
"Tutti i miei racconti, quasi ogni poesia, sono scritti con le lacrime". Memorialista,testimone, poeta, Varlam Salamov rappresenta un unicum tra gli scrittori dell'esperienza dei gulag, non soltanto perché in una prosa scarna e antiletteraria riesce a mostrare il drammatico scarto tra le promesse di un'ideologia messianica e il terribile costo umano della sua realizzazione, ma soprattutto perché nella sua opera, narrativa e poetica, nozioni come innocenza e colpa, coscienza e malavita, lealtà e tradimento, più che oggetto di riflessione, si materializzano in fatti e personaggi reali. Nel suo mostrare il bene e il male che abitano nell'anima umana non c'è l'intento pedagogico tipico dei grandi scrittori russi, ma la preoccupazione di dare voce al ricordo, lottando contro la minaccia dell'oblio, effetto del tempo e della volontaria rimozione, che egli considera un'altra forma di rinuncia alla propria responsabilità. Ripercorrendo i temi dei Racconti della Kolyma, assieme ad altri scritti autobiografici e alle poesie, il saggio intende rintracciarvi una filosofia della condizione umana, dove il gulag, trionfo della forza fisica come categoria morale e luogo del disfacimento del corpo come dissoluzione dell'individualità, è lo specchio concavo dove si riflettono capovolte le bassezze e gli eroismi del mondo ordinario. Per Salamov gli anni lì trascorsi diventano il banco di prova della sua resistenza morale: quella di uno spirito che, pur "calpestato", riesce a mantenersi fedele alla sua linea di condotta, sottraendosi alla corruzione della mente e del cuore.
Accostarsi al pensiero di Michel de Certeau significa avvicinarsi a un oggetto vivo che sfugge ogni tipo di vera catalogazione. La sua opera attraversa, infatti, molteplici campi disciplinari che vanno dalla storia alla psicoanalisi, alla filosofia e alle scienze sociali. Figura quanto mai poliedrica, sacerdote gesuita, ha sempre accompagnato la sua attività di studioso all'insegnamento. Se ormai siamo abituati a leggere la crisi come un sintomo negativo della persona, della società e persino dell'esperienza di fede, dobbiamo invece ridarle un valore completamente nuovo e vedere in essa non la fine, bensì la vita che torna a essere viva. Ecco il contributo di un maestro come de Certeau. Luigi Maria Epicoco ci offre in questo profilo un resoconto dell'attualità del metodo del gesuita, storico e intellettuale francese, che rimette al centro la dimensione conflittuale contemporanea, assumendola attraverso quelle categorie in cui non viene meno l'alterità. La vita e l'opera di Michel de Certeau, pensatore costantemente attuale, teologo, filosofo e storico.
Noi condividiamo molto con gli animali. Darwin l'ha dimostrato: non siamo speciali e tutti gli esseri viventi discendono da un antenato comune. Eppure non si direbbe, a giudicare dal trattamento che riserviamo a moltissimi di loro. Negli allevamenti intensivi miliardi di animali vivono in condizioni di costante malessere o vera e propria sofferenza, prima di finire sulle nostre tavole. L'industria dell'allevamento è cresciuta a dismisura divorando il pianeta e oggi è tra le principali cause della crisi climatica. Come si giustifica una situazione del genere? Nuovi cibi e stili alimentari sono segnali che qualcosa sta cambiando. Non si tratta però solo di cosa mangiamo: dall'abbigliamento alla sperimentazione, non c'è quasi settore che non faccia uso di animali. Simone Pollo ci aiuta a far luce sul rapporto complesso e ambivalente che ci lega a loro, partendo dalle domande che si sono posti filosofi, scienziati e attivisti: che cosa sentono gli animali? È giusto usarli a nostro piacimento o hanno dei diritti come noi? E per quanto ancora continuare a sostenere la filiera dell'allevamento sarà sostenibile dal punto di vista ambientale?
L'eredità che Hannah Arendt ha consegnato al nostro tempo è immensa e viene qui offerta l'opportunità di raccoglierla con la consapevolezza che in questi decenni non si è esaurito il gravoso e delicato compito trasmesso alle generazioni future. In The Human Condition, in modo particolare, Arendt ha gettato le basi di un programma di lettura e interpretazione del moderno, privo di indulgenza nei confronti degli stereotipi ricorrenti e del progressivo appiattimento delle condizioni della vita umana entro cui è legittimo sperare di costruire spazi di riconoscimento comune, nonché di stabilire legami di reciprocità. I contributi qui raccolti riflettono una pluralità di voci e prospettive, ciascuna contrassegnata da specifici accenti e sensibilità. Ogni saggio pone criticamente in risalto aspetti centrali della riflessione arendtiana, ma anche quei non pochi punti controversi o eccessivamente densi, per non dire opachi, di un pensiero che non si lascia agevolmente afferrare, e non è collocabile senza un certo disagio all'interno di alcuna delle correnti culturali o ideologiche del Novecento, benché sia innegabilmente un pensiero della modernità quello che con Arendt ha inteso volgersi contro e "oltre" il moderno.
"Come faccio ad affrontare le situazioni difficili che mi si presentano?", "Come gestisco la rabbia?", "Dove posso trovare la vera gioia?", "Che obblighi ho nei confronti degli altri?", "Qual è il miglior modo di vivere?". Le risposte a queste e a molte altre domande si celano nel cuore della filosofia stoica. Per secoli, la combinazione unica di praticità e saggezza degli stoici ha ispirato le menti più brillanti, dagli imperatori romani ai leader contemporanei come Barack Obama. I pensieri di Seneca, Epitteto e Marco Aurelio si rivelano ancora oggi straordinariamente attuali, aiutandoci ad affrontare le sfide della vita, gestire i fallimenti e raggiungere i nostri obiettivi. Questo libro rende la saggezza stoica accessibile a tutti: ogni pagina offre una citazione dei grandi filosofi, arricchita da aneddoti storici e commenti illuminanti. Una riflessione al giorno per imparare a superare le difficoltà, raggiungere i propri traguardi e coltivare serenità, autoconsapevolezza e resilienza. "Diventare stoici" ci regala un rituale quotidiano capace di portare chiarezza, efficacia ed equilibrio, per affrontare ogni giornata con rinnovata consapevolezza e vivere la nostra vita al meglio.
La crescente sfiducia nella politica è motivata anche dalla sensazione che le democrazie contemporanee stiano tradendo l'aspettativa delle persone di avere una politica al servizio di tutti e non solo di pochi. I tre autori di questo volume parlano del nesso tra democrazia e speranza: l'esigenza di andare oltre le forme politiche esistenti per affrontare la sfida della transizione ecologica.
Il presente lavoro di ricerca apre il pensiero e l'agire dell'aver cura della vita e della salute all'analitica della relazione fondamentale tra essere e speranza nella dimensione della cura. Attraverso l'analisi del rapporto tra “cura”, limite e speranza nel tempo della tecnica, si sono ricercate le condizioni ermeneutiche di uno sguardo rinnovato verso l'essere della cura, orientato dalla possibilità della speranza. A partire dal confronto con la concettualizzazione heideggeriana dell'aver cura, dalla ricomprensione della nozione jaspersiana di situazione limite e dalla possibilità dell'apertura” marceliana alla speranza nelle pratiche concrete della cura, la ricerca si è indirizzata verso la valutazione di un'analitica della cura alla luce della speranza e l'indicazione della trascendenza valoriale della cura. La speranza emerge infatti quale fondamento originario e originante della cura, radice di un con-essere curante comunionale proteso tra situazionalità limite dell'esistenza e apertura trascendente della speranza. In tale orizzonte si sono scorti gli apporti alla filosofia ed etica della cura, alla luce della speranza di bene che apre e illumina la dimensione ontologica, esistenziale e trascendente della cura.
Negli Annali Tacito racconta che l'imperatore Tiberio fu costretto dalle circostanze, contro il suo volere, a diventare un tiranno per porre fine definitivamente a discordie e guerre civili. Secoli dopo, all'inizio dell'età moderna, sembrò ripetersi una storia simile quando in tutta Europa le repubbliche cedettero il passo al principato. Così, la ricostruzione di Tacito, da poco riscoperto, divenne il modello sul quale i filosofi moderni imbastirono la loro riflessione intorno al tema della tirannide. Savonarola e Machiavelli, Guicciardini e Bodin, Shakespeare e Spinoza ne mostrarono però i limiti. I due poli di questo confronto ideale furono Tacito e Spinoza poiché proposero due concezioni opposte del potere e, di conseguenza, due posizioni antitetiche nei confronti del governo di uno solo: se per Tacito era una necessità ineluttabile, per Spinoza era un male da evitare a tutti i costi. È significativo, però, che unanime fu l'interpretazione della tirannide: un potere opaco, 'velato', dai contorni e dalle finalità occulte. Un potere che oggi sembra tornare a stendere la propria ombra sulla nostra società.
La filosofia tomista è una delle filosofie storicamente più dominanti e diffuse. Pertanto, lo studio della storia della filosofia è impensabile senza averne una conoscenza sistematica e dettagliata. La caratteristica fondamentale della filosofia tomista, che l'ha resa così popolare e presente, è il realismo metodico che tematizza filosoficamente l'esperienza del senso comune, mentre la caratteristica che desta attrazione intellettuale permanente si radica nelle intuizioni speculative sulla trascendenza, a cui è diretta la sua metafisica dell'essere. Pertanto, la secolare tradizione della filosofia cristiana ha giustamente conferito alla filosofia tomista il titolo di philosophia perennis-filosofia perenne. Il libro ne contiene una presentazione sistematica delle seguenti tematiche filosofiche: introduzione alla filosofia, filosofia della conoscenza, metafisica, filosofia della natura, antropologia filosofica, filosofia di Dio ed etica.
La metafisica si distingue dalle scienze particolari anche per il legame speciale che mantiene nei confronti della propria tradizione. Questa non riveste, infatti, semplicemente un interesse storico-documentario, ma svolge un ruolo di primaria importanza nell'affrontare e risolvere questioni speculative. Allo stesso tempo, tuttavia, la metafisica è caratterizzata da un impulso antitradizionale che si esprime in quella tendenza, tipica di ogni filosofia prima, a "ricominciare da capo". A fronte di questa intima tensione, sorge la domanda che guida questo testo: qual è l'autentico significato metafisico della tradizione? Muovendo dall'analisi del ruolo che la tradizione assume nell'ambito del movimento neotomistico, il presente lavoro articola una risposta di carattere generale: la tradizione che determina la metafisica è la divina Tradizione. Essa assume, in particolare, un carattere che può essere definito come "profetico". In questo modo la metafisica si manifesta, da un lato come una disciplina che rinvia ad una fonte di sapere che la trascende e dall'altro come la depositaria, non tanto di una dottrina, ma di un principio che esige di essere continuamente riappropriato.
Nella Chiesa di San Marco a Firenze, sono raccolte le spoglie di alcuni dei più grandi uomini che nel corso di 500 anni hanno dedicato opere e parole decisive sul valore della Persona. Nel testo se ne ricorda due: Pico della Mirandola e Giorgio La Pira. Il primo, nella sua "Orazione sulla dignità dell'uomo", esalta la visione di un uomo collocato "al centro del mondo", "né celeste né terreno, né mortale né immortale", "investito dell'onore di decidere liberamente". Nel 1944 il secondo, durante la fuga per sottrarsi a un ordine di cattura della polizia fascista, inizia una riflessione sulla condizione dell'uomo del suo tempo, muovendo da una Weltanschauung capace di dare risposta agli interrogativi sui problemi essenziali della realtà e della Storia. Da quelle radici nasce l'idea di Persona, da affermare, oggi, come fonte e sintesi dei criteri di valutazione dell'umano. Senza alcun rilievo giusnaturalistico e senza alcuna riduzione identitaria, ma con una tecnica basata su un'oggettività ideale e giuridica espressa da due fattori: il Pluralismo, sociale e politico, e un'azione ordinante della dimensione sempre nuova dell'esistenza.