Che senso ha la vita? Che cosa significa incontrare Dio e fare esperienza del Suo amore? E ancora: chi era veramente Gesù? Quali sono gli eventi che dopo la Sua morte hanno portato alla nascita del cristianesimo? Perché l'amore è così importante per vivere? Che cosa sono la carità, la speranza, il perdono? Che cosa vuol dire credere? Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, nominato da papa Francesco Segretario Speciale del Sinodo sulla famiglia, in queste pagine affronta alcuni grandi quesiti che si pongono tanto i credenti quanto chi è ancora alla ricerca della fede, della gioia della preghiera e dell'esperienza dell'amore divino. Scritte sotto forma di lettere, con un linguaggio semplice nonostante la profondità dei temi trattati, le risposte a tali interrogativi ci mostrano come è possibile cercare il Dio della fede dei cristiani, un Dio innamorato della Sua creatura, dall'amore forte e sicuro, e insieme infinitamente capace di tenerezza. "Nate dal desiderio di comunicare il dono della fede, la gioia della preghiera e l'esperienza dell'amore divino a quanti ne siano in ricerca", ci spiega Bruno Forte "queste lettere vorrebbero parlare al tuo cuore. Non hanno la pretesa di spiegare tutto. Vorrebbero solo aiutarti a porti domande che contano e a pensare. Leggile come un messaggio di amicizia, una proposta per avvicinarti all'esperienza della fede nel Signore Gesù." Ma come si può arrivare a conoscere davvero questo Dio che è Amore? Mettendoci "in ascolto di Lui"...
La cultura contemporanea diffida profondamente dell'idea di verità, come fosse un concetto pericoloso, dogmatico e ostile alla libertà. Questo libro cerca di dimostrare il contrario. Con linguaggio semplice e piano, passando attraverso i temi più scottanti del nostro tempo, quali l'educazione e il dialogo tra le culture, il lettore è accompagnato alla riscoperta della verità, in barba alle molte favole che vengono raccontate in proposito. La posta in gioco emerge in modo esemplare nel saggio di R. Spaemann, dedicato al tema del matrimonio e della famiglia.
Esperienza universale che attraversa le epoche e le culture accomunando adolescenti e adulti, ricchi e poveri, aristocratici e gente comune, l'amicizia raggiunge il nostro tempo liquido e virtuale estendendosi ai contatti di Facebook, che avvengono sulla base di una "richiesta di amicizia". Esperienza duratura, perché propria dell'uomo, ma anche difficile da definire e persino ambigua, viene ospitata nel cristianesimo in modo originale e fecondo e solleva alcuni interrogativi: se l'amico è come un fratello, qual è il rapporto fra amicizia e fraternità? Che distinzione esiste fra amico e prossimo? E, alla luce dell'invito ad amare i nemici, per il cristianesimo esistono ancora amici? L'amicizia è virtù, è disposizione che assume come compito etico l'affinità elettiva, ma è al tempo stesso un mistero poiché si nutre anche di silenzio, specchio che ne riflette la trascendenza e apre all'infinito.
"Se avessi detto, voluto dire o creduto quello cheloro mi attribuiscono, sarei davvero un eretico. Manon l'ho fatto". Così si esprime in queste pagine Jacques Dupuis, il gesuita e teologo famoso per la sua pionieristica "teologia del pluralismo religioso". Una posizione che, a cavallo dell'anno 2000, gli costò le critiche e l'indagine della Congregazione per la dottrina della fede, presieduta dall'allora cardinal Joseph Ratzinger. Per la prima volta viene qui presentata al lettore l'autodifesa di Dupuis - molto stimato nella Compagnia di Gesù - di fronte all'ex Sant'Uffizio: un'apologia di sé e del proprio lavoro di ricercatore, che Dupuis considerò sempre e solo "cattolico", nel senso di "universale".
Questo breve lavoro di don Giuseppe Rigosi, ingegnere e sacerdote, Rettore del Seminario diocesano e missionario Redemptoris Mater di Vienna, è una piccola summa delle più comuni questiones disputatae in materia di scienza e fede, non solo negli ambienti accademici, ma anche tra la gente comune, sia pure di solito con assai approssimativa competenza. Vedrei bene questo libro nello zainetto degli studenti medi ed universitari o nelle librerie di casa. Anche chi non ama, come le ama don Giuseppe, le discipline scientifiche, infatti, anche chi si interessa solo occasionalmente alle grandi questioni cui qui si fa cenno, vive oggi malauguratamente nella convinzione che questo sia un terreno perdente per Dio e per la fede: cose a cui non pensare troppo per non andare in crisi, se si è credenti, oppure capisaldi del proprio "ateismo", magari frettolosamente assunti, per chi al contrario preferisce adeguarsi all'agnosticismo dei più. Di solito né gli uni né gli altri sanno bene di cosa si tratta realmente. Leggere questa versione dei fatti che scaturisce da un'esperienza appassionata di Dio e della Chiesa cattolica può servire se non altro per dubitare delle proprie certezze e delle proprie sicurezze. Magari non tutti i lettori capiranno tutto di quel che è scritto, ma tutti sentiranno "la musica" che ne esce e la apprezzeranno, perché è una "musica di sintesi" non di contrapposizione.
Mai come oggi, nella storia della teologia, si è parlato così poco della "risurrezione finale": è un indizio che probabilmente non si sa più che cosa dirne. Questo silenzio non deriva in realtà dall'impotenza della teologia. Il problema è piuttosto l'assenza pressoché universale di qualsiasi tipo di riferimento al vissuto più originale dell'uomo: l'atto di nascere, attraverso il quale Cristo, così come il discepolo, vengono (nuovamente) alla vita, e aprono un altro mondo; o meglio, dischiudono un nuovo modo d'essere a questo stesso mondo. Secondo capitolo della prestigiosa trilogia francese dell'autore, questo volume rilegge il confronto tra Gesù e Nicodemo e interpella tutta la tradizione del pensiero per esplorare le profondità di un tema complesso e cruciale.
Cattolici che discettano sull'azione salvifica della raccolta differenziata, che scambiano gli articoli della costituzione per i nuovi comandamenti, che sopportano qualsiasi ingerenza ma non tollerano gli insegnamenti della Chiesa, che smantellano la liturgia in nome della creatività, che gettano a mare la loro storia per abbracciare le patacche alla moda... La Babele che un tempo sembrava fantascienza oggi è cronaca quotidiana. Ce la narrano due autori che hanno fatto di questi temi il loro campo d'indagine con libri e inchieste che hanno fatto scalpore. Gnocchi & Palmaro ci mettono davanti a tutte le contraddizioni di un mondo cattolico sceso a patti con le sirene moderne ancora prima combattere. Ci raccontano la deriva grottesca di un mondo che, come al solito, è in ritardo di due o tre rivoluzioni e ora, invece di prendere atto della crisi della modernità e archiviarla definitivamente, intende portarle un improbabile soccorso. Un tentativo inutile, dannoso e destinato a fallire perché, come spiegano gli autori in alcune illuminanti pagine, alla radice del mondo moderno c'è la negazione del messaggio cristiano. È possibile uscire da questa nuova Babele? Gli autori propongono una loro modesta ricetta: che i cattolici tornino a essere cattolici. Chissà che non sia proprio ciò di cui ha bisogno il mondo moderno.
«Carissimo Padre, la riforma possibile è epocale: presuppone, oltre che prudenza e saggezza, una grande fede nello Spirito. Non abbia timore di resistenze e obiezioni. Le posso assicurare che una riforma è desiderata dai fedeli laici, dai presbiteri, dai vescovi».
Il libro di Ester entrò con fatica nel canone dei libri ispirati: le scene di stragi e l'assenza di Dio sembravano testimoniare contro il suo carattere ispirato. Anche i Padri della Chiesa raramente lo commentarono. Ecco perché appare affascinante il tentativo dell'autore di affrontare con ampiezza e precisione, ma senza tecnicismi, la vicenda che vede coinvolti la regina Ester, il padre adottivo Mardocheo e gli altri personaggi. La chiave di lettura principale è mutuata dall'utilizzo che la tradizione ebraica ha riservato a questo libro: la festa di carnevale, in cui prevale l'uso delle maschere. Leggere il rotolo di Ester può essere, soprattutto all'inizio di questo nuovo, complesso e avvincente millennio, una scuola di riconoscimento che comporta una graduale capacità di tirare giù la maschera, la propria e quella degli altri. Qui si impara a meditare sul mistero del Male non in modo astratto, ma nel suo inverarsi e mascherarsi ogni volta che si sente il bisogno di eliminare il fratello sentendolo come una minaccia fino a maturare il bisogno di sterminarlo. Attingendo alla sapienza interpretativa rabbinica, patristica e persino cinematografica contemporanea, l'autore mostra quanto questo libro sia ricco teologicamente e spiritualmente.
La memoria non è soltanto legata agli eventi passati della nostra esistenza, non ci parla soltanto di noi e della nostra vita. Nella memoria di quegli eventi possiamo rintracciare anche la loro origine: la memoria di Dio, quella fonte eterna che dà forma alla nostra vita e mette in ordine i frammenti della nostra storia. La nostra stessa identità è tracciata dalla memoria che Dio ha di noi. "Fare memoria" significa quindi vivere la relazione che Dio ci offre, il cui contenuto più profondo è l'amore. In questo libro, che vuole contribuire al recupero della memoria di Dio nella cultura contemporanea, l'autore articola il suo discorso in tre passaggi. Il primo analizza la visione tecnologica del mondo, che riduce tutto al "fare" e non lascia spazio allo stupore, ovvero alla contemplazione dell'origine di cui siamo noi stessi parte e che sola può dare vera dignità all'essere umano. Il secondo, partendo dall'esperienza dei figli di genitori divorziati, indaga il mistero della nostra figliolanza divina. Se va perduta la memoria di questa figliolanza, va perduta anche la nostra identità e il rapporto con la fonte primaria che ci fa esistere, e di conseguenza la nostra vita resta priva di ogni bellezza. Il terzo passaggio ci svela come la memoria di Dio sia tutt'altro che un evento intimo: essa genera cultura. Dio ha bisogno della collaborazione creativa dell'uomo, donandoci la possibilità di sorprenderci di fronte al miracolo dell'essere e di riscoprire la gioia legata al mistero di essere nati.
La teologia dell'Aquinate, "maestro di pensiero e modello del retto modo di fare teologia". La teo-logia di san Tommaso d'Aquino - riconosciuto dalla Chiesa cattolica come il Doctor communis e riproposto nel Concilio Vaticano II e nella Fides et ratio di Giovanni Paolo II come "maestro di pensiero e modello del retto modo di fare teologia", ha ancor oggi qualcosa d'importante da insegnarci? È l'interrogativo da cui prende le mosse il presente studio come punto di partenza per un rilancio del dibattito teologico sulla Trinità. La Teologia di Tommaso, infatti, insieme a quella del De Trinitate di Agostino, è senza dubbio uno snodo decisivo nella storia della riflessione su Dio che è Trinità d'amore, a livello di metodo e a livello di contenuto. A tal fine nel volume Coda contestualizza storicamente e culturalmente l'impresa teologica dell'Aquinate, cercando di discernere, in prima battuta, la spinta e l'illuminazione carismatica che interiormente la anima e la orienta.
La prima decade del ventunesimo secolo, ovvero il periodo dei cosiddetti "anni zero", ha portato con sé la distruzione generale della fiducia. Gli attacchi terroristici alle Torri Gemelle di New York hanno spazzato via l'illusione di un mondo che, dopo aver superato la guerra fredda, avrebbe raggiunto la pace perpetua, garantita dall'egemonia di un sistema democratico stabile. La crisi dei mercati finanziari del 2009 ha portato il sistema capitalistico a toccare con mano la fragilità delle proprie fondamenta. Oggi più che mai, il corso della storia sembra racchiudere una quantità di inquietanti interrogativi. La crisi di configurazione del tempo, che modifica le tappe della vita umana e segna la discontinuità tra le generazioni, colpisce la vita privata, la costruzione della sfera pubblica e l'interrogativo su Dio. Su questi aspetti la teologia può conferire ritmo e cadenza al ritmo sconnesso dell'uomo, aiutandolo a ricomporre i frammenti della sua biografia e a restituire unità alle sue traversie. La prima parte del volume getta le fondamenta dell'intera riflessione inquadrandola nell'orizzonte dell'esistenza corporea dell'uomo e della sua vocazione all'amore; la seconda affronta le diverse dimensioni del tempo e della storia - la memoria e la ricerca delle sue radici; la promessa che mantiene uniti i fili della vita; la fecondità e il suo nuovo, straripante inizio - mentre l'ultima offre una visione di sintesi per descrivere la visione cristiana.