Dopo "Consulente filosofico cercasi" di Neri Pollastri un nuovo libro dal linguaggio semplice e vivace per affrontare un argomento vicino alla consulenza filosofica e per molti versi ancora oscuro: la pratica filosofica. Di cosa si tratta? Cosa vuoi dire esercizio della filosofia? Cosa problematizzare? Pratica filosofica equivale forse a divulgazione della filosofia? Esistono una o più filosofie? Che differenza c'è tra la filosofia accademica e la pratica filosofica? Strutturato principalmente sotto forma di domanda e risposta, il libro delinea i limiti della pratica filosofica mettendone in luce i segni di riconoscimento; e non poteva farlo senza confrontarsi con i due più conosciuti ambiti di pratica filosofica, la consulenza filosofica individuale e l'esercizio filosofia di gruppo cui l'autore dedica la parte finale del libro. Un libro per tutti che permette a chiunque, filosofo o non, di conoscere e apprezzare l'esercizio della filosofia.
Questo volume raccoglie la totalità dei testi sparsi di Gilles Deleuze usciti in Francia e in altre parti del mondo tra il 1953 e il 1974, dall'apparizione di "Empirismo e soggettività", sua opera prima, fino ai dibattiti che seguirono la pubblicazione dell'Anti-Edipo. Sono articoli, relazioni, prefazioni, interviste o conferenze che non compaiono all'interno di nessun'altra opera di Deleuze. I testi forniscono alcune tracce ed alcune tappe essenziali, illuminando aspetti sconosciuti del divenire filosofico di Deleuze e dotando il lettore di una chiave centrale per comprendere la permanenza dei problemi che lo hanno accompagnato.
La figura del dono si è imposta negli ultimi anni come cifra essenziale della post-modernità. Pensatori come Husserl e Heidegger hanno preparato il terreno. Altri e più recenti protagonisti del dibattito filosofico (soprattutto J. Derrida e J.-L. Marion) hanno dedicato al dono libri fondamentali. Ma una teoria del dono, dopo il celebre saggio di Mauss, non può ignorare la relazione tra dono e legame. Come purtroppo, sinora e per lo più, è stato fatto.
Questo libro affronta in modo diretto e deciso il senso della questione e propone una direzione di indagine nuova, attraverso una discussione serrata e illuminante delle tesi di Marion e di Derrida. Tanto l’onnipresenza della ‘donazione’ (Marion) quanto l’impossibilità del ‘dono’ (Derrida) vengono ponderate con cura e giudicate con equilibrio. Una insolita profondità di sguardo mette a nudo con implacabile rigore tutte le fragilità dei due pensatori francesi antagonisti e prepara l’affondo teorico finale che ne oltrepassa le rigide unilateralità mediante la tessitura del rapporto tra dono e legame come reciproco riconoscimento tra due (o più) soggettività in relazione.
Il dono, in ultima istanza, si dice in questo libro, è sempre ‘dono di noi stessi ad un altro come noi’: è la piena realizzazione della struttura dell’umano come essere per altri. Tutte le forme di dono declinano la simbolica di questo gesto originario, ma non possono esserne che versioni ‘ridotte’. Ed è per questo che il dono ci lega con una forza più potente di ogni altra. Dono e legame creano perciò un circolo virtuoso. L’umano è questo circolo della vita, che le Scritture narrano come il rapporto tra un uomo e una donna. E le Scritture dicono pure che in quel rapporto abita tutto ciò che può darci un’indicazione simbolica di quel che Dio stesso è come per noi.
Susy Zanardo è dottore di ricerca. È stata borsista del Centro Universitario Cattolico (CUC) - II livello. È segretaria scientifica del Centro di Etica Generale e Applicata (CEGA) dell’Almo Collegio Borromeo di Pavia. Collabora con la Cattedra di Filosofia morale dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e con il Centro Interuniversitario per gli Studi sull’Etica (CISE) della medesima Università. Ha pubblicato diversi saggi sul pensiero francese contemporaneo. È curatrice (con Carmelo Vigna) e coautrice del volume La Regola d'oro come etica universale (Vita e Pensiero, Milano 2005).
In buona parte della filosofia contemporanea e nel discorso comune, la verità è stata indebitamente drammatizzata: è stata concepita come cosa più che umana, che instancabilmente si persegue senza mai raggiungerla. Questo libro sostiene invece che la verità è cosa banale e quotidiana: tutti conoscono innumerevoli verità. Sostiene inoltre che il relativismo, che molti danno quasi per scontato come se fosse la naturale conseguenza della varietà delle forme di vita e delle visioni del mondo, è in realtà una posizione molto variegata, controversa e non facile da difendere seriamente, e che gli avversari del relativismo non sono necessariamente fondamentalisti che negano la libertà di opinione. Sostiene infine che in particolare il relativismo morale - la posizione di chi sostiene che le forme di vita diverse non sono valutabili moralmente e devono solo essere accettate - ha implicazioni che pochi apprezzerebbero ed è in ultima analisi indifendibile e proprio sul piano morale.
Il dibattito sulla laicità è ripreso intensamente. Invece di restringerlo a una lotta per la supremazia tra le parti, è meglio comprenderlo come ricerca di una intesa tra pensiero religioso e pensiero secolare sui fondamenti prepolitici della vita civile e del diritto (vedi dialogo tra Habermas e Ratzinger), senza prendere l'imbeccata solo dalle scienze. La laicità ha le sue ragioni, che non sono forse quelle convenzionalmente attribuite ai cattolici, o viceversa ai 'laici'. Oggi la laicità va oltre il nesso religione-politica per investire le questioni bioetiche, la natura umana, la secolarizzazione, la domanda se lo scopo della politica sia solo la libertà. Questo accade in un'epoca in cui la religione torna nella sfera pubblica, mantenendo desta la sensibilità per le contraddizioni della modernizzazione. La 'nuova laicità' può giocare la sua parte nel contrastare l'attacco antiumanistico che si ripresenta nella storia e nella politica.
Bernard Williams è considerato uno dei più importanti e originali filosofi degli ultimi cinquant'anni. Largamente riconosciuto come uno dei più autorevoli filosofi morali, cominciò a scrivere diffusamente di temi politici a partire dai primi anni ottanta. I suoi contributi, insieme ai libri sull'etica, hanno avuto e hanno importanti conseguenze per la teoria politica. Questa raccolta di saggi, per la maggior parte inediti e scelti dallo stesso Williams, affronta i problemi chiave del pensiero politico: giustizia, libertà e uguaglianza; natura e significato del liberalismo; tolleranza; potere e paura del potere; democrazia. Uno dei temi conduttori che li animano è che i filosofi politici non possono accontentarsi di discutere le teorie di altri filosofi, ma devono confrontarsi con la realtà della vita politica, un atteggiamento questo che Williams fa proprio intrecciando, in una prosa brillante e iconoclastica, analisi filosofica ed esperienza personale. Williams è convinto che la filosofia debba riconoscere la propria incompletezza, aprendosi ai contributi del sapere storico, sociale e scientifico. La mancanza di purezza è la prima virtù dell'attività filosofica.
Abbassare il livello della tensione e dell'aggressività nelle organizzazioni attraverso il dialogo, la riflessione, l'approccio filosofico, può contribuire in modo sostanziale ad accrescere la dimensione etica nelle pratiche del business di tutti i giorni. Etica intesa come possibilità di contribuire con energie vitali per auto-affermarsi positivamente come individuo, il che porta a prefigurare una nuova forma di leadership che parte dalla "pausa", dalla riflessione e solo in seguito si traduce in azione. Il libro argomenta le ragioni per cui una presenza della riflessione filosofica con oggetto "la persona" sia diventata non solo necessaria ma inevitabile nelle organizzazioni e nelle aziende che cercano di dare un "senso" al proprio fare.
La fine del Novecento è stata caratterizzata da uno straordinario paradosso: la ricomparsa prepotente del fondamentalismo sulla scena internazionale, proprio mentre a sinistra già si parlava di morte delle ideologie. Un "ritorno di fiamma" per il pensiero assoluto che non ha riguardato in senso stretto solo le religioni e che non si è diffuso unicamente in Medio Oriente: ha trovato terreno fertile anche nella deriva del cristianesimo oltranzista made in USA. Un concetto quindi, quello di ideologia, che non è forse mai stato così in evidenza - ma anche tanto frainteso - come al giorno d'oggi. Terry Eagleton dedica a questo controverso tema una delle sue opere più importanti, pubblicata nel 1991 e uscita in Inghilterra nella presente edizione aggiornata nel 2007. Cimentandosi in un serrato corpo a corpo con i principali pensatori marxisti (in particolare Gramsci), con Schopenhauer e Nietzsche, Freud, Bourdieu e i poststrutturalisti, Eagleton passa in rassegna le varie definizioni del termine "ideologia" e ne analizza la storia tortuosa attraverso la modernità, dall'Illuminismo al postmoderno.
Un volume sul rapporto tra arte e filosofia, perche' da sempre l'arte interroga gli umani, provocando la loro naturale attitudine filosofica.
L'esigenza di redistribuzione globale della ricchezza, la riduzione delle diseguaglianze tra nord e sud del mondo, la gestione dei flussi migratori, la protezione dai rischi ambientali, la lotta contro le reti transnazionali del terrorismo globale sono questioni che travalicano i confini nazionali e configurano quella che Habermas ha definito la "costellazione post-nazionale". Il fenomeno della globalizzazione sta trasformando i modi di pensare e di impostare i problemi di giustizia e la sfida che attende oggi un approccio di tipo normativo, è la necessità di riferirsi a criteri di giudizio e di valutazione etica non limitati a comunità chiuse ma validi al di là dei confini statali. Tuttavia, una convinzione molto diffusa vuole che la discussione sulla giustizia riguardi principalmente le relazioni tra cittadini di uno stato nazionale, non solo nelle classiche trattazioni filosofiche, da Platone a Rawls, ma anche nella comprensione comune. Il libro affronta in modo sistematico le questioni centrali attinenti la "giustizia globale", esaminando gli argomenti pro e contro, e analizzando le principali difficoltà di una giustizia non esclusivamente iscrivibile alla comunità politica locale, sia sul fronte teorico, sia dal punto di vista pratico.
Strattonati dal terrore e dal fondamentalismo, ci siamo abituati a pensare a un mondo lacerato da fedi e culture in conflitto, separate da abissi di incomprensione. Kwame Anthony Appiah lancia una sfida: gli intellettuali e i politici hanno esagerato sin troppo la rilevanza delle divisioni. Per abbattere il muro di diffidenza reciproca, bisogna tornare al concetto filosofico antico dell'uomo "cittadino del mondo", che non si identifica in una sola patria, non classifica il resto dell'umanità come "straniero". Quell'ideale cosmopolita, sottolinea Appiah, è stato alla base di alcune tra le conquiste principali dell'illuminismo, come la dichiarazione dei diritti dell'uomo e la proposta kantiana di una società delle nazioni. La filosofia moderna, che se ne è allontanata, ha seguito la società nei suoi conflitti e nelle sue paure. Traendo ispirazione dalle affinità del sentire umano che si esprime sotto tutte le latitudini, dalla storia, dalla letteratura, dall'arte e dalla filosofia, Appiah affronta questioni di spinosa attualità e tratteggia un cosmopolitismo contemporaneo, un approccio etico globale.