IL DISASTROSO RITORNO DELLO STATO NELL’ECONOMIA ITALIANA
È normale che una compagnia aerea pubblica fallita come l’Alitalia venga salvata con i soldi dei contribuenti?
È normale che un’azienda statale faccia causa a un’altra azienda statale e metta in conto agli italiani seicentomila euro di parcelle?
È normale che nelle imprese comunali ci siano ventitremila consiglieri di amministrazione e una poltrona ogni 5,6 dipendenti?
È normale che la società di un politico in carica sia in affari con la Regione di cui quel politico è stato presidente?
È normale che l’ex direttore della tivù di Stato, multato da un’Authority, venga nominato in un’altra Authority?
SE CREDETE CHE TUTTO CIÒ SIA NORMALE, NON LEGGETE QUESTO LIBRO.
Un fantasma si aggira per l’Europa: quello del nuovo statalismo. Spinto dal vento della crisi che soffia dagli Stati Uniti, ha investito la Gran Bretagna, la Francia, l’Olanda, la Germania. E l’Italia? Nel nostro Paese quel fantasma è sempre stato di casa. Trasformandosi, negli ultimi anni, in una manomorta pubblica che ammorba l’economia. A cominciare dalle migliaia di imprese locali, controllate dai Comuni, dalle Regioni e dalle sempre più inutili Province. Società per fare autodromi di Formula uno, per amministrare le eredità lasciate ai ciechi, perfino per comprare agenzie di pompe funebri dai privati. Imprese locali dai bilanci traballanti che sponsorizzano profumatamente squadre di basket. Aziende comunali per gestire casinò e gioco d’azzardo. Per non parlare dello Stato centrale. Dove in vent’anni si sono sperperati più di 5 miliardi dei nostri euro nell’Alitalia. Dove si resuscitano società morte e sepolte soltanto per piazzare amici e famiglie. E ne nascono di nuove a ritmo continuo: per distribuire soldi pubblici allo spettacolo, per fare la carta d’identità elettronica, per realizzare centri benessere, perfino per affidare consulenze senza gare. Il tutto con la presenza, incombente e oppressiva, della politica nelle imprese pubbliche: migliaia di posti da occupare nei consigli di amministrazione, manager scelti in base alle parentele partitiche e stipendi d’oro indipendenti dai risultati e dal merito. Dimenticatevi le liberalizzazioni e le privatizzazioni che avrebbero dovuto spazzar via la politica dal mercato e offrire servizi migliori e più economici ai cittadini. Sulla ricca carcassa del nostro Paese volteggiano avidi i Rapaci delle vecchie e nuove famiglie del potere.
"Due operai stanno ammucchiando mattoni lungo una strada. Passa un viandante che s'informa sulla natura del loro lavoro. Uno modestamente risponde: "Sto ammucchiando mattoni". L'altro esclama: "Innalzo una cattedrale!". Il primo degli operai descritti da Pietro Nenni in Parlamento, nel 1959, impila pietre: per sé e per guadagnarsi da vivere oggi. Il secondo fa esattamente lo stesso, ma sa di costruire qualcosa di grande per il futuro. Proprio il futuro è l'orizzonte di riferimento di chi contribuisce alla costruzione di una cattedrale. Un lavoro che costa fatica, non produce vantaggi personali immediati, ma rimarrà nei secoli. E la cattedrale si rivelerà tanto più solida e splendente quanto maggiore sarà la partecipazione della comunità alla sua realizzazione. Il nostro Paese ne è disseminato: opere dell'ingegno e dell'arte fatte in nome di un progetto alto e condiviso. Oggi è difficile anche solo immaginare qualcosa di simile. Che ne è stato di quell'ansia di futuro? Enrico Letta non ha dubbi: anche la crisi economica e sociale che stiamo vivendo è figlia del "presentismo". Della tendenza a sacrificare all'utilità del momento ogni investimento nel futuro che richieda tempo, capacità, pazienza. L'Italia è ammalata di "presentismo" come e forse più degli altri Paesi avanzati. La politica riflette e amplifica questa malattia. Eppure, è questo il momento di ritrovare l'ambizione di realizzare progetti solidi e duraturi. La cattedrale può essere una risposta alla crisi.
Ci sono due cose che - non solo oggi, ma oggi in modo determinante - pesano nella politica, e ancora di più nella valutazione che i cittadini compiono sulla classe dirigente di un Paese: la decisione e la velocità. Insomma, per un verso la capacità di compiere scelte chiare, di assumersi una responsabilità, e per altro verso il fatto che ciò avvenga in tempi adeguati all'immediatezza bruciante del mondo in cui siamo immersi. La democrazia istantanea è la nuova sfida con cui siamo chiamati a misurarci: ci può piacere o no, ma è una condizione alla quale non è più possibile sottrarci. Ed è un fatto che Silvio Berlusconi sembri muoversi in questo contesto di modernità come un pesce nella sua acqua, mentre i suoi avversari continuano ad annaspare in un imbarazzante crescendo di autolesionismo. I consigli si danno solo a chi li chiede, e non è certo un mio compito darne alla sinistra, che peraltro sa benissimo sbagliare da sé: eppure, chi come me crede in un tendenziale bipartitismo, e quindi spera che entrambi i principali cantieri politici siano sicuri, operativi e affidabili, si augura che la sinistra italiana non abbia paura di imparare qualcosa di importante da Silvio Berlusconi. Parliamone: senza tabù, senza anatemi, senza schemini precostituiti, e senza lavagne dei buoni e dei cattivi.
Da sgangherato centro geografico-burocratico di una nazione che le preferiva un'altra «capitale morale», a modello vincente nell'immaginario collettivo e meta glamour del jet set internazionale. È bastato un quindicennio per capovolgere l'immagine di Roma, che a ottobre si accinge a lanciare il suo sindaco alla leadership del Partito democratico: una trasformazione che ha amplificato l'effetto-vetrina della città che aveva già imposto sulla scena nazionale il suo predecessore, Francesco Rutelli, ma anche il suo sfidante sconfitto, Gianfranco Fini. È la forza del modello-Roma: l'effetto, su una capitale adagiata su edilizia e pubblico impiego, di una politica pronta a giocare la carta della cultura, dell'innovazione e delle grandi opere per fare del turismo l'innesco di una crescita superiore a quella del resto del paese. E dotata di una capacità di inclusione che ha garantito alla città una relativa protezione dagli squilibri della globalizzazione e dagli effetti delle nuove povertà. A fronte di queste luci, restano le ombre che uno storico ritardo infrastrutturale proietta sulla vita della Città eterna: traffico infernale, servizi pubblici spesso in affanno, diffusa illegalità sono solo alcune delle sfide che il futuro riserva anche al prossimo inquilino del Campidoglio. Ma la rivincita di Roma - capitale del cinema, centrale nel sistema dei media - ha offerto a Veltroni il palcoscenico per una straordinaria performance seduttiva.
Questo libro e' la storia di come si ''fabbrica'' uno scandalo politico in Italia. L'autore ripercorre le varie fasi della vicenda riguardante la costruzione dell'aereoporto ''Leonardo da Vinci'' e la relativa inchiesta parlamentare. Libro Illustrato.
a telecamera sempre pronta, le corse in macchina, poco tempo per il fidanzato, la scorta sotto casa: vita normale di Letizia. Perché, sostiene lei, per fare un telegiornale antimafia in una delle zone più calde della Sicilia non bisogna essere supereroi. Basta tenere gli occhi aperti, come fanno lei e tutta la sua famiglia. Pensieri, desideri, speranze e paure di una ragazza che ha scelto di fare la telegiornalista per passione. E che nonostante aggressioni e minacce ha fiducia nel futuro. Con la prefazione di Rita Borsellino. Età di lettura: da 12 anni.
Basato su una conferenza tenuta al Poetry Center di New York, "Il governo del futuro" è un vero e proprio manifesto politico su come la società dovrebbe strutturarsi al fine di garantire il controllo democratico. Sono quattro, scrive Chomsky, le "posizioni teoriche" che possono caratterizzare una forma di governo nella società industriale: liberalismo classico, socialismo di stato, capitalismo di stato e socialismo libertario. L'autore le prende in esame, soppesando pregi e difetti di ognuna, confrontandole e contrapponendole, fino a individuare nel socialismo libertario la naturale prosecuzione del liberalismo classico. Ed è proprio in quest'ambito, in un clima di autentica libertà democratica, che si fa largo la possibilità di esaltare le facoltà creative e intellettuali dell'uomo. Esortando a ripensare l'equilibrio dei poteri sociali, politici e di governo, Noam Chomsky mette in campo questioni di estrema importanza e attualità, confermando la prospettiva umanista della sua riflessione.
Come governare un mondo di stati sovrani? Quali sono le organizzazioni che influenzano sempre più intensamente la vita della comunità internazionale? Quali sono esattamente i compiti e le attività che svolgono organismi famosi come l'Onu, Amnesty International, Medici senza frontiere o Greenpaece? Questo volume offre le nozioni di base per conoscere meglio la variegata galassia delle organizzazioni internazionali, delle quali delinea la storia, il ruolo e le funzioni, ripercorrendo la strada compiuta dalla comunità internazionale verso il governo di quei problemi che vanno al di là della dimensione e della capacità di intervento dei singoli stati.
Una nota e apprezzata esperta di politica internazionale riflette sul caos dei rapporti tra le nazioni e sulla fragilità rassicurante dei legami familiari, tra ricordi tristi e affetti forti, incontri con i potenti della terra e scoperte di mondi distanti dal nostro. Un autoironico taccuino familiare e politico, scritto con leggerezza e intelligenza, che è anche un tentativo di trovare delle risposte al lacerante interrogativo sollevato da Freud e Einstein nel loro carteggio "Perché la guerra?".
"Per vent'anni abbiamo vissuto sotto l'ala di un turbine: globalizzazione economica e trasformazione politica. Due metamorfosi insieme: post-industriale e post-democristiana. L'Italia di oggi ci restituisce per mille segni l'immagine di un Paese provato, che perde colpi di continuo. E soprattutto con un motore politico penosamente inadeguato, incapace di autentica innovazione, che non fa nulla se non pasticciando, e alla fine non sembra concepire altra missione tranne la pura conservazione di se stesso e del ceto che lo controlla. Ma altre volte siamo stati capaci di riagguantare all'ultimo istante il filo della nostra storia. La posta in gioco è troppo importante per rassegnarsi, e dopotutto siamo qualcosa di più di un piccolo angolo di mondo."
L'inferno del Policlinico di Roma. La furbizia crudele della Santa Rita di Milano. Le lottizzazioni in Campania. L'ignavia delle università, da Padova a Bari. La ferocia delle mafie in Sicilia e Calabria. E soprattutto l'arroganza della politica. Ma anche eccellenze scientifiche e tanta buona medicina. Perché la sanità in Italia è un mosaico di identità e valori, che molti considerano in vendita. Ma il diritto alla cura è un bene prezioso che lo Stato deve assicurare. È per questo che il nostro Servizio sanitario nazionale va difeso con i denti dai tarli che lo rodono dall'interno: i giochi di potere, il baronato universitario, le leggi che lasciano spazio ai furbi. Galassie di piccolezze umane e interessi privati, di abusi e clientelismi. E montagne di soldi. Dalle corsie degli ospedali, dalle stanze della politica, dalle finestre del Vaticano, Daniela Minerva conduce un'inchiesta serrata tra le mille contraddizioni d'Italia, uno strano Paese in bilico tra il degrado assoluto e l'avanguardia. Alla ricerca di uno sviluppo sostenibile.
Nel luglio del 1993, Silvio Berlusconi, noto fino a quel momento come tycoon di Fininvest e patron del Milan, annuncia di voler "scendere in campo" e con un gruppo di fedelissimi, tra cui i più brillanti manager di Publitalia, si insedia nella capitale per dare vita a un nuovo partito, Forza Italia. In poco tempo ha inizio una campagna elettorale come in Italia, e in Europa, non si era mai vista. La nuova classe politica arriva dall'esterno del Palazzo e i grandi giornali capiscono che solo cronisti di altri mondi, che abbiano dimestichezza con lo spettacolo e con le cronache di società, saranno in grado di raccontare i retroscena e di cogliere gli aspetti di colore. Maria Latella ha un'esperienza giornalistica che va dalla giudiziaria al costume e conosce bene gli Stati Uniti dove tra l'altro ha seguito da vicino la campagna elettorale per le presidenziali del 1988. Il Berlusconi che al suo primo comizio alla Fiera di Roma si presenta davanti a migliaia di persone non sarà un fenomeno passeggero. Nel 2OO9 è presidente del Consiglio, per la quarta volta in quindici anni. In "Come si conquista un Paese" Maria Latella ricostruisce quei mesi frenetici in cui ha preso forma l'era politica che stiamo ancora vivendo.