Il fenomeno del pluralismo culturale e religioso sfida le società tradizionali a realizzare il passaggio da forme di società multiculturali a forme interculturali, all'interno delle quali le identità culturali, etniche, religiose, sociali non entrino in conflitto, ma possano costituire lo sfondo a partire dal quale si possono organizzare profili di società e istituzioni democratiche comunicative, partecipative e solidali, in grado di garantire la convivialità delle differenze. Ciò rende particolarmente significativa la presenza delle religioni nelle società attuali, che rivendicano maggiore visibilità, riconoscimento ed efficacia pragmatica del loro messaggio. Non a caso il dibattito degli ultimi anni si è concentrato sul rapporto tra le religioni e le istituzioni democratiche, specialmente in ordine alla definizione di un «incontro» tra i contenuti e il linguaggio delle religioni e quelli delle ragioni pubbliche, al fine di realizzare e praticare la coesistenza plurale delle persone. Il presente lavoro affronta la questione dello statuto etico della traduzione cognitiva delle credenze che deve essere in grado di facilitare il dialogo tra credenti e non all'interno della sfera pubblica. Affinché tale dialogo possa concretarsi si impone la necessità di trovare nel "lògos" filosofico il medium della traduzione, il quale, incaricandosi di comprendere i differenti discorsi ("lógoi") degli altri, si connota come uso «pubblico della ragione» in grado di fornire «la ragione delle ragioni» dello stare insieme sociale, politico e religioso e di determinare l'ordine degli incontri tra gli umani, pur nel rispetto, accoglienza e valorizzazione delle reciproche differenze.
Educazione. Per alcuni un peso di cui disfarsi, per altri una risorsa senza la quale qualsiasi gruppo è destinato prima o poi a sgretolarsi. Educare oggi si può? L'educazione è solo una tecnica e una costruzione di competenze? Che si parli di ammonimenti o di «prediche», di modelli o di esempi, il problema attraversa la famiglia, la scuola, le associazioni del tempo libero e le relazioni di lavoro, e chiama sempre in causa la questione dei valori. Di certo, anche per le generazioni dell'era virtuale lo scambio diretto a fini educativi tra le persone - adulti-giovani, maestro-allievo - resta qualcosa di insostituibile.
Si tratta di una vicenda del passato oppure il pensiero e le esperienze della pedagogista italiana hanno continuato a vivere, costituendo modello e spunto per imprese scolastiche e pedagogiche che vanno ben oltre le Case dei Bambini cui il suo nome è soprattutto legato? La risposta è affermativa e si fonda su scritti inediti della stessa Montessori, su testimonianze di discepole, amici, studiosi di fenomeni formativi, personaggi di cultura, su resoconti di sue iniziative e realizzazioni e su documentazioni di "scuole" montessoriane sparse nel mondo e frequentate da allievi di varia età: da bimbi piccini ad adolescenti. Filo conduttore del volume sono le idee della pedagogista, scandite secondo un ordine evolutivo, colte e lette nella loro vitalità, presentate nelle variazioni progettuali e istituzionali che hanno suscitato. Sgombro da intenti agiografici e affidato a più voci, anche assai difformi, il volume, curato da Grazia Honegger Fresco che da anni, in nome di un approccio montessoriano arricchito da apporti diversi, forma educatori della prima e primissima infanzia, si propone come occasione per interrogarsi, partendo da un corpus ben identificabile di idee e di pratiche, sui rapporti tra proposta teorica e iniziativa pedagogica, fedeltà a un Maestro e vitalità di una dottrina in Italia nota attualmente solo a ristretti gruppi di insegnanti.
Il Novecento si era aperto con prospettive ottimistiche verso l'infanzia, sostenute dal progresso in campo medico-igienico; dalle riflessioni di pedagogisti, psicologi e altri studiosi; da un benessere socio-economico abbastanza diffuso e crescente, tanto che la celebre definizione di "secolo del bambino" si è affermata anche nel sentire comune. Ma il Novecento è stato veramente il "secolo del bambino"? Le aspettative e le speranze iniziali si sono realizzate o gli eventi del secolo, come i conflitti mondiali, i totalitarismi, il consumismo, la globalizzazione ne hanno bloccato la realizzazione in parte o totalmente? A tali quesiti il volume intende rispondere, con il contributo di studiosi italiani ed europei, presentando un'analisi storico-educativa del secolo appena trascorso che ne coglie incertezze, ansietà, contraddizioni, ma anche linee di sviluppo e di apertura nei confronti dei bambini e delle bambine e della tutela dei loro diritti.
"Queste Lezioni, che riguardano il diritto amministrativo sostanziale, cercano anzitutto di inquadrare la materia in un contesto storico e di comparazione giuridica. Ciò non soltanto nel primo capitolo, dedicato alle origini e agli sviluppi del diritto amministrativo, ma anche nelle diverse parti del lavoro, ove si analizzano i principi, i modelli organizzativi e l'attività delle pubbliche amministrazioni. L'esame degli andamenti storici è essenziale per comprendere tempi e ragioni della nascita e delle trasformazioni del diritto amministrativo: un diritto giovane - nella sua configurazione compiuta ha poco più di due secoli - che ha conosciuto radicali mutamenti, autentiche metamorfosi. La più evidente è la trasformazione da diritto strettamente legato alle esperienze nazionali a diritto che è venuto ad assumere un ruolo determinante nel panorama dell'Unione europea e dell'esperienza giuridica globale. L'attenzione comparativa è indispensabile, poiché, soprattutto dalla metà del Novecento, è divenuta più intensa la circolazione orizzontale di istituti giuridici, che sono passati da un ordinamento all'altro. In particolare, la tradizione di un penetrante sindacato giurisdizionale sull'attività amministrativa, propria degli ordinamenti giuridici dell'Europa continentale, ha molto influito sui Paesi legati al common law, a partire dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti d'America. Viceversa, la tradizione del procedimento amministrativo preliminare al provvedimento - il procedimento che consente al privato di esprimere la propria voce prima che l'amministrazione pubblica decida - è nata in Inghilterra e di lì è trasmigrata gradualmente nelle esperienze eurocontinentali." (dalla premessa)
I servizi alla persona si pongono l'obiettivo di assicurare ai cittadini di una comunità nazionale un sistema integrato di azioni che mirano a garantire una migliore qualità della vita. In essi vi sono innumerevoli ruoli e funzioni, ma è fondamentale la presenza di personale qualificato, in grado di rispondere, in maniera efficace, alle diverse esigenze. Siccome ciò che accomuna tutti i profili professionali impiegati in quest'area è l'essere in grado di stabilire una concreta relazione con gli altri, l'esigenza di dare vita a relazioni di autentica condivisione delle pratiche e degli interventi pone la necessità della definizione di un'etica dei servizi alla persona e delle relazioni d'aiuto. Il testo, nell'individuare i servizi alla persona e le relazioni d'aiuto come «luoghi» della promozione dell'umano in pienezza, cerca di motivare e spiegare che la domanda fondamentale, sottesa a tutta l'impostazione riflessiva dell'etica dei servizi alla persona e delle relazioni d'aiuto, non riguarda tanto una investigazione di tipo deontologico-morale («che cosa devo fare»), quanto, piuttosto, una domanda più radicale («come dovrei vivere, quale qualità buona devo attribuire alla mia vita e a quella altrui») che interpella l'esistenza quotidiana dell'uomo, il senso della sua condizione umana, il suo progetto di vita e la realizzazione della sua dignità di essere persona.
L'oggetto dell'area finanziaria del management viene comunemente identificato, in letteratura, nella gestione del fattore capitale in riferimento sia alla fase dell'acquisizione, sia alla fase dell'utilizzo, superando una primordiale accezione limitativa e subordinata dell'area di competenza, confinata ai soli problemi di finanziamento dell'impresa. Viene attribuita infatti all'area di competenza della funzione finanziaria, intesa come sub-sistema del management, ogni decisione che abbia per oggetto la gestione di flussi di risorse di capitale. E ciò in riferimento ai processi che ne alimentano l'origine (fonti) e alle decisioni che ne orientano l'utilizzo (impieghi), considerati, i due momenti, in un processo di valutazione integrata.
Questa terza edizione del libro offre un'analisi sistematica, scientifica e aggiornata degli studi sul comportamento organizzativo, per quanto attiene sia ai principali schemi teorici di riferimento sia ai più rilevanti risultati della ricerca empirica. Particolare attenzione viene prestata alla dimensione applicativa e alle implicazioni manageriali. Gli studi di organizational behaviour utilizzano e applicano prospettive teoriche e di ricerca multidisciplinari, di matrice psicologica, sociologica ed economica. L'obiettivo comune è quello di studiare le azioni e le interazioni di individui e gruppi nelle organizzazioni, per comprendere e predire le determinanti delle prestazioni individuali, di gruppo e dell'organizzazione, e per spiegarne il funzionamento, individuando le possibili aree di miglioramento. Il testo è stato completamente aggiornato e in gran parte riscritto. Sono stati introdotti numerosi esempi e casi italiani ed europei, alcuni dei quali redatti in collaborazione con studenti e manager. Il linguaggio, apprezzato in particolare dagli studenti, si è mantenuto diretto e semplice, facilitato anche dalla presenza di soli due autori e da uno stile comune.
In uno stile semplice e chiaro uno degli scienziati del nostro tempo spiega come funziona la perfetta macchina del nostro corpo, tesa a preservare quelle molecole "egoiste" chiamate geni.