Cosa significa educare? perché educare? chi educa chi? quali rapporti esistono tra educazione e società e tra educazione e cambiamento? A cinquantacinque anni dall'uscita di Pedagogia degli oppressi, concluso da Freire nel 1968 (anno - come il libro - di radicalità e di liberazione) le domande restano prepotentemente attuali. E le risposte di Freire, ispirate al principio fondamentale che non c'è educazione se non attraverso la liberazione degli uomini dall'oppressione, continuano a essere un punto di riferimento nel mondo. Come scrive Gustavo E. Fischman in una delle interviste, «L'effetto principale del lavoro di Freire credo sia stato quello di aver dimostrato che il perseguire anche brevi esperienze di scuola democratica - in una singola classe, fuori o dentro la scuola, con bambini o adulti - è di per sé un valore. Tali esperienze insegnano a educatori e studenti ad aspettarsi di più da se stessi e inoltre a collegare gli atti individuali e sociali agli obiettivi dell'uguaglianza e della solidarietà». Oggi come cinquant'anni fa.
Affrontando le questioni scomode, le lotte sociali, l’alfabetizzazione degli adulti, le miserie del progresso, che hanno accompagnato la sua riflessione e la sua vita, in questi ultimi scritti Freire chiama in giudizio le contraddizioni e le ipocrisie che minano da secoli il colosso del benessere dei pochi. Lo fa, però, senza mai abbandonare la prospettiva pedagogica, e senza mai smettere di ricordarci che siamo soggetti e non oggetti della Storia: perché la constatazione dell’oppressione non si traduca in rassegnazione, ma diventi progetto di una realtà diversa.
Cosa significa educare? perché educare? chi educa chi? quali rapporti esistono tra educazione e società e tra educazione e cambiamento? A cinquant'anni dall'uscita di "Pedagogia degli oppressi", concluso da Freire nel 1968 (anno - come il libro - di radicalità e di liberazione) le domande restano prepotentemente attuali. E le risposte di Freire, ispirate al principio fondamentale che non c'è educazione se non attraverso la liberazione degli uomini dall'oppressione, continuano a essere un punto di riferimento nel mondo. Per questo una nuova edizione, con il corredo di una introduzione e di una postfazione attualizzanti e di brevi interviste a studiosi contemporanei, non è il semplice ripescaggio di un classico.
La coerenza tra il dire e il fare. La capacità di governare la tensione tra parola e silenzio, tra soggettività e oggettività, tra il «qui e ora» dell'educatore e il «qui e ora» dell'educando. Evitare lo spontaneismo senza cadere nella manipolazione, vincolare teoria e pratica, esercitare una «pazienza impaziente», leggere il testo a partire dal contesto. Sono queste, a giudizio di Freire, le virtù dell'educatore.Critico nei confronti di ciò che definisce il concetto «bancario» dell'educazione - lo studente visto come un conto vuoto da riempire - Freire estende la funzione educativa anche al professore universitario e ribadisce una «pedagogia dell'emancipazione» dialogica e problematizzante. Essa fa leva sull'alfabetizzazione come strumento di acquisizione della coscienza politica e del conseguente avvio di un processo di liberazione personale e collettivo. Prefazione di Goffredo Fofi.
"Pedagogia della speranza" è l'ultima riflessione di Paulo Freire. Si tratta di un'opera per approfondire la conoscenza di uno dei più importanti pedagogisti contemporanei, che, a quasi vent'anni dalla sua scomparsa, non ha ancora smesso di influenzare e ispirare le moderne pratiche educative. Il saggio è fortemente legato alle riflessioni sull'educazione e sulla pedagogia contenute nella sua opera più nota "La pedagogia degli oppressi" (Edizioni Gruppo Abele, 2011). In queste pagine, però, Freire ritorna su quei temi con uno sguardo rinnovato, proponendo un metodo pedagogico che affronta alcuni nodi più importanti e controversi della società contemporanea: la necessità del protagonismo civile di tutti, la lotta per la giustizia e la tutela dei diritti umani, il valore dell'educazione come strumento di "liberazione".
Tutta l'opera di Paulo Freire, uno dei più noti pedagogisti al mondo, è attraversata dalla riflessione sulla necessaria eticità che connota la pratica educativa in quanto pratica formativa: "l'etica universale dell'essere umano". In "Pedagogia dell'autonomia", pubblicato per la prima volta nel 1996, si ribadisce, in particolare, che "uno dei saperi indispensabili è che chi viene formato, fin dall'inizio della sua esperienza, si consideri egli stesso un soggetto che produce sapere, e si convinca una volta per tutte che insegnare non è trasferire conoscenza, ma creare le possibilità per produrla o costruirla". Formare, in altri termini, è molto più che addestrare una persona, grande o piccola, giovane o adulta, nell'uso di alcune abilità. Insegnare esige comprendere che educare è una forma di intervento sul mondo; l'educazione non è mai stata, non è, né può essere neutrale, "indifferente". Su ciò si appunta questo volume le cui domande di fondo sono: Esiste un'etica della pratica educativa? E di quale bagaglio di conoscenze necessita un buon educatore?
En un régimen de dominación de conciencias, en que los que más trabajan menos pueden decir su palabra, y en que inmensas multitudes ni siquiera tienen condiciones para trabajar, los dominadores mantienen el monopolio de la palabra, con que mistifican, masifican y dominan. En esa situación, los dominados, para decir su palabra, tienen que luchar para tomarla. Aprender a tomarla de los que la retienen y niegan a los demás, es un difícil pero imprescindible aprendizaje: es “la pedagogía del oprimido”. La pedagogía de Paulo Freire, siendo método de alfabetización, tiene como idea animadora toda una dimensión humana de la “educación como práctica de la libertad”.
Il grande pedagogista brasiliano Paulo Freire si confronta con alcuni dei più urgenti problemi educativi del mondo contemporaneo. Lo fa dialogando con Donaldo Macedo, esponente di primo piano della pedagogia radicale e dei 'cultural studies' educativi. La forza del testo è la stessa del grande classico di Freire: 'La pedagogia degli oppressi'. Le questioni sono quelle con cui ci si scontra negli odierni contesti educativi: il multiculturalismo, la razza, le questioni di genere. Sullo sfondo autrici fondamentali del più recente pensiero femminista e postcoloniale come Gayatri Chakravorty Spivak, bell hooks, Tony Morrison. In un serrato botta e risposta Freire e Macedo toccano diversi temi: la differenza fra insegnanti e facilitatori, il ruolo del dialogo come processo di conoscenza e apprendimento, i pericoli di una meccanizzazione della didattica, la non neutralità dell'educatore, il rischio di ridurre 'razza' e 'cultura' a concetti monolitici che non rendono conto della pluralità delle esperienze di allievi e docenti. Un tono aperto e diretto che si rivolge a insegnanti ed educatori, discutendo sul loro stesso terreno i problemi con cui hanno ogni giorno a che fare.