Da qualche tempo si registrano frequentazioni della filosofia differenti rispetto al passato. Non è la filosofia che cambia, ma la richiesta dell'uomo nei suoi confronti. Oggi si chiede alla filosofia di tornare ad essere "pratica sociale", cioè attività pubblica, collegiale e democratica. Centrale in questo volume è la nozione di "comunità di ricerca", che si pone come luogo privilegiato di mediazione fra la filosofia e la politica, attraverso l'argomentazione etica, da un lato, e l'indagine esplorativo-conoscitiva, dall'altro. L'idea di base è che la pratica della filosofia in società possa condurre a stabilire un nesso indissolubile tra pensiero critico, condivisione di valori, costruzione dì conoscenza e attitudine democratica, libertaria e tollerante.
Il giuramento riveste un ruolo essenziale, in quanto "sacramento del potere", nella storia politica e religiosa dell'Occidente. Tuttavia, malgrado i numerosi studi di linguisti, antropologi e storici del diritto e delle religioni, manca una visione d'insieme del problema, che cerchi di dar ragione della funzione strategica che questa istituzione ha svolto all'incrocio di diritto, religione e politica. Che cos'è il giuramento, se sembra mettere in questione l'uomo stesso come animale politico? Da questa domanda deriva l'attualità dell'archeologia del giuramento proposta dal libro. Attraverso un'indagine di prima mano sulle fonti greche e romane, che ne mette in luce il nesso con le legislazioni arcaiche, la maledizione, i nomi degli dei e la bestemmia, Giorgio Agamben situa l'origine del giuramento in una prospettiva nuova, che ne fa l'evento decisivo nell'antropogenesi, ovvero nel diventar umano dell'uomo, iI giuramento ha potuto costituirsi come "sacramento del potere" perché esso è innanzitutto il "sacramento del linguaggio", in cui l'uomo, che si è scoperto parlante, decide di legarsi al suo linguaggio e di mettere in gioco, in esso, la vita e il destino.
"Logica: non "addestramento ad un migliore o peggiore procedere del pensiero", ma il "misurare con i passi dell'interrogazione gli abissi dell'essere", non "arida collezione di leggi eterne del pensiero", ma la "sede della dignità accordata ali'interrogazione dell'uomo" - con questo appello Heidegger svolse il corso di lezioni "Logica come domanda sull'essenza del linguaggio", tenuto nel semestre estivo del 1934. Questo corso costituisce una decisiva pietra miliare nel cammino che porta il pensiero heideggeriano, dalla fase dell'ontologia fondamentale a quella della storia dell'essere. Ma esso è anche importante per un'adeguata comprensione della situazione di Heidegger all'Università dì Friburgo, subito dopo l'abbandono della carica di Rettore. Molto di quel che è stato scritto troppo in fretta sull'impegno nazionalsocialista di Heidegger, dovrà essere rivisto e sottoposto ad una nuova interpretazione in base a queste lezioni." (Günter Seubold)
Il saggio mette a confronto i fondamenti filosofici del pensiero di Hegel e di Severino. A differenza di altri studi che hanno confrontato il pensiero hegeliano e quello severiniano sotto particolari punti di vista, questo è il primo studio sistematico che fa i conti con le opere dei due pensatori nella loro interezza. Benché non sia stato trascurato l'aspetto filologico e storico-critico del dialogo filosofico, questo studio ha voluto entrare nell’essenza della riflessione portata avanti dai due pensatori. L'hegelismo viene considerato come la forma di epistéme più coerente e rigorosa dell'idealismo tedesco e, conseguenzialmente, il compimento di tutto il pensiero filosofico occidentale a partire dalla sua origine greca. Ciò malgrado l'hegelismo viene ad imbattersi in contraddizioni insolubili, in particolare la non conciliabilità tra dimensione ontologica fondativa e quella storicistica del divenire, cioè il tempo: l’essere e il tempo. Hegel naufraga proprio nel tentativo di pensare rigorosamente l'identità e la non-contraddizione. La filosofia severiniana, invece, oltrepassato il divenire in senso occidentale, rimane fedele al proprio canone della incontradditorietà e si dimostra in grado di rispondere alle incoerenze hegeliane. Prefazione di Emanuele Severino
Spinoza elabora un'etica laica, in cui l'uomo è visto come un essere naturale che deve essere incluso nell'ambito della produttività infinita della natura. Secondo Spinoza l'uomo è parte della natura universale, e non si può parlare della sua libertà senza conoscere in che cosa questa consista e come sia possibile all'interno della totalità della natura: la conoscenza della natura delle cose è pertanto prioritaria e fondamentale. Come per i classici, anche per Spinoza il momento propriamente etico, ossia la descrizione delle azioni che consentono all'uomo di pervenire alla sua massima perfezione, giunge al termine di un percorso che fonda le conoscenze indispensabili allo scopo.
Il testo tenta di rendere rappresentabile la posizione ed il senso di quel fenomeno epistemologico che con sempre maggiore frequenza oggi viene definito "costruttivismo-costruzionismo". Le rassegne e le mappe proposte conducono lo studioso da un lato a comprendere il senso delle origini e degli sviluppi teorici di questo movimento e, dall'altro, a riflettere sui relativi assestamenti geografici, sui diversi contributi disciplinari nonché sul significato delle attuali dinamiche che danno vita a specifiche espressioni e configurazioni "costruttiviste".
Risale al 2000 l'espressione "modernità liquida", coniata dal sociologo Bauman, per descrivere la nostra cultura, il panorama attuale risulta infatti indeterminato e indeterminabile, in continuo riassestamento, mentre flessibilità, espansibilità e riadattabilità sembrano essere le note tipiche dei nostri modelli e codici di comportamento. I saggi del presente volume raccolgono un'esigenza di solidità, a partire da quegli interrogativi - dalla bioetica all'economia - che non possono essere evitati da chi intende proporre alle giovani generazioni un'autentica cultura.
Posta sotto i riflettori dell'intelligenza e della critica, la pratica religiosa deve inesorabilmente manifestarsi come modesto vettore di socializzazione, con vaghe opportunità consolatorie, incline però alle radicalizzazioni del fanatismo superstizioso e del dogmatismo intollerante? Se la nostra coscienza si lasciasse pazientemente sorprendere dalle congiunture più straordinarie e feriali del vivere - nelle quali l'uomo nasce e muore, genera e lavora, crea e fallisce, ama e soffre - forse scoprirebbe la singolare custodia che la religione offre alla libertà. Proprio in quelle congiunture la libertà cerca le ragioni della propria speranza e le riceve in dono dai suoi legami: da quelli che l'assicurano al senso della vita a Quello che la rassicura della preziosità di sé, accendendo gli indizi di una sua provenienza e di un suo destino non di questo mondo.
«Dimmi la verità» cantava, nel 1971 John Lennon e il refrain è sempre in agguato in molti dei nostri rapporti interpersonali, anzi spesso ci accontentiamo almeno di una certezza e non solo sul piano individuale. E spesso certezza e verità si fondono e confondono, sicché è lo stesso orizzonte veritativo della comunicazione che diventa problematico. Certo quid est veritas non perde in alcun modo il fascino originario, ma è sempre più evidente che senza attenzione e cura, senza cautele e distinzioni diventa semplicemente un esercizio retorico che non aiuta a cogliere l’attuale stato del nostro modo di comunicare nella quotidianità. Ma la questione della verità sperimentata nella quotidianità è correlata con quella vissuta nell’ambito della società e della chiesa: sono atti di un’unica vicenda umana che ha portata assoluta e si colora dei tratti del nostro tempo. Di questo e solo di questo tratta questo denso volumetto redatto dal gruppo “Oggi la Parola” e che presenta scritti di Giuliano Pontara, Luigi Accattoli, Annamaria Testa, Giuseppe Goisis, Paolo Inguanotto, Pino Stancari, Lorenzo Biagi, Giannino Piana, Roberto Mancini, Domenico Massaro, Mario de Maio, Giovanni Montanaro, Giovanni Colombo, Ivo Lizzola, Beatrice Draghetti, Cristina Ricci, Fabrizio Valletti, Ettore Zerbino, Paolo Giuntella e Jean Louis Ska, nonché l’Apologia di Socrate nella versione di Giovanni Reale, adattata da Carlo Rivolta e Nuvola De Capua per lo spettacolo interpretato da Carlo Rivolta.
Nel libro si ripropongono due saggi di Unamuno, "Della disperazione religiosa moderna" e "Intelligenza e bontà", mai inclusi nelle successive edizioni delle sue "Opere Complete", due articoli di Giovanni Boine su Miguel de Unamuno, e una scelta del carteggio fra i due autori. Tutti i testi risalgono al 1907. Nell'Europa d'inizio Novecento le opere di Adolf von Harnack, di Alfred Loisy e di altri teologi scatenarono una profonda crisi di coscienza che toccò vari strati della società. Attraverso i saggi di un pensatore assolutamente eterodosso quale Miguel de Unamuno è possibile avvicinarsi a questa grande ferita che lacerò l'unità dei cattolici europei. Cresciuto in una nazione profondamente cattolica, Unamuno prese le distanze dal tomismo ufficiale e si avvicinò spontaneamente ai protestanti liberali e a Kierkegaard e Ibsen, praticamente sconosciuti in Spagna. I saggi di argomento religioso di Unamuno, pubblicati sulla rivista "Espana Contemporànea", suscitarono l'interesse dei collaboratori del periodico considerato l'organo dei cattolici modernisti in Italia: "II Rinnovamento". Attraverso l'epistolario con Giovanni Boine, che era allora un giovanissimo studente di filosofia, affiorano gli interrogativi che tormentavano gli intellettuali di quell'epoca.
Contiene nutrite informazioni che riguardano il periodo in cui Fabro frequentò il Pontificio Istituto Internazionale Angelicum a Roma (1931-1937) per lo studio della teologia: la vita all'Angelicum, le attività accademiche, i suoi famosi professori (Cordovani, Merkelbach, Garrigou-Lagrange, Simonin, Walz, Ceuppens, ecc.) i corsi, le excercitationes, i voti, gli esami di licenza e di dottorato del giovane studente stimmatino. Dalla documentazione e dalle recensioni riportate, si può percepire, inoltre, lo stupore che provocò in Italia e all'estero la pubblicazione della tesi, avvenuta nel 1939.
Michael Erler espone il sistema filosofico di Platone mettendone in evidenza tutta la stratificazione concettuale e problematica. Sottolinea il lento processo di nascita e di consolidamento del pensiero platonico, la sua genesi nel contesto della società, della politica e della cultura ateniese del tempo. Si sofferma a lungo sul ruolo avuto da Socrate, descrive l'importanza delle esperienze politiche, il rapporto con la sofistica e l'incontro-scontro con la retorica, il progetto di un modello alternativo di paideia e la conseguente costituzione dell'Accademia. Erler affianca alla dimensione ontologica, metafisica e gnoseologia del pensiero platonico anche quella politico-pedagogica e questioni complesse - come, ad esempio, quelle dell'esperienza erotica e artistica, del linguaggio e della scrittura solitamente trascurate nelle presentazioni d'insieme della filosofia platonica.