
Tra le opere più stimolanti di Russell, Sintesi filosofica racchiude prospettive che hanno dato un contributo essenziale al discorso sul significato, la rilevanza e la funzione della filosofia.
Filosofo, logico, matematico e attivista, Bertrand Russell non è stato soltanto una figura centrale per il suo contributo alla logica e alla disciplina matematica nel XX secolo, ma anche un uomo di grande spessore etico, tormentato dalle profonde inquietudini della sua epoca e desideroso di lasciare un segno, intellettuale e civile, nel mondo. In questa straordinaria autobiografia, Russell torna sulla sua difficile infanzia trascorsa in un ambiente vittoriano intriso di ipocrisia e tabù, ricorda l’esaltante scoperta della filosofia e della matematica e rievoca la sua inesauribile battaglia pacifi sta, che a più riprese lo portò a scontrarsi contro il potere, al punto da finire in carcere.
Bertrand Russell (Trellech 1872 – Penrhyndeudraeth 1970) è stato una delle figure più importanti del XX secolo in virtù della sua straordinaria capacità di accostare la riflessione filosofica alle discipline scientifiche, in particolare alla logica e alla matematica. Nel 1950 è stato insignito del premio Nobel per la letteratura. Di Russell, Mimesis ha pubblicato Sintesi filosofica (2018).
No, non è giusto, questo non e buono, non è una causa santa questa in cui viene offuscato e distrutto lo splendore della gioventù. Siamo noi, i vecchi, ad aver peccato; abbiamo mandato questi giovani sui campi di battaglia per le nostre maledette passioni, per la nostra morte spirituale, per la nostra incapacità di vivere generosamente del calore del cuore e della viva visione dello spirito. Usciamo da questa morte, poiché siamo noi i morti, non i giovani caduti per la nostra paura di vivere. Anche i loro fantasmi sono più vivi di noi; ci espongono all'eterno ludibrio di tutti i tempi futuri. Dai loro fantasmi deve scaturire la vita e noi ne saremo vivificati.
Il dibattito, oggi, tra laici e credenti - per usare ancora una terminologia "generalista" -, sembra più alimentato da interventi autorevoli, anche se, a volte, troppo ideologizzati. Questo libro, traendo spunto da tre modelli di laici per eccellenza - Croce, Sartre, Fromm - vuole inserirsi nel dibattito non con il solo obiettivo di un apporto critico, ma con il tentativo di individuare percorsi che, pur nella laicità, evitino le secche del laicismo. Da ciò il riferimento al rapporto pensiero-anima, relativismo-assolutismo, nonché alle prospettive escatologiche di una società umana fatta non più di bieca mediazione, ma di condivisione.
L’epoca attuale è contrassegnata dalle rivendicazioni della libertà in tanti ambiti e ciò ha forgiato la nostra mentalità, sicché molti dei nostri modi di esperire, pensare e comportarci dipendono da una particolare concezione della libertà e dal senso che le attribuiamo nella vita quotidiana. Malgrado le conquiste della modernità, occorre però discernere quei tratti involutivi che possono destabilizzare o erodere il terreno su cui si fonda la libertà stessa. Il libro esamina con una prospettiva interdisciplinare gli interrogativi che oggi sono posti dal determinismo scientifico, dall’ipertrofia dell’affettività, dal multiculturalismo, dal relativismo morale e gnoseologico, dalle teorie socio-politiche, dall’ecologia e dalla psicologia. Vi sono contenuti saggi di L. Allodi, I. Kajon, A. Lavazza, A. Malo, P. Ricci Sindoni, A. Rodríguez Luño, F. Russo, L. Valera e W. Vial.
Francesco Russo è Professore Ordinario di Antropologia della cultura e della società nella Facoltà di Filosofia della Pontificia Università della Santa Croce. Direttore della rivista internazionale «Acta Philosophica», è il coordinatore dell’Interdisciplinary Forum on Anthropology (Ifa).
Una via di uscita dalla palude dello sconforto. Questo è l’obiettivo indicato dagli autori del presente libro, come spiega bene Andrea Lavazza nella sua Presentazione. Le “passioni tristi”, diagnosticate da M. Benasayag, sono qui analizzate nella loro forma di crisi nella trasmissione generazionale, di antiautoritarismo istintivo, di eccessive pretese funzionalistiche dinanzi a un futuro percepito come minaccioso e di commercializzazione della cultura. Gli autori, però, puntano soprattutto al superamento di tale situazione e si avvalgono delle proprie competenze di psicologia, etica, antropologia e sociologia: prospettano, quindi, le pratiche gioiose che, in una visione antropologica integrale, possono condurre oltre la delusione e l’abbandono. Vi sono contenuti saggi di A. Lavazza, G. Curcio, G. D'Aurizio, P. Ricci Sindoni, F. Russo, M.T. Russo e P. Terenzi.
Francesco Russo è Professore Ordinario di Antropologia della cultura e della società nella Facoltà di Filosofia della Pontificia Università della Santa Croce. È il coordinatore dell’Interdisciplinary Forum on Anthropology (Ifa).
Viviamo sulla terra con un senso di precarietà, acuito dalle emergenze ambientali con cui ci confrontiamo. Desideriamo custodire il nostro mondo, ma nel contempo vagheggiamo gli altri mondi offertici dalla tecnologia, nei quali siamo spesso meri utenti o consumatori, asserviti allo sviluppo delle reti sociali e dei loro profitti.
In questo libro a più voci siamo invitati a riflettere sulle opportunità e i limiti dei social network in riferimento all’aspirazione verso una vita pienamente felice e umana (Juan Narbona); sul contrasto tra la cultura dell’illimitato e il senso del limite che contrassegna l’odierno contesto sociale (Donatella Pacelli); sul modo in cui sta cambiando il nostro rapporto con le cose, con la terra, con il tempo e con la verità (Francesco Russo); sull’interazione tra la persona, il suo corpo e gli ambienti virtuali (Luca Valera).
Prendendo spunto dall'indirizzo degli esegeti che negli ultimi tempi si mostrano sempre più interessati agli aspetti normativi della Bibbia e del più esteso antico Vicino Oriente, l'autore riflette sulla legge del taglione nella sua formulazione tipica di "occhio per occhio, dente per dente". E offre una lettura aderente al significato letterale dei testi in cui ricorre tale lemma. Non si tratta di un principio di vendetta, ma di riparazione del danno procurato. Le pagine sfatano gli innumerevoli equivoci e pseudo-interpretazioni dell'antigiudaismo cristiano e della stessa cultura laica sedimentatisi nel corso dei secoli.
Il volume intende rispondere a tre domande: cosa è stato, cosa è, cosa potrebbe essere l'umanesimo come movimento ispirato all'idea di humanitas. Si tratta evidentemente di un lavoro preliminare che viene incontro alla crescente esigenza di fare il bilancio di un movimento che ha contribuito alla formazione della civiltà contemporanea attraverso il plesso semantico uomo-umanità. Originariamente circoscritto agli studi letterari della prima età moderna, l'umanesimo ha poi acquisito una valenza più ampia per indicare la centralità epistemologica, etica e politica della condizione umana, che oggi trova enfatica espressione nei diritti universali dell'uomo. Anche per le sue conseguenze pratiche, la forza polarizzante del termine trova conferma nelle accese discussioni che ha suscitato sino a oggi con varie forme di anti o post-umanesimo. Riunendo competenze diverse, i contributi del volume provano a orientarci in questa intricata vicenda storica e concettuale.
"Tutti i miei racconti, quasi ogni poesia, sono scritti con le lacrime". Memorialista,testimone, poeta, Varlam Salamov rappresenta un unicum tra gli scrittori dell'esperienza dei gulag, non soltanto perché in una prosa scarna e antiletteraria riesce a mostrare il drammatico scarto tra le promesse di un'ideologia messianica e il terribile costo umano della sua realizzazione, ma soprattutto perché nella sua opera, narrativa e poetica, nozioni come innocenza e colpa, coscienza e malavita, lealtà e tradimento, più che oggetto di riflessione, si materializzano in fatti e personaggi reali. Nel suo mostrare il bene e il male che abitano nell'anima umana non c'è l'intento pedagogico tipico dei grandi scrittori russi, ma la preoccupazione di dare voce al ricordo, lottando contro la minaccia dell'oblio, effetto del tempo e della volontaria rimozione, che egli considera un'altra forma di rinuncia alla propria responsabilità. Ripercorrendo i temi dei Racconti della Kolyma, assieme ad altri scritti autobiografici e alle poesie, il saggio intende rintracciarvi una filosofia della condizione umana, dove il gulag, trionfo della forza fisica come categoria morale e luogo del disfacimento del corpo come dissoluzione dell'individualità, è lo specchio concavo dove si riflettono capovolte le bassezze e gli eroismi del mondo ordinario. Per Salamov gli anni lì trascorsi diventano il banco di prova della sua resistenza morale: quella di uno spirito che, pur "calpestato", riesce a mantenersi fedele alla sua linea di condotta, sottraendosi alla corruzione della mente e del cuore.