Come si distingue il vero dal falso? C'è una sola verità o ce ne sono tante? La verità si scopre o si costruisce? È assoluta oppure relativa? Queste sono soltanto alcune delle questioni che sorgono quando si tenta di fare i conti con questa proprietà familiare ma al contempo elusiva. La domanda fondamentale, tuttavia, è: "Che cos'è la verità?". Molti filosofi hanno ripreso questo interrogativo, rielaborando le risposte tradizionali o formulando soluzioni totalmente nuove. Presentando criticamente i loro contributi, il volume ricostruisce in maniera chiara e accurata, senza tecnicismi superflui, le principali teorie della verità discusse nell'ambito della filosofia analitica contemporanea.
Provate a immaginare di entrare in una sala cinematografica in cui viene proiettato un film che parla del tempo, e di accorgervi che il tempo del film coincide con il tempo della vita degli spettatori. Magia? Suggestione? Semplicemente un'opera d'arte: The Clock. Ma cosa vuol dire che è un'opera d'arte? E, soprattutto, quando è arte? Questo saggio discute alcune delle risposte che sono state date dalla tradizione misurandole con le sfide aperte dall'arte contemporanea.
"Un'analisi sull'uso della violenza in una società in cui è venuta meno la narrazione salvifica del contratto sociale. E un invito a finirla con la politica inefficace davanti ai problemi e impotente davanti ai prepotenti. Ci accusano di antipolitica: nossignori. La libera disponibilità di tutta la propria forza è il principio di un sapere necessario a vivere e ad agire oggi in vista di domani. Andare fino in fondo alla propria forza di resistenza e di opposizione, fa bene alle persone e all'umanità. Un pamphlet incendiario sul perché e sul come si può combattere senza odiare, disfare senza distruggere, lottare senza farsi distruggere."
Friedrich A. von Hayek è stato nel Novecento il maggiore esponente della cultura liberale. Egli offre qui un suggestivo e agile affresco delle idee che si trovano alla base del liberalismo e delle vicende storiche prodotte dal movimento liberale. Il liberalismo è libertà individuale di scelta, che si rende possibile solo tramite la limitazione della sfera d'intervento del potere pubblico. È il "governo della legge", che si sostituisce al "governo degli uomini". E tuttavia lo schieramento liberale ha due anime: quella rigorosamente evoluzionistica, prevalente nella tradizione britannica, e quella razionalistica, prevalente nella tradizione continentale europea. Esse hanno trovato convergenza su alcuni "postulati essenziali", quali la libertà di pensiero, di parola, di stampa. Ma l'accordo ha carattere "meramente verbale": perché il liberalismo di tipo britannico ha assunto come "valore supremo" la libertà individuale, mentre il liberalismo di tipo continentale si è venuto quasi a identificare con il movimento democratico. Il che complica le cose. La democrazia e il liberalismo si occupano infatti di due differenti problemi. La prima si chiede a chi spetti governare; e la sua risposta è che tocca ai cittadini nel loro insieme. Il secondo pone invece la questione relativa all'estensione dell'intervento del potere pubblico; e la sua risposta è che quel potere deve svolgere un compito residuale, in modo da dare spazio alla più libera cooperazione sociale. Prefazione di Lorenzo Infantino.
Il bue squartato è Nietzsche, da cui ciascun interprete si ritaglia una bistecca trascurando il resto. Gli altri macelli sono quelli che la vita fa di noi, quelli che noi facciamo di noi stessi e degli animali, quelli che in tutto il libro si fanno di luoghi comuni e di idee ricevute, nonché i "macelli" critici di grandi autori come Platone, Sant'Agostino, Bruno, Spinoza, Schopenhauer, Nietzsche, Heidegger, Hegel, Croce e altri, senza risparmiare gli autori odierni: macelli che Sossio Giametta fa, dopo lo scavo dei loro tesori, come continuazione del loro lavoro. Fino ad abbozzare in conclusione, con osservazioni scaturite dall'esperienza di una vita, un vero e proprio metodo filosofico ad uso dei giovani pensatori, che innova sui metodi classici come quelli di Descartes e di Spinoza. Giametta, intervistato da Giuseppe Girgenti in occasione del suo ottantesimo compleanno, racconta la sua esperienza tra Firenze e Weimar come collaboratore all'edizione critica Colli-Montinari delle opere di Nietzsche, come traduttore, saggista, narratore, critico letterario e giornalista, dà una nuova immagine di Nietzsche e una nuova sintesi di Schopenhauer, getta una profonda luce sul Cristianesimo e sulla Chiesa, esplora le radici dell'attuale situazione politica ed economica italiana ed europea, si interroga su aspetti problematici di Platone e trancia la questione della responsabilità politica di Heidegger.
'Raccontare' la vita di un uomo di conoscenza dei più noti ma meno compresi della letteratura del secondo Novecento, comporta l'espediente alchemico di estrarre l'anima del suo pensiero dalla materia biografica, alleggerendo anche quest'ultima per dare colmo risalto a ciò che di lui sopravvive negli scritti estemporanei e sistematici di quattro stagioni. Tali furono i periodi attraversati da Elémire Zolla tra l'anno di nascita in pieno regime fascista, il 1926, e il 29 maggio 2002, quando i suoi occhi si chiusero dinanzi al nitido presagio di un'epoca senza quasi contatto con l'ambigua grevezza del Novecento. Il conoscitore di segreti si compone di una prima parte biografica e di una seconda parte antologica, che raduna un'accorta scelta di testi zolliani introdotti dall'autrice. Come le valve di una conchiglia, le due parti compongono un vibrante e unitario dittico della memoria da parte di chi ha condiviso per un quarto di secolo la vicenda esaltante di un maestro del pensiero accidentalmente italiano.
Una morfologia delle civiltà indiane d'America è assai più di una mera registrazione storica della conquista coloniale di quel continente negli ultimi cinque secoli, del tentativo sistematico da parte bianca di ripulsa e oblio dei forzieri di una sapienza atavica, che nessuna indagine etnologica aveva mai colto nel profondo né voluto immettere nei repertori della cultura dominante. Nel lontano 1969 Elémire Zolla ricostruiva ne "I letterati e lo sciamano" la tregenda subita dagli Indiani ma anche la sfaccettata ricchezza simbolica e metafisica di una vita tradizionale inscritta sciamanicamente tra la terra e il cielo. Lo fece esumando per la prima volta testimonianze e scritti, talvolta eccelsi, degli stessi Indiani, che negli ultimi cento anni si sono conquistati un posto di assoluta eminenza nella letteratura americana. Questa ristampa dell'opera, salutata al tempo in Nord-America come una rivelazione, è arricchita da una congerie di scritti zolliani del ventennio 1968-1988 dove spicca la trascinante vicenda del narratore antropologo Carlos Castañeda alle prese con il maestro yaqui che lo inizia al potere magico nei deserti del Nuovo Messico.
Questa opera si impone come contributo essenziale per la comprensione del problema dell'infinito nel pensiero dei Greci. Mondolfo si opponeva a un pregiudizio in passato assai diffuso soprattutto per influssi dell'idealismo. Il pensiero antico veniva contrapposto a quello cristiano e moderno: il primo sarebbe stato "oggettivistico" (con preminenza data all'oggetto sul soggetto) e "finitistico" (con preminenza data al finito sull'infinito), il secondo "soggettivistico" (con preminenza data invece al soggetto sull'oggetto) e "infinitistico" (con preminenza data all'infinito sul finito). Mondolfo smantella tale pregiudizio con fini analisi e richiama a documenti in passato ignorati o non considerati. Il pensiero antico si presenta quindi in una nuova dimensione, nella sua consistenza e ricchezza. Presentazione di Giovanni Reale.
Il fascismo, storicamente, è morto nel 1945. Ma è morto definitivamente? Si può sostenere che le nostre democrazie occidentali siano al riparo da qualunque tentazione autoritaria? Come interpretare certe derive contemporanee, le politiche securitarie, la demonizzazione dell'altro, la cancellazione dello spazio pubblico o, ancora, l'irruzione dei media nella nostra vita privata e la colonizzazione o peggio la cannibalizzazione che effettuano dei nostri desideri più autentici? Certo, i nostri regimi restano democratici, ma ciò che ha reso possibile il fascismo è la sua ideologia dell'amalgama: una mescolanza di tradizione e modernità. E non è forse quel che sta avvenendo oggi sotto i nostri occhi? Prendendo le mosse dal pensiero critico di Adorno e Pasolini, l'autrice ripercorre la stagione del fascismo e disvela le modalità manipolatorie attraverso cui l'Italia intera, con poche eccezioni, subì la fascinazione di un potere sommamente incoerente che riuscì a ipnotizzare un popolo intero. Gli scenari odierni vedono all'opera artifici diversi e però altrettanto pericolosi e disabilitanti, come hanno evidenziato le due figure di Berlusconi e Sarkozy.
Non c’è etica senza rispetto, si dice. La parola però oscilla fra significati diversi e ne va trovata la radice comune. Questo libro indaga l’idea di rispetto nel linguaggio ordinario, per poi scavare nella sua storia e tracciare un sintetico quadro concettuale dei vari signifi cati emersi. Attraverso una ricognizione che intreccia filosofia, religione, letteratura e teatro, la nozione di rispetto mostra un profilo inatteso: si svela come un concetto originariamente gerarchico, legato al riconoscimento di un potere o di un’autorità “superiori”. Così, nelle vicende di Aiace e di Enea, nell’opera di Agostino e nel Re Lear shakespeariano, nella speculazione moderna da Rousseau e Adam Smith a Kant, Hegel e Nietzsche, nelle immagini del mondo selvaggio di Conrad e nelle riflessioni sulla vita di Albert Schweitzer si ritrova un fil rouge che riunisce le varie accezioni del rispetto: quella rivolta all’autorità della legge, quella riferita alla dignità delle persone e quella oggi fortemente invocata per gli animali e l’ambiente.
L'autore
Roberto Mordacci insegna Filosofia morale presso la facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Fra le sue pubblicazioni recenti Elogio dell’immoralista (Bruno Mondadori, Milano 2009), Ragioni personali (Carocci, Roma 2008) e La vita etica e le buone ragioni (Bruno Mondadori, Milano 2008). Ha fondato e coordina il Centro Studi di Etica Pubblica e il blog moraliaontheweb.com.
Personale e soggettivo per sua natura, virtù virile che trova nel campo di battaglia la propria “scena originaria”, il coraggio è il luogo in cui rifulge la libertà di chi sceglie di agire malgrado tutte le avversità e i rischi che indurrebbero a scelte differenti o, semplicemente, a optare per quell’inerzia che, alleata della viltà, rappresenta uno degli opposti della fortezza. Il “coraggio della verità”, come lo chiamava Foucault, è anche l’essenza dell’impresa filosofica e dell’audacia del “dire-di-no” della critica: essere contro significa, infatti, avere il coraggio dell’indocilità ragionata, in primo luogo della propria dissonanza rispetto all’esistente, ma poi anche della volontà di delineare diversamente la morfologia del reale in opposizione alle logiche conservative del potere e al “senso comune” che accetta il mondo non perché sia buono o giusto in sé, ma perché, per inerzia, ritiene che non possa essere altro da quello che è.
L'autore
Diego Fusaro insegna Storia della filosofia presso la facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Tra le sue pubblicazioni più recenti Bentornato Marx! (Bompiani, Milano 2009), Essere senza tempo. Accelerazione della storia e della vita (Bompiani, Milano 2010).
Alla sincerità come franchezza e veridicità la riflessione morale, da Aristotele a Sant’Agostino, da Montaigne a Rousseau e Kant, fino ai contemporanei, ha dedicato pagine fra le più notevoli del canone filosofico. Eppure, la sincerità non nomina il nostro rapporto con la verità se non attraverso la relazione che intratteniamo con gli altri e soprattutto con noi stessi. Nel mondo della vita la sincerità appare modulata in formule e frasi fatte, adattata alla diversità delle situazioni, dei toni e dei gesti. La sincerità è pretesa dagli amanti, giurata nei tribunali, temuta dai traditori, fuggita dai bugiardi e dagli ipocriti, ma anche evocata sia per ingannare meglio sia per testimoniare, se necessario contro tutto e tutti, la dignità del vero e di chi eroicamente gli si affida. Così la sincerità spalanca innanzi ai nostri occhi l’immenso teatro sociale dei ruoli e delle interazioni come spazio simbolico in cui gli individui sono impegnati a costruirsi, cercando la misura della propria autenticità.
L'autore
Andrea Tagliapietra insegna Storia delle idee, Storia della filosofia moderna e contemporanea ed Ermeneutica filosofica presso la facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Tra le sue opere più recenti Il dono del filosofo. Sul gesto originario della filosofia (Einaudi, Torino 2009) e Icone della fine. Immagini apocalittiche, filmografi e, miti (il Mulino, Bologna 2010).