sconfitte militari che segnarono il processo unitario e i primi anni del nuovo Stato - da Custoza e Novara, fino alla desolante impresa coloniale che avrebbe lasciato sul campo i "vinti di Abba-Garima" (Pascoli) - posero evidentemente questioni delicate anche a chi si esprimeva attraverso la scrittura letteraria. Come si raccontano le battaglie perdute? La centralità del tema - come tanti saggi di questo volume dimostrano - rileva una continuità che segna la storia nazionale, ben al di là della sua fase costitutiva, fino e oltre al primo conflitto mondiale.
Il volume ha come oggetto i monasteri dell'Egitto nel periodo compreso tra il V e il VII secolo: essi erano il luogo di vita dei monaci e di incontro tra questi e i laici secolari, centro fondamentale per il consolidamento e la diffusione della religione cristiana, con le caratteristiche che essa assunse proprio in questi secoli e che avrebbero condotto alla formazione di una Chiesa copta tuttora esistente. In questi secoli il monachesimo è lungi dall'essere totalmente separato dal resto del mondo: i monaci vivono nel mondo, i monasteri sorgono nel mondo e la rete monastica capillarmente diffusa in tutto il paese può dare l'idea di quanto questo fenomeno avesse permeato il territorio egiziano. La logica che tiene insieme i capitoli è il tentativo di descrivere la vita quotidiana dei monasteri e di valutare le relazioni ad intra e ad extra nei termini di cooperazione, coesione e conflitto, al fine di misurare la struttura e le funzioni, nonché il capitale religioso, ma anche sociale, economico, politico, dei monasteri sulla terra egiziana.
Alfano I fu monaco in Santa Sofia a Benevento, quindi a Montecassino; divenne abate del monastero di San Benedetto a Salerno e poi arcivescovo della città nel 1058. Personaggio eclettico, fu uno dei maggiori esponenti tra gli intellettuali benedettini del medioevo: scrittore versatile e colto, produsse pregevoli Inni, in qualche punto ispirati ad una notevole conoscenza di Orazio. Fu anche medico esperto, membro della Scuola Medica Salernitana, ed è proprio alla sua notevole conoscenza in questo campo che si deve la traduzione dal greco dell'opera di Nemesio, "Premnon Physicon" o "De natura hominis". Nel presente volume, oltre all'ampia introduzione che permette di comprendere appieno lo spessore culturale di Alfano I e di contestualizzare la composizione della sua opera nel panorama culturale dell'epoca, l'edizione critica del "De natura hominis" si arricchisce della collazione di un nuovo manoscritto, il codice Harley lat. 3969, superando quindi per completezza ed integrità, le edizioni precedenti, dalla prima, pubblicata da Holzinger nel 1887, fino all'ultima, presentata dal Burkhard nel 1917.
La vita e rivelazioni della beata Chiara Bugni, composta dal francescano Francesco Zorzi (prima metà del secolo XVI), sotto l'apparente semplicità di una biografia spirituale, nasconde significati simbolici trasmessi in forma di visioni e rivelazioni, compendiate da un noto teologo cabalista che visse ed operò prevalentemente a Venezia. Il nucleo fondamentale è rappresentato dall'edizione critica, che documenta tutte le testimonianze relativa alla beata. Oltre a questo, un testimone più autorevole della Vita dello Zorzi, contenente anche altri testi in volgare stesi da consorelle e approntati per il monastero a metà '500 dal traduttore della Vita, Andrea Pilolini. I testi di corredo costituiscono un ulteriore approfondimento e consentono di ricostruire la provenienza dei testimoni in volgare e il loro uso da parte degli agiografi attraverso i secoli; di identificare i luoghi della beata e di investigare le radici religiose della società veneziana negli anni in cui visse la beata stessa. Completa il volume la descrizione degli scavi, approntati sotto il Presidio Militare "Aristide Cornoldi" di Venezia, costruito sull'area già del monastero che fu della beata Chiara Bugni.
Pierre de Lancre (1553-1631), viene ricordato soprattutto per la sua opera Tableau de l'inconstance des mauvais anges et démons, che gli valse la stima di Enrico IV, il quale lo incaricò di indagare, nella regione del Labourd, su presunti casi di stregoneria, compito che lo portò ad una febbrile attività inquisitoriale. Minore attenzione è stata dedicata alle sue ultime opere soprattutto il Du Sortilege, tanto che si arrivò a dubitare dell'esistenza di quest'ultima opera o la si credette perduta. Questo volume analizza proprio il Du Sortilege: nello scritto emergono sortilegi e malefici di ogni tipo, sempre messi in atto con l'aiuto di Satana e ad essi si accompagnano una massa di personaggi curiosi e pittoreschi. Accanto alla strega e all'indemoniata, si presentano agli occhi del lettore, atei, libertini, riformatori, indovini, saludadores, adepti di misteriore sette, impostori che predispongono sortilegi e talismani. Eresia e magia si uniscono in questo volume, che ha il merito di illustrare un importante periodo storico, ma anche di mettere in evidenza la scrittura di De Lancre, per scoprire così un letterato non privo di gusto.