Il dibattito sulla laicità è ripreso intensamente. Invece di restringerlo a una lotta per la supremazia tra le parti, è meglio comprenderlo come ricerca di una intesa tra pensiero religioso e pensiero secolare sui fondamenti prepolitici della vita civile e del diritto (vedi dialogo tra Habermas e Ratzinger), senza prendere l'imbeccata solo dalle scienze. La laicità ha le sue ragioni, che non sono forse quelle convenzionalmente attribuite ai cattolici, o viceversa ai 'laici'. Oggi la laicità va oltre il nesso religione-politica per investire le questioni bioetiche, la natura umana, la secolarizzazione, la domanda se lo scopo della politica sia solo la libertà. Questo accade in un'epoca in cui la religione torna nella sfera pubblica, mantenendo desta la sensibilità per le contraddizioni della modernizzazione. La 'nuova laicità' può giocare la sua parte nel contrastare l'attacco antiumanistico che si ripresenta nella storia e nella politica.
"La liberté cartésienne" di Jean-Paul Sartre è uno scritto emblematico nella storia della filosofia del Novecento. Pubblicato nel 1946, subito dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale, ripropone il problema del libero arbitrio a ridosso di un momento storico in cui la libertà era stata soffocata in gran parte d'Europa. Il saggio apparve nella collana "I classici della libertà", fondata da un importante studioso dello "spirito borghese", Bernard Groethuysen. Secondo il modello editoriale, cui partecipò anche lo storico Lucien Febvre, il saggio introduceva a un autore che documentava con i suoi scritti la continuità e la trasformazione dell'ideale "classico" di libertà nella storia della coscienza europea. La nozione di libertà che Sartre delinea trae origine dal recupero del concetto di libertà, così come pensata da Cartesio, caratterizzata dalla possibilità e dall'autonomia della scelta. Al di là dei confini confessionali, il libero arbitrio è proposto come un valore "transtorico", "secolarizzato", oggi si direbbe dell'uomo multiculturale. Sartre considera Cartesio come il filosofo che in un'epoca "autoritaria" pensa la libertà dei moderni. A lui fa risalire con la dottrina del cogito, la dottrina della democrazia. Questo testo sartriano, inedito in Italia, viene qui presentato insieme con i brani di Cartesio ai quali Sartre fa riferimento. L'edizione offre così una lettura comparata e quasi un dialogo tra due maestri del pensiero occidentale.
Bernard Williams è considerato uno dei più importanti e originali filosofi degli ultimi cinquant'anni. Largamente riconosciuto come uno dei più autorevoli filosofi morali, cominciò a scrivere diffusamente di temi politici a partire dai primi anni ottanta. I suoi contributi, insieme ai libri sull'etica, hanno avuto e hanno importanti conseguenze per la teoria politica. Questa raccolta di saggi, per la maggior parte inediti e scelti dallo stesso Williams, affronta i problemi chiave del pensiero politico: giustizia, libertà e uguaglianza; natura e significato del liberalismo; tolleranza; potere e paura del potere; democrazia. Uno dei temi conduttori che li animano è che i filosofi politici non possono accontentarsi di discutere le teorie di altri filosofi, ma devono confrontarsi con la realtà della vita politica, un atteggiamento questo che Williams fa proprio intrecciando, in una prosa brillante e iconoclastica, analisi filosofica ed esperienza personale. Williams è convinto che la filosofia debba riconoscere la propria incompletezza, aprendosi ai contributi del sapere storico, sociale e scientifico. La mancanza di purezza è la prima virtù dell'attività filosofica.
Abbassare il livello della tensione e dell'aggressività nelle organizzazioni attraverso il dialogo, la riflessione, l'approccio filosofico, può contribuire in modo sostanziale ad accrescere la dimensione etica nelle pratiche del business di tutti i giorni. Etica intesa come possibilità di contribuire con energie vitali per auto-affermarsi positivamente come individuo, il che porta a prefigurare una nuova forma di leadership che parte dalla "pausa", dalla riflessione e solo in seguito si traduce in azione. Il libro argomenta le ragioni per cui una presenza della riflessione filosofica con oggetto "la persona" sia diventata non solo necessaria ma inevitabile nelle organizzazioni e nelle aziende che cercano di dare un "senso" al proprio fare.
La fine del Novecento è stata caratterizzata da uno straordinario paradosso: la ricomparsa prepotente del fondamentalismo sulla scena internazionale, proprio mentre a sinistra già si parlava di morte delle ideologie. Un "ritorno di fiamma" per il pensiero assoluto che non ha riguardato in senso stretto solo le religioni e che non si è diffuso unicamente in Medio Oriente: ha trovato terreno fertile anche nella deriva del cristianesimo oltranzista made in USA. Un concetto quindi, quello di ideologia, che non è forse mai stato così in evidenza - ma anche tanto frainteso - come al giorno d'oggi. Terry Eagleton dedica a questo controverso tema una delle sue opere più importanti, pubblicata nel 1991 e uscita in Inghilterra nella presente edizione aggiornata nel 2007. Cimentandosi in un serrato corpo a corpo con i principali pensatori marxisti (in particolare Gramsci), con Schopenhauer e Nietzsche, Freud, Bourdieu e i poststrutturalisti, Eagleton passa in rassegna le varie definizioni del termine "ideologia" e ne analizza la storia tortuosa attraverso la modernità, dall'Illuminismo al postmoderno.
Un volume sul rapporto tra arte e filosofia, perche' da sempre l'arte interroga gli umani, provocando la loro naturale attitudine filosofica.
L'esigenza di redistribuzione globale della ricchezza, la riduzione delle diseguaglianze tra nord e sud del mondo, la gestione dei flussi migratori, la protezione dai rischi ambientali, la lotta contro le reti transnazionali del terrorismo globale sono questioni che travalicano i confini nazionali e configurano quella che Habermas ha definito la "costellazione post-nazionale". Il fenomeno della globalizzazione sta trasformando i modi di pensare e di impostare i problemi di giustizia e la sfida che attende oggi un approccio di tipo normativo, è la necessità di riferirsi a criteri di giudizio e di valutazione etica non limitati a comunità chiuse ma validi al di là dei confini statali. Tuttavia, una convinzione molto diffusa vuole che la discussione sulla giustizia riguardi principalmente le relazioni tra cittadini di uno stato nazionale, non solo nelle classiche trattazioni filosofiche, da Platone a Rawls, ma anche nella comprensione comune. Il libro affronta in modo sistematico le questioni centrali attinenti la "giustizia globale", esaminando gli argomenti pro e contro, e analizzando le principali difficoltà di una giustizia non esclusivamente iscrivibile alla comunità politica locale, sia sul fronte teorico, sia dal punto di vista pratico.
Strattonati dal terrore e dal fondamentalismo, ci siamo abituati a pensare a un mondo lacerato da fedi e culture in conflitto, separate da abissi di incomprensione. Kwame Anthony Appiah lancia una sfida: gli intellettuali e i politici hanno esagerato sin troppo la rilevanza delle divisioni. Per abbattere il muro di diffidenza reciproca, bisogna tornare al concetto filosofico antico dell'uomo "cittadino del mondo", che non si identifica in una sola patria, non classifica il resto dell'umanità come "straniero". Quell'ideale cosmopolita, sottolinea Appiah, è stato alla base di alcune tra le conquiste principali dell'illuminismo, come la dichiarazione dei diritti dell'uomo e la proposta kantiana di una società delle nazioni. La filosofia moderna, che se ne è allontanata, ha seguito la società nei suoi conflitti e nelle sue paure. Traendo ispirazione dalle affinità del sentire umano che si esprime sotto tutte le latitudini, dalla storia, dalla letteratura, dall'arte e dalla filosofia, Appiah affronta questioni di spinosa attualità e tratteggia un cosmopolitismo contemporaneo, un approccio etico globale.
I rapporti tra musica e filosofia sono sempre stati complessi e insidiosi. Da un lato, la filosofia ha visto nella musica un semplice allettamento dei sensi, fonte di piacere e di soddisfazione più che occasione di riflessione, dall'altro l'ha considerata come un'esperienza privilegiata di contatto con l'assoluto e con il divino, al punto da volerne quasi imitare forme e ritmi. Il primo capitolo del volume ripercorre gli snodi fondamentali della storia del pensiero musicale e si sofferma sullo scarto di consapevolezza che, a partire dal romanticismo, ha fatto sì che la riflessione filosofica sulla musica prendesse uno sviluppo e un'importanza prima sconosciute. Il secondo capitolo rilegge la tradizionale questione del ruolo del sentimento nell'arte dei suoni, inserendosi così in una discussione che è oggi tornata di attualità e occupa gran parte della riflessione dedicata alla musica dall'estetica analitica angloamericana. Il terzo capitolo prende in esame la questione della tecnica, richiamandosi alle elaborazioni critiche e teoriche proposte dai grandi autori dell'estetica musicale novecentesca - da Adorno a Dahlhaus - e confrontandosi con le tesi emergenti nell'ambito delle poetiche musicali contemporanee, da Xenakis a Boulez.
Gli "Analitici secondi" sono il quarto degli scritti aristotelici che la tradizione ha radunato sotto il titolo di "Organon" (strumento), con l'intento di raccogliere tutto ciò che, nel pensiero del maestro, concerne la dialettica, la logica e la dottrina della scienza e non ha un contenuto dottrinale autonomo ma costituisce un prerequisito metodologico di ogni sapere filosofico. Temi specifici degli "Analitici secondi" sono la dottrina dell'argomentazione dimostrativa, la classificazione dei principi della conoscenza, la struttura assiomatica della scienza e la teoria della definizione. Il volume offre una nuova traduzione condotta sul testo greco edito da W.D. Ross, riportato a fronte, e un commento continuo e approfondito. Traduzione e commento, a firma di Mario Mignucci, sono completati da un'introduzione scritta da Jonathan Barnes, che mette a fuoco e affronta alcune delle questioni esegetiche più dibattute.
Nell'epoca in cui i festival di filosofìa riscuotono il successo dei grandi concerti rock, si può forse cominciare a dire che la filosofia è aperta a tutti quelli che hanno voglia di sperimentarla, non solo agli specialisti. La filosofia discute di temi e problemi che riguardano tutti. Che cosa è giusto o sbagliato? Come si conduce un ragionamento corretto? Che cosa conosciamo? Si tratta allora di capire come entrare nel mondo della filosofia. Come imparare le regole del gioco. I 4 giovani filosofi autori del libro hanno scelto di discutere di filosofia con Gregory House, l'originale protagonista di una delle serie tv più seguite di tutti i tempi, Dr. House M. D. Perché si può fare filosofia anche senza i manuali. In maniera appassionante, rigorosa, ma anche divertente... divertente come guardare la propria serie televisiva preferita.
La filosofia della musica ha avuto un grande sviluppo durante gli ultimi trent'anni, in virtù degli avanzamenti fatti nella comprensione della natura della musica e della sua estetica. Peter Kivy è stato al centro di questo rinnovamento e con questo saggio ha scritto la sua summa della materia, una spiegazione delle questioni filosofiche più importanti legate al mondo musicale. La sua proposta teorica viene discussa tenendo conto della storia del pensiero musicale (da Platone e Aristotele alla Camerata fiorentina, da Kant, Hegel e Schopenhauer a Hanslick e Gurney) e attraverso il confronto argomentativo con le tesi di altri filosofi contemporanei.