“Costruisciti un Paradiso tuo altrove!”. Questo il consiglio con cui nel 1513 san Pietro avrebbe accolto alle porte del Paradiso papa Giulio II, appena defunto, stando almeno a quanto racconta un libello satirico dell’epoca. Al di là del sarcasmo sulla dispotica natura e sui progetti megalomani del pontefice, il riferimento al Paradiso coglie di fatto un aspetto centrale dell’intenzione perseguita da Giulio II nel commissionare a Michelangelo gli affreschi sulla volta della Cappella Sistina. Questo libro ricostruisce le diverse fasi decorative dell’edificio, dal 1481 al 1541, evidenziando le peculiarità di ciascuna nel dare forma a un’idea: quella di rappresentare la “prima cappella del mondo” come anticamera del Paradiso; suoi guardiani, san Pietro e i pontefici a lui succeduti. Ne emerge con particolare risalto l’importanza decisiva che ebbe la prima fase di edificazione e decorazione della Cappella, fra il 1481 e il 1483, con l’apporto determinante di Perugino, Botticelli, Ghirlandaio, Rosselli, Signorelli e Piermatteo d’Amelia, di cui si propone una nuova cronologia. I contributi più tardi di Michelangelo e Raffaello, infatti, si possono comprendere appieno solo mediante il confronto con gli affreschi già eseguiti nella Cappella dagli artisti che li avevano preceduti. Anche la straordinaria realizzazione del Giudizio Universale appare allora l’esito naturale delle idee e degli intenti che ispirarono la creazione di questa anticamera del Paradiso.
Il Catalogo narra la storia di uno dei luoghi più leggendari e simbolici di Roma, il Capitolium, acropoli e roccaforte della città antica, abitato già prima della sua nascita e dove sorse il più importante dei suoi santuari, dedicato a Giove, Giunone e Minerva. Partendo dalla visione mitica e romantica che i diversi viaggiatori e artisti in visita a Roma, ebbero dell’Urbe sin dalla fine del XVI secolo, si esamina il percorso storico-urbanistico del Campidoglio attraverso rari documenti d’archivio, dipinti, sculture, plastici e opere conservate essenzialmente presso le collezioni capitoline. Pur segnato da un periodo di totale abbandono, iniziato con la caduta dell’impero romano e che lo rese selvaggio e inospitale, nonché funesto e tetro per via delle esecuzioni capitali che vi si volsero durante il Medioevo, il Sacro Colle risorse con l’arrivo della nobile famiglia dei Caffarelli alla metà del XVI secolo. Viene in seguito approfondito il periodo in cui i Prussiani si stabilirono in Campidoglio ampliando le loro proprietà con nuovi edifici e successivamente si illustrano i cambiamenti che furono messi in atto dopo la proclamazione di Roma Capitale d’Italia nel 1870. Liberato il colle dalla presenza teutonica con la fine della I Guerra Mondiale, ebbe inizio un fervido periodo di studi e indagini archeologiche volte alla riscoperta del Tempio di Giove e delle fasi più antiche della città, accompagnato da demolizioni e distruzioni che dovevano riportare alla luce il virgiliano immobile saxum, la Rupe Tarpea, simbolo sacro dell’origine stessa di Roma. L’ultima parte del catalogo è infatti dedicata a una storia dei più recenti scavi che si sono eseguiti in Campidoglio, con particolare riferimento agli importanti ritrovamenti emersi sull’area del Belvedere Tarpeo e che hanno restituito oltre a strutture della prima età imperiale, un cospicuo numero di terrecotte architettoniche dipinte e di scultura fittile riconducibile alla decorazione della fase originaria di fine VI secolo a.C. del Tempio di Giove.
Lo Stato Islamico, il cosiddetto ISIS, gioca un ruolo di primo piano nel Mediterraneo ormai da diversi anni. Nonostante le svariate sconfitte che ne hanno notevolmente ridotto il territorio (ultima quella di Raqqa, in Siria), la sua pericolosità non è diminuita, anzi. I miliziani noti come foreign fighters, dotati di documenti europei, sono mine vaganti nel cuore dell'Europa. Ma che cosa determina l'efficacia della strategia dell'ISIS? Qual è lo scopo politico dietro gli attentati e i fatti di sangue più oscuri dell'ultimo decennio?
Un memoir ardente e vivissimo, scritto di getto poco prima dell'esecuzione da una ragazza condannata a morte dai bolscevichi nel giugno del 1931. Evgenija Markon, figlia della borghesia intellettuale ebraica di Pietrogrado, moglie del poeta Aleksandr Jaroslavskij, anarchica, ladra, deportata in un gulag sulle isole Solovki, si racconta in queste pagine intense. «Una studentessa piena di sogni», così si definisce Evgenija, che disgustata molto presto dalla dittatura dei bolscevichi, decide che il mondo dei teppisti costituisce l'unica classe veramente rivoluzionaria. Decide dunque di vivere per strada e diventare ladra, sia per convinzione politica, sia per amore del rischio. Lontano dalle immagini eroiche della «costruzione del socialismo», in questo libro emergono la Mosca e la Leningrado degli emarginati, bambini di strada, ubriaconi, prostitute, vagabondi, raccontati in una lingua immediata.
Nostradamus ha davvero previsto con secoli di anticipo le due guerre mondiali, l’assassinio di Kennedy, la Guerra Fredda, l’attacco alle Torri Gemelle? In L’officina di Nostradamus, Paolo Cortesi ricostruisce il mondo intellettuale e l’ambiente culturale in cui il celebre astrologo francese – alle prese con clienti entusiasti e caustici colleghi – visse e operò. Attraverso un’attenta analisi delle fonti testuali, le Profezie vengono così ricondotte alla loro dimensione storica e ne viene restituito il messaggio originario, che appare in piena sintonia con il XVI secolo piuttosto che con il futuro.
Una nuova storia dell’Inquisizione in Italia dall'istituzione del Sant'Uffizio nel 1542 per opera di papa Paolo III alla fine del XVIII secolo. Le procedure, le vittime, i processi più significativi, il fenomeno della censura e il confronto con l’Inquisizione spagnola vengono ripercorsi in questo libro – che non ha mancato di suscitare accesi dibattiti in Italia e all'estero – con particolare attenzione all'ingombrante sistema di comando. Partendo da alcuni casi emblematici, Christopher Black racconta in modo vivace e coinvolgente quale sia stato il ruolo che questa famosa – per alcuni famigerata – istituzione ha svolto nella vita religiosa e sociale italiana, sfatando alcuni pregiudizi legati alla “leggenda nera” che ancora circonfonde l’immagine vulgata dell’Inquisizione.
Parigi, 1938, Vittorio Pozzo, commissario tecnico della Nazionale, festeggia la Coppa del mondo vinta dall'Italia per la seconda volta consecutiva. «Nulla al mondo di più bello», afferma commosso. È l'apogeo del calcio italiano con i suoi campioni e le loro storie fantastiche: Meazza, il fuoriclasse nato poverissimo e diventato grazie al calcio l'uomo più popolare della sua Milano; il cannoniere Silvio Piola, sottratto in nome della ragion di Stato alla Pro Vercelli e consegnato alla Lazio; il 'Fornaretto' Amedeo Amadei e gli altri alfieri giallorossi che riusciranno infine a portare lo scudetto sulle sponde del Tevere; e ancora, il bolognese Biavati, imprendibile inventore del 'doppio passo', e lo scatenato triestino Colaussi. Mentre l'Italia tutta festeggia, ha inizio l'odiosa discriminazione razziale e i venti di guerra travolgono il pallone. La fortissima Austria viene 'annessa' alla Germania, in Francia i nazionalisti storcono il naso di fronte alla presenza dei primi giocatori arabi e neri fra i ranghi della Nazionale, in Russia le purghe decimano intere squadre, gli esuli baschi e catalani in fuga dalla Spagna di Franco si rifugiano a giocare in Messico. Quando la parola spetterà agli eserciti, i calciatori italiani saranno chiamati a mandare avanti sino all'ultimo momento possibile il torneo di Serie A, la 'distrazione di massa' che più di ogni altra dovrebbe garantire una parvenza di normalità al Paese prossimo a trasformarsi in campo di battaglia. Con la pace, ecco Valentino Mazzola chiamare il Toro alla carica rimboccandosi le maniche della casacca; l'epopea granata restituirà orgoglio e fiducia a un'Italia battuta, umiliata e smaniosa di riscatto sotto le nuove insegne repubblicane. I campioni del pallone sono gli spiriti benevoli che presiedono al 'meraviglioso giuoco', gli uomini che hanno regalato emozioni ai padri dei nostri padri e, così facendo, hanno accompagnato e reso unica la storia del nostro Paese.
“La guerra è una cosa troppo seria per farla fare ai militari”. Per non farla fare solo ai militari i politici dell’Italia unita ci hanno messo di loro, riuscendo a realizzare un perverso mix che ha portato a una lunga teoria di eclatanti sconfitte. A Custoza si perde una battaglia già vinta perché La Marmora e Cialdini conducono una guerra privata. A Lissa l’inesperto ammiraglio Persano e i suoi vice neppure si parlano, e i sogni di gloria vanno a picco assieme alle navi e ai marinai. A Caporetto Badoglio, pur sapendo che gli austro-tedeschi stanno per attaccare, se ne va a dormire. L’attacco alla Grecia soddisfa solo le manie di grandezza di Ciano e Mussolini e si incanala subito verso un clamoroso disastro che fa sogghignare mezza Europa. Una tragedia che è la prova generale della campagna di Russia… Ma le sconfitte non hanno pesato solo sul piano militare. Spesso sono state l’occasione per scatenare psicodrammi assurdi o ancora più ridicole cacce a capri espiatori di comodo, rivelando tutta la fragilità della nostra identità nazionale, come accaduto con il disastro di Adua e la caduta di Crispi. In altri casi hanno prodotto una presa di coscienza e uno scatto di orgoglio che ha mutato, in meglio, la storia successiva. Cinque battaglie, cinque sconfitte che hanno contribuito a ‘formare’ l’Italia.
Che cosa rivela l'inarrestabile diffusione della retorica identitaria? Il fatto che nella nostra epoca, mentre le merci e gli oggetti si mondializzano, gli esseri umani si tribalizzano. Fabbricare le identità serve soprattutto a questo, ad alzare una barriera di tradizioni e religioni che protegga 'noi' dagli 'altri', ignorando la dimensione del mutamento da cui nessuna storia è immune. Come tutto ciò che serve a distinguere e a prendere coscienza di una separazione, la parola 'identità' contiene un potenziale violento pronto a giustificare aggressioni e guerre.
Farsalo, 9 agosto 48 a.C.: da una parte l'esercito dei populares di Cesare, dall'altra quello degli optimates di Pompeo. Le sorti di Roma si decidono in battaglia. Ma cosa aveva portato i due triumviri allo scontro frontale? Quali strade si dividono in Tessaglia? Pompeo uscirà sconfitto dalla lotta per il potere innescata dalla crisi delle istituzioni repubblicane, mentre la vittoria di Cesare aprirà un nuovo capitolo nella sanguinosa rivoluzione romana, che porterà alla definizione dell'impero sotto il segno del Principato. Ma la guerra civile avrebbe potuto prendere una piega diversa: il disegno del Nuovo Alessandro, l'uomo che aveva liberato il Mediterraneo dai pirati, contrastava quello del console che aveva conquistato la Gallia. Non si trattava soltanto di due caratteri diversi, ma di due opposte visioni di Roma e di quello che sarebbe diventato l'impero dei cesari. A Farsalo non si compie solo il destino di due condottieri, ma quello della città più potente al mondo.
Le guerre di religione del XVI e XVII secolo tra cattolici e protestanti sono, ancora oggi, un argomento imbarazzante per i cristiani di ogni confessione. Un tabù che non si può nemmeno sfiorare, senza che i toni si alzino con reciproche e rinnovate scomuniche. Inoltre, questa storia sanguinosa viene spesso adoperata dall'ideologia laicista per attaccare un cristianesimo che, a fronte di simili orrori, non riesce a costruire un'apologetica realmente efficace e obbiettiva.
Une storia delle guerre di religione sarebbe, tuttavia, incompleta senza uno sguardo alle guerre contro la religione: una serie di atrocità, dalla Rivoluzione francese ai totalitarismi, per le quali ben poche volte si è assistito a un mea culpa laico.
Alberto Leoni riprende la cruenta materia della storia militare in un viaggio che parte dalla crociata contro i catari e arriva fino alla guerra civile irlandese degli anni Settanta, passando per la notte di San Bartolomeo, la guerra dei Trent'Anni, il Terrore giacobino, il Risorgimento italiano, la rivoluzione dei cristeros in Messico. Il tutto approfondendo motivazioni e istanze degli uomini di allora, per capire meglio loro e noi stessi.
David Ben Gurion ripercorre in questo libro, pubblicato nel 1963 dopo le dimissioni da primo ministro, il cammino che, dalle audaci iniziative dei giovani pionieri nella Palestina di inizi Novecento, porto alla fondazione e ai primi travagliati anni di vita del nuovo Stato. Attivista, statista, leader militare, tutti gli aspetti dell'instancabile attività del "padre della patria" emergono in un racconto che e anche il bilancio di una vita dedicata alla causa sionista. Continui richiami biblici inquadrano le vicende contemporanee nella millenaria storia del popolo ebraico. Un acuto e imprescindibile punto di vista del protagonista di quegli anni cruciali sulla sfida che, allora come oggi, caratterizza la storia d'Israele.