L'ermeneutica filosofica contemporanea, se si considera il tipo di rapporto che essa stabilisce con la verità, si muove in due direttrici diverse: verso un'ermeneutica ispirata al pensiero debole e verso un'ermeneutica veritativa. Il volume prende in esame il pensiero di Betti (1890-1968) che si può considerare il principale esponente di questa "corrente" che non cessa di perseguire la "verità" giungendo a formulare nella celebre Teoria generale dell'interpretazione, una serie di principi e di metodi capaci di aprire l'interpretazione alla comprensione del suo "oggetto".
Pubblicata nel 1940, ma profondamente riveduta dopo la seconda guerra mondiale, "Der Mensch. Seine Natur und seine Stellung in der Welt" si può considerare l'opera fondamentale dell'antropologia filosofica di Gehlen. Qui prende forma una concezione dell'essere umano come natura biologicamente carente, costretta a procacciarsi chance di sopravvivenza attraverso l'azione e il continuo intervento sull'ambiente. La povertà di istinti e di specializzazioni, che distingue l'uomo dall'animale, trova compensazione nella capacità di creare cultura, facendo così dell'artificio la vera essenza della vita umana. Il linguaggio, la tecnica, le istituzioni sono i mezzi attraverso i quali l'uomo trasforma il proprio destino, libero e nondimeno vincolato a regole che non può trasgredire. Sullo sfondo, l'aridità di un pensiero marcatamente conservatore, ma tuttavia capace di sollecitazioni decisive e di straordinario rigore.
In queste pagine, diversi geni del pensiero vi accompagneranno passo per passo nelle vostre faccende, in una giornata vissuta filosoficamente. Cominciamo proprio dall’inizio, il risveglio. Cosa significa essere svegli? Come facciamo a essere sicuri che non stiamo ancora sognando? Cartesio sostiene che se siamo in grado di dubitare di essere svegli è perché stiamo pensando, e quindi probabilmente esistiamo... Thomas Hobbes ha qualcosa da dire sul pendolarismo mattutino che scatena il selvaggio che c’è in ognuno di noi, e in palestra Michel Foucault vi correrà accanto sul tapis roulant per spiegarvi che quegli esercizi ginnici costituiscono in realtà una forma di controllo statale. In ufficio Karl Marx vi sussurrerà all’orecchio come liberarvi dalla schiavitù del salario, nel tempo libero Niccolò Machiavelli vi darà consigli sull’organizzazione di una festa ben riuscita e Carl Schmitt vi spiegherà perché litigare con il partner ha i suoi vantaggi. E se intendete ricorrere alla consolazione dello shopping, in camerino,mentre vi ammirate nello specchio, Jacques Lacan ha qualcosa da dirvi sui pericoli del narcisismo...
Allargando il discorso anche all’arte, alla letteratura, alla psicoanalisi, all’antropologia, Rowland Smith illumina di luce straordinaria il nostro ordinario, dando vivacità al monotono e valore alla routine.
“La filosofia come avventura infinita:
una sorta di navigazione a vista
nel gran mare dell’essere.
Per ripristinare il senso più autentico
della domanda filosofica.”
Un’avventura che non vuole traghettarci da nessuna parte; ma farci fare un’autentica esperienza di pensiero. E condurci nel cuore di alcune tra le grandi questioni della filosofia. Insomma, un modo per cercare di capire in cosa consista veramente quella in-servibile forma di conoscenza che da molti viene giustamente guardata con sospetto e perplessità. O anche: un modo per accompagnare il lettore alle radici di quella pratica intellettuale che sta alla base delle discipline specialistiche che i più ormai ritengono finalmente libere da ogni nefasta tentazione unitaria. Un volume che pretende di rivolgersi anche a chi non abbia mai avuto occasione di imbattersi in quella enigmatica forma di interrogazione che ha sempre caratterizzato il non-sapere filosofico. Sì, perché l’avventura della ricerca filosofica ha questo di caratteristico: di non pretendere alcun prerequisito, alcuna carta di identità, alcuna pregiudiziale attestazione d’appartenenza, ma di offrirsi piuttosto alla libera disponibilità di una mai appagata docta ignorantia.
A diciassette anni dalla sua prima edizione in lingua inglese (Oxford 1993) e a sei dalla seconda in francese (Fribourg-Paris 2004), si presenta qui in edizione italiana il volume di Dominic J. O’Meara, Plotino. Introduzione alle «Enneadi». Esso è rivolto segnatamente a coloro che intendono intraprendere la lettura dell’opera plotiniana, uno dei testi indubbiamente più grandi e complessi dell’Antichità nonché dell’intera tradizione filosofica. Attraverso l’esame di alcuni tra i suoi trattati più intensi e significativi, O’Meara mostra come nel suo insegnamento a Roma e nel confronto con i predecessori Plotino sia giunto a sviluppare un pensiero particolarmente originale e audace, basato su un’interpretazione fortemente innovativa di Platone e destinato a esercitare una profonda influenza sulle vicende della metafisica occidentale. Una breve Prefazione della Curatrice (Sofia Mettei), la Premessa dell’Autore alla traduzione italiana e taluni aggiornamenti testuali (Cronologia della vita di Plotino, Cronologia dell’opera di Plotino) e bibliografici colmano la distanza critica dalle precedenti redazioni, confermando altresì la rilevanza di tale lavoro in seno all’attuale panorama degli studi sul neoplatonismo..
Autore
Dominic J. O’Meara, nato a Dublino nel 1948, è professore emerito di Storia della Filosofia Antica all’Università di Friburgo (Svizzera). Già membro del comitato direttivo della Fédération Internationale des Societés de Philosophie (1999-2003) e della European Science Foundation «Philosophy in Late Antiquity and its Heritage in Arabic Thought» (2000-2004), ha cofondato e diretto la collana «Vestigia» (Cerf, Parigi) e la «Academia Platonica Septima» (Münster). Attualmente direttore (con P. Hadot e J.-F. Balaudé) della collana «Les écrits de Plotin» (Cerf, Parigi), collabora a varie riviste scientifiche ed è autore – oltre che dell’opera qui offerta in edizione italiana – di numerosi saggi sulla filosofia plotiniana e la tradizione platonica, tra i quali Structures hiérarchiques dans la pensée de Plotin (Leiden 1975), Pythagoras Revived: Mathematics and Philosophy in Late Antiquity (Oxford 1989), The Structure of Being and the Search for the Good. Essays on Ancient and Early Medieval Platonism (Aldershot 1999), Platonopolis. Platonic Political Philosophy in Late Antiquity (Oxford 2003).
Un'esposizione della Politica aristotelica secondo canoni moderni, svincolata dal suo contesto storico.
Partendo dall'idea di storicismo, religiosamente laico, critico e problematico, come tentativo di individuare una nuova razionalità, che, senza etica ripugnanza per il tema della "relatività", sia capace di intendere lo spazio autonomo del molteplice come "connessione" e "relazione", processo di universalizzazione dell'individualità, la "religione dello storicismo" si afferma in queste pagine come un originale paradigma della filosofia della religione. Una concezione inquieta e inquietante, rigorosamente anti-fondamentalistica perché affidata alla responsabilità dei soggetti, alla forza etica del loro irresistibile tendere oltre, sempre dinanzi al rischio della spietatezza della storia da essi stessi costruita. "Evacuata est crux Christi". Il libro, dopo un preliminare tentativo di chiarificazione teoretica del problema, delinea i tratti di una possibile storia di questa categoria, a partire da una serie di "sondaggi" storiografici su figure, grandi e minori, sempre autenticamente significative, dell'Otto-Novecento europeo.
Aldo Capitini (1899-1968), il filosofo italiano della nonviolenza ed una delle più significative voci europee della cultura della pace, figura di spicco dell’antifascismo liberalsocialista, promotore nell’Italia repubblicana di vaste esperienze di democrazia diretta e “dal basso”, intellettuale ritenuto da molti un maestro di vita civile e di moralità laica, oggi può essere considerato anche un classico della pedagogia italiana. Questo suo primo importante scritto pedagogico raccoglie i temi maggiori delle riflessione capitiniana, ancora oggi di sconcertante attualità.
Prendendo le mosse dal concetto di iterabilità, collegandolo alle moderne tecnologie e alle questioni etiche che ci impongono, in quest'intervista del 2001, Derrida attraversa molti nodi problematici della sua filosofia - la traccia, il resto, la rimanenza, il supplemento, il fallogocentrismo e la sua necessaria decostruzione, la distinzione tra différence e différance e quella tra oralità e scritturala - e della sua biografia - il controverso rapporto con la sua ebraicità, la "difesa" di De Man e il "caso" che ne è seguito, le sue posizioni riguardo al "nazismo" di Heidegger - producendo un intreccio molto interessante tra vita e pensiero, filosofia e biografia, che troverà nella letteratura un suo grande punto di forza e una felice sintesi.
Perché in un paese dai costumi secolarizzati come il nostro la politica si fa sempre meno laica? E quali conseguenze dobbiamo temerne per le nostre libertà? C’è un’emozione cupa che ormai vince su tutte, negli slogan dei partiti come nei nostri discorsi. È la paura dell’altro, la paura che divide il mondo tra noi e loro, tra dio e satana, tra civiltà e barbarie. Finite le vecchie ideologie, al loro posto c’è un nuovo racconto pubblico, non meno ideologico e forse ancora più totale. Dalla sua ha la forza capillare di una parte rilevante dei giornali e di quasi tutte le televisioni, queste e quelli coalizzati in una quotidiana macchina mediatica della paura. Come in ogni guerra, anche in questa ci sono vittime impreviste. Siamo noi. Chiusi nella miseria dell’odio, ci lasciamo convincere a rinunciare ai nostri stessi diritti civili. Di questo oggi dovremmo aver paura, non dell’altro che ci «invade». A questi temi, di incombente attualità, sono dedicate le riflessioni di Roberto Escobar che non rinuncia, pur nell’angoscia del presente, a indicare l’occasione di una nuova tenace speranza.
L’invettiva di uno scienziato che si sente fuori dal coro
«Ogni ingerenza dottrinaria mette in pericolo la democrazia. Si possono tollerare gli insegnamenti di religione nelle scuole? Si possono tollerare le manifestazioni di liberalismo senza freni che avvelenano il mercato? Si può tollerare che il potere politico sia occupato da esponenti di partito privi di competenze adeguate? Non siamo arrivati forse a una produzione mediatica di consenso che conserva l’ignoranza e l’incultura come garanzie di subordinazione? Lo stato ha o no l’obbligo di promuovere la libera ricerca scientifica? Basterebbe studiare un po’ di storia per capire la capacità di innovazione positiva che hanno avuto nel mondo le scienze contemporanee e per capire come il livello di benessere che contraddistingue i paesi sviluppati dipenda dal loro essere scientificamente attivi. Se molta gente non si accorge nemmeno di essere in un sistema in cui l’acqua si preleva dal rubinetto di casa e non da un pozzo; e la luce si ottiene premendo un bottone; e il mal di testa scompare con una pillola, allora bisognerà rivedere che cos’è diventata la coscienza del mondo in questa parte della Terra».
Indice
Parte prima: Prologo Chi siamo? Dove andiamo? Da dove veniamo? Recriminazioni autoironiche - 1. I guasti cominciano dalle parole - 2. La corruzione simbolica della realtà - 3. L’ingerenza dottrinaria della chiesa - 4. «O si pensa o si crede» - 5. Laicità, solitudine e morte - 6. Sulla travagliata storia della razionalità (semplificando q.b.) - 7. Educare «etsi deus non daretur» - 8. Contro la cultura dominante - 9. Qualunquismo mescolato ad autocannibalismo sociale - 10. L’inesorabile affermazione del «qualunquismo tacito» - 11. È possibile una democrazia senza competenze? - Epilogo - Parte seconda I TESTI: Sui rapporti tra religione, scienza ed etica - Sull’uso improprio del linguaggio proposizionale e sul superamento del senso comune - Sulla centralità del pensiero induttivo nella formazione delle idee - Bibliografia - Ringraziamenti