La qualità della vita democratica scaturisce innanzitutto dalla capacità di porre e di porsi buone domande, dalla capacità di dubitare. E questo vale tanto per chi il potere ce l'ha quanto, forse soprattutto, per chi apparentemente non ce l'ha. Cioè noi. Perché i cittadini hanno un potere nascosto, che li distingue dai sudditi e che deriva proprio dall'esercizio della critica e dunque della sorveglianza. In queste pagine Gianrico Carofiglio, con la sua scrittura affilata e la sua arte di narratore, ci accompagna in un viaggio nel tempo e nello spazio e costruisce un sommario di regole - o meglio suggerimenti - per una nuova pratica della convivenza civile. Una pratica che nasce dall'accettazione attiva dell'incertezza e della complessità del mondo ed elabora gli strumenti di un agire collettivo laico, tollerante ed efficace. Partendo dagli insegnamenti dei maestri del lontano Oriente e passando per i moderni pensatori della politica, scopriamo un nuovo senso per parole antiche e fondamentali, prima fra tutte la parola gentilezza. Non c'entra nulla con le buone maniere, né con l'essere miti, ma disegna un nuovo modello di uomo civile, che accetta il conflitto e lo pratica secondo regole, in una dimensione audace e non distruttiva. Per questo la gentilezza, insieme al coraggio, diventa una dote dell'intelligenza, una virtù necessaria a trasformare il mondo. E contrastare tutte le forme di esercizio opaco del potere diventa un'attività sovversiva, che dovrà definire l'oggetto della nostra azione, della nostra ribellione.
Ne "La crisi sociale del nostro tempo" (1942), accanto al nesso tra basi morali e società libera, Wilhelm Röpke evidenzia l'importanza delle istituzioni politiche e il ruolo rilevante dello Stato, all'interno di un'articolazione politica fortemente decentrata e in un contesto europeo di tipo federalista. L'Autore, alla ricerca di un assetto istituzionale di tipo plurarchico, delinea i contorni di «uno Stato che sa tracciare esattamente il limite tra l'agendum e il non agendum», tra ciò che è conforme alla libertà degli individui e ciò che non lo è. Un arbitro robusto, il cui compito non è né di prender parte al gioco né di prescrivere ai giocatori tutte le mosse, ma di garantire, con assoluta imparzialità e incorruttibilità, la più stretta osservanza delle regole del gioco e della correttezza. Un ruolo per lo Stato che sia forte ma non affaccendato.
La Costituzione italiana è la più longeva della sua "generazione" in Europa. Come la Carta del 1948 entri nel vivo della storia italiana (ed europea), al di là delle retoriche, è la questione al centro di questa ricerca. Che propone un punto di vista inedito, lo studio critico delle sette ricorrenze decennali, ad opera rispettivamente di Giuseppe Parlato, Ester Capuzzo, Francesco Soddu, Mauro Moretti, Paolo Soddu, Daniela Novarese, Giovanni Orsina. Gli anniversari e l'impatto delle celebrazioni nella fibrillante storia politica, sociale e istituzionale disegnano un percorso originale e suggestivo tra priorità, cortocircuiti, e attori - prima di tutto i partiti - posizionati in una scala multilivello. I percorsi dell'attuazione e della riforma si rincorrono e si intrecciano, in una storia molto articolata e non priva di contraddizioni, che implica in ogni caso un quadro segnato da un lato dai molteplici "vincoli" esterni di una Italia europea, dall'altro dal tema sempre vivo dell'articolazione interna di una Italia plurale. Anche attraverso la periodizzante cesura dei primi anni Novanta. La Costituzione, si conferma così, in una storia accidentata, ma lineare, ricostruita nei diversi contributi con sensibilità e tagli differenti, elemento conformativo, propulsivo e dialettico.
Che cosa intendiamo con la parola politica? Perché certe istituzioni o certe modalità di azione vengono definite politiche? Quali tratti le caratterizzano, distinguendole da altri tipi di azioni o istituzioni sociali? Questo volume intende proporsi come un'introduzione complessiva alla filosofia politica, con particolare attenzione ai problemi del tempo presente. La prima parte presenta al lettore i grandi temi che stanno alla base della riflessione sulla politica: da un lato il rapporto tra politica ed etica, dall'altro la centralità, sottolineata dai teorici del realismo politico, della lotta per il potere, del conflitto e della violenza. La seconda parte delinea le coordinate fondamentali delle grandi teorie politiche, liberalismo, socialismo e democrazia, e le loro molteplici intersezioni e declinazioni, che hanno concorso a formare gli assetti dei moderni Stati costituzionali, con le loro grandi acquisizioni ma anche con i loro limiti. La terza parte si confronta con le questioni, sempre più pressanti nella politica contemporanea, che valicano i confini degli Stati: dal mutamento climatico ai rischi planetari, dalle politiche migratorie alla difesa dei diritti umani, dalla giustizia economica globale alla prospettiva di un nuovo cosmopolitismo. Sono queste le nuove poste in gioco e le inedite frontiere con le quali la filosofia politica si deve oggi misurare.
Piersanti Mattarella (1935-1980) fu una personalità esemplare, nella quale si integravano la dirittura morale, la vocazione al bene comune ancorata all'ispirazione cristiana, la competenza, una visione innovativa del ruolo dell'uomo politico, dei profili legislativi e amministrativi, delle formule di coalizione tra i partiti. Nel troppo breve periodo in cui fu alla guida della Regione Siciliana, accreditandosi al contempo come leader di livello nazionale, egli riuscì a incidere con forza su alcuni centri di interesse economico e sui loro intrecci con i poteri criminali mafiosi. A quarant'anni dalla sua vile uccisione questa luminosa figura viene qui analizzata da nuove e molteplici angolature.
In ogni periodo di crisi le disuguaglianze rischiano di allargarsi e i diritti di essere rispettati sempre meno. Da dove può ripartire oggi l'Italia? Nel disastro economico e sociale in cui siamo precipitati all'improvviso, abbiamo un enorme bisogno di idee. Prima di diventare un modello per ridare vita a una comunità, Riace era un'idea. O meglio, un'idea di futuro che a Mimmo Lucano venne in mente per la prima volta guardando il mare. A Riace, alla fine degli anni novanta, non esistevano quasi più né l'agricoltura, né l'allevamento. L'unica possibilità per i pochi abitanti rimasti era fuggire. Poi il sistema di accoglienza diffuso creato da Lucano ha cambiato tutto. Le case del centro, da tempo abbandonate, si sono ripopolate. Centinaia di rifugiati hanno potuto ricostruire le loro famiglie e hanno rimesso in moto l'economia del paese. Ma Lucano, si sa, è un fuorilegge. Il 2 ottobre 2018, mentre il ministero dell'Interno era sotto la responsabilità di Matteo Salvini, è stato arrestato con l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. I progetti di accoglienza sono stati chiusi e il paese di nuovo spopolato. Lucano non ha mai smesso di credere nella sua idea: ogni comunità deve fondarsi sul rispetto della dignità umana. La storia di Mimmo Lucano è la storia dell'Italia, perché il suo coraggio ha saputo indicare il confine oltre il quale una democrazia tradisce i propri valori fondamentali. Un racconto personale ed eroico di piccoli gesti che diventano grandissimi. Una testimonianza diretta e profonda che ci invita ad aprire gli occhi su chi siamo e su chi vogliamo essere.
Giulio Andreotti è stato presidente del Consiglio negli anni della solidarietà nazionale, della crisi economica e del terrorismo, culminati nel rapimento e nell'uccisione di Aldo Moro. Nel decennio seguente la sua attività politica assume una decisa connotazione internazionale, con la nomina a presidente della commissione Esteri della Camera e poi, con il primo governo Craxi, a ministro degli Esteri. Questi suoi diari inediti - che cominciano il 6 agosto 1979 e finiscono il 22 luglio 1989, quando l'autore assume la guida del suo sesto governo - diventano così la storia dall'interno non solo del nostro Paese in un periodo cruciale, ma anche degli Stati Uniti da Carter a Reagan, dell'URSS da Breznev a Gorbaciov, della rivoluzione iraniana, dell'eterno conflitto in Medio Oriente, della tormentata costruzione di un'unità europea. Allo stesso tempo, raccontano la vita quotidiana dell'uomo che per oltre mezzo secolo ha dominato la vita politica italiana. «Crediamo» scrivono i curatori Serena e Stefano Andreotti «che la lettura possa aiutare a comprendere meglio la figura di nostro padre, depurandola da alcuni luoghi comuni». Grazie al paziente lavoro dei figli - che hanno attinto anche ad altri documenti autografi - le personalità e gli eventi di un decennio prendono vita attraverso notazioni personali, giudizi pungenti, memorabili battute di spirito. Come nota Andrea Riccardi nella sua introduzione, questi diari rivelano il «segreto» dell'azione politica di Andreotti: «un'immensa tessitura di relazioni nella politica italiana, nella Chiesa e sullo scenario internazionale... Per questo il diario è un contributo originale alla storia e un testo appassionante che mostra da vicino la vita e l'impegno di un protagonista di quegli anni».
Analizzando i fenomeni culturali, politici, economici e pop più significativi dei nostri tempi - dalle comunità dei super-utenti di Lego alla nuova Chiesa di papa Francesco - "New Power" ci mostra come il potere, negli ultimi anni, sia radicalmente cambiato. E come, in un presente in continua evoluzione, riuscire a interpretarlo. Offrendoci, inoltre, una serie di consigli pratici per comprendere al meglio il nostro ruolo in questo scenario e provare ad avere successo nel liquido amniotico in cui galleggiamo.
La matematica rivista come prassi politica, e non solo come teoria, è un formidabile esercizio di democrazia: come la democrazia si fonda su un sistema di regole, crea comunità e lavora sulle relazioni. Come la democrazia, la matematica amplia ma non nega. Studiando matematica si capiscono molte cose sulla verità. Per esempio che le verità sono partecipate e pertanto i principî di autorità non esistono; che le verità sono tutte assolute ma tutte transitorie perché dipendono dall'insieme di definizione e dalle condizioni al contorno. Svolgere un problema matematico è un esercizio di democrazia perché chi non accetta l'errore e non si esercita nell'intenzione di capire il mondo non riesce né a cambiarlo né a governarlo. Chiara Valerio tesse in un pamphlet polemico un parallelo tra matematica e democrazia, due aree che non subiscono la dittatura dell'urgenza.
Lo Stato è tornato e in maniera prepotente. L'emergenza coronavirus - che ha rimesso al centro del dibattito politico l'opportunità di massicci interventi pubblici a sostegno di un'economia in declino - ha soltanto accelerato una tendenza già in atto. Eppure il capitalismo e la democrazia liberale sembravano essersi imposti come ultimo orizzonte possibile. La loro progressiva diffusione - alimentata dall'apertura dei mercati su scala globale e dall'unificazione europea - ha promosso benessere e prosperità ovunque. Ma ha anche costretto i sistemi economici ad adattarsi a profonde e radicali trasformazioni. Le cose sono cambiate a partire dalla crisi finanziaria del 2007-2008. Da allora, una larga parte dell'opinione pubblica, impoverita e spaventata dal futuro, ha cominciato a invocare chiusura e protezione. I movimenti populisti e sovranisti hanno subito intercettato questo malessere, facendosene portavoce. È una galassia ideologica molto eterogenea, ma a ben guardare i proclami dei loro leader sono sempre gli stessi: più Stato, meno Europa, avversione al commercio internazionale, protezione dei campioni nazionali costi quel che costi, allergia alla concorrenza. Saravalle e Stagnaro forniscono un'ampia ricognizione delle diverse politiche economiche sovraniste, raggruppandole sotto una serie di -ismi - statalismo, nazionalismo, dirigismo, protezionismo, unilateralismo, antiglobalismo - e ci ricordano che non sono affatto parole nuove. Si tratta, in realtà, di ricette vecchie e fallimentari, già sperimentate negli ultimi decenni, che hanno dimostrato di avere un solo tratto in comune: producono sempre risultati opposti a quelli desiderati. Contro il sovranismo economico ci offre non solo un'analisi accurata della crisi economica e valoriale che stiamo attraversando, ma anche una serie di risposte concrete per uscirne, questa volta davvero, migliori di prima.
Una piazza vuota. Un funerale senza corpo. Prendendo le mosse da piazza San Giovanni e dai funerali di Aldo Moro, Damilano ricostruisce gli ultimi decenni di vita del nostro Paese. Quel funerale segna infatti uno spartiacque che chiude gli anni delle piazze, della contestazione studentesca, delle mobilitazioni delle donne, delle lotte operaie e apre una nuova era. Appare Berlusconi, nasce Canale 5, perde sostanza l'impegno nella dimensione pubblica, ci si rifugia nel privato. Il Palazzo, che fino a quel 1978 era rappresentativo del Paese, non è più antenna sensibile degli umori del popolo. Arrivano il 1993 e Mani Pulite, e la Piazza diventa televisiva, tra Michele Santoro e Gianfranco Funari. La rappresentazione prende il posto della rappresentanza. E poi: Genova 2001, la manifestazione CGIL del marzo 2002, l'intervento americano in Iraq, i girotondi per la pace, la rottamazione di Renzi, il primo "Vaffa Day" di Beppe Grillo, la nascita del Movimento 5 Stelle. Fino ai giorni nostri, senza più né Piazza né Palazzo. Solo navi, con i loro corpi che si vorrebbero dimenticare. Un vuoto che ha anticipato i mesi di isolamento del Covid.
I leader populisti non usano parole a caso, sanno quali reazioni provocheranno nel nostro cervello. In questo libro il linguista e scienziato cognitivo George Lakoff chiarisce i meccanismi attraverso cui il linguaggio politico influenza le nostre scelte. La mente, spiega l'autore, funziona metaforicamente. Ogni parola rimanda a una cornice (o frame) che rappresenta un'idea di mondo. È sorprendente scoprire quanto sia autoassolutoria l'espressione "cambiamento climatico" rispetto a "riscaldamento globale"; come "sgravio fiscale" veicoli l'idea che le tasse siano un inutile fardello; o le metafore "ondata" e "invasione", associate ai migranti, contribuiscano a rovesciare i termini del problema. La vera sfida è nelle parole. Se si vuole imporre una visione diversa da quella intollerante e populista, bisogna smarcarsi da quel lessico e definire nuovi quadri di riferimento ideali. Significa questo "Non pensare all'elefante!": non usare le stesse parole dell'avversario, o si finirà per veicolare le stesse idee. Prefazione di Gianrico Carofiglio.