
Questo mondo di orfani vaganti senza punti di riferimento né vie di accompagnamento, è questo mondo a ricordarci l'urgenza di poter trovare un padre umano che ci educhi alla filiazione divina, un uomo che lo Spirito Santo ha reso capace, nell'obbedienza silenziosa, di formare umanamente il Figlio di Dio. Non l'ha fatto solo per Gesù: lo ha fatto per Gesù in nostro favore. Perché è per noi che il Figlio di Dio ha vissuto con lui. E ora la compagnia paterna di Giuseppe di Nazaret ci è offerta, silenziosamente, quasi come lo sguardo di un mendicante, per continuare assieme a Maria la sua grande opera di far crescere Cristo come Figlio di Dio nella nostra umanità, in tutta la nostra umanità, e per l'intera umanità.
Valerio Lessi ci guida, in modo semplice e coinvolgente, alla scoperta della figura della "Santarella" dei Quartieri Spagnoli, oggi indicata come la Santa protettrice della famiglia e della vita nascente. Nella sua esistenza non mancano, infatti, episodi che testimoniano la sua vicinanza alla famiglia: donne ritenute sterili che hanno avuto figli, coniugi riappacificati grazie alla sua opera di riconciliazione. La storia di Maria Francesca - Santa molto amata a Napoli, città di cui è compatrona - è fatta di sofferenze, di cattiverie umane, di circostanze avverse nelle quali, però, l'ultima parola è detta da una Sapienza amorevole e misericordiosa. Lei, che portava nel nome e nella propria carne i segni della passione di Gesù, ha accettato di conformare la sua vita al Crocifisso e da questo sacrificio per amore è scaturita la sua vittoria. Il suo è un cammino di santità che continua a commuovere e ad attrarre.
Per conoscere la spiritualità francescana a partire dalla Lettera ai fedeli scritta da san Francesco verso la fine della sua vita. Un testo di formazione (Presentazione di Luca Piras).
Padre Leopoldo svolge la sua missione a Bassano del Grappa, a Capodistria e a Thiene, dedicandosi esclusivamente al sacramento della Riconciliazione e alla direzione spirituale. Nella primavera del 1909 i superiori lo inviano nel convento di Santa Croce a Padova. In pieno conflitto mondiale, padre Leopoldo, nel 1917, è costretto a lasciare Padova e a trasferirsi nel Sud Italia. Terminata la guerra può tornare a Padova, dove rimarrà fino alla fine dei suoi giorni. Muore il 30 luglio 1942. È beatificato da Paolo VI il 2 maggio 1976 e canonizzato da Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1983. Il 6 gennaio 2020 viene eletto patrono dei malati di tumore.
Nasce a Possagno (TV) il 13 agosto 1933, in una famiglia numerosa di contadini. A tredici anni Ettore va a studiare a Montecchio Maggiore, presso i Giuseppini del Murialdo. Dal 1988 al 1994 è nominato Superiore Provinciale per l'Italia centromeridionale. Terminato l'incarico, nel novembre 2000 arriva a Fier in Albania, dove i Giuseppini operano in una scuola professionale e in un oratorio per giovani in difficoltà. L'8 ottobre 2001 viene ucciso da un giovane, dando suprema testimonianza del suo amore a Dio e ai fratelli con il martirio. È in corso la causa di beatificazione.
Se la teologia giuseppina è piuttosto scarsa, cui fanno eccezione gli studi svolti da padre Tarcisio Stramare (1928-2020) degli Oblati di san Giuseppe, uno dei massimi studiosi di sana giosefologia, l’iconografica del Patriarca e Patrono della Chiesa è molto nutrita. A questo riguardo, vorremmo sottolineare un singolare aspetto che molti artisti hanno preso in considerazione per evidenziare la sua sapienza: lo hanno rappresentato mentre tiene fra le mani un libro, chiuso o aperto perché lo sta leggendo o scrutando. Questo atto intellettuale e spirituale insieme proviene da un’antica deduzione teologica, che risponde alla domanda: quali origini ha la saggezza di san Giuseppe nel dirimere e giudicare la realtà? E questa fu la risposta dei Padri della Chiesa: dalla volontà di Dio che si esprime non solo attraverso la grazia e l’illuminazione, ma anche attraverso le Sacre Scritture.
San Giovanni Crisostomo (344/354-407) presenta san Giuseppe come un eccellente conoscitore delle Sacre Scritture, un loro «scrutatore», come insegnerà Gesù: «Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza» (Gv 5, 39). Il Padre della Chiesa, infatti, riflette e insiste su ciò che si legge nei Vangeli: «“Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi» (Mt 1, 20-239).
Perciò spiega il Crisostomo: «Ecco, dunque, che l’angelo rimanda Giuseppe ad Isaia, affinché, se svegliandosi, dimenticasse le parole che sta ascoltando, possa ricordarle per mezzo di quelle dei profeti, dei quali faceva il suo nutrimento abituale (in quorum meditatione nutritus fuerat)». Proprio in virtù del fatto che san Giuseppe aveva continua familiarità e dimestichezza con le parole profetiche che l’Angelo lo invita al passo del Libro di Isaia: «Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (7,14), a differenza di Maria Santissima alla quale l’Arcangelo Gabriele nulla dice in proposito.
Anche per il bizantino Teodoto di Ancira del V secolo, vescovo e teologo, la conoscenza dell’Antico Testamento per il padre adottivo di Gesù era un fatto imprescindibile poiché era necessario, nel piano della Salvezza, che, al fine di sposare Maria Vergine, egli fosse assolutamente consapevole dei misteri divini predetti al Popolo eletto: «É allora che egli comprese quanto avevano detto i profeti. Egli ebbe l’intelligenza delle loro profezie: poiché era giusto, aveva l’abitudine di meditare quei testi».
La narrazione iconografica attinse da queste fonti l’ispirazione di raffigurare san Giuseppe, perlopiù in compagnia della sua beatissima Sposa e di Gesù Bambino, con le Sacre Scritture fra le mani. Fu soprattutto dal Rinascimento in poi che questo tema venne trattato con maggiore insistenza, ricordiamo alcuni nomi: da Gian Maria Falconetto a Lorenzo Lotto, da Girolamo Marchesi da Cotignola a Bonifacio de Pitati (detto Veronese), da Caravaggio a Santi di Tito, da Bartolomeo Schedoni a Marcantonio Bellavia, da Egidio Dall’Oglio a Francesco Albani, da Nicolas Poussin a Pompeo Batoni…
Tale stilema artistico giuseppino si replicherà costantemente. Molto suggestiva è l’immagine che ci consegna il pittore Georges de La Tour nel suo Sogno di San Giuseppe, opera che risale al 1640 circa, conservata nel Musée des Beaux-Arts, a Nantes, in Francia. Il capolavoro riprende il tipico metodo intimo e raccolto dell’artista con i personaggi presentati in primo piano e illuminati dalla flebile luce di una candela, in questo caso solo due, il protagonista san Giuseppe e un Angelo. Il racconto è direttamente tratto dal Nuovo Testamento e descrive pittoricamente l’episodio in cui l’Angelo appare in sogno a san Giuseppe per avvisarlo di fuggire in Egitto e mettere così in salvo il Redentore dalla strage degli innocenti programmata da re Erode. San Giuseppe è addormentato soavemente: è seduto; sulle sue gambe è appoggiato un volume, con la mano sinistra ancora intenta a sostenere le pagine aperte; mentre con il braccio destro, puntato sul tavolo, sostiene il capo. L’Angelo, dipinto come un ragazzino in abiti eleganti, gli parla nel sonno con gesti molto eloquenti. Simultaneamente ci tornano alla mente le considerazioni che una grande mistica fece a riguardo della frequentazione angelica di san Giuseppe nella sua vita ed anche della peculiarità del Patriarca come scrutatore delle Sacre Scritture.
«Fu poi dato da Dio a Giuseppe, oltre l’Angelo di sua custodia, anche un altro Angelo, che gli parlava nel sonno molto spesso e l’ammaestrava in tutto quello che doveva fare per più piacere al suo Dio», così Madre Cecilia Baij (1694-1766), monaca del monastero delle Benedettine di Montefiascone (Viterbo), scrisse nella Vita del glorioso patriarca San Giuseppe, un ricco lavoro spirituale che viene proposto, in questo anno dedicato al Patrono della Chiesa universale, in una bella veste grafica dalla Casa Editrice Fiducia (pp. 429, € 25,00). L’opera fu composta sulla base di rivelazioni divine, accuratamente vagliate dal teologo e direttore spirituale della serva di Dio, monsignor Pietro Bergamaschi, che la pubblicò in una prima edizione nel 1921.
In base alle esperienze mistiche di Madre Baij, similari a quelle della beata Katharina Emmerick (1774-1824), alle quali fu loro concesso di conoscere in maniera precisa gli accadimenti di ciascun componente della Sacra Famiglia, veniamo a sapere che: «[…] incominciò il nostro Giuseppe ad imparare a leggere e gli riusciva mirabilmente, in modo che il suo genitore non ebbe mai occasione di riprenderlo. Appena aveva tre anni, che già incominciava a leggere, con molta consolazione dei suoi genitori e suo profitto; e si andava esercitando nella lettura della Sacra Scrittura e nei Salmi di David, i quali poi il Padre glieli spiegava. Era molta la consolazione che sperimentava il nostro Giuseppe in leggere e sentirsi spiegare dal padre quel tanto che leggeva, ed in questo esercizio vi pose tutto il suo studio, non tralasciando però, mai i soliti esercizi di orazioni e preghiere a Dio, e tutto il suo tempo spendeva in questo esercizio, cioè di orare, studiare e leggere, avendo per tutto il suo tempo assegnato» (pp. 44-45). L’attività di scrutare le Sacre Scritture da parte di san Giuseppe sarà ancora ribadita nel testo, ponendo san Giuseppe anche come modello per gli altri in riferimento a questo preciso esercizio religioso. Il libro di Madre Cecilia Baij, oltre ad essere utile strumento per accrescere la conoscenza del Santo che l’Onnipotente scelse per essere degno della Madre di Dio e padre in terra di Suo Figlio, offre un’ulteriore fonte per avvalorare la tesi tradizionale che san Giuseppe è stato un perfetto scrutatore dei Sacri Testi della Vera religione.
Santa Teresa d’Avila è nota a tutti per la grandezza della sua santità e la profonda intelligenza della dottrina spirituale, tale da farne la prima donna a essere nominata Dottore della Chiesa. In quest'opera, però, l‘Autore sonda principalmente il suo rapporto con gli angeli e le anime del Purgatorio e la sua lotta contro il demonio, attingendo in particolar modo dall’autobiografia in cui ella descrive le sue visioni soprannaturali di spiriti celesti e demoni. In appendice una raccolta dei più bei pensieri della santa.
La scienza o la sapienza dei santi era l'espressione di cui ci si serviva, nel XVII secolo, per designare ciò che si definiva anche, indifferentemente, la scienza mistica. Tanto basta per capire che i "santi" di cui sarà questione in questo libro non sono gli eroi dell'agiografia tradizionale, ma quelli che noi oggi chiameremmo i contemplativi. Va detto inoltre che ciò che viene alla luce in questa ricerca, non sono i contorni generali di un'esperienza, ma le strutture elementari di un discorso. Non si tratterà, in altri termini, di descrivere quel che i mistici sentivano, e nemmeno, a propriamente parlare, quel che pensavano, ma il modo in cui essi pensavano, la maniera in cui articolavano il loro pensiero. Si tratterà, in una parola, di situarsi nel punto preciso in cui un pensiero si converte in linguaggio. Si segnala infine all'attenzione del lettore che il presente saggio è circoscritto alla spiritualità francese del Seicento. Questa restrizione non corrisponde tanto a naturali limitazioni di competenza, quanto piuttosto alla ferma convinzione che il misticismo, o più esattamente i misticismi, siano in primo luogo manifestazioni storicamente determinate (e differenziate) di società e di culture diverse.
Tutti conoscono il racconto che i Fioretti dedicano alla "Perfetta letizia"; pochi conoscono il testo originale latino, su cui si basa la poetica traduzione dei Fioretti.
Si tratta di un testo paradossale, nel quale la radicalità della scelta evangelica di Francesco d’Assisi si manifesta in tutta la sua crudezza. E' una lettura affascinante e, al tempo stesso, inquietante.
L'autore ci aiuta a situare questo racconto nel contesto storico della sua origine: emergono così le difficoltà incontrate da Francesco d’Assisi per rimanere fedele alla forma di vita che Dio gli aveva rivelato, difficoltà che provenivano sia dalla Chiesa del suo tempo, sia dai suoi stessi frati, non sempre consapevoli della radicale novità di vita che veniva loro richiesta.
Con viva e coinvolgente empatia, Luciano Pacomio presenta la personalità di papa Giovanni Battista Montini, san Paolo VI, riconosciuto, in un'inedita proposta, come immagine di Gesù nella storia del secolo breve: «Ecco l'uomo» (Gv 19,5). Tratteggiato sobriamente il profilo biografico del Santo Papa, l'autore ne ripercorre il profetico magistero pontificio: nella sua garbata signorilità, nella sua riservatezza, nella sua attenta e dignitosa riflessività san Paolo VI, quale "timoniere" del Concilio Vaticano II e delle sue mirabili attuazioni, è stato strumento provvidenziale di scelte cruciali e tuttora permanenti.
«Il Signore mi condusse»: le parole iniziali del Testamento di Francesco rappresentano, per l'autore di questo libro, la chiave di lettura intima e fondativa della sua esistenza e dei suoi scritti. Lasciarsi condurre da Dio significa consegnarsi a Lui come figli, come fratelli. Ecco la scoperta di Francesco: si è figli nella misura in cui si accetta di essere fratelli, e si è fratelli nella misura in cui si rimane nell'obbedienza fi liale. In questo avvincente ritratto psicologicospirituale del santo di Assisi, Giovanni Salonia fa emergere dall'analisi dei testi - agiografi a e scritti - il Mistero Pasquale incarnato nel cuore e nell'esistenza di Francesco. Nel Mistero Pasquale vengono guarite le ferite della figliolanza e della fraternità e si diventa custodi del fratello. Francesco vuole per i suoi frati, i suoi seguaci, la «vera e perfetta letizia» (risuonano le parole di Gesù: «perché la vostra gioia sia piena»). Francesco mette in guardia dalle trappole segrete del cuore che conducono a derive di frustrazione e di fallimento. Come ben dimostra questo volume, conoscenza del cuore dell'uomo, aderenza intima e totale al Vangelo fanno della vita e degli insegnamenti di Francesco una lezione fondamentale anche per l'oggi.
L'intera vita di Ippolito, un ricco e libertino centurione romano, si sgretola alle dolci parole del diacono Lorenzo, un suo carcerato, appena prima d'essere bruciato vivo su una graticola. La conversione del soldato è rapida, senza tentennamenti, senza rumore di parole. Nella Roma delle persecuzioni, abbracciare la fede merita il martirio. La sua vita da cristiano dura solo qualche giorno... ed è un capolavoro da raccontare.