Questo libro di Eva Cantarella, completamente rivisto per questa nuova edizione, si è guadagnato lo status di assoluto riferimento in un settore, quello sulle pene capitali, da sempre prodigo di riflessioni. L'autrice incrocia ogni tipo di fonte, dalla letteratura ai testi giuridici, dalle pratiche religiose al semplice uso comune, riuscendo a delineare un quadro completo di quali fossero le motivazioni, le modalità e i limiti della pena di morte nella Grecia antica e a Roma. L'epoca classica, spesso idealizzata come "luogo arcadico" della storia dell'uomo, o al contrario utilizzata dall'industria dell'intrattenimento come teatro grand guignol, rivela qui finalmente tutta la sua complessità e le sue sfaccettature, in un intreccio continuo di razionalità e ferocia. E il tema della pena di morte viene spogliato dei luoghi comuni e delle banalità, anche grazie al penetrante saggio introduttivo che guida il lettore in un excursus storico degli intellettuali e delle scuole di pensiero che della "morte di Stato" si sono occupati da vicino.
Kimiko, giovane scrittrice di romanzi d'amore, esce con Goro. Una sera, dopo una visita all'acquario di Tokio per vedere i delfini, fanno l'amore, ma Kimiko capisce subito che la loro storia non ha futuro; Goro convive infatti con un'altra donna, più grande di lui e dalla quale non vuole separarsi. Kimiko decide allora di abbandonare Tokio per trovare rifugio in un tempio vicino al mare, dove conosce Mami, ragazza dalle doti soprannaturali. È da lei che viene a sapere di essere incinta. Le notti di Kimiko, i suoi sogni, si popolano di delfini, meravigliose creature che l'accompagnano, insieme ad Akane, la bambina che porta in grembo, verso un futuro che non si era immaginata. Un romanzo molto intimo, quasi privato, che apre una nuova area di esperienza emozionale del mondo di Banana Yoshimoto.
"In fondo, chi può stabilire se questi tempi siano o meno tristi? Ovviamente: chi li vive. Chi li attraversa e li valuta. In questo caso, la mia tristezza dipende e deriva dalla 'mia' difficoltà ad accettare quel che mi avviene intorno. Faccio fatica e anzi non riesco a riconoscermi in questo territorio informe, in questa plaga immobiliare per me senza senso; dove le relazioni personali sono povere e rarefatte, dove le persone si chiudono e si isolano, comunicano attraverso i cellulari, internet, i social network, dove le paure sono le lenti degli occhiali con cui guardiamo gli altri e il mondo, dove il mondo e gli altri arrivano nelle case e agli occhi delle persone attraverso i media, dove la politica è antipolitica, dove i partiti non sono più idee e associazioni ma leader e oligarchie, senza idee e senza associazioni; e vivono a pieno tempo nei telesalotti. Fatico a orientarmi dove gli stranieri appaiono nemici, dove anche gli altri appaiono nemici. Perché tutti diventano stranieri - e potenzialmente nemici, altri da noi - in un mondo e in un territorio che non conosciamo e in cui non ci riconosciamo. Per questo ho - e, forse, abbiamo - bisogno di bussole. Per procedere e orientarsi nella nebbia, cognitiva ed emotiva, prodotta dal nostro tempo. Almeno ai nostri - miei - occhi."
Pepe Carvalho è sempre il migliore. Anche quando viene chiamato a Madrid, città dove il nostro detective non riesce mai a dormire, a sciogliere l'enigma del decesso di Arturo Araquistain, trovato morto con un mazzetto di viole nella patta aperta. Un delitto a sfondo sessuale? Ma tutto questo avviene a Prado del Rey, gli studi storici della Televisione spagnola, e molti suppongono che si tratti di una vendetta nella guerra per le ambite poltrone del nuovo potere. Carvalho scoprirà ben di più: politici socialisti, giovani bande musicali, emarginati, scrittori falliti o maltrattati e una ragazza di rara e prepotente bellezza mostrata nuda fin troppe volte sul piccolo schermo daranno colore e verità a un racconto di rara perfezione. E poi: una colombiana assassinata nell'"Up and Down", il club dei nuovi arricchiti barcellonesi, pieno di snob e di cafoni; un sociologo sessuale che ingaggia Carvalho per chiarire la morte di una cubista che trasgredisce le leggi della morale comune e soprattutto quelle della propria famiglia, ricca e bempensante. E, per finire, una storia amara come poche, di amore e disamore, con sette cadaveri, una ragazza in vendita che tenta di redimersi con lo studio, due vecchi, un principe sordido, un cane color cannella. Nessuno si redime, nessuno si salva, e Carvalho cena con sempre maggior disincanto insieme al vecchio amico Fuster, lassù a Vallvidrera.
La produzione teatrale di José Saramago è animata dallo stesso intreccio di poesia, lucidità e potenza che ha reso inconfondibile il suo profilo di narratore. Il gioco continuo di due piani temporali, quello della Storia e quello dell'Invenzione, crea un'infrastruttura che permette ai personaggi di spaziare agilmente di secolo in secolo, di paese in paese. E tanti e diversi sono gli ambienti storici che Saramago esplora con queste quattro pièces. "La notte" segue una redazione di giornale messa in subbuglio, nel Portogallo del 1974, da quella Rivoluzione dei Garofani che fu centrale nella vita stessa dell'autore. "Cosa ne farò di questo libro?" ci fa fare un salto all'indietro di quattro secoli per ritrovarci nel Portogallo del Cinquecento e seguire le peripezie di Luís Vaz de Camões, il più grande poeta lusitano, nel tentativo di dare alle stampe il suo capolavoro I Lusiadi. "La seconda vita di Francesco d'Assisi" fa tornare il grande santo fra i vivi (e nel mondo contemporaneo) per mostrarcelo alle prese con grosse incomprensioni con lo stesso ordine da lui fondato. "In Nomine Dei" vede ancora la religione come protagonista ma si sposta nella Münster del XVI secolo, dove protestanti e cattolici lavano nel sangue degli auto da fé le loro divergenze dottrinali.
"Tutto il mondo è paese non vuol dire che tutto è uguale: vuol dire che tutti siamo spaesati rispetto a qualcosa e a qualcuno." Il libro indaga, da punti di vista diversi, le potenzialità cognitive e morali, costruttive e distruttive dello spaesamento e della distanza. Perché una lunga tradizione ha attribuito allo sguardo dell'estraneo - del selvaggio, del contadino, dell'animale - la capacità di svelare le menzogne della società? Perché la riflessione sul mito serve a distanziare la realtà, mentre il mito è spesso uno strumento politico per controllare gli ignari? Perché nel Medioevo, durante i funerali del re di Francia e d'Inghilterra, veniva portato in processione un fantoccio detto "rappresentazione"? Perché il Cristianesimo fece propria la proibizione mosaica delle immagini ma favorì da un certo momento in poi la diffusione di immagini devozionali? Perché lo stile è stato usato, a seconda dei casi, per includere o escludere ciò che è culturalmente diverso? Perché ricorriamo così spesso a metafore visive come "prospettiva" o "punto di vista"? Uccidereste un mandarino cinese sconosciuto se vi venisse offerta una grossa somma?
Gilgul, nella Qabbalah ebraica, è il frenetico movimento delle anime vagabonde che ruotano intorno a noi quando la separazione dal corpo è dovuta a circostanze ingiuste o dolorose. Tanto violenti possono essere i conflitti che attendono gli spiriti rimasti sulla terra, che la tradizione parla addirittura di "scintille d'anime" prodotte dalla loro frantumazione. Gad Lerner si addentra nel suo gilgul familiare, nelle "scintille d'anime" della sua storia personale. Suo padre Moshé reca il trauma della Galizia yiddish spazzata via dalla furia della guerra. Dietro di lui si staglia enigmatica la figura di nonna Teta, incompresa e dileggiata perché estranea alla raffinatezza levantina della Beirut in cui è cresciuta Tali, la moglie di Moshé. Ma anche la Beirut degli anni Quaranta si rivela un recinto di beatitudine illusoria. Vano è il tentativo di rimuovere lo sterminio degli ebrei d'Europa e la Guerra d'indipendenza nella nativa Palestina: anche se taciuti, questi eventi si ripercuotono nella vicenda familiare generando malessere e inconsapevolezza. Un'indagine sulla memoria e sui conflitti familiari si rivela occasione per un viaggio nel mondo contemporaneo minato dalla crisi dei nazionalismi. Una storia sospesa tra biografia e reportage.
Bob Dylan è un nome in cui si incarna un'intera nazione di artisti: il moralista misantropo, il rivoluzionario conservatore, lo gnostico innamorato della creazione, il profeta di mutamenti e il talmudista di sventure. La prima edizione di questo libro, uscita nel 2001, ha fornito per la prima volta al lettore italiano una geografia completa e criticamente profonda della sua opera. Negli ultimi dieci anni Dylan non ha perso nulla della sua autorevolezza, anzi con i suoi ultimi album si è trovato più di una volta al primo posto nelle classifiche mondiali. La nuova edizione di questo libro, aggiornata e ampliata con una nuova introduzione e due nuovi capitoli, conferma l'importanza di Bob Dylan nel panorama culturale dei secoli XX e XXI, e insieme testimonia una fedeltà critica e di pensiero, una costante riflessione su ciò che lega Dylan alla sua terra e alla sua cultura. Soprattutto, questo libro è il ritratto di Dylan come servitore della sua inimitabile voce, magnetica e incandescente, mitica e metamorfica, che per tanti e in tutto il mondo è stata una porta aperta sull'America, le sue strade e i suoi popoli, i suoi delitti e i suoi amori, cantati e attraversati in tutte le forme e tutti gli stili.
25 agosto 1939: l’Inghilterra e la Polonia firmano un patto di alleanza per garantirsi mutua assistenza in caso di attacco militare tedesco. 3 settembre 1939: l’Inghilterra e la Francia dichiarano separatamente guerra alla Germania, che due giorni prima ha invaso la Polonia. Per dieci giorni l’Europa vive sull’orlo di una crisi di cui nessuno prevede ancora tutte le conseguenze. Lo scoppio della guerra la precipiterà in una delle più grandi tragedie della sua storia.
Richard Overy ci immerge nel ritmo incalzante degli eventi di quei drammatici dieci giorni grazie a un racconto capace di coniugare al meglio analisi e narrazione. Giorno per giorno seguiamo l’evolvere della situazione fino al terribile epilogo finale: l’ultimatum tedesco, i travagli di inglesi e francesi, le manovre italiane, gli estremi tentativi diplomatici, l’atmosfera febbrile in cui maturano scelte decisive.
Tutto inevitabile? Forse sì, se per molti europei la guerra appariva ormai l’unico sbocco possibile per le troppe tensioni politiche, economiche e sociali accumulatesi nel corso degli anni trenta. Eppure calarsi nuovamente nel cuore degli eventi prebellici significa anche riconoscere tutte le incertezze del momento, ripercorrere le diverse opzioni in campo, ricostruire gli errori di prospettiva, le alternative mancate, gli azzardi e le scommesse: in una parola, rivivere il passato come solo i migliori libri di storia ci aiutano a fare.
Il 9 ottobre 1967 Ernesto Guevara, detto il Che, veniva colpito da una raffica di mitragliatrice in un villaggio boliviano. Con questa fine brutale è nato un mito, la leggenda di san Ernesto che, abbandonate le comodità del potere, ha tentato di conciliare Marx con Rimbaud, ricominciando la lotta. Ne è morto. Ma chi era quel condottiero dallo sguardo intenso riprodotto su migliaia di poster, diventato una leggenda del secolo?
Questa biografia si basa su una lunga ricerca durata cinque anni, su un'analisi rigorosa delle fonti - molte delle quali inedite - e sulle testimonianze di chi il Che conobbe. In un libro che è contemporaneamente saggio, racconto d'avventure, giallo, Kalfon, con una scrittura giornalistica e letteraria al tempo stesso, fa emergere un'immagine inedita del Che che va oltre gli stereotipi, per consegnarci la storia di un uomo collocato nel suo tempo, nella sua famiglia e nella sua malattia, che tanta parte ebbe nel forgiare il suo carattere e che così profondamente influenzò anche le sue scelte di vita. Di qui la particolare attenzione con cui è percorsa l'infanzia e la giovinezza di Che Guevara (dalle peregrinazioni della famiglia nel tentativo di alleviarne l'asma ai viaggi attraverso l'America Latina, alle sue mille attività di studente) che rifugge sia da un facile psicologismo sia dall'agiografia.
E anche le scelte successive - l'incontro con Fidel Castro, l'epopea della lotta armata a Cuba, l'esercizio del potere, l'avventura africana e infine la guerriglia boliviana - che ne sanciranno il mito sono viste nell'ottica di un uomo eccezionale, certo, ma pur sempre un uomo del suo tempo e del suo continente. Tale contestualizzazione dà luogo a un altro dei pregi del libro, vale a dire lo straordinario affresco storico, politico, culturale e persino antropologico che fa da sfondo, spiega, dà senso alla vita di un uomo che è stato definito Marx + Don Chisciotte - i mulini a vento.
Agitazioni e riforme dal luglio 1846 al gennaio 1848 - La rivoluzione e i primi due mesi della guerra d'indipendenza - La crisi del federalismo e del neoguelfismo. La reazione a Napoli. Il fallimento della guerra regia - La crisi del moderatismo e la riscossa democratica - Il 1849
Salutata ogni volta all'apparire dei singoli volumi che la compongono da un caldo e crescente successo di critica e di pubblico, la "Storia dell'Italia moderna" di Giorgio Candeloro ha ormai un grande e incontestato rilievo nella storiografia italiana e non solo italiana del dopoguerra. L'ininterrotta, meritoria fatica con cui l'Autore ha dato vita a un'opera di carattere generale, non rigidamente specialistica, ma costantemente a un alto livello specialistico, ha acquisito in questi anni "una funzione insostituibile, di permanente riferimento per la conoscenza del modo col quale si è venuto formando il nostro paese" (Ernesto Ragionieri).
Quella di Candeloro - secondo un giudizio che Paolo Spriano formulò nel 1968 e che i fatti hanno confermato - è "un'opera che resterà".
Giorgio Candeloro nato a Bologna nel 1909 e morto nel 1988, ha preso parte alla Resistenza. Docente universitario, dopo ricerche di storia del pensiero politico, si dedica a una grande ricostruzione della storia politica e sociale dell’Italia moderna e contemporanea che proseguirà per un trentennio: il primo degli undici volumi della Storia dell’Italia moderna è uscito, infatti, nel 1956 e l’ultimo nel 1986.
"Anni di piombo". Con questa espressione un po' spettrale si è creduto – e tuttora spesso si crede – di poter riassumere un intero decennio della nostra storia, quello che va dalla strage di Piazza Fontana del dicembre 1969 al "riflusso" degli anni ottanta. Eppure sotto quella coltre di piombo restano ancora seppellite le tracce e le storie di troppi protagonisti, in primo luogo le vittime innocenti ma non inconsapevoli di una violenza che le ha travolte insieme ai movimenti e alle idee alle quali avevano deciso di dedicare la propria vita. È un passato che in Italia non riesce ancora a passare, ma su cui non si riesce a costruire una memoria pubblica condivisa.
Le "ragioni" degli anni settanta vengono ora esplorate da Giovanni De Luna in questa ricostruzione appassionata e coinvolgente. Non si tratta di difendere il decennio dai suoi detrattori. Piuttosto, il tentativo è quello di smontarlo, di sottrarlo a immagini troppo univoche. Solo così possono riemergere le coordinate di uno straordinario impegno politico e i contorni di una militanza dai tratti profondamente originali, solo così riesce a rivivere uno "spirito del tempo" fatto non solo di violenza, ma di canzoni, film, intrecci della memoria e rapporto con la Storia.
Giappone, anni trenta: è tempo di attentati e complotti da parte di gruppi estremisti. In questo contesto ritroviamo Honda Shigekuni, già protagonista di Neve di primavera, nel secondo episodio della tetralogia di Mishima, Il mare della fertilità. È ora giudice della Corte di appello di Osaka, ha compiuto trentotto anni, da dieci anni è sposato con la mite Rie, da cui non ha avuto figli, e conduce una vita tranquilla e abitudinaria. Un giorno però, presenziando a un torneo di kendo, fa la conoscenza di Isao Iinuma, per Honda la reincarnazione dell’aristocratico compagno di scuola Kiyoaki Matsugae, la cui morte aveva segnato per lui la fine della giovinezza. Isao è il figlio di Shigeyuki Iinuma, il vecchio precettore di Kiyoaki e ora presidente di un’associazione patriottica della destra. Isao, a soli diciannove anni, è un campione di kendo, un atleta che sprigiona energia e coraggio virili ma anche un ragazzo ancora puro e ingenuo. Nonostante il turbamento e la nostalgia, Honda è felice di aver ritrovato l’amico la cui vita è avvinghiata alla sua come un rampicante all’albero e sente di doversi prendere cura del giovane. Isao però, cresciuto nel rispetto del codice dei samurai, cova il mito dell’intransigenza verso il potere ingiusto e corrotto, che giustifica la rivolta, e insieme il culto della bella morte. Sarà Honda a cercare di salvarlo.
In breve
La quasi centenaria Edena rievoca la propria vita e quella del suo popolo, gli etoni... Nell’Africa della colonizzazione, il destino di una donna e di un popolo. Un colorito e intenso romanzo corale che narra storie di sopraffazione e di prevaricazione: tra i sessi come tra le civiltà.
Il libro
È quasi centenaria Edena, quando in un racconto scandito in sedici veglie si mette a rievocare la propria storia e quella del suo popolo, gli etoni. Nel grande affresco corale che ne deriva viene descritta la vita di un villaggio africano ai tempi della colonizzazione, dove sfilano bianchi e neri, uomini prevaricanti e donne sottomesse, e tutta una serie di personaggi misteriosi e fiabeschi in bilico tra modernità e tradizione. Edena è la figlia di Assanga Djuli, il saggio e autorevole capo villaggio, e di Andela, creatura devota e rassegnata, diversamente dalla seconda moglie del marito, l’edonista e sfrontata Fondamento di Piacere. Mentre il ritmo dell’esistenza intrisa di magia e superstizione scorre come sempre, si avvertono i primi segni e presagi di una trasformazione incombente. Arrivano gli occidentali, a partire da Michelangelo di Montparnasse, quindi i colonizzatori, tedeschi prima, francesi poi. Gli equilibri tradizionali ne vengono travolti, gli uomini sono arruolati in guerre non loro e si diffondono anche le conversioni al cristianesimo. Primo fra tutti, Cristiano n. 1, il giovane che Edena vorrebbe per sposo. Ma un destino diverso l’attende: dopo un susseguirsi di frustrazioni e umiliazioni, acquisita maggiore consapevolezza di sé, trova la forza di ribellarsi all’ipocrisia delle convenzioni e di fuggire. Con lei, i tanti protagonisti del romanzo vanno incontro al nuovo, in una narrazione che ha la poesia della nostalgia ma anche la leggerezza della fiaba grottesca e la vivacità dell’epopea, con un’ironia che stempera rabbia e dolore in superiore saggezza. Quella di chi sa che nella vita tragedia e commedia sono indissolubilmente legate.
In breve
Nel 1995 il Montalbán politico ha già previsto tutto: le ideologie degli anni a venire, un mondo disertato dagli dei, la scomparsa degli intellettuali, la crisi della sinistra, la teologia neoliberale. Eppure spera nelle coscienze critiche democratiche.
Il libro
Già nel 1995 il Montalbán saggista impegnato aveva previsto che cosa sarebbe accaduto in campo politico negli anni a venire. Questioni che adesso sono sotto gli occhi di tutti. L’immaginario che aveva nutrito generazioni di uomini nel ventesimo secolo è crollato e con esso sono andati in crisi il sistema democratico e la sinistra occidentali. Sono scomparsi gli intellettuali critici, è ricomparso l’integralismo. L’Europa ha abbandonato l’idea che lo Stato abbia finalità di emancipazione e ha rinunciato a essere una possibile terza via tra capitalismo selvaggio e barbarie. Eppure sopravvivono le ragioni che avevano generato quegli ideali. Perciò Montalbán passa in rassegna le cause delle degenerazioni delle attuali democrazie – l’evoluzione dei moderni partiti, liberal-conservatori e socialdemocratici, la rimozione del comunismo assieme al modello sovietico, il corporativismo dei professionisti della politica, le nuove povertà e ingiustizie, la falsa o cattiva coscienza del Nord, e così via – per individuare una via d’uscita dallo stallo in cui ci troviamo. Poiché oggi è come se vivessimo in un pianeta delle scimmie sopravvissuto a una terza guerra mondiale fredda, dove dobbiamo espiare i sogni utopici, rassegnarci alla civiltà consumistico-capitalista, rinunciare a un mondo migliore. Montalbán però rifiuta tale pessimismo, non si pente di aver creduto nel progresso della democrazia e fa appello alle coscienze critiche per ricostruire una Ragione Democratica e lottare a favore del bene delle verità possibili, ma soprattutto contro il male delle non verità evidenti.
In breve
“Come la moglie di Lot: per scrivere sei costretto a guardare indietro. E con ciò il tuo sguardo trasforma te e loro in statue di sale.” Amos Oz racconta qual è l’umana sostanza di un romanzo, lo scatto dell’immaginazione che trasforma un dettaglio nella storia di una vita intera.
Il libro
È una calda sera d’estate a Tel Aviv. Lo scrittore è seduto in veste di ospite d’onore a un incontro letterario. È assente. Le voci dei relatori gli arrivano opache, senza sostanza. Davanti a sé il pubblico. Lui spia volti, gesti, figure.
Un timido e occhialuto adolescente. Un tipo malmostoso che sembra in totale disaccordo con l’oratore. E poco prima in un bar aveva messo a fuoco una cameriera dimessa ma provocante, due figuri dall’aria losca, una vecchia signora con le gambe gonfie. Sono immagini captate, anzi rubate alla realtà. Sono immagini che diventano storie. Più tardi, mentre vaga da solo per le strade deserte della città, sente che i personaggi che ha evocato gli sono accanto. E a quel punto entra nelle loro vite, le invade e le trasforma.
Le grandi storie da raccontare hanno bisogno solo di un dettaglio, sembra dire Amos Oz. Poi sono magicamente incontrollabili, come l’immaginazione.
E ci vengono a svegliare.
In breve
Tragedia, malessere giovanile e musica degli Smiths fanno da sottofondo a questo che è uno dei primi romanzi di Jonathan Coe. Veloce, scanzonato e irresistibilmente british, Questa notte mi ha aperto gli occhi è preceduto da una breve introduzione nella quale Coe confessa tutto il suo amore per la musica, ed è seguito da un racconto inedito dove troviamo il protagonista del romanzo cinque anni dopo.
Il libro
William è un ventenne frustrato: fa il commesso in un negozio di dischi (non è il massimo avendo in testa di fare il musicista), trova che Londra sia una città detestabile e Madeline, la sua ragazza, adora i musical e un bacio sulla guancia le sembra il limite estremo della passione. Cosa c’è che non va? C’è che William fatica a capire come gira il mondo, non ce la fa. Suona con gli Alaska Factory che gli deturpano la musica che scrive, si lascia ignorare dai camerieri ed entra in scena quando sarebbe meglio sparire. Come la sera in cui si trova davanti a un cadavere – quello del leader degli Unfortunates (un nome, un destino) – e diventa suo malgrado testimone del delitto. La caccia agli assassini lo porterà a una sorprendente scoperta, ma gli consentirà anche di ripensare alle scelte di vita compiute e di aprire finalmente gli occhi. Un romanzo brillante, di una vitalità e uno humour travolgenti. Le vicende di William procedono al ritmo della musica degli Smiths e il risultato è un’atmosfera dolcemente disperata, romantica e ironica.
In breve
Mario è un uomo svuotato, malinconico, deluso. Ha creduto con passione di cambiare il mondo e, dopo quasi dieci anni, non si è ancora rassegnato al crollo degli ideali in cui ha creduto. L’incontro occasionale con Sonja, una giovane pianista russa lo risucchia in una storia tragica e misteriosa che di donna in donna risale verso il tassello mancante.
Il libro
“Non immagino nessuno che possa leggere queste righe, le affido a una donna che domani uscirà, le cucirà nell’orlo della gonna. Se andranno a finire in un tombino e l’inchiostro si scioglierà all’acqua e alla neve, le mie parole, in ogni caso, non andranno perdute. Esiste già chi le pensa” “Non immagino nessuno che possa leggere queste righe, le affido a una donna che domani uscirà, le cucirà nell’orlo della gonna. Se andranno a finire in un tombino e l’inchiostro si scioglierà all’acqua e alla neve, le mie parole, in ogni caso, non andranno perdute. Esiste già chi le pensa”
Mario è stato comunista e non riesce a capacitarsi del fatto che nessuno condivida la sua ossessione: che cos’è stato il comunismo? Perché nessuno di quelli che ci avevano creduto vuole farci veramente i conti? Qual era l’illusione del bene covata dentro i fallimenti storici? Dentro i morti. Dentro i silenzi. Oltre il Muro ormai crollato. Dobbiamo subire la Storia o cercare di darle delle risposte? Nemmeno le dinamiche del fallimento del suo rapporto coniugale gli sono molto chiare: l’amore che lo lega ai tre figli rimane dunque l’unica certezza della sua vita. L’incontro occasionale con Sonja, giovane pianista russa che vive con l’altera nonna e la figlia di pochi anni, lo risucchia in una storia tragica e misteriosa che di donna in donna risale verso il tassello mancante, verso quel buio di domande senza risposta che è diventato il suo tormento. In compagnia dell’ultimo figlio, Mario si mette sulle tracce della madre di Sonja, prima a Budapest e poi in una sperduta cittadina dell’ex Unione Sovietica.
In breve
“I discepoli decisero di passare le ultime ore a casa del Maestro. Nessuno aveva fame e al centro della tavola di marmo c’era un grosso vaso di vetro di colore bluastro: dentro, la cicuta. Stavano tutti in silenzio. Passò Santippe. ‘Allora? Vogliamo sbrigarci?’”. La storia di quegli uomini che hanno finito per cambiare il mondo e dal loro mondo non sono stati creduti… perché dicevano la verità.
Il libro
Storia della libertà di pensiero è anche la storia di quegli uomini che hanno finito per cambiare il mondo e dal loro mondo non sono stati creduti. Non sono stati creduti perché dicevano la verità, perché avevano un sogno difficile da condividere, perché avevano letto nella natura, nello spazio, nell’infinito leggi troppo pericolose da divulgare. La fama che li ha circondati dopo la condanna del loro tempo ha oscurato la loro semplice statura di uomini fra gli uomini. Ecco perché Paolo Villaggio si diverte a ricostruire biografie (immaginarie ma non troppo), fatti esemplari, frasi famose, e tutto ciò che i libri di scuola non hanno raccontato: Socrate, combattuto tra l’amore non platonico per i suoi allievi e una moglie che lo perseguita per tutta Atene; Giulio Cesare, alla ricerca di frasi memorabili per i futuri libri di storia; Gesù di Nazareth e i suoi serissimi problemi con il padre, ma quello terreno questa volta; Cristoforo Colombo all’inseguimento di mondi nuovi e giovani marinai molto attraenti; Girolamo Savonarola e i suoi: “Io non sono d’accordo”; Giordano Bruno sulle fiamme che i popolani usano per cucinare abbacchi e frittate di cipolle; Galileo Galilei e le sue preferenze in fatto di donne. E poi, chiamati a comparire in scena: Pitagora, Archimede, Pietro Micca, Maria Antonietta, Giuseppe Garibaldi, Adolf Hitler, Gandhi, Rita Levi Montalcini, Romano Prodi, Silvio Berlusconi.
Approfondimento
“La storia dell’umanità è stata caratterizzata da una continua e incessante lotta per la libertà di pensiero. I grandi filosofi greci hanno pagato a caro prezzo la loro voglia di libertà di parola. I primi cristiani sono stati mangiati vivi dai leoni, la Santa Inquisizione ha torturato ferocemente gli eretici, e poi li ha bruciati vivi. Durante il terrore la grande rivoluzione francese ha ghigliottinato i devianti. Tutti sappiamo della fine incredibile che ha fatto la grande rivoluzione russa. Insomma, il pensiero dell’uomo è sempre stato incatenato.
Questa è la più grande tragedia della storia del mondo.
Gli uomini più intelligenti non si sono mai lasciati convincere dalle false ideologie e dalle filosofie ingannatorie. Hanno conservato il loro pensiero libero di volare. Ma prudentemente non lo hanno mai espresso con scritti e parole, i più violenti ed impulsivi non ce l’hanno fatta. Questi sono i martiri di questa vicenda straordinaria.
A me piace immaginare che le cose siano andate così.”
Paolo Villaggio
Shunsuke è un anziano e celebre scrittore, che dubita delle proprie qualità artistiche e soffre della propria bruttezza e mancanza di seduzione, che gli hanno fatto sviluppare una forma di misoginia. Yuichi invece è un bellissimo giovane, adorato da donne e uomini, e lo stesso Shunsuke ne subisce il fascino. Quando Yuichi, sul punto di sposarsi, gli svela di provare desideri omosessuali, il vecchio gli propone un patto che lo trasformerà nel suo strumento di vendetta. A causa del suo individualismo narcisista, del carattere glaciale e della voluttà che prova a far soffrire chi lo ama, il giovane è il soggetto perfetto per conquistare le donne e poi lasciarle crudelmente vendicando così tutti gli abbandoni subiti da Shunsuke. Lo scrittore in cambio lo introdurrà alla vita sessuale e al corteggiamento delle donne, concedendogli anche il prestito in denaro che gli occorre, e intanto lui frequenterà locali e uomini gay. Tra le braccia di Yuichi cade anche la bella, giovane e infelice Yasuko, che ha rifiutato Shunsuke. I due si sposano, ma lui la tradisce e non la amerà mai, interessato com'è a soddisfare solo il proprio piacere carnale con begli uomini e a intessere sempre nuove relazioni omo ed eterosessuali che gli rimandano l'immagine della propria bellezza.
Far cambiare idea a coloro che dicono di non amare la poesia, perché la trovano oscura, difficile, e inutile alla nostra vita: questa è stata la scommessa dell'autrice scrivendo questo libro, e il suo successo sembra averle dato ragione. "La poesia salva la vita", ormai un "classico", è infatti un libro per avvicinare la poesia in un modo del tutto nuovo e vederla non più come una tecnica astrusa, ma un imprevedibile, affascinante "alfabeto del mondo". Perché la connotazione della poesia è - prima ancora che letteraria esistenziale: essa riguarda tutti noi in quanto esseri umani. La poesia è una chiave preziosa e insostituibile per entrare in contatto con quella vasta e per lo più sconosciuta parte della nostra psiche che concerne le nostre emozioni e aiutarci a viverle e a esprimerle in modo creativo. Abbiamo infinitamente bisogno delle sue magie e dei suoi giochi per vivere meglio, e ritrovare quello sguardo di meraviglia che abbiamo forse perduto uscendo dall'infanzia. Allora la poesia può davvero salvare la nostra vita dal senso di noia, di inutilità e di malinconia che ci afferra quando la nostra creatività - un dono che spesso non sappiamo di possedere - giace chiusa e dimenticata in un cassetto.