Partendo dalla fenomenologia col suo "ritorno alle cose stesse", ma staccandosi presto dall'uso husserliano della sospensione di ogni opinione sul mondo, l'autore propone una riduzione che vuole "assecondare" l'odierna passività di un soggetto privato del sentire. Si tratta di rovesciare questa passività con una passività che faccia cadere le resistenze nei confronti dell'esistente nella sua concretezza, che spesso appare dura e ingombrante. Approdo finale è il riconoscimento dell'esistere di qualcosa prima di ogni nome, che sia ornamento e riconoscenza nei confronti della forma come ciò che è "altrove" per essere "qui", come sospensione al lasciar-essere-e-stare divino, passione per l'Altro che scende con la sua bellezza.
Il libro è al tempo stesso una introduzione al pensiero di Lévinas e un lavoro teoreticamente interessato ai problemi da lui affrontati. La riflessione di Lévinas parte dal pensiero di Husserl e Heidegger, dalla Bibbia, dal Talmud e dalla letteratura russa, mettendo in discussione le categorie principali del pensiero occidentale, quelle della coscienza tematizzante, di identità, di soggetto. L'autore ritiene che lo spostamento del discorso filosofico alla dimensione dell'alterità sia il contributo fondamentale di Lévinas.
Le quattro tematiche di questa raccolta di saggi in onore di Francesca Rivetti Barbò esprimono i moventi e gli snodi del percorso del suo pensiero: l'ispirazione etico-religiosa del discorso, la sua struttura logico-teoretica, il problema del suo valore, la questione della sua destinazione. Gli autori dei contributi sono colleghi italiani e stranieri, suoi amici di lunga data o allievi: fra loro Adriano Bausola e Emanuele Severino.
Atti del Seminario di Studio su Primo Levi: la dignita dell'uomo", organizzato dalla Biblioteca della Pro Civitate Christiana di Assisi, 20-23 novembre 1994. "
PUBBLICA ARTICOLI RIGUARDANTI: TEOLOGIA DELL ANTICO E DEL NUOVO TESTAMENTO, TEOLOGIA DEI PADRI, TEOLOGIA DOGMATICA, TEOLOGIA MORALE, MISTICA E LITURGICA. ALCUNI QUADERNI SONO MONOGRAFICI.
E' possibile in un'epoca che assiste ad una specializzazione spesso estrema conservare una prospettiva unitaria della realtà e dell'uomo, conciliando la diversità delle scienze con l'unità del sapere? Tale domanda ha una pressante attualità per la cultura odierna, ma le sue origini risalgono lontane nel tempo e ne condizionano tuttora le risposte. Esempio chiarissimo del modo in cui nasce ed è affrontato questo interrogativo è il dibattito sorto nel XIII secolo tra diverse scuole filosofiche.
"Per dare un futuro alla democrazia, si deve rifondarla fino in fondo e, per prima cosa, nella relazione fra l'uomo e la donna dove l'identità naturale non ha ancora raggiunto uno status civile. Cambiare le relazioni fra l'uomo e la donna nella coppia, nella genealogia, in tutti gli incontri privati e pubblici sarebbe un cammino per rendere più democratiche le famiglie culturali, religiose, politiche. Tale via è d'altronde indispensabile per permettere all'Europa di diventare un'Unione fra cittadini e cittadine e non un gran mercato dove ciascuno(a) gioca alla competizione con ciascuno(a). La democrazia che incomincia a due si propone di iniziare la strada, e di scoprire un nuovo alfabeto e una nuova grammatica politici."