
Il rapporto tra "Corriere della sera" e televisione è una storia affascinante e curiosa, che prende le mosse negli anni Cinquanta, quando si comprende che la tv non va presa sottogamba e che occorre qualcuno che aiuti il lettore (e il quotidiano) a capire il nuovo mezzo di comunicazione. È un racconto tanto ricco di singolari aneddoti quanto generoso di spunti per comprendere la funzione di un'attività sulla quale gravano, fin dalle origini, non poche incomprensioni. Il percorso verso la definizione dei criteri su cui si deve fondare la critica televisiva è stato lungo e tortuoso: la lettura delle critiche apparse sul "Corriere", dal 1954, anno di nascita della tv italiana, fino alla fine degli anni Ottanta, apre un universo inesplorato che aiuta a comprendere come e quanto è stata importante la televisione e la sua evoluzione in Italia.
L'attentato alle Twin Towers è stato certamente l'evento più fotografato della storia dei media. Ma, paradossalmente, la stampa ha diffuso un numero molto limitato di quelle immagini. La copertura dell'evento da parte dei giornali americani è avvenuta principalmente attraverso sei immagini-tipo ripartite in sole trenta diverse fotografie. L'11 settembre permette di comprendere quali siano gli effetti della globalizzazione sulle rappresentazioni fotografiche dell'attualità. Nella loro rappresentazione mediatica, gli eventi di oggi assomigliano sempre più a quelli di ieri: la fotografia dei tre pompieri che issano la bandiera americana sulle macerie del World Trade Center sembra una citazione diretta dei sei marines che issano la bandiera a stelle e strisce sull'isola di Iwo Jima nel 1945; le nuvole di fumo alte sul cielo di Manhattan somigliano a quelle che salivano da Pearl Harbor dopo l'attacco giapponese. Gli eventi di oggi, nelle loro rappresentazioni mediatiche, somigliano sempre più a quelli di ieri. Insommal'11 settembre è il segno di una differente forma di globalizzazione che agisce in tutto il pianeta, non più solo orizzontalmente, ma anche verticalmente, lungo la linea della storia.
"Mainstream. Parola di origine americana che può voler dire grande pubblico, dominante, popolare. L'espressione ‘cultura mainstream' può avere una connotazione positiva, nel senso di cultura per tutti, ma anche negativa, nel senso di 'cultura egemonica'."
Come si fabbrica un bestseller o un prodotto che vada a ruba sotto ogni latitudine? Perché il popcorn e la Coca-Cola rivestono ormai un ruolo centrale nell'industria cinematografica? Perché trionfa il modello americano di intrattenimento mentre al contempo declina sempre più velocemente quello europeo? Come fa l'industria indiana del cinema, Bollywood, a sedurre così facilmente il mercato africano? E infine, perché i valori difesi dalla propaganda cinese e dai media musulmani ricordano così da vicino quelli della Disney?
Per rispondere a questi interrogativi, il ricercatore e giornalista Frédéric Martel ha condotto una lunga inchiesta che lo ha portato in oltre trenta paesi, da Hollywood all'India, dal Giappone all'Africa subsahariana, dal quartier generale di Al Jazeera nel Qatar fino alla sede del gigante messicano Televisa. Il risultato che emerge dalle oltre 1200 persone intervistate è inquietante: è cominciata la nuova guerra mondiale per il controllo dei contenuti. E al cuore di questo nuovo conflitto si situa proprio la cultura mainstream, la cultura che piace a tutti in tutto il mondo. Martel ci racconta questa storia con uno stile frizzante e coinvolgente, in cui finalmente compaiono i volti e
i retropensieri dei protagonisti di questa vera e propria nuova guerra mondiale, il cui esito andrà a disegnare il futuro dei grandi conglomerati dei media e l'immaginazione e le modalità progettuali non solo nostre, ma anche dei nostri figli.
"La distinzione tra culture non è più netta. Più che l'oggetto cambia lo sguardo, impegnato o disattento. E per un udito disattento si può usare Wagner come colonna sonora dell'Isola dei famosi."
Umberto Eco
Per Hegel «il giornale è la preghiera del mattino dell'uomo moderno». Oggi però la stampa sembra attraversare una crisi irreversibile: riviste e quotidiani chiudono, le redazioni vengono decimate dalle ristrutturazioni, i ricavi della pubblicità continuano a calare. Le cause sono diverse: l'avvento dei nuovi media, la gratuità della rete, i giovani che leggono sempre meno i quotidiani...
Tuttavia un'informazione libera, indipendente e di qualità, che sappia svolgere anche il ruolo di «cane da guardia del potere» e di punto d'incontro delle comunità, è un ingrediente indispensabile della democrazia. Senza di essa, diventa impossibile formare un'opinione pubblica competente e attiva.
Enrico Pedemonte ha studiato quello che sta succedendo nel mondo dell'informazione negli Stati Uniti e in Europa. Racconta la crisi della carta stampata e ne coglie le motivazioni più profonde. Valuta le differenze tra informazione generalista e riviste di settore, tra testate di impatto nazionale e d'interesse locale.
In questa fase di cambiamento rivoluzionario nel mondo dell'informazione, suggerisce che lo stesso concetto di servizio pubblico debba essere ripensato e rovesciato, consapevole del ruolo irrinunciabile del «quarto potere» e della sua importanza nella vita civile di ogni collettività moderna.
Alla fine, delinea l'identikit dell'«ipergiornale», quello al quale le migliori testate del mondo oggi cercano di assomigliare: un giornale nel quale la partecipazione dei lettori (che sono anche cittadini) diventa un ingrediente fondamentale.
Senza dimenticare l'emergenza che sta vivendo l'Italia, degradata da Freedom House tra i paesi «parzialmente liberi» per quanto riguarda la libertà d'espressione e i diritti umani, al di sotto di Ghana, Tuvalu e Nuova Guinea.
Le statistiche ci dicono che in Italia si legge poco, drammaticamente meno che negli altri paesi. Il 'lettore forte', come l'Istat definisce chi legge almeno un libro al mese, è una persona che non fa parte della maggioranza degli italiani, è fuori dalla 'norma'. E il futuro che si annuncia non sembra migliore. Le differenze per genere, fascia d'età, area geografica, livello culturale e sociale non solo si confermano ma si radicalizzano.
Giovanni Solimine analizza i numeri di questa incrollabile allergia alla lettura, riflette sul profilo di chi legge, sui suoi gusti e sui suoi stili di vita, confronta i dati del panorama del libro e dell'editoria con gli altri consumi culturali e delinea qualche possibile strategia per voltare finalmente pagina.
Perché, se la televisione è così potente, Berlusconi si è premurato di avere dei giornali che lo fiancheggino, e mostra di sapersene servire contro i suoi avversari? E perché Massimo D'Alema dice di preferire la televisione, con cui si parla a tutti, mentre la sua influenza sugli affari politici è dovuta soprattutto a messaggi in chiave affidati ai giornali, di cui pochi possono cogliere pienamente le implicazioni? Dal 18 aprile 1948 ad oggi spettacolarizzazione della politica e messaggi in politichese rappresentano le due facce della democrazia in Italia, dando luogo a fasi alterne e a volte combinandosi tra loro. Nella Repubblica dei partiti i "messaggi di fumo" di Aldo Moro e il suo lessico fatto di "convergenze parallele" e "strategie dell'attenzione" risultavano funzionali per evitare tensioni politiche e sociali. Negli anni Ottanta al pubblico di massa, passivo e indifferenziato, si sostituì un'audience segmentata e mobile. Ciò ha aperto la strada alla politica pop e a Berlusconi, che servendosi degli effetti di iperrealtà generati dai media si accaparra il consenso con annunci clamorosi e promesse ottimistiche spesso non mantenute. Ma con la crisi economica il pendolo torna ad oscillare. Dalla Repubblica dei media si tornerà indietro alla Repubblica dei partiti e ai suoi rituali?
Come vivere meglio con meno risorse? Come risparmiare. Questa che fino a poco tempo fa poteva essere una "libera" scelta, oggi, di fronte alla crisi economica, diventa una necessità soprattutto per chi, come l'autore, ha alle spalle una famiglia. Le circostanze ci impongono di modificare i nostri comportamenti, usando solo ciò che è veramente essenziale, per acquisire uno stile di vita migliore per tutti: per se stessi, per gli altri, per la salute propria e del pianeta. Un libretto di "istruzioni per l'uso", non esaustivo, forse, ma semplice ed autentico. Alla portata di tutti.
Proviamo a immaginare che gli esseri umani smettano di usare la tecnologia piegandola ai propri scopi, per lasciare che sia la tecnologia a plasmare le loro vite: che cosa accadrebbe? Jaron Lanier, guru della realtà virtuale, appartiene alla ristretta cerchia dei lungimiranti pionieri della Silicon Valley che si formò negli anni Ottanta. Tra i primi a predire i rivoluzionari cambiamenti che il Web avrebbe apportato al mondo dell'economia e della cultura, oggi, a vent'anni dalla creazione della Rete, offre una lettura stimolante del modo in cui Internet pervade e condiziona le nostre esistenze. Il Web e le sue applicazioni sono ormai così familiari che è facile non vedere come di fatto essi si stiano sviluppando in direzioni imprevedibili rispetto al progetto originario. Grazie a un metodo d'indagine coerente e rigoroso e al suo talento eclettico, Lanier analizza gli aspetti tecnici e culturali, l'impatto sociale e le distorsioni ideologiche di un universo digitale contraddittorio e ci mette in guardia contro le aberrazioni di un sistema condizionato dai mercati finanziari e da siti che troppo spesso privilegiano la "saggezza della folla" e gli algoritmi informatici a danno dell'intelligenza e della capacità di giudizio delle singole persone, mettendo in serio pericolo la creatività intellettuale, lo spirito critico e la stessa idea di sapere.
I nostri ragazzi comunicano tra loro con Messenger, guardano i video su Youtube, aprono uno spazio su Myspace e aggiornano il proprio profilo su Facebook, cominciano fin da bambini a scrivere nei blog, a elaborare immagini e scaricare musica, giocano con la Wii o la Playstation e lo fanno simultaneamente, tanto che si parla di generazione multitasking. I giovani parlano questi linguaggi, che noi lo vogliamo o no.
Da qualche anno anche Internet è cambiato: non è più soltanto una grande banca dati con materiali generati da webmaster, ma uno spazio in cui ogni utente può essere protagonista, alimentandolo con contenuti propri da condividere con il resto del mondo: è il web 2.0.
Siamo così di fronte a una rivoluzione epocale, che non può essere semplicisticamente demonizzata. La scuola e la Chiesa hanno già iniziato a coglierla come un'opportunità da valorizzare. E la sfida è ora lanciata soprattutto al mondo degli adulti, agli insegnanti e agli operatori pastorali che hanno più che mai bisogno di essere introdotti a questi nuovi percorsi per veicolare contenuti. Il volume, nato dall'esperienza sul campo, si propone come strumento concreto di accompagnamento per chi non vuole restare tagliato fuori dall'era digitale e così perdere il contatto con le nuove generazioni.
Sommario
PREFAZIONE. Di fronte a una «nuova scena comunicativa» (P.C. Rivoltella). INTRODUZIONE. L'evoluzione sociale del web. APPLICAZIONI. 0. Gli smartphone nella didattica. 1. Rss. 2. Il codice Embed. 3. Il blog. 4. Le mappe geografiche. 5. Timelines interattive. 6. Mondi virtuali e 3D. 7. Calendari interattivi. 8. Document sharing. 9. Tag cloud e mappe concettuali. 10. La Realtà aumentata. 11. Fumetti digitali. 12. Wiki. 13. Podcasting. 14. QrCode. 15. Social networking. 16. Quiz e giochi per la verifica degli apprendimenti.
CONCLUSIONE. Progettare un percorso didattico con le nuove tecnologie. APPENDICE. Applicazioni web 2.0 utili per la didattica e nei gruppi. GLOSSARIO.
Note sull'autore
LUCA PAOLINI (Livorno, 1963) si è diplomato all'ISSR "Italo Mancini" di Urbino e all'ISSR "Ecclesia Mater" della Pontificia Università Lateranense (Roma). Docente di religione nella diocesi di Livorno dal 1986, è curatore del blog "Religione 2.0" (http://www.religione20.net), che nel 2007 ha ricevuto da We.Ca. (Associazione Webmaster Cattolici Italiani) il premio "Miglior sito web cattolico" nella categoria "Siti personali". Nell'anno accademico 2009/2010 ha insegnato presso l'ISSR "Beato Niccolò Stenone" di Pisa con un laboratorio dal titolo "L'insegnamento della religione cattolica e la pastorale parrocchiale con i nuovi media e il web 2.0".
LA NOSTRA RECENSIONE (di Francesco Bonomo)
Roberto Vecchioni in un un suo romanzo dedicato ai libri ed alla lettura, Il libraio di Selinunte, fa esordire il suo protagonista Nicolino con un discorso che fa riflettere: “Perché qui sta il problema essenziale: abbiamo perso tutte le sfumature. E con le sfumature i sentimenti che le accompagnano e le provocano”. Il discorso nel suo elaborarsi e comunicarsi con l'interlocutore, la persona o le persone che abbiamo di fronte, possiede delle sfumature che solo l'uomo nella sua concreta esistenza può cogliere: sfumature di voce, di espressione, di tono etc... La principale espressione del comunicare diventa certamente il dialogo, dià-logos, ed il mondo, dalla primeva esperienza dialogica di Platone, ha vissuto numerosi cambiamenti in proposito. La modernità infatti registra un mutamento forte costituito dalla presenza massiccia di Internet nelle nostre vite e nella mutata maniera di comunicare e condividere data dalle piattaforme sociali. Ricordando Nicolino si provano sentimenti di sconforto per una continua eliminazione delle sfumature della comunicazione dovute a queste nuove forme di sharing. Ma l'incontro con Nuovi Media e web 2.0 di Luca Paolini, docente di religione nelle scuole e destinatario del premio per il miglior sito cattolico, Religione 2.0, ha permesso di osservare con occhio critico che anche il Nostro percepisce e mette in guardia dai rischi dell'interrete sulle giovani generazioni affrontando però il problema dal punto di vista positivo. Egli infatti ha contribuito con il suo libro alla conoscenza delle potenzialità di Google e del suo universo, non nella sua ontologia ma nelle sue finalità. Conoscere internet significa allora per l'autore accedere ad una serie di opportunità per entrare nel mondo dei nostri giovani, che conoscono il computer meglio di ogni altro adulto; su questo piano si inserisce una proposta formativa di educazione e di formazione in cui Internet è 2.0, ovvero contenuti mediatici non solo trasmessi ma elaborati in collaborazione, in un rapporto tra docente e discente in cui, da una parte esiste un'ottima preparazione unita all'interesse ed alla creatività applicata al mondo virtuale e dall'altra c'è l'originalità e la curiosità dei ragazzi che possono apprendere in modo dinamico, corrispondente al loro livello di sperimentazione e conoscenza della realtà proprio tramite il computer. I rischi legati ad Internet non possono contribuire ad un'univoca espressione di giudizi negativi, demonizzanti ed inibenti di una risorsa eccezionale e nuova ma devono spronare ad un suo utilizzo al meglio e per il meglio. La correttezza dell'Autore sta proprio qui, nel fornire esempi e guide di applicazione affinché la scuola od i gruppi, le parrocchie e le diocesi, siano in grado di arrivare sempre di più ai propri interlocutori. Metodi, quelli di Paolini, che a nostro personalissimo avviso, permettono in un certo qual modo di preservare le sfumature di cui sopra, perché i ragazzi sappiano utilizzare il computer come un mezzo per arricchire le proprie conoscenze ed esperienze senza dimenticare il mondo che circonda il computer.
Come utilizzarli a scuola e nei gruppi: l'essenzialità del libro è proprio qui, nel proporre consigli su larga scala perché internet divenga un valido aiuto e strumento didattico. L'esperienza di Paolini in questo senso è preponderante, così almeno se si consultano le sue attività “esterne” al libro: Religione 2.0 con la possibilità di approfondire il discorso della religione cattolica ma anche delle altre religioni del mondo; Flickr, per esempio, in cui si trovano foto dei viaggi e delle classi di Luca ed i suoi utili aggiornamenti di Facebook.
Il linguaggio di questo libro è immediato: capitoli brevi, spiegazioni chiare, condivisione di rischi e potenzialità delle proposte fatte.
La struttura del libro è molto comoda: ad ogni capitolo con la sua trattazione, essenziale, seguono le applicazioni concrete. I destinatari degli esempi di realizzazione a livello didattico delle tecnologie in ascesa sono principalmente due: le scuole e le parrocchie o le Diocesi. Dalla lettura di Nuovi media e web 2.0 si percepisce come le nostre parrocchie ed i siti di alcune diocesi siano ancora indietro sulla strada di una pastorale che cerca di abbracciare il maggior numero possibile di visitatori. Si nota, en passant, quante differenti occasioni esistono per rendere più avvincenti e partecipate le lezioni frontali per l'educazione alla fede dei più piccoli e dei giovani, in un periodo in cui la scristianizzazione e la cristianofobia si aggirano principalmente per via telematica, con accuse e recriminazioni che spesso non trovano una corrispondente capacità di argomentare in positivo ma che oggi più che in passato richiedono un'attitudine abituale ad essere “sempre pronti alla difesa di fronte a chiunque vi chieda la ragione della speranza che è dentro di voi” (1Pt 3, 15)
Questo volume dà una profondità storica ai media, collegandoli in una complessiva storia della comunicazione, a partire dall'invenzione della stampa nel Quattrocento. Burke passa in rassegna i diversi "mezzi di comunicazione" dell'età moderna (la stampa ma anche la posta, la predicazione, la canzone, le chiacchiere, il caffè, l'immagine, il teatro) mostrando come essi abbiano determinato la formazione di una sfera pubblica. Briggs poi racconta la grande crescita otto-novecentesca dei mezzi di comunicazione, secondo una visione allargata che include l'invenzione del motore a vapore, lo sviluppo delle ferrovie, della navigazione, del telegrafo, della posta, fino all'odierno sistema dei mass media.
Asa Briggs è stato rettore del Worcester College di Oxford e della Open University. Con il Mulino ha pubblicato "L'età del progresso" (1987). Peter Burke, professore emerito nell'Università di Cambridge, con il Mulino ha pubblicato diversi libri, tra cui: "Storia sociale della conoscenza" (2002), "La storia culturale" (nuova ed. 2009) e "Lingue e comunità nell'Europa moderna" (2006).