
In questo libro sono raccolte le relazioni del convegno “La teologia dopo Veritatis gaudium nel contesto del Mediterraneo” promosso dalla sezione san Luigi della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale e tenutosi a Napoli il 20-21 giugno 2019. Esso è il risultato di anni di lavoro teso ad elaborare una teologia contestuale che sia capace di discernere i segni dei tempi a partire dall’interculturalità generata dalle migrazioni. In quei segni si rivela l’attualità della parola di Dio e la presenza vivente di Gesù di Nazareth per la costruzione di una società fondata sull’accoglienza, sopratutto delle persone emarginate e deboli, e sul rispetto delle differenze. Il convegno ha registrato la partecipazione straordinaria in qualità di relatore di papa Francesco. Le sue parole indicano ai teologi del Mediterraneo il loro nuovo compito: «La teologia - tenendo la mente e il cuore fissi sul “Dio misericordioso e pietoso” (cf Gn 4,2) - può aiutare la Chiesa e la società civile a riprendere la strada in compagnia di tanti naufraghi, incoraggiando le popolazioni del Mediterraneo a rifiutare ogni tentazione di riconquista e di chiusura identitaria».
Nel corso di questi ultimi sessanta o settant'anni c'è stata una svolta copernicana in seno alle nostre culture: il Dio "ufficiale" dato per scontato è diventato un Dio strano, alieno, lontano e, per molti, addirittura inesistente. Ciò significa che Dio ha cessato di essere una presenza efficace nella vita privata e pubblica delle persone: Dio non suscita più l'interesse delle società del XXI secolo? In questo libro, Lluís Duch affronta l'esilio di Dio dalle nostre società contemporanee, consapevole dell'egocentrismo o ingenuità che deriva dal credere che Dio si rende presente, agisce e si dimostra salvatore solo con l'aiuto, giuridicamente e culturalmente esplicito, della nostra religione e dei nostri codici.
Il sacrificio costituisce l’atto religioso per eccellenza del rapporto con Dio in numerose tradizioni religiose. Basti ricordare i sacrifici umani praticati nell’antica Grecia e fra gli Incas in America, quelli di animali praticati in Israele fino alla distruzione del Tempio nel 70 d.C., ma anche l’interpretazione cristiana della morte in croce di Gesù come sacrificio offerto a Dio e ripresentato nella liturgia eucaristica, e alla spiritualizzazione del sacrificio avviata già nel Primo Testamento e proseguita nel Nuovo. Dai Veda indiani all’attuale Messale romano, in cui tale terminologia ritorna costantemente, attraversando società tradizionali e moderne, i sacrifici hanno un nucleo e una logica comuni?
La fede non è semplicemente una convinzione: è un sentimento di altra natura con una sua esplicita specificità, come ricorda Claudio Magris nella prefazione al saggio di Giorgio Pressburger. La fede afferra e fa afferrare, attrae e trasforma. Pressburger indaga il concetto di fede partendo da una personale autobiografia letteraria. I compagni di viaggio sono autori come Dostoevskij e Kafka, ma anche filosofi come Kant e scienziati come Einstein. Un percorso che va oltre la ricostruzione storica e religiosa e affronta la dinamica e il movimento che permettono agli uomini e alle loro opere di attraversare la grazia della fede. Da dove viene quell'enorme energia psichica e fisica? Si chiede Pressburger. Quale immagine ha Dio? E come la scienza e la natura si rapportano nella fede? Un libro denso ma al tempo stesso suggestivo che lavora attorno all'irriducibilità di un concetto cardine. Un confronto obbligato fatto di ingegno e sofferenza, scienza e credenza, salute e malattia.
Viviamo secondo un modello di sviluppo che adora gli oggetti, non la lettura, la cultura, la partecipazione sociale e politica. Consumiamo, inquiniamo, ma così devastiamo noi stessi e il nostro pianeta. Essere migliori è diventato quindi un'urgenza, e il lavoro etico e spirituale una necessità non rimandabile. Ma come far nascere, in noi, il desiderio di praticare il bene? Dove trovare una motivazione che sappia liberarci dalle catene dell'effimero/della società, una forza motrice che dia impulso al nostro costante bisogno di guarigione e al nostro infinito desiderio di bellezza? Riscoprendo le nostre radici che affondano nella cultura classica e nella tradizione cristiana Vito Mancuso ci accompagna in viaggio lungo il sentiero delle quattro virtù cardinali, e offre una nuova prospettiva di senso per le nostre vite in balìa dei tumultuosi venti dell'esistenza. Perché solo colui che non cerca più di vincere e di prevalere, ma recupera il senso profondo dell'essere forte, saggio e temperante, può infine essere giusto, e fiorire in armonia con il mondo.
Questo libro propone una riflessione sul tema della custodia del creato a partire dalla Bibbia. La prima parte evidenzia la creazione nel suo insieme, l'essere umano in questo contesto, l'ordine e il disordine cosmico. La seconda rilegge la creazione tenendo come punto di riferimento ideale le quattro componenti del cosmo: acqua, aria, terra, fuoco. L'ultima parte costituisce una sorta di appendice, con un capitolo che propone una breve lettura dell'enciclica di papa Francesco Laudato si' e quattro schede che riassumono gli elementi del creato, in una visione attuale e scientifica, una sorta di sguardo sulle conseguenze di quanto esiste e potrebbe accadere o già avviene.
Quali ministeri nella chiesa di oggi e per il mondo di domani? Con la padronanza e la chiarezza che lo contraddistinguono, Bernard Sesboüé affronta in modo metodico questa domanda. Lo fa con le risorse della riflessione teologica, con un'umile passione per le responsabilità a cui la chiesa non può sottrarsi, con una luminosa speranza nell'attraversare le nostre titubanze. Per venire incontro, all'insegna della speranza, alle nostre esitazioni o ai nostri malesseri. L'autore ci invita in primo luogo a verificare il linguaggio che usiamo e i punti fermi su cui poggiamo: perché esitiamo a designare come "ministeri" certi ruoli dei battezzati non ordinati? Sesboüé riflette poi sullo status di quei laici, donne e uomini, che svolgono un ruolo effettivo e individuabile nella chiesa cattolica, distinguendo accuratamente ciò che rientra nell'ambito del battesimo comune e ciò che deriva da una partecipazione alla responsabilità pastorale. Infine affronta la questione - delicata, ma urgente - dell'ordinazione al ministero pastorale: che fare, quando i sacerdoti sono sempre di meno, in una chiesa che non può privarsi dell'eucaristia o della riconciliazione sacramentale?
Questo libro si pone al crocevia dell'esperienza centrale del cristianesimo - la morte in croce di Gesù alla presenza della madre - e della psicoanalisi relazionale, che vede nel rapporto madre-bambino il luogo decisivo per lo sviluppo della persona e per gli esiti della sua struttura psichica. Il componimento poetico dello Stabat Mater, si rivela un testo capace di illustrare questo intreccio.
Si tratta del primo volume della serie Exousia. Ripensare la teologia in prospettiva di genere, che si propone appunto di attraversare l'intera teologia abbandonando la neutralità e adottando un punto prospettico preciso. La teologia femminista smaschera la presunta universalità maschile introducendo nel discorso teologico la realtà e il vissuto delle donne, i loro punti di vista e la loro parzialità. Con questa trasparenza di intenti si mette a disposizione dell'intera teologia, rifiutando il confinamento in settori specifici, piuttosto proponendosi per rielaborare ogni tema, nessuno escluso. La teologia femminista è stata ed è anche luogo di incontri molteplici fra orizzonti culturali e politici, ecumenici e di genere; in questo caso nel volume si incrociano e si incontrano anche le prospettive delle due autrici, entrambe teologhe che si esprimono da posizionamenti confessionali e ministeriali diversi. In questo volume si affrontano, in modo preliminare rispetto agli altri, i nodi e le prospettive della teologia femminista, in uno slancio verso il futuro consapevole dei problemi ma animato dalla speranza.
Una canonista e un liturgista uniscono le rispettive competenze nel tentativo di rileggere la grande tradizione liturgica, sacramentale e istituzionale, assumendo una «prospettiva di genere». Assumendo questa ottica, si chiedono se le istituzioni ecclesiali sono in grado di reggere alla rilettura che la nuova consapevolezza delle relazioni tra donne e uomini proietta su di loro. O, in altri termini, se le medesime istituzioni hanno la capacità di riconoscere la ricchezza e la forza che il segno dei tempi della emancipazione femminile ha recato nella società e nella cultura. Le problematiche sollevate e le soluzioni prospettate nascono da una duplice convinzione: la comprensione del Vangelo cresce nella coscienza delle persone credenti, e la tradizione progredisce grazie allo Spirito Santo. Avere fede nella presenza viva del Risorto che guida la Chiesa ? non solo in ambito spirituale, ma anche nella sua dimensione istituzionale ? è la condizione per aff rontare le questioni di cui ci si occupa qui, con molta speranza e apertura di cuore.
Sono colpito dal talento dell’uomo moderno di deturpare ciò che tocca. Guardiamo lo spazio: le immagini dei pianeti e delle stelle hanno una bellezza mozzafiato. Ogni cosa è al proprio posto. L’ordine dell’universo ispira la pace. Guardiamo il mondo, le montagne, i fiumi, i paesaggi, tutto ispira una serena bellezza. Guardiamo il viso di un bambino che riede di gusto, il viso di un anziano pieno di rughe per l’età. Dio ha plasmato la sua creatura con tanto amore da ispirare sempre una sensazione di nobiltà e bellezza. E poi guardiamo ciò che crea il mondo moderno!
«Alla radice della decadenza dell’Occidente c’è una crisi culturale e identitaria. L’Occidente non sa più chi è perché non sa più, e non vuole sapere, chi lo ha plasmato...».
L’affermazione del cardinale Robert Sarah esprime con precisione l’intenzione del suo terzo libro di conversazioni con Nicolas Diat. La conclusione a cui perviene è semplice e insieme impietosa: il nostro mondo è sull’orlo di un abisso. Crisi della fede e della Chiesa, declino dell’Occidente, relativismo morale, mondialismo sfrenato, capitalismo selvaggio, nuove ideologie, inaridimento della politica, derive da totalitarismo islamista... È necessario tentare una diagnosi senza invocare pretestuose attenuanti. Non si tratta però soltanto di prendere in esame il grande cambiamento cui è andata incontro la nostra epoca: richiamando l’attenzione sulla gravità della situazione che stiamo attraversando, il cardinale dimostra che è possibile evitare l’inferno di un mondo senza Dio, di un mondo senza uomo, di un mondo senza speranza.
In questa ambiziosa meditazione, il cardinale Sarah si impegna senza riserve nell’analisi delle diverse crisi del mondo contemporaneo.
Robert Sarah
Dal cuore dell’Africa al centro della Cristianità: così potremmo riassumere lo straordinario percorso di vita del cardinale Robert Sarah. Ordinato prete nel 1969; consacrato vescovo nel 1979 – il vescovo più giovane del mondo – chia- mato da Giovanni Paolo II nel 2001 a Roma come Segretario della Congre- gazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; nominato da Benedetto XVI Presi- dente del Pontificio Consiglio Cor Unum nel 2010 e infine nel 2014 chiamato da Francesco a presiedere il Dicastero vaticano che si occupa della liturgia. Guardando il povero bambino di Ourous, figlio di contadini e attratto dalla vita dei missionari, nessuno poteva immaginare il piano di Dio ma si potrebbe affermare che certo Dio sapeva quel che faceva.
L'appello all'ospitalità, reclamato dai grandi filosofi del Novecento, è diventato ancora più urgente oggi, nella società dei muri e delle passioni tristi. E se la fame va sempre verso il pane, resta vero che non si sopravvive se non si impara a essere ospiti. Lezione che ci viene dalla vita: si è ospitali perché a nostra volta ospitati. La convinzione di questo volume è che la pratica ospitale abbia bisogno di un pensiero e di un modo di credere ospitali. C'è un carattere sacro, in questa consuetudine antica, che interroga la teologia. Se, prima che un diritto, esistere è un debito che si estingue solo diventando persone ospitali, la teologia è chiamata a favorire la convivenza tra le persone superando anche la propria autocomprensione, quando questa sia di ostacolo al dialogo, aiutando ad abitare questo cambio d'epoca e imparando ad accogliere le ricchezze spirituali che sono per tutti. Fino a farsi contributo pubblico a servizio della crescita umana e spirituale dell'umanità. La teologia del dialogo a partire dall'ospitalità che esce da questa ricerca sa di essere inquieta ed è consapevole di essere incompleta. Sa anche, però, essere capace di immaginazione. Quella di chi accogliendo l'altro immagina di accogliere angeli: «Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo» (Eb 13,2).