Attraverso questo prezioso contributo, P. Antuan Ilgit, S.I. mostra di essere un maestro costruttore di ponti. Fondando una solida base che connette il cristianesimo e l’islam, attingendo al ricco patrimonio di entrambi, fornisce una specie di «planimetria» straordinariamente completa mediante il dialogo interreligioso e il discorso etico. Partendo dalle nozioni di «disabilità» già in possesso delle due grandi religioni, passa poi a considerare come questa planimetria etico-interreligiosa possa essere applicata ai contesti pluri-culturali in generale e alla questione della disabilità in particolare. Oltre a una ricognizione dei principali testi sacri di cristianesimo e islam sull’argomento, P. Ilgit riporta un’incredibile varietà di letteratura in varie lingue. A questo progetto concorrono le sue notevoli capacità analitiche di teologo morale e il suo personale background di gesuita turco formatisi in Europa e Stati Uniti d’America, e con una diretta esperienza di vita in entrambe le tradizioni religiose. Il suo lavoro si rivela inestimabile non solo per coloro che sono interessati a una o più aree di studi sulla disabilità, al dialogo interreligioso tra islam e cristianesimo – specialmente in riferimento alla Turchia moderna –, ma anche all’area critica, volta a portare la teologia morale fondamentale e la Scrittura nell’etica applicata.
Negli anni Novanta e nei primi anni del Duemila, come direttore della rivista «Missione Oggi», ho avuto il grande dono di poter accompagnare il cammino della chiesa d’Algeria nel suo periodo forse più difficile e forse anche più significativo, ricco di sapienza evangelica e di fedeltà alla sua vocazione. I numerosi contatti con mons. Henri Teissier, arcivescovo di Algeri, e gli articoli che mi inviava e traducevo per la rivista mi hanno offerto la possibilità di conoscere da vicino le ricchezze di un’esperienza ecclesiale unica, che ritengo possa essere fonte di ispirazione per noi, oggi ancora più di vent’anni fa, quando la presenza di musulmani nel nostro paese ancora non si avvertiva.
Utilizzando gli interventi che mons. Teissier mi inviava, preparati per Incontri pastorali della sua chiesa o per relazioni a Convegni in paesi dell’Europa, il libro presenta l’esperienza concreta e avvincente di dialogo tra cristiani e musulmani vissuta da tutta una chiesa, che sente «la missione di essere chiesa di un popolo musulmano», come ama definirsi. Un’esperienza percorribile anche da noi, soprattutto per la prassi e la spiritualità dell’incontro, maturate in tanti anni di discernimento e di fedeltà. È la via dei rapporti interpersonali e delle collaborazioni quotidiane per risolvere i piccoli e grandi comuni problemi che la vita presenta. Il dialogo avviene tra le persone, non con i sistemi…
L’opera si presenta come cantiere aperto e sollecitazione per lavori futuri, condotti in modo inclusivo e comparato, perché le teologie possano arricchirsi reciprocamente. La fede oltre le religioni, la pluralità degli studi teologici con i suoi punti di arrivo, in continuo dinamismo, il decisivo lume dell’orizzonte verticale inclusivo nella rispettosa pluralità delle teologie in campo educativo, sono gli spazi di riflessione offerti dal volume. Giuseppina Battista richiama sovente l’opportunità di considerare i vari processi educativi e le teologie che li sostengono, come ‘processi educativi insieme’; insomma teologie delle confessioni cristiane e teologie che si rifanno all’esperienza di fede di Abramo, che possano essere ‘teologie insieme’ a servizio nel vasto campo dell’educazione. (Dalla presentazione di Sua Ecc.za Mons. Enrico dal Covolo)
Giuseppina Battista,
L’Autrice con lunghi anni di ricerca e di studio ha individuato nella pluralità delle antropologie e delle teologie uno spazio di straordinaria importanza per l’educazione che si apre alla trascendenza, colta nella pluralità delle riflessioni di teologia. Con l’attenzione alla ricchezza di questa pluralità, aperta allo scambio del dialogo e all’impegno della testimonianza di credenti, è nata l’idea e la realizzazione di questo volume. Un costante servizio educativo nella scuola statale e in varie Università Pontificie ha corredato il suo percorso di studiosa. Attualmente è docente invitata per il corso di Teologia dell’educazione presso la Università Pontificia Salesiana.
La caduta di Costantinopoli nel 1453 apparve ai contemporanei come un evento epocale. Mentre gli eserciti turchi sembravano ormai destinati a conquistare Roma e a instaurare un nuovo impero islamico, in tutta l'Europa dilagò un clima di terrore in cui presero a diffondersi profezie che annunciavano conseguenze terribili e perfino la fine del mondo. Con la conquista della capitale imperiale, il sultano Maometto II poteva, a buon diritto, sostenere di essere l'erede del titolo di imperatore romano, e perciò l'unico candidato a ricostituire l'antico impero. Questa volta sotto il segno dell'islam. A nulla valse la lettera di papa Pio II, in cui gli prometteva il titolo e le terre dell'impero romano d'Oriente, a patto che si battezzasse e abbracciasse il cristianesimo. Ciò non impedì, tuttavia, la circolazione della leggenda secondo la quale Maometto il profeta sarebbe stato non solo cristiano, ma papa in pectore. Segno di quanto forte fosse il desiderio di porre fine alle violenze e realizzare un dialogo interreligioso fra cristianesimo e islam.
La nostra epoca ha creduto di ottenere la pace mettendo a tacere le religioni e i credenti. Ha pensato che lo studio storico-critico dei dogmi e delle pratiche religiose avrebbe neutralizzato il potenziale di violenza delle fedi. Invece è accaduto il contrario. Sicché abbiamo bisogno più che mai di dialogare, di confrontarci con le nostre credenze e con i nostri racconti. Di divenire adulti nella fede, liberi e felici di essere diversi. Se rispettiamo alcune regole semplici, come quella di prendere sul serio l'interlocutore, di ascoltarlo fino in fondo senza innervosirci, di dire davvero ciò che pensiamo, di distinguere i diversi livelli di discorso, possiamo superare le nostre paure reciproche e vivere meglio insieme. La scommessa dell'autore è che il libro riesca a far imboccare davvero questa via a chiunque lo legga.
Due persone molto diverse s'incontrarono nell'agosto 1968 ad Istanbul, crocevia di storie e mondi: il professore francese, Olivier Clément, quarantasette anni, e il patriarca ortodosso di Costantinopoli, Athenagoras, ottantadue anni, vissuto tra l'Oriente ottomano e nazionalista, gli Stati Uniti e infine la Turchia. Il motivo era un'operazione editoriale. Ma fu un incontro da cui scaturì un messaggio che parla ancora oggi. Sullo sfondo la "rivoluzione" del '68. Nel colloquio affiorano molte domande sul futuro del mondo, sul cristianesimo in un tempo non più religioso o religioso in modo diverso. Oriente e Occidente si parlano. In queste pagine si ripercorrono anche le storie dei due personaggi. Dal loro intreccio, sgorga un messaggio di umanesimo spirituale. Quale futuro per il cristianesimo, l'Occidente e l'Oriente alle prese con l'Islam? Stupisce l'emergere, durante la guerra fredda, della percezione dell'aurora di un mondo globale. Per me, scrivere questo libro è stato immergermi in una vicenda personalmente rilevante. La mia esistenza di giovane (allora) e di credente è passata attraverso il '68, le sue discussioni e crisi. Nel clima del Vaticano n, ho sentito come il cristianesimo dovesse rivolgersi di più ad Oriente. Incontri, letture e l'attrazione verso figure e luoghi. Tra questi, Istanbul e Athenagoras, e poi l'amicizia con il suo "biografo", Clément, pensatore originale e cristiano profondo. C'è in queste pagine un'indicazione - quasi la mappa di un itinerario - per il cristianesimo, diviso, investito dalla secolarizzazione e poi dalla globalizzazione, bisognoso di un ressourcement alle radici. Non la fuga in un fortilizio della fede o dei valori tradizionali, ma l'assunzione delle fratture del nostro tempo. Oggi si comprendono meglio le idee e le indicazioni suggerite dalle storie dei due personaggi e dai lontani colloqui del 1968.
Che il dialogo tra le diverse religioni sia una necessità storica, soprattutto per raggiungere la riconciliazione fra i popoli e scongiurare nuove guerre planetarie, è un dato assodato. Jacques Dupuis, però, si è spinto ben oltre nella sua ricerca intellettuale, arricchita da 40 anni come missionario in India: le religioni non cristiane possono diventare vie di salvezza in nome dello stesso Gesù Cristo. È stata questa nuova prospettiva a causare al teologo belga l'accusa di «eresia» da parte del Vaticano di papa Wojtyla, tramite il consigliere di quest'ultimo, il cardinale Joseph Ratzinger. In questo libro, che per la prima volta mette a disposizione alcune riflessioni del gesuita del dialogo, Dupuis presenta in modo chiaro e conciso la sua teologia cristiana delle religioni. Ovvero, la convinzione che «i membri di altre tradizioni religiose sono salvati attraverso Gesù Cristo all'interno di queste tradizioni e attraverso di esse». Una rivoluzione nel pensiero cattolico, che Dupuis ha pagato con l'ostracismo della gerarchia. Ma che resta feconda per l'azione della chiesa, chiamata a misurarsi con un orizzonte ben più vasto di sé stessa: quello del Regno di Dio, che ha confini ampi come la storia del mondo.
Idolatra! Con quest'accusa l'infedele può diventare il nemico. Chi difende l'unico dio indica la colpa del proprio avversario: tu adori falsi dèi! In nome di questo peccato si scatenano guerre, vengono anneriti i dipinti, colpite le statue; le rovine di civiltà sepolte vengono distrutte, colpevoli di portare le tracce di idoli fasulli. L'accusa di idolatria è stata usata contro i pagani ma anche nei confronti di ebrei, cristiani o musulmani. È antica quanto il monoteismo eppure non è scomparsa. Questo libro ne ripercorre la storia: dalle prime attestazioni ebraiche, ai padri della chiesa, fino all'avvento dell'Islam; poi il Nuovo Mondo e i suoi simulacri, lo scontro tra protestanti e cattolici, e infine il Settecento dei lumi, quando l'idolatria smise di essere uno strumento per giudicare altre religioni. Almeno per un certo tempo: perché gli anni a noi più vicini hanno dimostrato che gli dèi son ben più tenaci di quello che molti storici avevano supposto. E qualcuno ne ha ancora paura.
Nella «nuova avventura» del cristianesimo condotta da papa Francesco, caratterizzata da un confronto aperto con tutte le altre religioni, un ruolo particolare sta assumendo il dialogo con l'islam. Ma quali sono stati nel corso della storia i rapporti tra le due grandi fedi monoteiste, che contano oggi quasi cinque miliardi di fedeli? Giancarlo Mazzuca e Stefano Girotti Zirotti ripercorrono i momenti salienti di un dialogo spesso interrotto, a partire dal VII secolo, quando l'islam incominciò la sua espansione con il profeta Maometto. Ecco allora raccontati i primi incontri tra cristiani e musulmani, i doni che si scambiarono Carlo Magno e Harun al-Rashid, il califfo delle "Mille e una notte", i tentativi di san Francesco d'Assisi per riportare pace e amore tra i contendenti delle crociate e il successo di Federico II nel promuovere nella Città Santa un periodo di convivenza tra popoli di diverso credo, ma anche gli errori e le incomprensioni che scatenarono veri e propri massacri, le nove crociate e le lotte sanguinose per la conquista di Gerusalemme, per poi passare alle più recenti guerre coloniali e mondiali, fino alle Primavere arabe e agli attentati terroristici degli ultimi anni. Se oggi, con papa Francesco, il dialogo è particolarmente fecondo, nel corso dell'ultimo secolo molti leader e personaggi chiave hanno dato il loro contributo nella costruzione di un ponte ideale: per esempio, Charles de Foucauld si impegnò nell'evangelizzazione dei Paesi magrebini e si dedicò all'assistenza di poveri e malati nelle terre colonizzate dalla Francia; Benito Mussolini faceva trasmettere da Radio Bari un programma quotidiano in lingua araba e ricevette nel deserto la Spada dell'Islam a suggello di un legame duraturo; Enrico Mattei fu grande ambasciatore nel mondo dell'islam con il petrolio. Osservando le azioni compiute nel corso dell'ultimo secolo, gli autori ravvisano un progetto per la costruzione di un ponte basato sulla fratellanza. Un traguardo difficile da raggiungere, ma fortissimamente voluto da tutti coloro che lottano contro gli estremismi e i fanatismi e che si sono schierati per la pace e l'amore dicendo con forza, come ripete spesso papa Francesco, «mai più guerre nel nome della religione».
Oggi viviamo in un miscuglio di razze, culture e religioni, a volte così caotico che la nostra identità deve forgiarsi non solo all’interno del nostro contesto etnico, politico o religioso, ma anche sullo sfondo di altre tradizioni dell’umanità. Cristianesimo e induismo si incontrano di nuovo dopo secoli di separazione e cercano di condividere le loro rispettive esperienze. I cristiani possono vedere la meta nel futuro, gli hindu nel presente, ma entrambi la vedono nei termini della persona umana completa e realizzata. Il volume consta di due sezioni, la prima comprende uno dei libri più noti di Panikkar, Il Cristo sconosciuto dell’induismo. Il punto focale, e spesso frainteso, è l’aspetto ancora sconosciuto del Cristo, presente tanto nel cristianesimo quanto nelle altre religioni, che può quindi contribuire a una sua visione più universale. La seconda sezione è dedicata all’ecclesiologia in India come esempio di inculturazione, e descrive varie sfaccettature dell’incontro tra induismo e cristianesimo.
Il volume presenta meditazioni ispirate da alcuni avvenimenti di questi ultimi anni. Si tratta di testi brevi, che prendono spunto narrativo, spesso, dalla cronaca di episodi di vita quotidiana vissuta o da riflessioni personali dell’autore, a volte, dalle letture dell’anno liturgico della Chiesa cattolica. Gli argomenti sono i più diversificati e trovano unità nello sguardo di fede con cui vengono considerati, in dialogo costante, secondo la formazione dell’autore, tra Vangelo e Zen. Qualche titolo illuminante: Il giovane senza dimora, L’amore non è protagonismo, Le mani sporche di Dio, La compostezza zen, L’Io credente, L’Io non credente, Poporoya. Il testo si avvale della Prefazione del monaco zen Jiso Forzani.
Il presente volume si propone di esaminare l’impatto della religione e della cultura musulmane sul modo di intendere e vivere il matrimonio e la famiglia in Italia e in Europa.