
La settima edizione del Piccolo codice cadeva nel 15º anniversariodella scomparsa di T. Martines e nel 150º dell'unità d'Italia. L'ottava si limita a registrare la riforma costituzionale sul pareggio di bilancio. Questo codice ospita una raccolta di testi normativi, di materiali giurisprudenziali e di altri documenti d'interesse costituzionale, destinata alle esigenze della didattica universitaria nel settore del diritto pubblico, ma che può soddisfare anche chi desideri informarsi sulle linee fondamentali dell'ordinamento vigente. Il criterio di scelta delle leggi e degli altri materiali che ne formano il tessuto consiste nella loro "contiguità" ai principi costituzionali, ossia nell'attitudine a precisarne o a svilupparne il senso. Ma questo volume si segnala soprattutto per la sua facilità di lettura, ottenuta per un verso attraverso l'attenta selezione di quanto inciascun documento risponda a un interesse sostanziale; per altro verso attraverso la distribuzione delle singole in calce alle disposizioni costituzionali di riferimento, così offrendone con immediatezza la portata normativa. Completano il codice un indice cronologico e un ampio indice analitico.
Di fronte ai grandi soggetti economici che sempre più governano il mondo, l'appello ai diritti individuali e collettivi è la via da seguire per impedire che tutto sia soggetto alla legge "naturale" del mercato. Nel 2000 l'Unione Europea si è data una Carta dei diritti fondamentali, la prima del nuovo millennio. Ma non bisogna fermarsi soltanto alle dichiarazioni formali. I fatti ci dicono altro: le donne e gli uomini dei paesi dell'Africa mediterranea e del Vicino Oriente si mobilitano attraverso le reti sociali, occupano le piazze, si rivoltano in nome di libertà e diritti, scardinano regimi politici oppressivi; lo studente iraniano e il monaco birmano, con il loro telefono cellulare, lanciano nell'universo di internet le immagini della repressione di libere manifestazioni, anche rischiando feroci punizioni; i dissidenti cinesi chiedono l'anonimato in rete come garanzia della libertà politica; le donne africane sfidano le frustate in nome del diritto di decidere liberamente come vestirsi; i lavoratori asiatici rifiutano la logica patriarcale e gerarchica dell'organizzazione dell'impresa e scioperano; gli abitanti del pianeta Facebook si rivoltano quando si pretende di espropriarli del diritto di gestire i loro dati personali. L'elenco potrebbe continuare a lungo perché la "rivoluzione dell'eguaglianza", mai davvero compiuta, è oggi accompagnata dalla "rivoluzione della dignità" e sta dando vita a una nuova antropologia, che mette al centro l'autodeterminazione delle persone...
I saperi sulla malattia e sul corpo variano, di luogo in luogo e tra le culture del mondo. “Come” star male e “perché” sono oggetto di interpretazione, sono costrutti dell’immaginazione sociale e personale. L’esistenza è un fenomeno culturale e il corpo del malato ne parla il dialetto. Muovendo da questa constatazione, il volume prospetta l’urgente necessità e gli strumenti operativi di una medicina interculturale in grado di tradurre tra loro culture e malattie, luoghi e persone. Chi sta male, chi soffre, non è mai fuori luogo e non dovrebbe sentircisi, almeno fino a quando la parola “umanità” riuscirà a conservare significato.
L'autore
Ivo Quaranta insegna Antropologia culturale e Antropologia del corpo e della malattia all’Università di Bologna. Per le nostre edizioni ha curato Antropologia medica. I testi fondamentali (2006).
Mario Ricca insegna Diritto interculturale e Diritto ecclesiastico all’Università di Parma. Tra le sue pubblicazioni più recenti, Oltre Babele. Codici per una democrazia interculturale (Dedalo 2008).
Il presente lavoro si prefigge l'obiettivo di ricostruire la riflessione giuridica di Salvatore Pugliatti, con particolare riguardo alla metodologia e alla teoria della interpretazione. A tale scopo, si è tentato di mettere in luce il rapporto tra l'attività del giurista e la imponente cultura del Pugliatti umanista, musicologo, letterato e critico d'arte. Ne emerge il profilo di un personaggio avvincente, "vero uomo del Rinascimento", capace di segnare, con la sua multiforme personalità, il panorama culturale italiano del Novecento.
La giustizia costituzionale è ormai una branca tradizionale della giurisdizione, accanto a quelle civile, penale e amministrativa. Essa, però, presenta una peculiarità, che la connota e la differenzia dalle altre: l'aspirazione a stabilizzare le regole fondamentali della convivenza politica e a difenderle dalla minaccia del potere arbitrario. Si potrebbe dire che trae la sua origine dall'intreccio di un fine politico con un dato giuridico: mantenere la continuità nella vita collettiva, cioè rigettare le fratture e i conflitti che esse generano, e realizzare tale continuità attraverso la risoluzione giudiziaria, secondo norme giuridiche costituzionali positive, delle più alte controversie politiche.
L'avvento dell'era biotecnologica e la possibilità di intervenire direttamente sul genoma umano per modificarne i caratteri ereditari, studiarne, trattare o copiarne l'informazione genetica pongono inediti e peculiari problemi di tutela di vecchi e nuovi diritti fondamentali emergenti in relazione agli interventi di ingegneria genetica, alla decodificazione del D.N.A. e all'imposizione di brevetti sui geni umani. La tutela del patrimonio genetico umano, bene comune e individuale al tempo stesso, delle generazioni presenti e delle generazioni future, diventa, così, terreno paradigmatico per rimodulare obiettivi e strumenti del diritto - e del diritto pubblico e costituzionale in particolare - in relazione alle sfide normative del "secolo biotech" e di una società sempre più globale e sempre meno garantita nei diritti dei singoli e dell'umanità. Con il moltiplicarsi di norme di rango costituzionale, carte dei diritti e documenti internazionali in materia inizia a delinearsi un "corpus iuris" sul genoma umano a livello sia nazionale che sovranazionale. È un processo che richiede, però, maggiore implementazione e razionalizzazione giuridica fra fonti, princìpi fondamentali e diritti di ultima generazione, per centrare l'obiettivo di una tutela altrettanto "globale" ed efficace del bene più personale e, nel contempo, condiviso e intertemporale del genere umano: il suo patrimonio genetico.
Da sindacalista della Cgil, poi da ricercatore, professore di diritto del lavoro, avvocato, editorialista del "Corriere della Sera", e per qualche tratto anche come politico in Parlamento, Pietro Ichino ha spesso sostenuto tesi scomode per l'establishment, di sinistra e di destra, contribuendo in modo incisivo all'evoluzione del sistema italiano delle relazioni industriali e raccogliendo tanto consensi ed entusiasmo quanto critiche e contestazioni. Per via delle sue proposte è stato accusato di eresia e addirittura di "intelligenza con il nemico", di essere cioè un portatore di idee liberiste infiltrato nel centrosinistra. Attraverso un'avvincente inchiesta, un vero e proprio interrogatorio senza esclusione di colpi, Ichino risponde a tutte le obiezioni e le accuse ricevute in questi ultimi anni, messe in bocca a un immaginario interlocutore-inquisitore, affrontando i temi fondamentali del lavoro in Italia. E grazie ad analisi precise ed esempi concreti mette a nudo i meccanismi segreti di un sistema drammaticamente ingessato, prigioniero dei propri tabù e delle proprie caste. Un paese in cui vige un regime di vero apartheid tra lavoratori protetti e non protetti, dove agli stabili regolari è riconosciuta una sorta di job property, mentre agli outsiders e ai new entrants, ben che vada, si offrono soltanto i posti di serie B, C e D, con un futuro pensionistico misero, destinato a maturare soltanto dopo i settant'anni. Un sistema chiuso da un tacito accordo protezionistico...
Questo è un libro sull’anti-relativismo. È un libro per tutti coloro che non si rassegnano alla mentalità oggi dominante, secondo cui è impossibile cercare qualcosa di vero e di significativo per ciascun essere umano. Non è forse vero che oggi bisogna accettare qualunque scelta di vita altrui – o di non vita – come meritevole di tutela, altrimenti si è prevaricatori e irrispettosi? Che appaiono come nuove frontiere di conquista il diritto all’eutanasia e all’eugenetica? Che alla famiglia si vuole equiparare il matrimonio gay? Che è un tabù nominare la legge 194 e dire che l’aborto è la soppressione di una vita nascente (ormai neppure i cattolici arrischiano più tanto)? Che ha più attenzione la festa di Halloween del Natale? Che si giustificano la poligamia o la sottomissione della donna e l’incesto quali espressioni di una diversa cultura? Che nell’evoluta Europa si vogliono eliminare i crocefissi, per un malinteso rispetto delle coscienze, in nome di un’astratta fratellanza universale, mentre nel mondo muoiono – dimenticati da tutti – i nuovi martiri cristiani? È in atto una “rincorsa a trasformare in diritto qualunque nuovo desiderio. Questo libro è dedicato a chi non vuole veder atrofizzato il desiderio di verità, di giustizia, di felicità, che risiede nel cuore più profondo di ogni uomo.
Il diritto regionale è materia molto tecnica, che attinge sia al diritto costituzionale sia al diritto amministrativo: ma attorno ai temi dell'autonomia e del federalismo si anima anche un inteso dibattito politico e culturale. Questo manuale contiene una descrizione articolata ed esaustiva della materia, collocandola in un adeguato quadro di riferimento teorico, comparatistico e storico. In particolare, temi e concetti dell'autonomia, del regionalismo e del federalismo sono illustrati con un costante sforzo di chiarezza, alla luce delle norme, della giurisprudenza e della prassi.
Uno studio sull'affido condiviso, che offre ipotesi di soluzione anche alla luce della normativa di tutela internazionale e comunitaria.
La presente introduzione al diritto africano affronta, sinteticamente, le questioni salienti delle istituzioni giuridiche del grande continente ponendone l’accento sulle evoluzioni socio-culturali e giuridiche. Nel volume è sottolineato anche il contributo, positivo o negativo, dell’influenza del diritto e della democrazia occidentale in Africa. Il libro si articola in tre parti: periodo precoloniale, coloniale e postcoloniale, ossia le posizioni delle autorità tradizionali, il rapporto tra le amministrazioni giuridiche tradizionali e quelle coloniali, il processo della decolonizzazione, le indipendenze e le influenze giuridiche nei vari paesi africani dopo le indipendenze, in particolare nelle costituzioni dei vari paesi del grande continente. Si esamina anche la creazione della prima Organizzazione Internazionale Regionale Africana, quale l’Organizzazione per l’Unità Africana (OUA), sostituita poi dall’Unione Africana (UA). Il volume non trascura il ruolo delle religioni sia tradizionali africane che Islamica, che Cristiana. Ampio spazio, infatti, è dedicato al contributo della Chiesa Cattolica in Africa a favore delle legislazioni che potrebbero garantire gli aspetti morali per il rispetto dei diritti dei cittadini africani.
Marcellus Okenwa Udugbor
ha conseguito il dottorato in Diritto Civile alla Pontificia Università Lateranense (Città del Vaticano), dove è docente di Storia ed Istituzioni dei Paesi Africani e di Diritto Musulmano nei Paesi Islamici presso la Facoltà di Diritto Civile; di Istituzioni di Diritto Africano, presso la Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Urbaniana. È membro della African Law Association (Bonn, Germania); Consultore al Governing Council for the Assessment of Publications for Professorial Promotion, presso il Catholic Institute of West Africa (CIWA) (Port Harcourt, Nigeria). Tra le sue pubblicazioni: The Influence of the International Conventions and Recommendations in the Labour Legislation of African States; Roma, 1990; Il Diritto Musulmano, Lateran University Press, Città del Vaticano, 2010, e numerosi articoli sui diritti umani nei paesi africani e sul diritto Islamico pubblicati su varie riviste.