
Giovanni Battista Montini, che nel giugno 1963 venne chiamato alla successione di Giovanni XXIII e portò a compimento il concilio ecumenico Vaticano II, è un papa dimenticato. Frainteso da quanti hanno ritenuto che il concilio fosse il principio di un'era assolutamente nuova, di totale rottura con il passato, così come da coloro che hanno visto in quell'evento l'inizio della fine del cattolicesimo. Criticato da sinistra e da destra, da chi gli imputava di aver tarpato le ali del Vaticano II, soffocandone le speranze e frenandone gli slanci, e da chi gli attribuiva la responsabilità della crisi della Chiesa, dell'incertezza sulla dottrina, dell'imponente emorragia di sacerdoti che ha segnato gli anni difficili del postconcilio. Paolo VI appare oggi schiacciato tra le figure dei grandi pontefici che l'hanno preceduto e che gli sono succeduti. Non era facile stare al timone della Chiesa dopo la scomparsa di una figura popolarissima come quella del "papa buono". Non è facile mantenere viva la memoria del drammatico pontificato montiniano dopo quello di Giovanni Paolo II, straordinario per intensità e durata. Così, il suo regno è stato presto archiviato come un lungo e sofferto intermezzo tra due capitoli decisivi della storia del cattolicesimo e dell'intera umanità, dimenticando che si deve proprio a Paolo VI l'aver attuato una profonda riforma della Chiesa, l'aver iniziato i viaggi apostolici in tutti i continenti, l'aver inaugurato una nuova epoca di dialogo con le altre confessioni cristiane.
Il volume rappresenta un omaggio a Francesco Malgeri, che per vent'anni ha offerto il suo competente contributo a servizio dell'Istituto per la storia dell'Azione cattolica e del Movimento cattolico in Italia Paolo VI, prima come direttore e poi come presidente del Consiglio scientifico, e che per trent'anni è stato tra i più insigni docenti dell'Università di Roma la Sapienza. Il numero di contributi raccolti in questo volume testimonia la sua capacità di seminare e tessere legami profondi sia dal punto di vista della ricerca scientifica che da quello dei rapporti d'amicizia e collaborazione.
"Vian offre di questo famoso falso un'esemplare analisi che va ben oltre il testo in sé" (Gianfranco Ravasi)
"Un bellissimo libro" (Silvia Ronchey)
La donazione di Costantino è uno dei falsi più famosi della storia occidentale. Il testo fu composto a metà dell'VIII secolo, proprio mentre nel cuore dell'Italia nasceva lo Stato della Chiesa. Presentato come l'atto con cui l'imperatore avrebbe concesso a papa Silvestro e ai suoi successori Roma, l'Italia e l'Occidente, il documento servì più tardi a sostenere l'espansione territoriale della Chiesa romana. Questione italiana per eccellenza, la storia della donazione di Costantino non solo implica e chiarisce aspetti centrali dell'identità culturale del paese dove risiede il "romano pontefice", ma costituisce anche una chiave d'accesso assai efficace per meglio comprendere il rapporto tra religione e politica.
Giovanni Maria Vian è docente di Filologia patristica nella Sapienza-Università di Roma. Ha tra l'altro pubblicato "Bibliotheca divina. Filologia e storia dei testi cristiani" (Carocci, 2001, tradotto in spagnolo nel 2005). Dal 2007 è direttore dell'"Osservatore romano".
Catalogo della mostra promossa dalla Società San Paolo in collaborazione con il museo nazionale di Castel S. Angelo
a cura di Giancarlo Rocca
Negli Ordini e negli istituti religiosi l’abito fu innanzitutto un’espressione di povertà, di cui i religiosi facevano professione mediante voto.
In seguito si intese dare anche un significato spirituale all’abito religioso, attribuendo ai singoli elementi che lo componevano un richiamo ascetico e spirituale.
L’abito faceva riconoscere il religioso dalla gente e lo poneva alla sua attenzione. Nello stesso tempo si trattava di qualcosa di «effimero», in quanto l’abito religioso esprimeva usi e tendenze della società contemporanea con tutto quello che di effimero poteva presentare.
Di qui si spiega la varietà degli abiti lungo i secoli e la loro drastica semplificazione adottata dopo il concilio Vaticano II.
Questo libro fotografa le difficoltà non della Santa Sede, perché la Chiesa cattolica rimane un’istituzione forte, radicata e prestigiosa. Ma certamente di “un” cattolicesimo: quello che in Occidente era maggioritario per antonomasia, viveva in una sfera di superiorità morale e di autoreferenzialità indiscusse, ed era in grado di mantenere i propri segreti o di distillarli come pillole di una sapienza bimillenaria. Quanto è accaduto negli ultimi anni sembra dire che il meccanismo si è inceppato, e forse rotto. E la coincidenza temporale con la crisi geopolitica degli Stati Uniti non può non portare a ipotizzare uno scoppio della “bolla etica” vaticana, parallela a quella finanziaria e militare dell’Occidente. Su tale sfondo, gli errori di comunicazione, gli scandali sulla pedofilia che riemergono dal passato, le guerre fra cardinali, sono sintomi più che cause di questa crisi. Ma contribuiscono a colpire la credibilità del Vaticano. Di queste difficoltà il pontificato di Benedetto XVI appare quasi il capro espiatorio. La crisi nasce forse dalla fi ne della Guerra Fredda, che lascia tutti più soli con le proprie contraddizioni, Vaticano compreso. E si rivela nella stessa Italia, dove l’influenza dei vescovi e del papa sull’elettorato è fortemente diminuita, e il cattolicesimo politico si è ridotto a una realtà quasi residuale.
In occasione della celebrazione del 150° anniversario dell'unità d'Ialia ili dibattito storico sulla "questione risorgimentale" sta vivendo un momento di vivacità, almeno a livello politico e mediatico. Da varie parti e con diverse motivazioni vengono espresse sempre di più, non solo da opinionisti, ma anche da politici, perplessità sul modo in cui fu raggiunta l'unità d'Italia e sull'opportunità della forma di Stato "accentrato" che fu adottata dalla élite politica piemontese del tempo. Per questi la raggiunta unificazione degli antichi Stati regionali sotto lo scettro di casa Savoia, e quindi sotto il modello statuale piemontese, fu un'operazione condotta affrettatamente e sotto l'incalzare degli eventi. Si deve parlare dunque di Risorgimento come di un'operazione "sbagliata"? O meglio come di una rivoluzione "fallita"?
Una breve appendice documentale coglie a caldo il dibattito che esisteva a quel tempo sulla "questione risorgimentale" all'interno del mondo cattolico.
Quali elementi rendevano al tempo stesso peculiare e rappresentativo il più grande Stato dell’Italia centro-settentrionale del tardo medioevo, lo Stato della Chiesa, poco indagato nonostante dimensioni e importanza? Per comprenderne la storia, ricorrere alla chiave interpretativa dell’eccezionalità pontificia non basta.
Nel medioevo (e non solo), le specificità del potere temporale dei papi diedero vita ad istituzioni e meccanismi di governo talvolta del tutto unici. Lo mostrano bene l’uso papale dei giuramenti di vassallaggio e delle idee feudali di sovranità, le relazioni fra la Curia e le città grandi e piccole dello Stato, i rapporti con i regimi signorili e con le aristocrazie.
Tuttavia, se per questi aspetti lo Stato dei papi si distinse dagli altri Stati tardomedievali, alcuni importanti caratteri comuni assunsero proprio qui una particolare evidenza, rendendo lo Stato della Chiesa un punto di osservazione privilegiato: ripercorrerne le vicende permette così di meglio comprendere la storia di tutti gli Stati italiani del tempo.
Sandro Carocci insegna Storia medievale presso l’Università di Roma “Tor Vergata”. Tra le sue pubblicazioni: Baroni di Roma. Dominazioni signorili e lignaggi aristocratici nel Duecento e nel primo Trecento (Roma 1993); Il nepotismo nel medioevo. Papi, cardinali, famiglie nobili (Roma 1999). Ha progettato e curato i volumi relativi al medioevo della Storia d’Europa e del Mediterraneo (Roma 2006-2007).
Introduzione
1. Potere e debolezza: XI-XIII secolo. 2. Potere e debolezza: XIV-XV secolo. 3. Strutture di amministrazione. 4. Assetti territoriali. 5. La concezione del potere e dello stato. 6. Le peculiarità del sovrano pontefice. 7. Baroni e vicari apostolici. 8. Città e cives ecclesiastici.
1. Una storia della feudalità pontificia
1. Concetti e ambiti. 2. 1000-1150. 3. Da Adriano IV a Innocenzo III. 4. Da Innocenzo III all’Albornoz. 5. Dall’Albornoz alla «grande recupera» di metà Quattrocento. 6. Dalla metà del Quattrocento al tardo Cinquecento: l’eredità del passato.
2. Patrimonium beati Petri e fidelitas in Innocenzo III
1. Il Patrimonio di San Pietro, le Terre Ecclesie. 2. La concezione della sovranità.
3. Città e governo papale nel Quattrocento
1. Bonifacio IX. 2. Dalla riorganizzazione di Martino V alla crisi degli anni Trenta. 3. Il consolidamento di metà secolo. 4. Alcune fonti particolari. 5. Le città con governatore. 6. Il controllo sulle finanze comunali. 7. Altre forme di presenza statale. 8. Specificità regionali ed elementi comuni. 9. Oligarchie urbane e politica papale. 10. Considerazioni finali.
4. Signorie cittadine, statuti e governo papale (XIV e XV secolo)
1. Papato e signoria: alcuni elementi. 2. Il papato e la potestas condendi statuta. 3. Aspetti della legislazione papale e provinciale. 4. Esame degli statuti. 5. Conclusioni.
5. Bonifacio VIII e il comune romano
1. Roma arricchita e grata. 2. Roma assoggettata. 3. Roma anticolonnese. 4. Bonifacio VIII e Roma.
Opere citate
Indice dei nomi e dei luoghi
I privilegi concessi alla chiesa dal Concordato
La Democrazia Cristiana come partito dichiaratamente confessionale
L'elettorato cattolico, trasversale all'interno dello schieramento politico italiano
Saggio di Piero Bellini
Dibattito: Stefano Sicardi, Vittorio Villa
Caduto il regime temporale, in Italia la Chiesa cattolica romana ha convertito il condizionamento geopolitico - l'opposizione all'unione tra il Nord e il Sud, che ne avrebbe accerchiati i possedimenti - in condizionamento elettoralistico.
Ciò che sconcerta è però soprattutto il modo in cui il mondo politico - per come in concreto è congegnato e per come interpreta in concreto il proprio ufficio - è solito rispondere alle sollecitazioni prelatizie.
Ovvero sconcerta - e inquieta - l'incondizionata e quasi aprioristica adesione dei politici ai pronunciamenti della gerarchia sacerdotale su tematiche di generale interesse, di cui per dovere costituzionale dovrebbero invece farsi interpreti e curatori...
La presenza francescana in Libia ha avuto inizio nel lontano 1628 ed è stata documentata minuziosamente in alcuni volumi. In questo testo, scritto nel venticinquesimo anniversario di episcopato del Vicario Apostolico di Tripoli, mons. Giovanni Martinelli, francescano, viene presentato un excursus sintetico sui Vescovi che si sono succeduti a Tripoli, Misurata, Bengasi, Derna.