La Rivoluzione Francese del 1789 costituisce un punto di riferimento storico di grande rilevanza perché durante il suo corso, per la prima volta in epoca moderna, l'idea di fratemità, affiancata dai principi di uguaglianza e libertà, viene interpretata e praticata politicamente. La fortuna dei tre principi nella storia è stata però diversa: mentre libertà e uguaglianza hanno conosciuto un'evoluzione che le ha portate a diventare vere e proprie categorie politiche, capaci di esprimersi sia come principi costituzionali, sia come idee-guida, di movimenti politici, sull'idea di fraternità è calato il silenzio. Di fronte alla problematica realizzazione della libertà e dell'uguaglianza anche nei Paesi democratici più sviluppati, la riflessione politologica oggi si chiede se tale situazione non sia dovuta proprio al fatto che l'idea di fratemità sia stata a livello politico disattesa. Attraverso il contributo di diverse discipline (dalla filosofia politica al diritto costituzionale, alla storia delle dottrine politiche) l'Autore propone una originale pista di riflessione circa la possibilità della fratemità come categoria politica.
L'idea di fraternità, pur presente in culture anche molto diverse, non sembra che possa facilmente assumere di per sé una qualche rilevanza giuridica. Nato nell'ambito della religione giudaica, tale concetto nel venir accolto dalla religione cristiana si arricchisce dell'idea di uguaglianza di tutti gli uomini senza distinzione di razza o di appartenenza politica. Un ulteriore passo in avanti nella sua elaborazione si compie con l'affermazione delle dottrine giusnaturalistiche: queste aspirano infatti ad universalizzare la fraternità sganciandola da una qualsivoglia credenza religiosa, senza riuscire però a trasformarla in un principio giuridico. È proprio attorno al concetto di fraternità e alla sua elaborazione come principio giuridico che ruotano i contributi del presente volume.
Nel mirino di James Risen, premio Pulitzer e autorevole firma di The New York Times, c'è soprattutto l'asservimento alla politica della famosa agenzia di servizi segreti, che ha contribuito a stravolgere le regole della democrazia americana. In nome della lotta al terrorismo, l'amministrazione Bush ha autorizzato intercettazioni segrete senza mandato; ha disposto la registrazione e la conservazione del traffico telefonico e dei dati bancari di milioni di cittadini; ha autorizzato operazioni di raccolta di intelligence interna da parte delle forze armate; ha sorvegliato gli attivisti contrari alla guerra; ha incarcerato a tempo indefinito americani senza sottoporli a processo. All'estero ci sono state brutali tecniche d'interrogatorio, accuse di torture e massacri di civili, la creazione di prigioni segrete e la pratica clandestina delle "renditions", il sequestro di persone sospettate di terrorismo, trasferite in località nascoste al di fuori delle convenzioni internazionali. Risen sottopone a un giudizio impietoso il ruolo della CIA nella "guerra al terrore" lanciata attraverso il mondo dal presidente Bush. Rivela un maldestro tentativo per far cadere in trappola l'Iran sulla questione nucleare, spiega come l'Afghanistan è stato trasformato in un narcostato che fornisce l'87 per cento dell'eroina al mercato mondiale e ritorna sulla preparazione del conflitto in Iraq, quando l'intelligence tacque al popolo americano la verità sulle armi di distruzione di massa.
"La cosa che hanno in comune è la povertà." Ad affermarlo sono Marc Fernandez e Jean-Christophe Rampal, autori dell'inchiesta sulla città messicana di Ciudad Juàrez. Situata nello stato di Chihuaha al confine con gli Stati Uniti, dal 1993 Ciudad Juàrez è ostaggio di assassini senza volto che hanno violentato e brutalmente ucciso centinaia di donne. Ancora oggi, dopo che sono passati più di 10 anni dal ritrovamento del primo cadavere, e nonostante l'arresto di 18 persone e la condanna di 10 di loro, le autorità sono incapaci di identificare i responsabili del massacro. Peggio ancora, gli omicidi continuano al tasso sconvolgente di due vittime al mese. Ciudad Juàrez è ora considerata la capitale mondiale del "femminicidio", la Città delle Donne Morte, come la chiamano gli stessi messicani.
"Mollati gli ormeggi, il lettore si ritrova in queste regioni periferiche cariche di tensioni, dove percepisce il carattere eccezionale di quell'isola di pace chiamata Unione Europea. Pace che diventa un privilegio, in un quotidiano fatto di crisi e conflitti. Questa realtà duplice ci ricorda che la nostra pace è legata allo stato del mondo "altro". Il nostro mondo sopravvive e progredisce solo se anche il "mondo degli altri" progredisce e si sviluppa. L'Unione dovrà dunque costruire se stessa e il proprio rapporto con il "vicinato" tenendo a mente che la pace degli altri, nel suo senso più vasto, è anche la nostra."
La riflessione di Henryk Broder prende spunto dal caso delle vignette su Maometto pubblicate dal giornale danese "Jyllands-Posten", che in Europa hanno scatenato dibattiti sulla libertà di stampa e nel mondo arabo violente proteste, assurde richieste e qualche falò di bandiere danesi. Il risultato è un impietoso giudizio sulla società europea contemporanea, ormai ridotta a una "manica di conigli", così profondamente istupidita dalle proprie chiacchiere sul multiculturalismo e sulla tolleranza, da armare la mano di chi non vede l'ora di spararle. Non si tratta di distinguere tra cristiani e musulmani, musulmani e islamisti, moderati e fondamentalisti, satira e insulti. Si tratta della nostra incapacità di difenderci, di difendere la nostra civiltà e le nostre conquiste. Nel caso delle vignette danesi era in gioco la libertà di ridere di Dio e dei suoi profeti; forse solo una piccola conquista della modernità, ma che cosa succederebbe se ne venissimo privati? E dopo di essa, che cosa cederemo? Forse è persino troppo tardi per chiedercelo, forse abbiamo già permesso ad altri di toglierci quella e altro. E le conseguenze di questa capitolazione culturale saranno gravi, ma purtroppo non imprevedibili. Aveva ragione quel bizzarro danese fondatore di un partito politico il quale, per far risparmiare allo Stato gli inutili finanziamenti alla difesa, aveva pensato di comprare una segreteria telefonica e incidere un semplice messaggio nella lingua dell'invasore: "Ci siamo arresi".
Questo libro propone idee e intuizioni di alcuni protagonisti della cultura del Novecento.
- Norberto Bobbio, grande intellettuale, esponente massimo della scuola «neoilluminista».
- Augusto Del Noce, filosofo d'indirizzo tradizionale, attento alla connessione tra filosofia e politica.
- Giorgio La Pira, membro dell'Assemblea Costituente, sindaco di Firenze, uomo senza frontiere.
- Giuseppe Lazzati, rettore dell'Università Cattolica, membro dell'Assemblea Costituente, fondatore di un istituto secolare.
- Jacques Maritain: il tomismo e la filosofia dell'essere del ventesimo secolo; uno dei massimi pensatori della modernità.
- Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare Italiano e animatore della presenza politica dei cattolici
in Italia.
Vittorio Possenti, ordinario di Filosofia politica presso l'Università di Venezia, è autore di oltre venti volumi, alcuni dei quali tradotti in varie lingue. Fra i suoi scritti: Filosofia e società, Massimo 1983; Le società liberali al bivio, Marietti 1992; Approssimazioni all'essere, Il Poligrafo 1995; Cattolicesimo e modernità, Ares 1996; Filosofia e Rivelazione, Città Nuova 20002; Religione e vita civile, Armando 2002 (Premio Capri San Michele 2002); L'azione umana, Città Nuova 2003; Nichilismo e metafisica. Terza navigazione, Armando 20042; Radici dell'ordine civile, Marietti 2006; Il principio-persona, Armando 2006. È membro del Comitato Nazionale di Bioetica e della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.
L'Autore propone un sussidio utilissimo per chi intenda accostarsi, da credente, alle grandi questioni della vita politica.
Da scuole, associazioni e movimenti perviene - sempre più spesso - la richiesta di materiali e di suggerimenti metodologici per impostare in maniera critica e organica l'educazione antimafia e, più ampiamente, ad una cittadinanza attiva. Questo volume (che costituisce l'edizione rivista e aggiornata di un fortunato "Quaderno" edito nel 1994 dal Centro siciliano di documentazione "G. Impastato" di Palermo) si propone come risposta a tale richiesta. Saggi e interventi di Umberto Santino, Amelia Crisantino, Giovanni La Fiura e Augusto Cavadi sono raccolti e presentati in cinque sezioni: materiali di studio, contributi pedagogici, esperienze realizzate, testi legislativi in vigore, strumenti bibliografici per l'approfondimento.
Quasi 600 morti e 5000 feriti. E in più il calvario dei loro familiari. È il costo umano di una guerra dichiarata non solo contro lo Stato. Questo libro dà voce a chi non l'ha mai avuta. Anzi, a coloro cui è stata, in mille modi, negata. Solo i carnefici sono stati chiamati a testimoniare su quei terribili anni. L'Italia, allora, rischia di essere l'unico paese al mondo dove paradossalmente la storia la si lascia scrivere dagli sconfitti, dagli ex terroristi. Avvicinando le vittime (scampati o sopravvissuti a stragi e ad attentati) e i loro familiari, mostrando loro interesse e facendoli parlare, si ascoltano racconti di delusioni, di solitudine e di disinteresse da parte delle istituzioni.