Fara, nata dall'infelice matrimonio tra Arnon, principessa araba, e Antipa, figlio di Erode, appena sedicenne parte per la Galilea per uccidere il padre che aveva abbandonato e tradito la madre. Nel suo viaggio si imbatte prima in Giovanni Battista, poi in Simone, proprietario di alcune barche da pesca, turbato e colpito dai racconti sul «figlio del falegname». Una vita tranquilla quella di Simone, figlio di Giona, tutta dedita al lavoro di pescatore fino al giorno in cui sente parlare di Gesù, che da qualche tempo percorreva le strade della Galilea richiamando folle sempre più numerose e compiendo guarigioni miracolose. Simone, che già da giovane si era allontanato dalla pratica religiosa, resta incredulo, ma una insolita inquietudine lo porta a mettersi sulle tracce del «figlio del falegname» per smascherarlo. Quando si trova di fronte a lui, però, deve riconoscere che «c'era proprio qualcosa di strano in quell'uomo». Da quel momento il centro del suo interesse non è più la pesca, ma proprio «quell'uomo» che inizia a seguire e a servire. Una mattina, mentre è sulla barca, si sente chiamare per nome: «Simone». Douglas cattura il lettore attraverso uno straordinario intreccio di personaggi e avvenimenti, alcuni dei quali si ritrovano nel grande romanzo La tunica, sulla figura di Cristo. Così facendo l'autore rende partecipi di ciò che ha portato i primi cristiani a credere in Gesù, l'esperienza di una umanità mai vista prima, che parlava a ciascuno singolarmente e faceva domandare: «Cos'è mai che rende quest'uomo diverso da tutti gli altri?».
Un nuovo libro su Pietro e Paolo? Non esattamente. È piuttosto un mettere faccia a faccia i due apostoli: l'uno, Simon Pietro il galileo, chiamato da Gesù Kefàs, Cefa, cioè "Pietra", "Roccia", e l'altro, l'ebreo di Tarso di nome Saul, diventato poi Paolo, dal latino Paulus, cioè "piccolo". Le domande che ci poniamo sono queste: Pietro e Paolo si sono conosciuti? Si sono mai incontrati? E dove? Che cosa dicono l'uno dell'altro? E come vengono presentati insieme nelle prime fonti letterarie? È attendibile la tradizione secondo la quale tutti e due avrebbero subìto il martirio a Roma? I luoghi di culto, dove si ritiene siano conservate le loro tombe, o ciò che resta delle loro reliquie, - sotto la Basilica di San Pietro in Vaticano e nella Basilica di San Paolo fuori le mura - hanno una qualche garanzia di veridicità storica? Che cosa dire di quella storiografia che ha presentato i due apostoli come contrapposti corifei di due visioni antitetiche del cristianesimo, una giudaizzante e legalista (Pietro), e l'altra libera dalla Legge e universalistica (Paolo)? Questo studio non intende affrontare questioni che sono tra le più complesse e impegnative della Chiesa antica, ma solo ripercorrere i testi letterari che ricoprono quell'arco di tempo abbastanza lungo che va dalla "conversione" di Saulo/Paolo (33 ca d.C.) fino a Ireneo di Lione (200 ca), l'ultimo che poteva ancora dire di aver conosciuto un testimone dell'epoca apostolica. In questo modo l'autore intende dare il suo contributo alla conoscenza, sempre affascinante, del primo cristianesimo.
La riflessione che Martini propone è un vero e proprio viaggio verso l’interiorità, un cammino tutt’altro che facile. Da un lato c’è quel che noi diciamo di noi stessi; dall’altro quello che gli altri capiscono e dicono di noi; su un versante ancora più impervio, infine, c’è tutto quello che né noi né gli altri sappiamo di noi stessi. La sfida di andare a fondo nell’esplorazione di questi tre fronti non deve trovarci impreparati. Occorre anzi affrontarla con coraggio. Del resto, ogni esplorazione dell’interiorità è una porta di accesso alla chiamata che Dio ci rivolge, ed è al contempo «l’altra faccia della nostra conoscenza di Dio». Dio ci chiama «per dirci il nostro nome, la nostra identità in un incontro personale, irripetibile, singolarissimo, che trasforma la nostra esistenza in maniera assolutamente insperata e imprevedibile». In questo, anche in questo, la via di Pietro è il simbolo di ogni cammino dell’umanità verso il Regno, di ogni pellegrinaggio verso la casa del Padre.
Figura chiave del cristianesimo nascente, Pietro è il primo ad aver visto Gesù risorto: un evento che fonda la sua autorità e fa di lui una delle «colonne» della comunità di Gerusalemme. Personaggio dai forti contrasti, unisce alla determinazione e alla responsabilità del capo la fragilità dell’uomo, che nel momento della difficoltà non esita a rinnegare il Maestro. Il suo martirio, avvenuto probabilmente a Roma sotto Nerone, lo ha indissolubilmente collegato a quella città, stabilendo - non senza dolorose fratture - il primato romano nella compagine delle chiese cristiane.
Claudio Gianotto Insegna Storia del cristianesimo e Storia delle origini cristiane nell’Università di Torino. Tra le sue pubblicazioni «Ebrei credenti in Gesù» (Edizioni Paoline, 2012); per il Mulino, «I vangeli apocrifi» (2009) e «Giacomo, fratello di Gesù» (2013).
Chi fu san Pietro? Per molti secoli figliastro ignorato della ricerca critica sulla Bibbia (soprattutto protestante), nel corso degli ultimi due decenni il personaggio di Simon Pietro ha conosciuto una grande rinascita. Un numero crescente di studi, sia di protestanti sia di cattolici, ha aperto la strada a un modo meno polarizzato di comprendere il ruolo di Pietro nella prima generazione del movimento di Cristo, tanto da poter dire che in un certo senso il nuovo impulso ormai più di mezzo secolo fa impresso agli studi su Pietro ha prodotto, sia pure con grande ritardo, frutti eccezionali. Oggi la figura non poco nebulosa di Simon Pietro viene ad assumere un ruolo inaspettatamente vitale all'epicentro delle origini cristiane, e nella sua varietà la memoria protocristiana fa emergere come di fatto e per i suoi effetti Pietro fu probabilmente l'uomo ponte (pontifex maximus) che più di ogni altro si adoperò per tenere insieme le diversità del cristianesimo nel primo secolo.
Su Simone "lo Zelota", uno dei Dodici, i testi sacri tramandano un assoluto silenzio. La tradizione più accreditata riferisce che Simone annunciò il Vangelo in Persia e in Armenia (insieme a Giuda Taddeo, un altro apostolo), dove subì il martirio. Partendo da questi pochi dati, il libretto offre un racconto che si incastona armonicamente nella narrazione evangelica.
Pietro il pescatore, la roccia, il discepolo di Gesù e primo vescovo di Roma. Chi era veramente? Un personaggio esitante e pieno di dubbi, oppure un pioniere della fede, uno stratega o il primo diplomatico nella storia della chiesa? Carsten Peter Thiede, storico ed esperto papirologo, formato alla scuola scientifica tedesca e inglese, in quest'opera espone il frutto delle sue lunghe ricerche, attingendo alle fonti bibliche e ai reperti storico-archeologici attorno alla figura di Pietro. L'analisi dettagliata dei passi biblici e le acute deduzioni dell'autore, compongono un avvincente mosaico capace di presentare sotto una nuova luce la singolare personalità del Pietro "storico" sul quale si fonda il Pietro della fede.
Martin Hengel, studioso di confessione luterana, ha pubblicato nel 2006 un volume dal titolo "Pietro, il sottovalutato". Egli ritiene che la figura dell'apostolo Pietro sia stata trascurata nella ricerca, nonostante la centralità che il Nuovo Testamento gli riconosce. Di Pietro e della sua "autorità" o, come si usa anche dire, del suo primato. Quest'ultima questione è stata sollevata spesso per stabilire l'eventuale estensione di tale primato ai vescovi di Roma, considerati i suoi "successori". Si è parlato lungo i secoli e continua una discussione vivace nel dialogo ecumenico. Obiettivo del libro è quello di affrontare l'argomento nell'ambito del Vangelo di San Luca, traendo spunto per sondare il motivo che ha spinto Luca (al pari di altri autori neotestamentari) a mettere in risalto la figura di Pietro. Infatti, si parla di lui soltanto per una necessità storica, ossia per riportare i fatti come fedelmente sono avvenuti, oppure anche per trasmettere, attraverso il racconto, un aspetto non secondario della rivelazione. La ricerca intende offrire ai lettori alcuni elementi per riflettere sulla figura dell'apostolo Pietro, il trait-d'union tra l'eccezionale personalità del Maestro e Paolo di Tarso.
Chi non subisce il fascino di una sequela totale di Cristo? È il fascino dei santi che la Chiesa non si stanca mai di guardare, né di mostrare come testimonianza, come prova, che è possibile seguire Gesù Cristo con tutto noi stessi. Questo volume ripercorre la vita del Principe degli apostoli e fondatore della Chiesa Simone chiamato Pietro. L'autore si immedesima nella Vita di Pietro raccontandone i passaggi salienti come se fosse lui a viverli in prima persona. Un approfondimento e uno strumento per cogliere appieno la figura di Pietro.
Il volume contiene tre relazioni del Convegno organizzato dall'Istituto Romano della società di Goerres presso il Campo Santo Teutonico in Vaticano nella primavera del 2010, dedicato al tema di Pietro a Roma. Il convegno partiva dalla tesi provocatoria secondo cui Pietro non sarebbe mai stato a Roma e di conseguenza non vi sarebbe neanche morto, e dunque a Roma non esisterebbe nessuna tomba dell'apostolo. Simili opinioni, infatti, già note da tempo, trovano seguaci addirittura tra i cattolici. Gli autori del volume vincolano la loro risposta alla storicità del martirio degli apostoli, non riproponendo un'analisi apologetica di vecchie tesi, bensì affidandosi alla metodica della controanalisi, il cui elemento propulsore è la verità della storia, cogliendola da una prospettiva globale invece di ridurla a delle singole ipotesi.Un lavoro di sicuro interesse per tutti gli studiosi e appassionati di storia della Chiesa.
IL MIO NOME È PIETRO è una pièce teatrale scritta da Giampiero Pizzol, che Mimep-Docete pubblica in versione integrale. In un magistrale monologo teatrale l’apostolo Pietro rivive la sua eccezionale amicizia con Gesù, dal cambiamento del nome ai miracoli nella vita quotidiana fino al tradimento e al pentimento.
L’attore Pietro Sarubbi descrive il suo percorso di ripresa di coscienza di fede dalla partecipazione al film di Mel Gibson “La passione di Cristo”, impersonando Barabba. Quando per la prima volta, i suoi occhi incontrano quelli dell’attore che interpreta Gesù, questo sguardo lo tocco profondamente invitandolo a cambiare la propria vita:
“... guardo questo sconosciuto che muore al posto mio, guardo Gesù come probabilmente lo ha guardato Barabba. Lo guardo con sprezzo e distacco, lo guardo come un assassino appena liberato guarderebbe il poveraccio sconosciuto che va a morire a causa sua. Negli occhi dell’Uomo che sta morendo per me non ci sono odio né rancore. Sono colpito dalla profondità del suo sguardo. Non è uno sguardo feroce ma dolce e misericordioso, quasi di preoccupazione per me e per la mia condizione, ed accade un cosa unica nel suo genere e nella sua imprevedibilità: mi perdo in quello sguardo, nello sguardo di Gesù, rimango forse un minuto con gli occhi dentro quello sguardo.”
Dopo l’interpretazione del personaggio di Barabba, Pietro Sarubbi è continuamente invitato a serate sia di recitazione che di testimonianza.