"Alla notizia della morte di Annibale, Scipione era stato colto da una sensazione presaga: non gli sarebbe sopravvissuto a lungo. Non gli era stato amico, il Cartaginese; era stato il più grande e il più nobile dei suoi nemici e le loro vite si erano intrecciate più e più volte, legate sempre con il filo doppio del destino, quasi che l'esistenza dell'uno traesse motivo e giustificazione da quella dell'altro." Scipione e Annibale: antagonisti, affini, speculari. Giovanni Brizzi racconta le loro vite tangenti in un saggio storico che ha il passo del romanzo.
Il libro è una autobiografia anomala, una sorta di mosaico, in cui Benjamin condensa le esperienze e la topografia della propria infanzia, ridando anima ai sogni facendo rivivere le ore e i luoghi di magia, e al contempo gli angosciosi presentimenti di un bambino ebreo nella Berlino dell'epoca. Ed è forse questa ambiguità il tratto più marcato dei trenta brani (più dodici frammenti proposti in appendice) che compongono il libro: "scavare" nell'infanzia, negli strati nascosti perduti della vita, per riattivare questa "promessa di felicità" che è patrimonio di ogni essere umano ("La fata, grazie alla quale si ha il diritto a un desiderio"), senza tuttavia dimenticare che questa possibile felicità è perennemente esposta ai venti della storia.
La biografia avvincente di un personaggio che ha dominato la scena africana e mondiale per tutta la prima metà del Novecento. Un ritratto completo, sorretto da una rigorosa ricerca documentaria, che ha il passo del romanzo. Angelo Del Boca, narratore, saggista e storico del colonialismo italiano, è stato per molti anni inviato speciale della "Gazzetta del Popolo" in Africa e in Medio Oriente, presidente dell'Istituto storico della Resistenza e dell'età contemporanea di Piacenza e direttore della rivista "Studi Piacentini". Attualmente dirige la rivista di storia contemporanea "I sentieri della ricerca".
Nella Budapest del 1944 occupata dai tedeschi un commerciante italiano, fingendosi addetto all'ambasciata spagnola, pone sotto la sua protezione e salva dalla deportazione e dalla morte cinquemila ebrei: è Giorgio Perlasca, lo "Schindler italiano". La sua vicenda drammatica, avventurosa e per certi versi paradossale è tutta raccontata in queste pagine, rimaste inedite per decenni e venute in luce dopo la sua morte. Le doti diplomatiche, la passione civile, ma anche e soprattutto una grande spregiudicatezza e caparbietà permettono a Perlasca di tenere al riparo dalla ferocia dei fascisti ungheresi e dei nazisti intere famiglie ebree: lo troviamo intento a produrre documenti falsi, a trovare cibo, a organizzare e difendere "case rifugio" per strappare con l'inganno, infine, migliaia di vite ai treni della morte di Adolf Eichmann. Negli ultimi anni della sua vita Perlasca è stato fatto segno di onori sia in Israele sia in Ungheria, dove vivissimo ne è il ricordo: un "eroe per caso" il cui nome è scritto a Gerusalemme fra i Giusti delle Nazioni.
"Mi è sempre piaciuto molto fingere", ammise una volta Grace Kelly. Ma quale delle mille Grace lo abbia confessato, è da scoprire. La figlia sottomessa di Jack Kelly, l'eroe sportivo di Filadelfia dedito solo al culto di se stesso, o l'attrice impostasi a Hollywood più con il temperamento che con il talento? Il volto-simbolo della bellezza americana anni Cinquanta o la cacciatrice di uomini? Frutto di due anni di ricerche e di centinaia di interviste ad amici intimi e colleghi, completato da una dettagliata ricostruzione dell'incidente automobilistico che costò la vita all'ex attrice, 'Grace Kelly' è la biografia di una donna che ha avuto il coraggio di realizzare i propri sogni. O di fingere di averli realizzati, quando i sogni - dal premio Oscar alle nozze con il principe azzurro Ranieri - hanno lasciato posto alla realtà. E, dietro il sorriso che ha fatto innamorare generazioni di spettatori e di lettori di rotocalchi, si nascondevano ombre, ferite, vite segrete. Questa è la camaleontica Grace svelata dall'appassionata indagine di Robert Lacey. La madre affettuosa che concede troppo ai figli ma anche la moglie prigioniera di un matrimonio infelice. La diva dal fascino glaciale in grado di sfidare i produttori ma anche l'eterna bambina incapace di difendere i propri amori dai veti dei genitori. La giovane che posa per la pubblicità del dentifricio ma anche l'amante che si tuffa in storie infuocate con Clarke Gable e William Holden. "È un vulcano dalla cima innevata", disse Alfred Hitchcock.
"Ripercorrere l'esperienza di Alexander Langer consente di seguire un itinerario di vita pieno di avventure, attraverso i luoghi cruciali della storia d'Italia e d'Europa dagli anni trenta del Novecento fino alla fine del secolo. A seguire la vita di Langer si ha poi la possibilità di compiere un viaggio vorticoso in compagnia di un personaggio straordinario, spinto ogni volta dalla propria sensibilità e intelligenza a trovarsi là dove le crisi scoppiavano più acute." Alexander Langer è stato tra i promotori del movimento politico dei Verdi in Italia e dal 1989 deputato del Parlamento europeo. Nel Parlamento è stato leader dell'opposizione alla guerra nel Golfo e poi dello schieramento che esigeva un intervento politico, umanitario e anche di polizia internazionale nell'ex Jugoslavia, fondatore tra l'altro del "Forum di Verona per la pace e riconciliazione nell'ex Jugoslavia". Alex Langer è morto suicida nel 1995.
Amico personale di Federico Fellini per più di quarant'anni, il critico cinematografico del "Corriere della Sera" ricostruisce il profilo biografico del regista anche negli aspetti privati. Testimone oculare, Kezich racconta il cinquantennale matrimonio con Giulietta Masina e la conseguente unione artistica, particolari riguardanti la nascita e la lavorazione dei film, rievocati uno per uno. Particolare attenzione è offerta al contraddittorio rapporto di Fellini con le scienze occulte e lo spiritismo di cui fu, per un periodo, scettico ma impressionabile praticante.
A più di trent'anni dalla morte, Julius Evola è ancora un punto di riferimento ideologico per il mondo della destra radicale. Resistono il suo mito di filosofo anti-moderno e la leggenda di un suo razzismo innocuo perché "spirituale". Ma ha un senso distinguere il razzismo "spirituale" dal razzismo biologico? Fornire al razzismo/antisemitismo motivazioni "spirituali" modifica la sostanza del pregiudizio? Le teorie di Julius Evola sono realmente solo "spirituali" oppure sono soltanto un tentativo non riuscito di edulcorare la sostanza del razzismo/antisemitismo? Per Evola non si può parlare di una "parentesi" razzista, ma di un razzismo radicale e persistente che il pensatore tradizionalista mette al servizio della svolta mussoliniana, anche a costo di adattarne i contenuti alle esigenze politiche del fascismo, senza mai criticare le leggi razziali, se non perché applicate in modo troppo moderato a causa delle "discriminazioni". L'evoliana "razza dello spirito" non sfugge al determinismo biologico e anzi si risolve in un razzismo totalitario, più esigente, che differisce da quello del "Manifesto della razza" solo per la definizione di quella italiana come razza "ario-romana" piuttosto che "ario-nordica".
Il nome di Attila, il re degli Unni, è diventato sinonimo di violenza, barbarie, ferocia. Ma al di là del mito, che cosa sappiamo davvero sull'uomo, sul suo ruolo nella storia, sul mondo in cui è vissuto? Attila era brutale, capriccioso, volubile, arrogante, sfrenato. Un capo tribù analfabeta dedito ai saccheggi, senza alcun interesse per le arti governative; nondimeno, è stato un abile politico che, dalla sua base nelle pianure ungheresi, ha saputo usare una moltitudine di segretari e ambasciatori per ottenere i suoi scopi; un leader che grazie alle proprie straordinarie doti ha conquistato l'indiscussa supremazia tra i tanti capi tribali. Tra 434 e 454 d.C. i destini dell'Europa dipendevano dalle azioni di quest'uomo: l'impero romano ormai decadente sopravviveva ancora, con le sue due capitali di Roma e Costantinopoli, ma era minacciato da una nuova forza, le orde barbariche. Attila era riuscito a unire le tribù unne in un unico esercito di spaventosa potenza e straordinaria efficacia, per lanciare un doppio assalto alle due metà dell'impero, quella occidentale e quella orientale, guadagnandosi la fama di devastatore senza pari ("dove passa lui, non cresce più l'erba") e portando alla fine della secolare supremazia di Roma.
Giuseppe Garibaldi, figura storica del Risorgimento italiano, incarna l'orgoglio di appartenere a una patria e la convinzione di essere allo stesso tempo "cittadino del mondo". Paladino della libertà, da difendere con tutte le forze, acerrimo nemico delle manovre sotterranee e dei giochi dei politici di professione, l'eroe dei due mondi è diventato nel tempo oggetto di un culto che unisce la storicità del personaggio alla sacralità del mito. In questa biografia si ripercorrono la vita e le imprese del condottiero dei mille, ma soprattutto se ne dà un ritratto che esula dall'oleografia ufficiale e per questo suscitò aspre polemiche.
Per molto tempo, gli Agnelli hanno regnato sull'Italia. Hanno incarnato il potere, il denaro, ma anche una certa autorità morale in un Paese che spesso ha brillato per le sue carenze. Poi, un secolo dopo la fondazione della Fiat, la dinastia è stata costretta a fare i conti con la scomparsa del patriarca. La morte dell'Avvocato ha creato una voragine, proprio nel momento in cui la Fiat attraversava la più grave crisi della sua storia. E, in un clima da crepuscolo degli dei, quel vuoto ha alimentato un terremoto, con scosse, scontri e rivalità all'interno della famiglia, del mondo della finanza e del capitalismo italiano. Tanto che, nonostante gli ottimi risultati dell'ultimo brillante esercizio, in molti si chiedono se la dinastia saprà comunque sopravvivere al re.