Nel crepuscolo londinese una figuretta vola sui tetti delle case: è Peter Pan, l'unico bambino che non cresce mai. Il motivo della visita in città è presto detto: deve riacciuffare la sua ombra ribelle, fuggita mentre ascoltava di nascosto le storie che Mrs. Darling racconta ogni sera ai piccoli Wendy, John e Michael prima di dormire. Sarà l'inizio di una meravigliosa avventura, con una tribù di ragazzi smarriti che vivono su un'isola non riportata dalle mappe (non le vostre, perlomeno!), indiani, fatine dispettose, pirati senza una mano, coccodrilli affamati e sirene ammaliatrici. Il fantastico universo creato da James M. Barrie rivive in queste pagine nell'edizione integrale delle avventure del bambino che non voleva crescere, in una nuova traduzione e con illustrazioni d'epoca. Il volume riunisce infatti i romanzi "Peter Pan nei Giardini di Kensington", racconto della fuga tra le fate di Peter neonato, e "Peter e Wendy", la seconda puntata della saga, resa celebre dalla versione disneyana degli anni Cinquanta. Arthur Rackham, fra i più amati artisti di età vittoriana, e F.D. Bedford, illustratore della prima edizione di "Peter e Wendy", raffigurano le avventure di Peter e compagni con tratto gioioso e sognante, fissando nella fantasia dei lettori di ogni epoca ed età personaggi e ambientazioni di una fiaba senza tempo, che parla dell'incanto perduto dell'infanzia e del potere dei sogni.
Decisamente, il piccolo Yehoshua non è portato per la santità: le preghiere infinite del padre, i libri di morale della madre, l'onnipresenza della Torah che pesa "come un macigno" sulla sua famiglia, quel mondo in cui è attribuita più verità alle fiamme dell'inferno che alla natura circostante e agli uomini concreti che la abitano - tutto ciò suscita in lui solo una sensazione di soffocamento e accende un grande desiderio di fuga. Yehoshua anela ai pascoli, ai cavalli, ai giochi nei campi con i coetanei; alle letture della Bibbia preferisce le storie di ladri, briganti, soldati, vagabondi; ama usare sega e pialla nella bottega del falegname piuttosto che stare rinchiuso ore e ore a scuola, sottoposto alla dura disciplina dei maestri, e mal sopporta la tirannia del senso del peccato: "Qualsiasi cosa uno facesse era peccato. E ovviamente essere sfaccendati era peccato". Eppure, da questi irriverenti ricordi d'infanzia, che Singer ripercorre con la precisione e la brillantezza di una scrittura come sempre magistrale, traspare la nostalgia immedicabile per un mondo, quello dello shtetl, che ancor prima che il nazismo ne sancisse la definitiva cancellazione era già avviato al dissolvimento; di questo mondo, popolato da studenti di Talmud, macellai rituali, rabbini, artigiani, mendicanti, scaccini zoppi, maestri folli e scolari riottosi, Singer ci consegna un ritratto così vivido che ci pare di udirne le voci, di percepirne gli odori - e quasi saremmo tentati di scrollarcene di dosso la polvere.
Che cosa faresti se in una gelida serata invernale una ragazza bussasse alla tua porta per chiedere aiuto? Sei sola in casa, hai paura, nessuno può aiutarti... Ma lei è solo una ragazza. Devi accoglierla, non hai altra scelta. Anche perché lei sembra sapere delle cose su di te e sulla tua vita. Delle cose segrete. E nella ragnatela di menzogne che inizia subito a tessere, e che a poco a poco ti intrappola in una spirale di paura, si nasconde qualcosa che non è affatto una bugia. Nel cuore degli inganni si nasconde la verità più pericolosa. È un freddo pomeriggio di dicembre e Stella è chiusa nella sua bella casa nella campagna inglese. Sono diciotto mesi che non esce: lì si sente al sicuro, protetta dal marito Max. Stella è agorafobica, qualcosa nel suo passato l'ha segnata, ma la situazione sta lentamente migliorando, grazie anche alle cure di Max, psicologo. Ma adesso Max è lontano per lavoro e Stella si trova di fronte Blue, una ragazzina magra, molto agitata, di una bellezza sconvolgente, come sconvolgente è quello che le racconta.
Andreas Egger non ha mai gridato né esultato da bambino. Fino al suo primo anno di scuola non ha mai neppure davvero parlato. Quando nell'estate del 1902, ancora bimbo, lo tirano giù dal carro con cui giunge tra le montagne diventate poi sue, resta semplicemente muto a guardare in alto con grandi occhi stupiti le cime splendenti di bianco. Ha quattro anni all'epoca, e non interessa a nessuno. Men che meno a Hubert Kranzstocker, il contadino che lo accoglie controvoglia. Il bimbo è l'unico figlio di una cognata che ha condotto una vita leggera ed è stata perciò punita dal buon Dio con una tisi che se l'è portata via. Kranzstocker non lo manda al diavolo unicamente perché reca al collo un sacchetto di cuoio con delle banconote. In compenso non esita a picchiarlo per un pane lasciato ammuffire, una vacca persa o un balbettio durante la preghiera della sera. Andreas Egger non grida né esulta nemmeno quando, trent'anni dopo, fa la sua comparsa nella valle, tra le urla di gioia del paese, la squadra del cantiere della ditta Bittermann & Figli: duecentosessanta operai, dodici macchinisti, quattro ingegneri, sette cuoche e un drappello di aiutanti, l'avanguardia di una colonna incaricata di costruire una funivia e mutare per sempre il volto della valle. Andreas Egger ubbidisce semplicemente in silenzio al suo destino: vivere tra la quiete e la bellezza dei monti e la crudeltà degli uomini...
Otto reportage giovanili e inediti, concisi ed estremamente vivaci, che ruotano intorno alle due "stelle nere" dell'epoca: Kwame Nkrumah (Ghana) e Patrice Lumumba (Congo-Zaire). Chinua Achebe, famoso scrittore africano recentemente scomparso, diceva che, finché i leoni non avessero avuto i loro storiografi, la storia della caccia sarebbe stata solo una celebrazione del cacciatore. Ebbene, in questi reportage dei primi anni sessanta, Kapuscinski descrive l'Africa e gli africani dal punto di vista dei leoni e non dei cacciatori. E lo fa con la freschezza e l'entusiasmo di chi è agli inizi della carriera, ma già con l'occhio e il talento dello scrittore che anni dopo si misurerà con la prosa de "Il Negus". Questa edizione è arricchita da alcune note a piè pagina e da una postfazione di Bogumil Jewsiewicki, indispensabili a chiarire il contesto storico del Ghana e del Congo all'epoca del soggiorno dello scrittore polacco. Il testo è corredato da dieci foto scattate da Kapuscinski ad Accra tra il 1959 e il 1960.
Il romanzo è la storia di un progressivo inaridimento morale, il percorso deplorevole di un giovane uomo che lentamente, ma inesorabilmente, perde interesse verso tutto ciò che lo circonda, in nome di un'unica passione: il gioco d'azzardo.
Budapest, inverno del 1960. Kristi ha quindici anni e il carattere chiuso di una ragazzina cresciuta all'ombra di una tragedia troppo grande. Sua madre è morta nel darla alla luce sotto i bombardamenti della Seconda guerra mondiale, e la sua famiglia è formata dal padre e dalla nonna materna. Un microcosmo senza allegria. Ma oggi è tutto diverso: a scuola c'è una festa di carnevale e Kristi ha ottenuto il permesso di parteciparvi. La nonna le ha cucito un bellissimo abito da zingara e così mascherata Kristi è sicura che troverà il coraggio per portare a compimento il suo piano. Parlerà con la sua professoressa preferita, la giovane Eva Megyesi, che tanto le è stata vicina in questi mesi, aiutandola a trovare quella serenità che le è sempre mancata. Kristi le dirà che ha capito che anche suo padre è stato conquistato dalla sua forza e dalla sua allegria e forse ci sarà una seconda occasione di felicità per tutti...
Dopo "Il cantore di storie" con questo nuovo romanzo Rabih Alameddine ci trasporta in Libano, a Beirut, e, all'inizio, in un vecchio appartamento della città. È qui che incontriamo Aaliya, una donna di settantadue anni, i capelli tinti di blu, una traduzione da iniziare, forse, e una storia da raccontare. Aaliya ci parla della sua vita: anni e anni dedicati a leggere i capolavori della letteratura mondiale per poi tradurli, in silenzio, per puro amore, senza che alcuna traduzione veda mai la luce della pubblicazione; mentre per le vie della città cadevano bombe e si udivano gli echi di una guerra capace di trasformare giovani pacifici in spie e assassini. Una guerra che ha costretto una donna sola come lei, di professione libraia, appassionata di libri, a dormire con un fucile accanto al letto per difendersi da attacchi improvvisi. Una guerra che ha costretto Aaliya a rimandare l'appuntamento con l'amore. Siamo ciò che leggiamo, disse un saggio, e Aaliya è questo: una creatura meravigliosa, fatta di carta, eppure viva, piena di umorismo, che si nasconde da tutto e tutti dentro una vecchia giacca di lana e dietro la letteratura, cercando nei libri l'amore che la sua famiglia non è stata in grado di darle.
Costretto all'esilio dal duca di Lu, Confucio disse: "Se la mia strada finisce salirò su una zattera e mi lascerò portare verso il mare". E così Kongzi, settantaseiesimo discendente diretto del grande filosofo, fugge con la moglie incinta e la figlia quando la Squadra della pianificazione familiare entra nel villaggio per sterilizzare con la forza tutte le donne fertili e interrompere le gravidanze di quelle che hanno già un figlio. Mentre la Cina si avvia a diventare la prima potenza mondiale, Kongzi e Meili vanno alla deriva lungo lo Yangtze, portando il lettore in un disperato e poetico viaggio attraverso il paesaggio che si trasforma e la tragedia provocata dall'esperimento di ingegneria sociale concepito per contenere, a costo di qualsiasi violenza sul corpo delle donne, la crescita demografica del paese. Dal coraggioso autore di "Pechino in coma", le cui opere sono tuttora bandite in Cina, un nuovo romanzo che racconta il volto oscuro del miracolo economico cinese.
Pubblicato nel 1887, "Uno studio in rosso" è il primo romanzo (di quattro) in cui compare a tutto tondo il personaggio di Sherlock Holmes. Affiancato dal medico John Watson, congedato dall'esercito per una ferita, l'investigatore inglese si contraddistingue per le straordinarie competenze in chimica e anatomia e l'incredibile capacità deduttiva, messa in atto a partire da pochi particolari fisici o da dettagli relativi all'abbigliamento. "Uno studio in rosso" si incentra sul misterioso omicidio di un uomo, trovato morto in una casa con accanto un anello nuziale da donna e la scritta "Rache" (vendetta, in tedesco) sul muro. In questo primo romanzo sono già presenti quasi tutti gli elementi che renderanno immortale la figura di Sherlock Holmes: la città di Londra avvolta in una nebbia fitta e impenetrabile, il compagno di avventure Watson, emblema del punto di vista dell'uomo comune, e chiaramente lui, Holmes, che in breve tempo comincerà a vivere di vita propria, tanto da ispirare una sterminata produzione cinematografica e televisiva.
Nelle sue memorie Canetti scriverà, a proposito della massa: "È un enigma che mi ha perseguitato per tutta la parte migliore della mia vita e, seppure sono arrivato a qualcosa, l'enigma nondimeno è restato tale". Il "qualcosa" a cui qui si allude è "Massa e potere": la sua lunghissima genesi - apparve dopo trentotto anni di elaborazione - fa capire quale immensa energia, concentrazione, furia si sia depositata nelle pagine di questo libro. Un libro che è un vasto mito costellato di tanti altri miti - spesso dissepolti con passione da libri dimenticati nell'oscurità delle biblioteche -, dove Canetti, con l'asciuttezza vibrante di un annalista cinese, riesce a saldare in un tutto l'immane storia che vive in ciascuno di noi, iscritta nei nostri gesti elementari.
I destini dei fratelli Cioran, uniti in gioventù dalla passione intellettuale e dal fervore politico, si separano sul finire degli anni Trenta. La guerra mondiale e la cortina di ferro che taglia l'Europa in due blocchi contrapposti, li costringeranno a quarant'anni d'esilio forzato. L'uno, Emil, meteco a Parigi, nel cuore di quel "paradiso desolante" che è diventato ai suoi occhi l'Occidente; l'altro, Aurel, prigioniero in patria, in una Romania ormai simile a un grigio inferno "che non è più di nessuno". I due fratelli affidano alla sorte incerta e vulnerabile della missiva il desiderio di sentirsi uniti, nonostante la Storia stessa cospiri contro di loro. Dalle lettere ad Aurel emerge un altro Cioran, per certi versi inedito. Benché animato da un orrore gnostico per la procreazione, di fronte alle sofferenze dei congiunti il "persuasor di morte" cambia registro, rivelandosi di volta in volta provvidenziale medico dell'anima, consulente familiare e scrupoloso... farmacista. Sotto il segno della malinconia - eredità a un tempo familiare e culturale - Cioran si riconcilia col fondo romeno della sua anima ed è colto da un'"ineffabile nostalgia" per i luoghi incontaminati dell'infanzia, metafora del suo sradicamento metafisico.