
La Bibbia come ci presenta la Legge? Quali tratti di originalità propone, su quale fondamento si stabilisce, a che cosa mira, che funzione svolge rispetto alla giustizia? Sono solo alcune domande a cui si cerca di rispondere in queste pagine il cui intento è quello di offrire uno sguardo su come il popolo di Israele ha elaborato la complessa questione della Legge. A questo tema la Bibbia non dedica solo un’attenzione giuridica, ma la Legge è diventata – forse paradossalmente per il lettore moderno – anche motivo di gioia e occasione per esprimere un amore profondo. È una prospettiva che suona quasi una sfida a ripercorrere l’itinerario dell’uomo biblico fino alla contemplazione.
Destinatari
Tutti
Autore
Grazia PAPOLA è una suora Orsolina di San Carlo. Insegna Pentateuco e teologia biblica presso lo Studio teologico San Zeno e l’Istituto superiore di scienze religiose San Pietro martire di Verona. Ha pubblicato L’alleanza di Moab. Studio esegetico-teologico di Dt 28,69-30,20 (PIB 2008); Deuteronomio. Introduzione traduzione e commento (San Paolo 2011); Deuteronomio (EMP 2017).
L’antologia biblica di racconti su Eliseo fa risaltare la sua unicità tra i profeti dell’AT. Scelto come successore di Elia direttamente da Dio, non sarà un mero clone del suo méntore, lo sorpasserà nello stile e nel numero dei prodigi. Rispetto al solitario Elia, in dialogo con Yhwh, che non varca mai, tranne una volta, i confini di Israele, Eliseo non riceve comunicazioni divine, si muove in scenari internazionali e interagisce con ogni genere di persone senza discriminazione di ceto, razza e religione. La sua figura è complessa, non priva di ambiguità e di astuzie, sempre al servizio del disegno di un Dio presente, ma dietro le quinte. Nella continuità di AT e NT, Eliseo appare precursore del Cristo: dall’inizio, rivelandoci che l’Assoluto ha a cuore soprattutto i senza volto e nome, sino all’ultimo, da un sepolcro aperto che dischiude speranza. Questa proposta di lectio divina sul profeta Eliseo, i suoi prodigi e le sue avventure, è una primizia assoluta in Italia.
Destinatari
Indicato per la lectio divina di gruppi, associazioni, parrocchie, comunità, ma anche per la meditazione personale.
Autore
Antonio NEPI, sacerdote della diocesi di Fermo, ha conseguito il dottorato in scienze bibliche al Pontificio Istituto Biblico, ha studiato a Roma e a Gerusalemme ed è docente stabile di ebraico e AT presso l’Istituto Teologico Marchigiano (sede di Fermo e Ancona). Autore di varie pubblicazioni in campo biblico, presso le Edizioni Messaggero ha pubblicato due volumi di commento al libro dell’Esodo (collana Dabar-Logos). Già rettore del Seminario diocesano, svolge la sua attività pastorale nella zona montana della diocesi di Fermo.
Sapienza nella Nuova versione della Bibbia dai testi antichi, con testo a fronte e un ricco apparato di introduzione, note e commento. Curata da noti biblisti italiani, la collana riprende ex-novo e amplia il coraggioso progetto della Nuovissima versione della Bibbia dai testi originali. I singoli libri biblici vengono riproposti in una nuova versione che, oltre ad avere i testi antichi a fronte, è accompagnata da un accurato apparato testuale-filologico e da un ampio commento esegetico-teologico. La serie è diretta da Massimo Grilli, Giacomo Perego e Filippo Serafini.
Si giunge con questa pubblicazione al quinto volume della traduzione in lingua italiana del Commento ai Salmi di Flavio Magno Aurelio Cassiodoro (485 ca. 580 ca.). Per i precedenti sono stati scelti salmi che potevano raggrupparsi sotto un unico tema; questo, invece, contiene i commenti a ventitré componimenti piuttosto slegati fra loro. Il titolo è senz’altro appropriato, in quanto tiene conto di una verità molto cara a Cassiodoro: la lode al Signore è davvero l’opus Dei, ed è, in un certo senso, quasi un’anticipazione del paradiso; essa, però, va cantata soprattutto «con la cetra della vita». Cassiodoro scopre con disarmante facilità il senso cristologico dei Salmi: secondo lui, anzi, è il Signore stesso che parla in molti di essi. Ed è di pari evidenza per Cassiodoro la lettura del senso ecclesiologico, anche perché la Chiesa è un tutt’uno con il suo Sposo.
«In questo libro la Bibbia viene considerata come una raccolta di testi che possono essere studiati nello stesso modo in cui si studiano le altre opere letterarie, utilizzando qualunque dato si renda disponibile per ricostruire il passato. Ciò equivale a dire che non proverò a convincervi a credere o a non credere in ciò che afferma la Bibbia; mi limiterò a descrivere il suo contenuto e la sua origine. Non dirò se la Bibbia è o non è la parola di Dio ispirata; spiegherò come si è formata, qual è il contenuto dei libri che la compongono e come li hanno interpretati gli studiosi. Per il lettore credente queste informazioni potranno rivelarsi forse utili, ma lo saranno certamente al lettore (credente o no) appassionato di storia e letteratura, in particolare della storia e della letteratura dell'antico Israele». (Bart D. Ehrman)
Il volume è una eccezione insolita. Due autori, due lavori: l'uno storico-interpretativo, l'altro esegetico-teologico. Abbiamo preferito lasciarli integri nella loro singolarità e armonia. Nel commentario storico, 1-2 Maccabbei risultano un esempio di antico scontro/incontro di civiltà, a livello culturale, politico e sociale. L'indagine si basa sul senso dell'identità culturale e nazionale e sul problema della coesistenza di etnie diverse nell'antichità. Come, quando e quanto la cultura greca si è diffusa in Oriente? Come fu recepita e/o contrastata? Il testo integrale di 1-2 Maccabei, commentato, permette alcune risposte non precarie. Dal punto di vista esegetico è stato compiuto un cambio di rotta nell'ultimo decennio. La maggior parte degli studi si sono ora concentrati sulla struttura, sulle tecniche narrative e sulla teologia dei due libri e hanno aperto nuove prospettive di lettura, che hanno per indagine il potere, la violenza, il martirio. 1-2 Maccabei aiutano anche a far luce sul ruolo delle nazioni nello scambio culturale-politico nell'età greco-romana e sulle dimensioni del dialogo culturale nel mondo antico.
«La preghiera è una pratica umana comune, ubiqua e ricorrente. È l’umano protendersi verso il Santo Mistero e la Santa Ultimità, un riconoscimento che gli esseri umani e le loro comunità sono penultimi e si pongono in dialogo con Colui che, benché appena accessibile, viene comunque invocato».
Walter Brueggemann
In tutta la Bibbia si trovano toccanti esempi ed episodi di preghiera. In questo suggestivo volume, il noto studioso Walter Brueggemann legge e illustra con competenza e profondità dodici preghiere dell’Antico Testamento legate ad Abramo, Mosè, Anna, Davide, Salomone, Giona, Geremia, Ezechia, Esdra, Neemia, Daniele e Giobbe. Aprendosi al testo biblico – che grida gioia e dolore, svela le profondità dell’esperienza umana oltre che l’amorevolezza di un Dio misericordioso che sempre ascolta – Brueggemann mostra come questi dodici antichi testi di preghiera possano rendere viva nel presente l’antica pratica umana del pregare.
Che cosa accade quando un uomo e una donna - una coppia - entrano nel giardino del Cantico dei Cantici e, ascoltando la voce dei due giovani amanti, osano dialogare con loro e tra loro? Lidia Maggi e Angelo Reginato provano a percorrere in queste pagine la strada di una lettura dialogata del testo biblico intrecciando - in sintonia col Cantico - le loro due voci e il loro amore con quello delle Scritture.
Nel linguaggio comune, per profezia si intende la predizione del futuro, la conoscenza anticipata degli eventi. Non è così nel caso del testo biblico: i profeti, nella Scrittura, sono donne e uomini chiamati da Dio per annunciare la sua volontà nella storia: sono lo sguardo di Dio su ciò che stiamo vivendo oggi. Paolo Curtaz, con il linguaggio fresco e insieme profondo che lo caratterizza, ci guida alla scoperta delle figure che vanno a comporre la grande tradizione profetica dell’Antico Testamento: da Mosè a Elia, da Isaia ad Amos, da Geremia a Osea. Siamo così condotti, attraverso un approccio esegetico rigoroso, a calare nella vita quotidiana di oggi la Parola e la sua eterna ricchezza. Con questo testo, l’autore conclude una trilogia affascinante, un approccio originale ricco di stimoli su quel grande affresco che è l’Antico testamento.
Il libro rilegge l'intera storia di Giobbe alla luce del timore di Dio. Il testo biblico, infatti, presenta un lessico della paura e del terrore particolarmente sviluppato e si avvale di quasi tutte le radici dei verba timendi dell'ebraico biblico. Timorato di Dio, Giobbe esprime rispetto reverenziale, amore e terrore. Il testo gioca sull'ambiguità semantica del verbo «temere» per creare un cortocircuito nell'idea tradizionale del timore del Signore, secondo cui chi lo teme vive felicemente, mentre gli empi sono afflitti da prove e dolori. Gli amici del protagonista rappresentano bene la sapienza tradizionale, ancorata in modo intransigente alla giustizia retributiva. L'opera non intende annullare tale giustizia - in tal senso l'epilogo è molto eloquente - ma certamente contrasta il bieco meccanicismo con cui gli amici la concepiscono.
Un testo per conoscere Girolamo da un punto di vista pressoché inedito. I Tractatus in Psalmos furono scoperti e pubblicati da G. Morin tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento. Sulla base di vari riscontri l'editore attribuì i nuovi testi a Girolamo, di cui fino a quel momento era pressoché sconosciuta la produzione omiletica, datandoli al primo decennio del V secolo, quando lo Stridonense si trovava a Betlemme. L'attribuzione fu accettata unanimemente, fino a quando nel 1980 V. Peri non propose di intendere i Tractatus come la traduzione geronimiana delle omelie di Origene. Tale tesi ebbe largo successo in Italia, ma incontrò l'opposizione di alcuni studiosi della scuola francese, che continuarono a sostenere la paternità geronimiana. Qui si pubblicano il testo latino di Morin, rivisto dal curatore, e la traduzione italiana, corredata da un ampio commento che consente di inquadrare i Tractatus all'interno di una corretta prospettiva esegetica, ampia e articolata, che tenga conto della paternità geronimiana e dell'innegabile influenza origeniana.