Nella lettera apostolica "Porta fidei" papa Benedetto XVI afferma: "La conoscenza della fede introduce alla totalità del mistero salvifico rivelato da Dio. [...] Per accedere a una conoscenza sistematica dei contenuti della fede, tutti possono trovare nel Catechismo della Chiesa Cattolica la loro sintesi sistematica e organica". Proprio dalla lettura e dalla meditazione del Catechismo nasce quest'opera poetica, che si sviluppa seguendo tutti gli argomenti: la professione di fede con i misteri della Trinità, i sacramenti, la vita sociale, i dieci comandamenti, la preghiera.
Con un linguaggio in cui spiritualità e sensualità si abbracciano, la raccolta di poesie Sono Tua traccia la strada per vivere un rapporto autenticamente intimo con il Signore: un percorso difficile, a causa della fragilità umana, delle prove e dell’aridità, ma fondamentale per il riscatto di ogni uomo, anche nella sua dimensione comunitaria. L’importante è la consapevolezza di essere creature amate e guidate dalla misericordia divina, ammettendo di essere bisognosi: solo così ci apriremo all’azione della grazia e al conseguente zelo apostolico, compito di ogni cristiano.
Quando ho cominciato a studiare poesia a Yale verso la fine degli anni Settanta, il primo nome di poeta che chiunque avrebbe nominato era John Ashbery. Era l’uomo del mo- mento, il poeta del quale bisognava aver letto i lavori più recenti se davvero si voleva conoscere lo stato dell’arte ed essere à la page. Quando qualche anno fa ebbi l’occasione di tornare a Yale, dopo un quarto di secolo, il poeta di cui più parlavano i giovani lettori, il cui ultimo libro era un passag- gio obbligatorio, il cui lavoro sembrava essere al centro del momento culturale, era ancora John Ashbery.
— Joseph Harrison, dall’introduzione
La grande innovazione delle poesie di Ashbery sta nel fatto che esse non spiegano né simbolizzano e nemmeno si riferi- scono a qualche esperienza che il poeta ha avuto, qualcosa che è fuori di loro e nel mondo, qualcosa di precedente. Le poesie non sono “su” nulla, sono loro a essere qualcosa, esse sono la loro stessa creazione, e sarebbe più giusto dire che il mondo è, invece, una loro chiosa, un saggio critico su di esse. Con tutta la sua modestia e amabilità, nondimeno questa è la grande asserzione simbolista di Ashbery: che il mondo esiste per finire in un libro.
“Abbiamo bisogno di contadini,
di poeti, gente che sa fare il pane,
che ama gli alberi e riconosce il vento.
Più che l’anno della crescita,
ci vorrebbe l’anno dell’attenzione.
Attenzione a chi cade, al sole che nasce
e che muore, ai ragazzi che crescono,
attenzione anche a un semplice lampione,
a un muro scrostato.
Oggi essere rivoluzionari significa togliere
più che aggiungere, rallentare più che accelerare,
significa dare valore al silenzio, alla luce,
alla fragilità, alla dolcezza.”
“La prima volta non fu quando ci spogliammo
ma qualche giorno prima,
mentre parlavi sotto un albero.
Sentivo zone lontane del mio corpo
che tornavano a casa.”
Franco Arminio ha raccolto qui una parte della sua sterminata produzione in versi. Ma non è un’antologia, è un’opera antica e nuova, raffinata e popolare, un calibrato intreccio di passioni intime e passioni civili.
La prima sezione è un omaggio al paesaggio e ai paesi che Arminio racconta da anni nei suoi libri in prosa. La seconda ci presenta una serie di poesie amorose in cui spicca il suo acuto senso del corpo femminile. Dopo i testi intensi dedicati agli affetti familiari, le conclusioni sono affidate a una serie di riflessioni sulla poesia al tempo della Rete.
I versi di Arminio sono lavorati a oltranza, con puntiglio e cura, con l’obiettivo di arrivare a una poesia semplice, diretta, senza aloni e commerci col mistero. La sua scrittura è una serena obiezione alle astrazioni e al gioco linguistico, una forma di attenzione a quello che c’è fuori, a partire dal corpo dell’autore, osservato come se fosse un corpo estraneo. L’azione cruciale è quella del guardare: “Io sono la parte invisibile / del mio sguardo”.
Poeti cristiani latini dei primi secoli è un'ampia antologia della poesia cristiana, dal II al VI secolo dell'era cristiana. I testi sono tradotti da settanta poeti italiani contemporanei, ognuno dei quali ha tradotto in linguaggio poetico un autore dell'antichità sul modello di precedenti antologie curate per l'editore Bompiani (Lirici greci e Poeti latini) dallo scrittore e poeta Vincenzo Guarracino che ha coordinato il lavoro di tutti. Alcuni autori tradotti: Lattanzio, Damaso, Ilario, Ambrogio, Prudenzio, Paolino da Nola, Agostino, Claudiano, Boezio. Tra i traduttori : P.Bigongiari, M.Luzi, R.Sanesi, P.Ruffilli, R.Mussapi, I.A.Chiusano, V.Volpini, A.Parronchi, R.Crovi, C.Ruffato, B.Garavelli, M.Beck, C.Ferrari, E.Coco, P.Lucarini, G.Ferri, G.Finzi, R.Nigro, G.Oldani, St.Zecchi, T.Crivellaro, F.Manzoni, P.Maffeo, S.Raffo, G.C.Pontiggia, M.Santagostini, F.Dainotti, F.Panzeri, V.Magrelli, R.Minore, C.Greppi, T.Rossi, E.Salvaneschi, L.Fontanella, O.Rossani, M.Cucchi...
La bambina pugile è tornata. La riconosciamo, la ritroviamo con la sua insonnia, la sua febbrile sensibilità, le sue debolezze e la sua incredibile forza. La seguiamo in un percorso poetico che evoca una sorta di narrazione emblematica. Si parte dalla casa. La vita di una persona emana dagli spazi dove è cresciuta. Portone, finestre, pavimenti, muri, scrivania, frigo, letto e cosi via: la bambina è come diffusa nelle cose, negli oggetti che l'hanno accolta. Poi esce nel mondo e deve inventarsi gli strumenti per percepirlo. Il libro diventa un viatico per «saper leggere le stelle - ma non la grammatica». O forse, più che guardare il mondo con occhi diversi, il passo ulteriore è essere il mondo: essere piuma, essere nuvola, essere luce. Infine c'è chi cade, tutti prima o poi cadono, ma nessuna caduta impedisce di «farsi vivi». Al di là di questo traliccio strutturale, la raccolta è molto fluida e per niente schematica. Nodi irrisolti si alternano e si intrecciano con un'esperienza mistica quotidiana, mite, senza enfasi di spossessione. Quella particolare voce, come d'infanzia, che già abbiamo conosciuto via via nei libri precedenti dell'autrice è ormai un meccanismo ad alta precisione con il quale Chandra Candiani riesce a far affiorare nella maniera più efficace ciò che non è visibile.
«La poesia, così come la prosa, sta semplicemente tornando a essere ciò che è sempre stata. Cinque secoli di silenziosa cultura tipografica sono solo una parentesi nella lunga storia, Foucault avrebbe detto "a pendenza lieve", dell'"arte del discorso" e della sua inseparabile gemella che riguarda tutti: "l'arte dell'ascolto". Ogni epoca può fare arte con i mezzi che si trova a disposizione, schizzare via più rapida di quanto ci sta già mutando, oppure ricorrere ai mezzi precedenti e già desueti, con i quali solitamente si cerca di tenere buoni e fermi coloro i quali, per loro stessa natura, sono in perpetuo transito. Se io metto su un congegno ad arte per tornare a ripeterti "sta buono lì", non è cambiato nulla, vuol dire che ho il mio interesse nel condividere la messa in stato con cui altre forze, mobilissime e fin troppo dinamiche, ci ripetono di stare tranquilli, perché tanto è tutto come prima. Ma se ti chiedo invece di "darti una mossa" e vivere veloce, allora vuoi dire che io, con te, quelle forze le voglio fregare, e che non voglio starmene fermo ad aspettare che decidano la mia sorte». Gabriele Frasca
La scrittura di Bordini è sottilmente feroce e declina con ironica, svagata cautela la paranoia. In essa si riconoscono i dintorni dell'eccesso di pensiero e il portato della solitudine psichica. Poeta narrativo dal passo stilistico crudo e micidiale, gli viene riconosciuta la forza di un "razionalismo onirico" (Paolo Febbraro) e di un "dormiveglia vigile" (Filippo La Porta). I costruttori di vulcani accoglie tutti i libri in versi pubblicati da Bordini, ma con interventi che hanno apportato cambiamenti ai testi. L'autore ha anche montato le raccolte originarie senza conservarne la cronologia d'uscita, nel tentativo di creare una struttura musicale. Questo volume è dunque un libro nuovo, pur essendo costituito dalle poesie scritte da Bordini in oltre trent'anni.
Con questa raccolta prosegue la prova poetica di Marco Garzonio cominciata in Siamo il sogno e l’incubo di Dio (Àncora, 2015). I temi, scrive l’autore, «restano il cammino personale e i sussulti del mondo, impastati con quel Dio che sempre più mi cerca, mi inquieta, mi stana». A legare volti, luoghi, eventi evocati dalla parola poetica (da Martini a Turoldo, da Milano all’amata valle Spluga, dal terrorismo fondamentalista ai profughi che premono alle porte di un’Europa cinica e distratta) la riflessione sui profeti della porta accanto, coloro che – nelle parole dell’autore – «ci parlano e ci addestrano con gesti o silenzi, col fatto solo di esserci e affrontare ogni giorno le difficoltà della vita secondo sobrietà, semplicità, onestà, con quel sano strabismo dell’anima che porta ad avere un occhio sugli altri e l’altro su se stessi». «Garzonio è un profeta della porta accanto, in cerca della sua visione. Uno che a ogni tramonto, davanti al sole che scende, senza nostalgia lo guarda / che ancora è lungo il giorno sino a notte. Lungo è il giorno, e santo, a saperlo godere e inseminare, come Marco, di pollini di poesia e profezia » (dalla prefazione di Ermes Ronchi).
Pubblicato nel 1728 all'interno del terzo volume di Miscellanee di Jonathan Swift e Alexander Pope, il Perì Bathous, o L'arte di toccare il fondo in poesia è una divertita esplorazione dei bassifondi del Parnaso, una velenosa spigolatura di assurdità estetiche, un prontuario di sovversione poetica ad uso delle teste di legno erudite - il tutto addobbato nelle contegnose vesti della trattatistica classica sul sublime. Questa spietata disamina delle cause e delle manifestazioni del cattivo gusto in poesia nasce come esercizio collettivo dello Scriblerus Club, il circolo informale di letterati e politici Tory che, a partire dal 1714, furono di fatto proscritti dall'attività pubblica sotto l'incontrastata supremazia Whig. A perfezionare l'opera sarà il solo Pope: la sua condizione di outsider, oltre alla fama e agli anticipi per le sue traduzioni omeriche, faranno di lui il primo poeta inglese capace di fondare il proprio successo soltanto sul pubblico, senza le ingerenze del mecenatismo. Fu una carriera che improntò un'epoca e raggiunse l'apice nelle Imitazioni di Orazio, una serie di satire, odi ed epistole in distici eroici sull'arte e la letteratura. Fra queste, l'Epistola al dottor Arbuthnot - qui pubblicata con testo a fronte - è il coronamento del «lungo malanno» che fu la vita di Pope: un capolavoro che fonde autobiografia intima, struggente elegia dell'amicizia e satira abrasiva in una deflagrante miscela di furia, decorum, malizia, malinconia e felicità espressiva.