Una delle affermazioni più note di Kant è che ciò che contraddistingue gli uomini è la «capacità di rappresentarsi il proprio io». Da qui parte il filosofo inglese Roger Scruton nella sua appassionata difesa dell'unicità umana. Confrontandosi con la psicologia evoluzionista e l'utilitarismo e con filosofi materialisti quali Richard Dawkins e Daniel Dennett, Scruton ribatte che non si può ridurre gli esseri umani a semplici realtà biologiche che progrediscono attraverso l'adattamento e la lotteria dei geni: siamo qualcosa di più che animali umani proprio in virtù di quella nostra capacità di vederci come esseri riflessivi consapevoli di sé e profondamente immersi nella relazione con altri soggetti. Questo dato di fatto, che tutti avvertiamo, si manifesta attraverso le nostre emozioni, i nostri interessi, nel dialogo interpersonale. E fonda le nostre esperienze estetiche, il nostro senso morale, le nostre credenze religiose, grazie a cui diamo forma al mondo conferendogli un significato. Scruton sviluppa questa sua concezione della natura umana con un ricco percorso nella storia della cultura, da Platone e Averroè fino a Darwin e Wittgenstein, soffermandosi anche, come suo solito, su opere letterarie, pittoriche, musicali che hanno il dono di attivare e rendere riconoscibile la particolare autoconsapevolezza dell'io. Contro la visione distorta della scienza come 'nuova religione' e le antropologie oggi dominanti che tendono a comprimere l'originalità e l'ampiezza della nostra stessa esperienza, Scruton propone una visione della natura umana definita nella sua essenza più vera dal termine 'persona', storicamente nato per indicare una maschera che nasconde il volto, ma poi divenuto l'appellativo di un'identità che si riconosce nel tempo, un'entità morale responsabile di azioni e promesse, in un mondo condiviso dove interagiscono individui liberi che si ispirano a valori e rispondono l'uno dell'altro.
Esistenza, identità, persistenza, modalità, proprietà, casualità: articolati in sei sezioni tematiche, questo volume raccoglie i testi più significativi e influenti che la filosofia di orientamento analitico ha dedicato ai temi centrali della metafisica, da indiscutibili classici del pensiero novecentesco, come Moore, Russell, Carnap e Quine, ad autori più noti per i loro apporti nei campi della logica e della filosofia del linguaggio, come Davidson, Dummett, Putnam, Kripke e Lewis, fino alle voci più recenti e tuttora in prima linea nel dibattito filosofico internazionale.
C'è uno strumento efficace per contrastare le forze disgreganti di questi nostri tempi, per difendersi da un'attualità che banalizza e disperde, e spesso anche dalle proprie derive e dalle proprie paure. È la capacità umana di resistere; anzi: un particolare tipo di resistenza, che in questo libro il filosofo catalano Josep Maria Esquirol chiama 'resistenza intima', un modo di opporsi agli ostacoli e al freddo non solo climatico della vita sviluppando la propria forza nello spazio esperienziale degli affetti. Una resistenza morale, che assomiglia alla virtù della fortezza, capace anche di modestia e di generosità. Non rivela i valori supremi o il senso occulto del mondo, ma guida proteggendo dalla notte cupa, mostra la bellezza delle cose vicine, e conforta. Questa resistenza è 'intima' non perché 'privata', ma, al contrario, perché 'prossima'. La prossimità, dice Esquirol, ci appartiene nel profondo e ha a che vedere con la semplicità e la concretezza del quotidiano contro le complicazioni e le astrazioni del mondo attuale; con il linguaggio degli affetti, che si fa canto e poesia e scaccia la paura del vuoto; con la cura reciproca del corpo e del cuore; con il ritorno a casa, la mensa condivisa, la protezione del riparo... Non si tratta di tornare a un mondo semplice e ingenuo o di rinchiudersi nell'intimismo dei legami: la resistenza intima ha occhi ben aperti e letture attente, vive nel mondo e ne conosce e sperimenta i dolori e le fragilità. Come chiarisce bene un'altra delle metafore potenti di Esquirol, noi siamo come una filza di punti di imbastitura, la cucitura più precaria e debole che esista, che unisce due lembi, due limiti, due provvisorietà. Ognuno di noi è uno di questi fragili punti, che prendendosi cura l'uno dell'altro, accettandosi come diversi nella prossimità, si aiutano a non cedere e nel loro 'congiungimento' sono capaci di unire la terra e il cielo.
Con "L'essere e l'evento" (1988) Alain Badiou pone le fondamenta concettuali del suo sistema filosofico, che troverà il suo completamento in "Logiques des mondes" (2006) e ne "L'immanence des vérités". Attraverso un utilizzo originale della matematica postcantoriana, della psicoanalisi, dell'arte e della politica novecentesche, il filosofo francese intende affermare la possibilità della filosofia all'interno di un presente che non ha mai smesso di annunciarne la fine. Essere, evento, verità, procedura generica costituiscono allora gli strumenti principali con cui Badiou ripensa i concetti cardine della storia della filosofia e sviluppa un'ontologia del molteplice capace di delineare una nuova teoria del soggetto.
“Il paradigma dell’incompletezza, in ogni caso, ci induce a riflettere sui limiti”
Salvatore Veca affida a questo libro gli esiti di una lunga ricerca filosofica che prende le mosse dal suo volume più importante, Dell’incertezza. Qui la questione centrale coincideva con l’esame delle differenti circostanze in cui si formulano le domande di teoria: nello spazio dell’impresa scientifica, dell’indagine etica e politica, nell’ambito delle questioni d’identità. Le lezioni sull’idea di incompletezza esplorano ora la natura delle risposte che noi diamo, in una varietà di circostanze, a quelle domande di teoria. Insieme, incertezza e incompletezza diventano dunque le due modalità fondamentali di un pensiero filosofico che coerentemente non si ritira di fronte ai limiti della conoscenza e neppure si erge a suo arbitro: l’incertezza della teoria non ci deve fare arretrare, e l’incompletezza delle risposte è specularmente l’opportunità, e forse il motore, che ci consente l’aggiustamento teorico. La convinzione che emerge da queste pagine, ricche di riferimenti alla storia delle idee, alla letteratura, all’arte, alla scienza e alla religione, è che l’incompletezza si addica perfettamente alla filosofia stessa. L’incompletezza ci induce a esplorare lo spazio delle possibilità e delle alternative. Uno spazio in cui i confini fra i saperi si fanno porosi, e la cui fisionomia è esposta incessantemente alla sorte del mutamento e della metamorfosi.
Solidarietà, empatia, simpatia, compassione: parole di cui oggi nel discorso pubblico e nel linguaggio della politica si è quasi persa traccia. E questo, proprio mentre milioni di uomini e donne chiedono aiuto attraversando mari e tribolazioni, e mentre la povertà e le diseguaglianze crescono anche nel mondo ricco. Perché entrare in contatto con le emozioni altrui è diventato così difficile? E che cosa accade quando un essere umano le vede e le sente, le emozioni dell’altro? È subito spinto a condividerle, a muoversi in aiuto del prossimo in difficoltà, o per decidersi a farlo ha bisogno di un Dio, di una Verità, di un’Ideologia?
«Dovremmo tentare di occuparci di politica - afferma Popper - al di fuori della polarizzazione sinistra-destra». Ma, allora, che fare? «È un fatto, neppure molto strano - fa egli presente -, che non è particolarmente difficile mettersi d'accordo in una discussione sui mali più intollerabili della società e sulle riforme sociali più urgenti. Un tale accordo si può raggiungere molto più facilmente che non su particolari forme ideali di vita sociale. Quei mali, infatti, ci stanno di fronte qui ed ora. Si può averne esperienza, e li esperimentano ogni giorno molte persone immiserite e umiliate dalla povertà, dalla disoccupazione, dalle persecuzioni, dalla guerra e dalle malattie [...]. Possiamo imparare dando ascolto alle esigenze concrete, cercando pazientemente di valutarle nel modo più imparziale e considerando i modi per soddisfarle senza creare mali peggiori». Di conseguenza: «Non mirare a realizzare la felicità con mezzi politici. Tendi piuttosto ad eliminare le miserie concrete. O, in termini più pratici, lotta per l'eliminazione della povertà con mezzi diretti, assicurando che ciascuno abbia un reddito minimo. Oppure lotta contro le epidemie e le malattie erigendo ospedali e scuole di medicina. Combatti l'ignoranza al pari della criminalità [...]. Non permettere che i sogni di un mondo perfetto ti distolgano dalle rivendicazioni degli uomini che soffrono qui ed ora». Introdurre "ragione" e "ragionevolezza" nella teoria e nella pratica della politica: in questo è consistito l'impegno di Popper - impegno raramente compreso, e da più parti, come anche dimostra la recezione del suo pensiero in Italia: tra marxisti ostili, crociani diffidenti e cattolici indifferenti.
La religione dominante offre un’innovativa ricognizione del pensiero di Voltaire riguardo a tolleranza, persecuzione e ingerenza religiosa nella politica. L’indagine, rigorosamente fondata sulle più recenti edizioni critiche, parte dall’interpretazione voltairiana del passaggio degli antichi ebrei dalla teocrazia alla monarchia e ripercorre la posizione del philosophe riguardo alle varie stipule del patto fra uomo e Dio nella Bibbia e nella storia, concludendosi sulla ricostruzione della società utopistica che Voltaire vagheggiava per tradurre il deismo in legge civile per i popoli. Scandagliando la sua produzione, con particolare attenzione a opere secondarie o neglette, questo volume mira a chiarire gli aspetti più intricati della teoria di Voltaire sui rapporti fra religione e politica.
Oggetto costante della riflessione di Hegel, dagli scritti “teologici” giovanili sino alle tarde lezioni sulla filosofia della religione, l’interpretazione della figura di Cristo accompagna l’evoluzione del suo pensiero. Il risultato è una lettura filosofica della fede che al Gesù “storico” dei Vangeli contrappone il Cristo “dogmatico”, l’Uomo-Dio nel quale viene a coscienza l’unità di finito e infinito destinata a cambiare la storia. Un riconoscimento del cristianesimo, come religione della libertà, che implica, però, il passaggio dalla passione del Golgota al “venerdì santo speculativo”. Nella croce muore il Figlio, Gesù di Nazareth, e, insieme, il Padre, il Dio trascendente degli ebrei. Dalla doppia negazione sorge il “nuovo” Assoluto, lo Spirito del mondo la cui attuazione coincide con la secolarizzazione moderna. Il volume costituisce una introduzione alla cristologia hegeliana e alle sue interpretazioni, dalla sinistra hegeliana alla teologia contemporanea, accompagnate da opportuni percorsi bibliografici.
he spazio può esserci per la gratuità se a prevalere oggi è l’ethos dell’efficienza?nLa strada che Nancy ci invita a percorrere consiste nell’andare alla radice di ciò che si deve intendere per “riconoscimento del debito”.
Cuore e ragione in Pascal sono indissolubilmente legati come esprit de finisse ed esprit de Gèometrie: nella loro unità costituiscono la facoltà conoscitiva, del vero e del bene, propriamente umana. I testi qui tradotti insieme all'opuscolo incompiuto De l'esperit geometrie illuminano la genesi dell'epistemologia pascaliana, fungendo da "discorso sul metodo".
Che cos'è verità? Come il linguaggio ne può parlare? -ciò che definiamo verità corrisponde a come stanno realmente le cose? O, piuttosto, indica l'impossibilità di ridurre lo scarto che sussiste fra le cose e la rappresentazione che ne ha un individuo rispetto a un altro? Come ci insegnano la filosofia e la scienza contemporanea, ogni percezione del mondo è anche una sua diversa interpretazione. Così Natoli conduce a sondare le "scene della verità": punti di vista dai quali la si può osservare. Verità come disvelamento, corrispondenza, interpretazione, esperienza e dimostrazione, pragmatica dello stare la mondo, etica della sincerità opposta alla menzogna.