Gli abitanti del Vecchio e del Nuovo Mondo entrarono in rotta di collisione a partire dal fatidico 1492. Con l'avvento dei Conquistadores e il tentativo di conversione degli Indios, che spesso nascondeva la volontà di una loro sottomissione, gli europei eseguirono una sentenza di morte ai danni delle civiltà americane. Ma esisteva davvero un solo modo - cruento, impari, ingiusto - perché le due parti dell'umanità organizzassero la loro convivenza: l'una come dominatrice e l'altra come dominata? Luca Crippa risponde a questa domanda a partire dell'esperienza che, tra il 1609 e il 1768, i gesuiti realizzarono in una vasta area compresa tra i fiumi Paraná e Uruguay, una formula di organizzazione sociale alternativa al sistema coloniale di sfruttamento della manodopera indigena. Si tentò, lì, di cristianizzare gli Indios, e di farlo nel modo "giusto": fu un'occasione mancata o una pia illusione? E perché fallì?
Con l'invenzione della stampa a caratteri mobili, introdotta da Johannes Gutenberg nel 1455, il libro diventa un fantastico strumento di diffusione delle idee, ma il mondo ecclesiale, che inizialmente crea e sostiene le prime officine tipografiche in Italia, ben presto comprende come attraverso la stampa si possano diffondere dottrine considerate eretiche o devianti. Dal terrore di perdere il monopolio culturale nasce così a metà Cinquecento l'Indice dei libri proibiti che, con la sua Congregazione, influirà sulla cultura europea per oltre quattro secoli. Il libro di Andrea Sarto ripercorre le vicende della Congregazione dell'Indice mostrandola come una struttura molto ramificata, densa di chiaroscuri, i cui stessi membri spesso dimostrano perplessità e dubbi sostanziali sull'efficacia pratica del controllo della stampa messo in atto attraverso gli Indici. Una progressiva perdita di significato che culmina, per decisione di papa Paolo VI, con la sua definitiva soppressione.
La vicenda della Chiesa in Italia è anche la storia del difficile rapporto tra cristiani, Santa Sede e potere. Sono innumerevoli i casi in cui la politica italiana e quella vaticana hanno condotto un confronto serrato, spesso una vera e propria battaglia senza esclusione di colpi e con esiti alterni. Il libro di Annalisa Lorenzi parte dalla radice di questo scontro - la distinzione tra potere temporale e spirituale della Chiesa - e pur limitandosi agli episodi più importanti, dalla presa di Porta Pia ai Patti lateranensi, dai referendum su divorzio e aborto al dibattito sul diritto di famiglia, riflette su quella che spesso ha preso le forme di una coabitazione problematica.
«Il libro che avete tra le mani in questo momento non è quello che pensate. Se credete di leggere l'ennesima biografia di Jorge Mario Bergoglio resterete delusi. Questo non è un testo agiografico teso ad esaltare la figura o la personalità di Papa Francesco. Non si propone come un'analisi del suo pontificato, e certamente non pretende di offrire né interpretazioni della sua teologia, né considerazioni sul suo Magistero. Questo volume intende offrire al lettore una chiave di lettura della comunicazione del Papa innovativa e coraggiosa. Ci rivela delle sfaccettature insolite, sia dell'uomo Bergoglio come persona sia di Papa Francesco come personalità. A partire dai gesti. I gesti sono un linguaggio universale. Sono un richiamo a tutto ciò che ci unisce come esseri umani, in modo atavico, antico e antropologico. I gesti sgorgano dal più profondo della nostra memoria collettiva, scatenati da ciò che è più vero, più spontaneo e più intimo. I gesti sono autenticità. L'autore ha approfondito i temi della gestualità e dell'autenticità in occasione del corso di Paralinguismo della Pontificia Università Gregoriana di Roma, da me tenuto alcuni anni fa [...]». (Seàn-Patrick Lovett)
Nel vicino oriente il VII secolo è un tempo di radicali mutamenti. Si apre con una lunga guerra che oppone la Persia a Bisanzio per il controllo delle terre che si estendono dal Mediterraneo all'altipiano iranico, fino ai confini della Cina, e si chiude con l'affermarsi del califfato omayyade che pone fine al regno sasanide e respinge i bizantini entro i confini dell'Asia Minore. In questo contesto di profondi rivolgimenti la chiesa siro-orientale, separata da quella d'occidente, si trova a dover ripensare la propria posizione. Minacciata nella compattezza delle sue comunità dalla vivace propaganda di chiese rivali, deve affrontare anche i problemi posti dalla nuova dominazione arabo-islamica. Deve ripensare i sedimentati benché precari rapporti con il potere - un potere sempre «pagano» -, e questo riattiva al suo interno sensibilità e tradizioni pastorali, teologiche e spirituali diverse e contrapposte. I saggi qui raccolti esplorano queste tensioni facendo perno su quell'ala del monachesimo siro-orientale, che proponeva alla comunità cristiana la mera testimonianza dell'eschaton e della carità. La figura più rappresentativa è Isacco di Ninive, vescovo e solitario, nato negli ultimi anni della stagione sasanide e attivo soprattutto nei primi decenni dell'affermazione del potere omayyade, nel periodo di massima fioritura della testimonianza e scrittura mistica in area siriaca. Una testimonianza e scrittura che manterranno una forte rilevanza nei secoli successivi e fino a oggi, grazie alle numerose traduzioni che ne hanno resi disponibili i testi sia nell'oriente sia nell'occidente cristiano.
"La linea d'ombra" indaga gli "oscuri" decenni che intercorrono fra il ritorno della corte pontificia a Roma dopo il periodo avignonese (1378) e la conclusione dello scisma, con il definitivo ingresso in città di Martino V Colonna (1420). Sempre percepito come "di transizione" fra Medioevo e Rinascimento, questo periodo turbolento e insicuro è però anche quello in cui la città di Roma ricostruisce il proprio ruolo e gli strumenti visivi e letterari che lo esplicitano e lo visualizzano, di volta in volta ritratta quale cumulo di rovine abitate da banditi e bestie selvagge, o come luogo di impareggiabile fascino e conservazione di memoria. Il volume include studi in più di un campo "tecnico": la scultura e i monumenti funerari, la pittura e i nomi degli artisti, la precoce attività nei monasteri, la città già meta di viaggio e di esplorazione dell'Antico per i grandi artisti del primo Rinascimento.
Con questo libro dedicato a due episodi cruciali del rapporto tra cattolicesimo e politica nell'era delle ideologie e dei totalitarismi, Formicola affronta le vicende connesse alla resistenza dei cattolici messicani contro il laicismo di radice massonica, e poi alla sanguinosa persecuzione dei cattolici spagnoli ad opera del Fronte popolare. Esse sono per lui essenzialmente due exempla, due reperti privilegiati presi dal recente passato in cui si può osservare quasi "in purezza" un epico confronto tra visioni del mondo, tra filosofie della storia: da un lato la tradizione politica cattolica, imperniata sulla stabilità sociale, sul principio di autorità, sullo sviluppo ordinato delle comunità; dall'altra la destabilizzazione portata alla civiltà euro-occidentale dalle forze sovversive, che egli individua in una catena che dalla Riforma protestante conduce all'illuminismo settecentesco, al socialismo e al comunismo, fino al progressismo radicale sviluppatosi dal Sessantotto al post-guerra fredda.
dalla Prefazione di Eugenio Capozzi
In questo libro, il biologo R. Sheldrake indaga con approccio scientifico alcune pratiche spirituali comuni a tutte le tradizioni religiose e dunque parte del patrimonio culturale dell'umanità. Dalla meditazione alla pratica della gratitudine, dai rituali al canto ai pellegrinaggi e ai luoghi sacri, dal contatto con la dimensione dell'oltreumano alla relazione con le piante, Sheldrake dimostra come la scienza sia oggi giunta a confermare e corroborare la validità e l'efficacia di queste pratiche, e come non si tratti di tradizioni confinate in ambito religioso, bensì di strumenti fruibili da chiunque a prescindere dalle convinzioni spirituali o religiose. Sono proprio gli studi scientifici a mostrare come e perché l'esercizio quotidiano di tali pratiche renda le persone più sane, longeve e felici. In queste pagine, scienza e spiritualità finalmente si incontrano e si sostengono a vicenda, non solo sul piano teorico, ma soprattutto attraverso l'esperienza diretta che queste pratiche consentono di fare, fornendo a ciascuno di noi la chiave per migliorare realmente noi stessi e la nostra vita. Prefazione di Corrado Malanga.
La penisola anatolica, terra di collegamento tra il continente europeo e quello asiatico, è stata teatro non solo delle controversie più accese del cristianesimo primitivo ma anche fucina di istituzioni ed elaborazioni teologiche che hanno permesso al fenomeno cristiano di sviluppare percorsi identitari forti e durevoli. Studiare il periodo immediatamente post apostolico e quello precedente l'era costantiniana, tra Marco Aurelio e Diocleziano appunto, consente di mettere a fuoco le principali e multiformi spinte interne che hanno forgiato l'esperienza di fede dei cristiani di quel tempo, i quali, se da una parte hanno rielaborato l'eredità apostolica, dall'altra hanno posto le basi della fede delle successive generazioni. Di questi temi legati alla regione anatolica, della loro portata teologica e dello spirito sorgivo che si respira leggendo ancora i testi di quell'epoca, si è occupato il Convegno i cui Atti sono contenuti in questo libro, arricchiti anche da altre relazioni che contribuiscono a gettare luce sui molteplici reciproci influssi e confronti tra tradizione asiatica e alessandrina. Nell'intento di ravvivare l'amore per la storia del primo cristianesimo che ancora riserva, a uno studio attento, aspetti da scoprire e su cui meditare, si è voluto onorare la memoria di mons. Luigi Padovese (1947-2010), organizzatore per decenni dei Convegni a Tarso e ad Efeso e vescovo di Anatolia.
Dopo Trento e il Concilio Vaticano II, il narratore per eccellenza dei concili, conclude la trilogia con un altro appassionante e documentato capitolo della storia della Chiesa. L'indiscutibile e perdurante influsso planetario della Chiesa cattolica ha molte ragioni: il suo appeal spirituale e intellettuale, i successi missionari, i potenti mezzi, la rete diplomatica, una gerarchia stabile. E il Papa. Ma nella prima metà del 1800 le cose non stavano così, anzi. Le fondamenta su cui la Chiesa aveva poggiato per secoli vennero scosse dalle parole d'ordine libertà, uguaglianza e fraternità. L'illuminismo, con i suoi risvolti politici e sociali, metteva in discussione un ordine consolidato da secoli. Nel Concilio Vaticano del 1869-1870 la Chiesa fece un imponente sforzo per far fronte a questa minaccia definendo la dottrina dell'infallibilità del Papa, elemento cardine del ricompattamento identitario del cattolicesimo. In questo libro il grande storico della Chiesa John O'Malley ci guida nelle aspre controversie sull'infallibilità papale, che a un certo punto sembrarono spaccare in due la Chiesa. Il conflitto tra le due fazioni, qui descritto anche nei suoi risvolti politici (entrarono nella mischia anche personaggi come Gladstone e Bismarck) fu risolto perentoriamente da Pio IX, il cui zelo per la definizione dell'infallibilità del pontefice fu così eccessivo da suscitare dubbi sulla legittimità del Concilio. Queste tensioni teologiche ed ecclesiastiche venivano esasperate dalla drammatica vicenda della conquista dello Stato pontificio da parte dell'esercito italiano e dal suo incombente esito - la conquista di Roma - che interruppe i lavori del Concilio. Con il Vaticano I la Chiesa cattolica divenne ancora più centrata sul papa che nei secoli precedenti. E tale rimase per quasi un secolo, fino al Vaticano II. Ancora non era stata scritta una storia così documentata e avvincente del primo Concilio che ha conferito rilievo assoluto al papa nella Chiesa cattolica.