
I versi di Roberta Dapunt, che alternano parole e silenzi in modo così semplice e così sapiente, sono sempre un dialogo col sacro, un sacro che si manifesta nei misteri del quotidiano. E il primo mistero di cui si tratta in questo libro è la demenza, il malato di Alzheimer, una forma di Altro inconoscibile, sospeso in un luogo apparentemente metafisico, ma nello stesso tempo persona, corpo, snodo di concentrazioni affettive. Ecco dunque il continuo dialogo con Uma, che in ladino significa madre ma che l'autrice usa come nome universale, una chiamata, una sorta di tu che sintetizza esperienze diverse, sue e di tanti. E questo incontro, questo accudimento diventa percorso di conoscenza di qualcosa che non si può conoscere. Un percorso difficile e doloroso che non manca di "beatitudini", una forma di misticismo riflesso dove il vero mistico è il malato, che si può soltanto interrogare senza avere risposte, che si può soltanto accostare con amorosa ritualità.
"Se la filosofia è una storia d'amore in cui l'oggetto del desiderio sono le idee, i concetti, la verità, è inevitabile che quando la filosofia parla dell'amore è come se si mettesse allo specchio per contemplare la propria immagine riflessa. In una famosa conferenza dal titolo Che cos 'è la filosofia?, il filosofo tedesco Martin Heidegger ha scritto che in un primo momento, ai tempi di Eraclito, l'amore della filosofia era da intendere come una forma di corrispondenza, senza nessuna connotazione amorosa in senso erotico. E solo in seguito, con Socrate e Platone, che l'oggetto della filosofia si è trasformato in oggetto del desiderio e l'amore filosofico in tensione amorosa, in eros. Non stupisce allora che i filosofi parlino tanto dell'amore: la filosofia non è altro che una forma di questo amore. O forse dovremmo dire, con Platone, che Eros è per natura filosofo."
"La poesia di Loretto Rafanelli si è sempre incentrata su un nodo tragico: esilio, solitudine, necessità della voce. Esilio significa solidarietà della voce del poeta con chi non ha diritto riconosciuto alla voce: il soffio della poesia crea fermezza in chi sta sentendo svanire la propria esistenza. Solitudine è un tema centrale della poesia d'Occidente, centrale e molto presente, non esclusivo: sulla scia della lirica assoluta e quindi sola, da Petrarca a Ungaretti, Rafanelli fissa la voce poetante come unica risposta a un mondo che chiude la comunicazione naturale, implicandone un'altra, forzatamente innaturale. Necessità della voce è la conseguenza di questo: mentre il mondo, per Rafanelli, pare sempre svanire, una necessità umana e civile pretende memoria, risposta, certezza, durata. Fino a ieri. Ora la poesia di Rafanelli, senza nulla perdere di questa agonica necessità e questo etico dolore, cerca altre cose. Non i nomi, che sempre esistono nel suo canzoniere, e che perdurano come in una memoria inconscia e dettante. Non i luoghi, che da sempre esistono nella sua opera, come emblemi. Ora entra in scena un'altra realtà, più semplice, difficile da perseguire, teoricamente ineffabile: Rafanelli trasforma nomi e luoghi in storie, come un pittore barocco o uno scultore antico crea forma, traduce le visioni, le vuole fare vere, presenti, qui e ora." (Roberto Mussapi)
Il primo libro di poesia di Bergonzoni può essere la dimostrazione che, a forza di "praticare l'inesistente che c'è", non ci si riduce, anzi, ci si spande e si dilaga. Con quest'opera infatti riparte, ancora, per una delle sue prime incalcolabili volte. Una scrittura piovana, anfibia e incrociata, di chi si sente "più autorizzato che autore, più scritturato che scrittore, perché il pensiero è frequenza e a noi è concesso captarla, accoglierla, farla abitare".
Cinquanta poesie senza confini, che viaggiano e spaziano. Rime scritte per qualcosa o qualcuno, che poi girano il mondo per essere usate da tutti. Che non si fermano e vanno oltre le intenzioni del poeta... diventando così "Rime raminghe."
"È densa di echi letterari, ma arriva al cuore con l'immediata intensità del quotidiano. È contemporanea ma disarmante nel suo nucleo atemporale. La poesia di Pierluigi Cappello, la cui opera è qui finalmente riunita, ha incantato i lettori più diversi, dal premio Pulitzer Jorie Graham - che ha confessato di essere rimasta stregata dall'incontro con i suoi libri e di volerli tradurre in inglese - a Jovanotti, che ne tweetta i versi per i fan. Tullio Avoledo è certo che "la poesia di Cappello parlerà di noi molto dopo che ce ne saremo andati" e Francesca Archibugi, autrice di un film sul poeta friulano, dice di lui che "ti risveglia e diventa un amico interiore". Le sue parole ci svelano il nostro mondo, e leggerle è una rivelazione che scalfisce ogni certezza." Con una prefazione di Francesca Archibugi
Ewa Lipska Appartiene per generazione al movimento degli anni Sessanta della cosiddetta Nowa Fala (Nuova Ondata), ma da questa Nouvelle Vague ben presto si distanzia per temi e linguaggio. I temi della morte, della paura del futuro, dell'incertezza connaturata alla vita umana fanno da sfondo ad un gioco stilistico nel quale lo spazio poetico ricco di metafore e paradossi crea un universo inconsueto e magico. Pubblicista, scrittrice di testi teatrali e di prosa, di canzoni, ha pubblicato nell'ultimo decennio numerose raccolte poetiche.
La prima edizione di 'Le poesie' di Tommaso Campanella, fu pubblicata da Einaudi a Torino, nel 1998. Esaurita da tempo viene sostituita da questa nuova edizione, che la accresce notevolmente con aggiunte che il curatore ha tratto da propri lavori successivi e con altre aggiunte inedite.
Come uccelli in volo questi trecentoventisei aforismi nei quali si condensano le visioni mistiche e gli slanci poetici di Rabindranath Tagore: la voce più pura e sublimata dell'India moderna. Nel suo linguaggio immaginifico trasmette il pensiero di una cultura millenaria, cui l'Occidente deve molto.
"Mistica d'amore" riunisce cinque opere di ispirazione religiosa composte da Alda Merini fra il 2000 e il 2007, racconti poetici che hanno per protagonisti le figure fondamentali della fede cristiana. Le pagine di "Corpo d'amore" indagano l'enigma di Gesù e il potere del suo amore per gli uomini, "fiamma che sciolse tutti i ghiacciai dell'universo". Riflessioni riprese nel "Poema della croce", al centro del quale si staglia il teatro della crocifissione, il luogo terribile dove il dolore di Dio e quello dell'uomo convergono e la pietà e la speranza sembrano bandite per sempre. In "Magnificat", una Vergine Maria fragile e umanissima rivive il suo smarrimento di fronte al mistero della divinità del figlio e, in "Cantico dei Vangeli", Pietro, Giovanni, Giuda, Pilato, Maria Maddalena intessono con Gesù un dialogo intenso, ciascuno con accenti diversi - pensosi, drammatici o intimi. In "Francesco", infine, il santo di Assisi ripercorre, in un monologo che è a un tempo confessione e preghiera, le tappe fondamentali della sua vita, dalla rinuncia ai beni del padre all'attesa della morte. Ne risulta un unico canto di amore mistico, dove poesia e professione di fede si intrecciano in versi di potente suggestione e grande forza espressiva.
"'Col tanfo di caseificio, col chiasso degli zoccoli io sono, ingiustificatamente, la polvere delle ossa dei miei indebitati vicini...' Composto verso il 1960, pubblicato nel 1981, e definito dallo stesso Thomas Bernhard come un testo di assoluta pregnanza all'interno della sua produzione narrativa, 'Ave Virgilio' rappresenta l'esito di due tendenze stilistiche apparentemente contraddittorie. Riflessione teorica e concrezione corporea, teologia negativa e ossessione materica, proiezione simbolica e décor regionalistico convergono nella stesura di un manufatto nero ed oracolare. Infatti, benché il libro rechi le tracce di due soggiorni all'estero (Gran Bretagna e Italia), il suo vero cuore sta nel lacerante sentimento di attrazione e odio che l'autore nutre verso la propria terra: 'Il mio sapere ce l'ho dai solchi nei campi di patate, dall'oscurità del porcile ho appreso cielo e terra, nel rotolio dei mucchi di mele ottobrine ho il mio salmo incessante...' Osti, parroci, sindaci, mastri birrai, arcivescovi, scrivani comunali, contadini e sposi, figure dell'autorità o del martirio (il Padre contro il Figlio) insieme a baluginanti santi intercessori quali Catullo, Dante, Pascal, o Virgilio, compongono il quadro di un inferno bucolico fatto di sangue, cunei nella carne, mattatoi. Lo si vede ad esempio nell'allucinato 'Canto del figlio del macellaio'." (Valerio Magrelli)
"Idillio con cagnolino" è un fermo immagine sulla perfezione di un triangolo amoroso tra una figlia, una madre e una nonna. Ovvero mette in scena la storia che passa, come una linea retta tra una nonna arcaica e post-bellica, una madre cresciuta nel periodo del boom economico e una figlia digitale. Il risultato non è scontato: nelle luminose affermazioni della bambina, quasi dei piccoli apologhi, si intravede molto del nostro passato, come un filo che si riannoda con la saggezza dei vecchi. Sullo sfondo un dialogo serrato tra città e campagna, tra capitalismo e difesa dell'essenziale, tra grandi temi e piccole osservazioni domestiche. Ecco che "Idillio con cagnolino" mette la sordina per parlare delle grandi ingiustizie sociali e storiche, lo fa ascoltando il punto di vista di una bambina che parla con i suoi giocattoli, con i lupi e le streghe. E noi vediamo i grandi lupi della Storia, i cattivi di sempre. L'Idillio si chiude con il Pianto per la distruzione di Beslan, un allucinato resoconto di come il nuovo millennio sia potuto iniziare con una strage di bambini. L'Idillio rivela la sua natura di incanto provvisorio, di attimo di quiete strappato all'imprevisto, all'incidente, al terrore. E proprio per questo fatalmente vitale.