
Tra i dodici profeti minori quello che suscita maggiori curiosità per le vicende di cui è protagonista è sicuramente Osea, il profeta che riceve da Dio il compito di sposare una prostituta, Gomer, per generare da lei una progenie. Dall’unione con la donna nascono tre figli. In seguito Gomer, tornando alle antiche abitudini, tradisce Osea e lo abbandona. Le disgrazie matrimoniali del profeta, narrate nei primi tre capitoli del libro, sono la chiara allusione ai tradimenti del popolo di Israele nei confronti di Dio, cioè alle continue trasgressioni dell’alleanza stipulata ai piedi del Sinai. Il commento di Girolamo in tre libri è un’originale fusione di componenti di origine varia: tradizione rabbinica, esegesi patristica (Orige-ne su tutti) e cultura classica profana. Girolamo parte dal confronto condotto versetto per versetto tra la propria traduzione dall’ebraico e quella dei Settanta e fa spesso ampio ricorso agli Hexempla di Origene, applicando scrupolosamente i procedimenti della filologia di allora. Tuttavia non si limita ad una mera apologia della propria versione biblica, ma fornisce una puntuale interpretazione attuata su un doppio livello, l’uno storico-letterale e l’altro allegorico, senza sacrificare il primo al secondo.
La vicenda della teologia trinitaria nel corso del XX secolo è strettamente legata all'evento del Concilio Vaticano II e al dibattito teologico che esso ha saputo suscitare. In quell'epoca, infatti, si sono verificati i cambiamenti più significativi che hanno determinato il rinnovamento di tutto il discorso trinitario, soprattutto in corrispondenza del ripristino o della riconsiderazione delle fonti bibliche e patristiche, non più viste come dieta probantio di un discorso elaborato altrove, ma considerate come i veri e propri fondamenti della riflessione trinitaria. Tra le fonti patristiche, un posto di rilievo spetta sicuramente al De Trinitate di sant' Agostino, opera che ha suscitato un ampio dibattito lungo tutto il XX secolo sia a livello del metodo seguito dall'Ipponate nel presentare la sua riflessione sia a livello dei singoli contenuti. Entro tale quadro di riferimento, il presente studio mette in evidenza due questioni principali: da un lato le diverse interpretazioni che sono state date del pensiero trinitario dell'Ipponate, verificando la consistenza di alcune linee storiografiche di interpretazione, al di là degli scherni che a lungo sono stati ripetuti, dall' altro una ricomprensione e un approfondimento delle tematiche proprie dell' attua le ricerca teologica, ponendo al centro della ricerca il pensiero di sant' Agostino e dunque rendendo possibile una valutazione più equilibrata del valore perenne e della novità che esso porta con sé. Dal punto di vista del metodo, le dimensioni privilegiate sono sostanzialmente tre: la prospettiva storica, una riflessione a carattere prettamente ermeneutico e la dimensione speculativa, confermando ancora una volta che il De Trinitate, per la sua poliedricità, non può essere avvicinato con un solo metodo o letto secondo un'unica prospettiva, se non si vuole ca dere nelle medesime difficoltà riscontrate nelle diverse interpretazioni che di esso sono state date.
Testo "base" della vita monastica agostiniana, in quanto codice stabile di leggi fissate da sant'Agostino per orientare e organizzare la vita comune, la Regola "nasconde" in realtà una ricca dottrina spirituale e una solida teologia della vita religiosa. I suoi precetti, non molti ma essenziali, danno alla vita religiosa un orientamento forte, sicuro, moderno, che fa leva sull'organizzazione della vita in comune e sulla carità che di tutti fa un sol cuore e un'anima sola (Atti 4, 32). Rivela una conoscenza profonda del cuore umano e un'intuizione sicura delle esigenze più vere della vita consacrata. Moderazione e austerità, interiorità e ricerca del bene comune, amicizia schietta e ascesa costante verso Dio, autorità umile ed efficiente e fraternità sincera si fondono in essa per creare un equilibrio mirabile, quell'equilibrio sapienziale che è proprio del Vescovo di Ippona. Ne risulta un quadro spirituale che è insieme profondamente umano e autenticamente evangelico.
Le piu belle parole di Giovanni Maria Vianney, ricordato semplicemente come il Curato d'Ars.
La «Piccola Biblioteca Agostiniana» (PBA) offre ai lettori testi italiani (opuscoli o pagine antologiche) della «Nuova Biblioteca Agostiniana» (NBA) corredati di ampie ed esaurienti introduzioni, su argomenti di particolare interesse. Dopo la conversione - e la lettura dell' Ortensio di Cicerone -, Agostino affronta nelle pagine de I Soliloqui due grandi temi: Dio e l'animo umano, la verità trascendente e l'interiorità razionale dell'uomo. Unico, invece, è il suo anelito: la preghiera di lode e di ringraziamento; e la caratteristica più profonda del pregare sta nel desiderio che dispone l'interiorità dell'animo all'ascolto di Dio, il bene da chiedere nella preghiera è di superare il proprio essere per comprendere il Sommo Bene, la vita vera.
La «Piccola Biblioteca Agostiniana» (PBA) offre ai lettori testi italiani (opuscoli o pagine antologiche) della «Nuova Biblioteca Agostiniana» (NBA) corredati di ampie ed esaurienti introduzioni, su argomenti di particolare interesse. Le "Prime Confessioni": così è stato definito il De beata vita di Agostino, scritto a pochi mesi dalla sua conversione. In un serrato dialogo tra Agostino e i suoi familiari più cari viene affrontato il tema della felicità, nel quadro della rielaborazione degli aspetti filosofico-sapienziali della cultura classica alla luce della spiritualità cristiana. Per essere felice, l'uomo ha bisogno di Dio: èquesta la chiave che consente all'uomo di trovare il significato del proprio essere, ed è la conclusione a cui, dopo lungo affanno e molte ricerche, giunge Agostino, ora consapevole che la filosofia non può sostituirsi alla verità, e quindi dare la felicità.
Nella Lettera a Dardano - originariamente pensata come un trattato - sant'Agostino affronta due grandi temi: la presenza naturale di Dio nell'uomo e la presenza soprannaturale dello Spirito Santo, della Trinità in lui. I due pilastri su cui poggia l'argomentazione di sant'Agostino che sviluppa in tre momenti distinti, quello filosofico, quello della fede e mistico - sono i rapporti tra Dio e l'uomo: Dio è presente nella creatura in modo al tempo stesso immanente e trascendente. Infatti se si affenna solo la Sua immanenza si rischia il panteismo, ovvero la totale identificazione di Dio con la creatura; se si insiste solo sulla trascendenza di Dio e si dimentica la Sua presenza in noi, si dà un'idea falsa della divinità: un Dio oltre le nubi, lontano, indifferente. In tale visione, centralissima nel pensiero e nella esperienza vitale dell'Ipponate, trova spiegazione e ragione il famoso concetto dell'interiorità: non narcisistico ripiegamento su se stessi e isolamento dal mondo, ma ricerca della Verità che alberga in noi e ci trascende.
La morte di Costantino avvenuta il 22 maggio 337 e la drammatica successione che il 9 settembre dello stesso anno porta al trono i suoi figli, segnano un sensibile cambiamento di clima per la componente pagana dell'impero di Roma. In questo clima si colloca la composizione del De errore profanarum religionum di Giulio Firmico Materno. Le poche notizie biografiche dell'autore sono desumibili dalla Mathesis, un trattato di astrologia in otto libri, composto prima della fine del 337: siciliano, probabilmente di Siracusa, nato all'inizio del IV secolo, neoconvertito, possidente nella sua terra d'origine e preparatosi per l'awocatura (lo stesso stile del De errore profanarum religionum ne ribadisce la formazione retorica), esercita la libera professione con un atteggiamento intransigente e liberale. Questa stessa intransigenza anima l'opera da lui scritta allo scopo di dimostrare l'errore intrinseco di tutta la religiosità pagana e la verità costitutiva del cristianesimo, fondando sulle Scritture l'invito, rivolto direttamente agli imperatori Costante e Costanzo II a distruggere fino alle radici qualsiasi forma di culto pagano. Un'opera caratterizzata più da veemente vis polemica che da sistematicità argomentativa, che al tempo stesso si rivela per lo studioso del mondo religioso dell'età imperiale romana una fonte di primaria importanza per conoscere più da vicino i cosiddetti "culti orientali".
L'Autore presenta gli esiti di una ricerca condotta sull'eucologia contenuta nel Messale della comunità cristiana di Aquileia nel periodo compreso tra il XII secolo e il 1519. Dalle fonti consultate sono state raccolte 180 orazioni aquileiesi, trascritte per intero nel loro testo originale latino, affiancandole con la traduzione italiana. I testi vengono quindi analizzati, ponendo attenzione alla loro struttura, al linguaggio con cui si presentano nell'originale, e al loro contenuto teologico-liturgico. Attraverso queste formule si rilegge, condensata, la fede professata in Aquileia, la sua cultura teologica e gli echi di eventi da essa vissuti.
Introduzione e note di D. Gentili e A. Trape; traduzione di D. Gentili.
Promossa dall’Abbazia di Chiaravalle, è un lavoro di vasto respiro che mette a frutto un secolo di ricerca e che costituisce una nuova base di partenza per ogni indagine su san Bernardo. La teologia mistica di san Bernardo è una sintesi originale della patristica e del medioevo, espressa in un linguaggio folgorante e intrisa della sensibilità di un santo che rimane profondamente umano. Ma fu al contrario un realista con un’acuta percezione della condizione umana la cui opera ha affascitao gli spiriti più diversi della cultura europea, da Tommaso a Lutero, a Pascal. L’opera completa di san Bernardo è prevista in 10 volumi, tutti rilegati in tela, con cofanetto, di formato 16x24. Il presente volume è frutto di un accuratissimo lavoro che ha ricostruito il testo dopo aver appurato e “pesato” ben tre versioni meritevoli di fiducia in quanto, dopo la morte di Bernardo in mano a copisti e correttori, ha continuato ad evolversi. Quello che conosciamo ora, ormai accreditato dalla maggioranza dei manoscritti –Sermones super Cantica Canticorum- lo dobbiamo a Goffredo di Auxerre.
I numerosi testi patristici, qui raccolti, che commentano il Vangelo di Matteo rientrano nel genere dei commentari e delle omelie. Esempi del primo genere sono i commenti di Origene, di nario di Poitiers, di Girolamo. Sono omelie seriali, concepite in modo da interpretare con sistematicità un libro scritturistico, le 90 omelie di Giovanni Crisostomo o quelle di Cromazio di Aquileia; appartengono al genere delle omelie isolate, frutto della predicazione domenicale, invece, gli scritti di Pietro Crisologo, Eusebio di Emesa, Gregorio Magno, Agostino.