Prima Parte
Capitolo I: Il filo conduttore della misericordia
Seconda Parte
Capitolo I: Chiesa povera e per i poveri
Capitolo II: Il protagonismo sociale dei poveri e degli esclusi
Capitolo III: La cura della casa comune
Terza Parte
Capitolo I: Discernimento dei segni di Dio nella storia mondiale e personale
L’attualità e la complessità delle questioni riguardanti la sfera della vita morale rendono urgente un ripensamento dei suoi fondamenti e sollecitano l’individuazione di criteri adeguati ad affrontare i nodi critici emergenti.
Questo “alfabeto” intende fornire ad un pubblico il più vasto possibile (non dunque specialistico) uno strumento utile a cogliere il senso di alcune parole chiave, che definiscono il campo dell’etica, mettendone a fuoco l’impianto strutturale. Sono peraltro fornite indicazioni concrete per accedere alla valutazione di ciò che avviene nei vari ambiti nei quali si sviluppa l’attività umana o per giungere alla chiarificazione di alcune tematiche di particolare rilevanza personale e sociale.
Che cos’è la coscienza? È possibile e lecito provare a «formarla»? Esiste uno «specifico» della coscienza del credente battezzato in Cristo? Il presente volume cerca di rispondere ad alcuni di questi interrogativi accogliendo gli inviti di Papa Francesco a «formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle» (Amoris Laetitia 37). Dopo aver chiarito in quali termini le Scritture presentano, in maniera più o meno diretta, il tema della coscienza e della possibilità di formarla, fino a renderla conforme al «pensiero di Cristo», il volume ripercorre le pagine dell’Antico e del Nuovo Testamento riconoscendo che, in definitiva, Dio non cerca la giustizia formale dell’uomo, ma cerca l’uomo e crea in lui un «cuore nuovo», ovvero una coscienza in relazione. Essa sa lasciarsi interpellare e interrogare, divenendo capace di riconoscere non solo le situazioni di oggettivo disordine, ma anche i segni della grazia di Cristo. Mantenere la coscienza «in dialogo» o «in relazione», farla uscire dall’isolamento in cui rischia di chiudersi: questa sembra essere la strategia vincente per un’autentica formazione della coscienza.
Milioni di persone ogni giorno si recano a lavoro. Alcun in malvolentieri, quasi obbligati a svolgere un’attività faticosa. Altri interessati solamente alla retribuzione. Altri ancora sembrano incarnare quell’animai laborans descritto dalla Arendt, ovvero colui che considera il lavoro, al quale la vita lo ha destinato, come un fine in se stesso. Al di sopra di questi si erge la figura dell’homo faber che svolge il suo lavoro con il desiderio di portare avanti un progetto, sia per affermazione personale, sia spesso con la nobile aspirazione di servire gli altri e di contribuire al progresso della società.
fil cristiano dovrebbe avere una prospettiva ancora più alta. Quella di un figlio di Dio chiamato a prolungare con il suo lavoro l’opera creatrice divina, facendosi guidare dalla saggezza e dall’amore nel compito di perfezionare la creazione, di crescere lui stesso in santità, e di aiutare gli altri a essere felici. Il lavoro è per lui una vocazione e una missione da compiere per amore e con amore. Gesù stesso ha lavorato molti anni a Nazareth, e “così ha santificato il lavoro e gli ha conferito un peculiare valore per la nostra maturazione” (Papa Francesco, Laudato sì, n.98).
La questione morale è principalmente una domanda sul senso della vita. Questo manuale - giunto alla quarta edizione ed uscito anche in lingua inglese e portoghese - traduce i contenuti etici del "patrimonio filosofico perennemente valido" in un contesto multietnico e multiculturale. Il taglio fenomenologico dell'opera consente di andare "indietro alle cose stesse", all'esperienza morale propria di ogni essere umano, perché da essa emergano i principi morali che possono guidarla. Il manuale è costruito così da coinvolgere il lettore in una sorta di dialogo socratico che intende condurre alla consapevolezza critica dei propri pensieri, senza che essi siano sradicati dal "mondo della vita". L'impostazione teoretica è quella di un'etica della prima persona. Il punto di vista principale è quello del soggetto agente di cui si cerca la "vita buona", ossia "virtuosa": in essa consiste la felicità vera. L'obiettivo del libro è quello della chiarezza, dell'essenzialità e della completezza, in una formula di provata efficacia sul piano della didattica.
La preoccupazione per i poveri è un elemento centrale del cristianesimo. Tuttavia, il nostro modo di affrontare il problema della povertà non nasce dalla dottrina sociale cristiana ma dalla struttura umanitaria dominante dei nostri giorni: questo induce ad attuare strategie politiche ed economiche che si rivelano deleterie per qualsiasi reale prospettiva di aiuto, in quanto non toccano le esigenze concrete dell'essere umano. Oggi è quanto mai necessario un nuovo modo di pensare i poveri, cioè non come oggetti passivi, bensì come soggetti e protagonisti del proprio sviluppo, integrandoli in economie di mercato floride per l'accrescimento del bene comune. Prefazione di Michael Matheson Miller.
Poche questioni, nel nostro contesto socio-economico, culturale e politico, occupano tanto spazio nella vita quotidiana quanto quelle relative al denaro. Il lavoro, la professione, i bisogni della famiglia, la sicurezza, il tempo libero: tutto ha a che fare con i soldi. Ma l'atteggiamento che assumiamo di fronte alle ricchezze comporta scelte che definiscono stili di vita e indicano una certa gerarchia di valori. Che cosa dominerà la nostra vita: l'essere o l'avere? L'egoismo o la generosità? I valori materiali o i valori spirituali? Dio o il denaro? Se allora il denaro è al centro delle preoccupazioni di ciascuno di noi e tocca corde così sensibili, possiamo interrogarci sulla pertinenza del messaggio evangelico su questo argomento. Quale dovrebbe essere l'atteggiamento cristiano di fronte alle ricchezze e al denaro? Nella sua riflessione densa di sfumature, che non elude alcuna delle difficoltà sollevate dall'interpretazione delle parole di Gesù, André Naud coglie i due grandi valori cristiani di fronte ai soldi: la libertà interiore, da un lato, e la condivisione, dall'altro. L'autore canadese ci ricorda, in modo assai opportuno, l'importanza di liberarsi dalla tirannia dell'avere, per privilegiare l'essere. È questo ciò a cui siamo chiamati!
Nella tradizione della Chiesa cattolica la sessualità ha sempre occupato un ruolo di primo piano e ha monopolizzato la riflessione morale. La visione negativa, sviluppata fin dal periodo patristico e nata dalla contaminazione del cristianesimo delle origini con correnti di pensiero di matrice dualista, ha assunto connotati più strettamente dottrinali e rigorosamente sistematici a partire dagli inizi dell'epoca moderna. L'etica sessuale cattolica ha assunto quali referenti ultimi e decisivi i concetti di «natura» e di «legge naturale», da cui scaturivano come criteri imprescindibili per la valutazione del comportamento morale il rispetto della differenza uomo-donna nelle relazioni, il perseguimento del fine procreativo e l'inserimento dell'atto sessuale nel contesto matrimoniale. Questo modello ha finito per assecondare una forma di repressione del sesso con esiti fortemente negativi sulla vita delle persone e delle relazioni interpersonali. È un'impostazione dell'etica sessuale a cui reagisce Salvino Leone, che in questo saggio auspica l'adozione di nuovi linguaggi e propone un cambio radicale di paradigma, cioè il passaggio da una prospettiva «giusnaturalista» a una prospettiva «personalista». Un nuovo sguardo in grado di far uscire il magistero e la ricerca teologica dalle strettoie di una tradizione anacronistica per dar corso a una visione della sessualità capace di coniugare la fedeltà al messaggio evangelico con la fedeltà alla ricchezza dei significati che la ricerca antropologica contemporanea aiuta a scoprire.
Singolare destino è quello della libertà. Massimo titolo d'onore del soggetto singolo, diritto perentoriamente rivendicato nello spazio pubblico, essa pare oggi invece dissolversi e perdere consistenza nell'esperienza personale. Sembra quasi che la si difenda tanto più rigidamente, quanto minori sono le convinzioni di poterne disporre. Libero davvero non è colui che può fare quel che gli pare. Libero è colui che può volere quello che fa, che può legarsi cioè alle proprie azioni e, mediante esse, disporre di se stesso. F. Nietzsche ebbe a dire che il male maggiore di cui soffre l'uomo contemporaneo è proprio l'incapacità di volere: un difetto di libertà. Non così, però, la libertà è stata pensata nella storia della filosofia occidentale (e della stessa teologia): è stata fondamentalmente pensata in termini politici, nella prospettiva cioè del rapporto del singolo con gli altri. Mai è stata pensata nella prospettiva più vera, quella del rapporto del soggetto con le proprie azioni. Appunto a questa prospettiva si riferisce il messaggio cristiano sulla libertà, che, nei fatti, è riuscito a plasmare una cultura e un costume. Oggi quel costume va dissolvendosi; di riflesso, diventa sempre più urgente pensare espressamente l'idea di libertà, «venuta nel mondo per opera del cristianesimo» (Hegel). È il tentativo fatto in questo libro, attraverso la recensione della storia delle idee e il ritorno ai testi della Bibbia. Un testo magistrale che incoraggia l'idea di libertà, esplorando la storia del pensiero occidentale e confrontandosi con la Scrittura.
Milioni di persone si muovono ogni giorno sulle strade per lavoro, turismo, divertimento, acquisti o motivi religiosi. Eppure la guida di automezzi e, più in generale, tutto ciò che ruota intorno al comportamento di automobilisti, motociclisti, ciclisti e pedoni sembra costituire una zona franca dell'etica. Non si tiene nel debito conto che alcune condotte espongono a gravi rischi, coinvolgono la vita propria e altrui provocando vittime e feriti, hanno ripercussioni sull'inquinamento e la salute, oltre che conseguenze di natura legale e assicurativa. Perché la strada è, a tutti gli effetti, un luogo di convivenza e di relazioni. E il traffico un luogo insolito, ma fondamentale per osservare i comportamenti umani.
Il volume raccoglie gli Atti del 26° Congresso dell'Atism (Associazione teologica per lo studio della morale) a 50 anni dalla sua fondazione (Napoli, 1966). Come nel primo Congresso, anche in quest'ultimo si mettono a tema il Concilio Vaticano II e le sue ricadute per l'autocomprensione della teologia morale. Il tempo trascorso permette una lucida verifica e una inevitabile prospettazione futura, che ripensi la disciplina nel suo radicarsi ecclesiale, civile e culturale e nelle sue numerose sfide e questioni, ma anche in quanto riflessione scientifica sull'esperienza morale credente. La teologia morale è sollecitata dalla contemporaneità con una tale intensità che nessun suo segmento è oggi pacifico possesso, ma questione dibattuta e talora controversa, spesso a vasto raggio interdisciplinare e non di rado nel pubblico areopago. Sic stantibus rebus è giocoforza prospettare strategie per pensare il presente e il futuro, in originale continuità/discontinuità col passato, in un contesto sempre più pluralistico e globalizzato, a permanente rischio di spaesamento. Oltre alla scansione temporale della tematica, il libro offre un dialogo con alcune teologie morali regionali - europea-francese, asiatica-indiana e latinoamericana-argentina -, si sofferma su alcuni snodi tematici d'attualità - a livello della morale ecologica, sociale e familiare - e affronta argomenti d'incalzante emergenza, come la questione antropologica e quella magisteriale.
In dialogo con l'enciclica Laudato si' di papa Francesco e con importanti pensatori contemporanei, Vincenzo Rosito ripercorre e ricostruisce il dibattito intorno all'ecologia sociale, anche analizzando movimenti e modelli di conversione ecologica. Come scriveva Alexander Langer, «conversione non è solo un termine spirituale (lo è sicuramente in modo molto forte) ma è anche un termine produttivo, un termine economico». Cosa richiede, allora, la vera conversione ecologica? Quanto è profondo questo cambiamento che investe la nostra spiritualità, le nostre pratiche di tutti i giorni e le scelte più importanti della nostra civiltà? «L'ecologia profonda non è il semplice aggiustamento di alcune abitudini o stili di vita. Essa ha infatti il volto di una trasformazione radicale che invita all'autocritica dei modelli e degli orientamenti culturali di fondo presenti in un determinato contesto sociale. In tal senso l'ecologia profonda non può essere riformista, ma solo rivoluzionaria. È questo un passaggio fondamentale nella ricostruzione dei paradigmi ecologici contemporanei poiché per la prima volta la sensibilità ecologica è molto più di un vago senso di colpa. Per la prima volta la coscienza ecologica va ben oltre la percezione di una "cattiva coscienza ambientale", essa è tutt'uno con la critica dell'attuale modello economico-produttivo».