L’idea di procedere all’edizione di un nuovo catalogo scientifico delle sculture dei Musei Capitolini è nata nel contesto dei profondi cambiamenti che hanno interessato il Campidoglio negli anni a cavallo del Giubileo del 2000 e ha risposto all’esigenza di dare avvio a un necessario e sistematico aggiornamento dei due volumi curati da Henry Stuart Jones e dedicati al Museo Capitolino del Palazzo Nuovo (1912) e al Palazzo dei Conservatori (1926). Il nuovo catalogo, edito in più volumi a cura di Eugenio La Rocca e Claudio Parisi Presicce, si ispira all’edizione novecentesca nella ripresa dello schema della descrizione secondo l’odierna collocazione delle sculture e parte dalla trattazione degli allestimenti del Palazzo Nuovo in Campidoglio. Il primo volume della serie, pubblicato nel 2010, è stato dedicato alle statue del piano terra, dello scalone e della Sala del Galata. Il secondo raccoglie le opere conservate nella Sala del Fauno e nel Salone, tra cui si segnalano alcune delle sculture più celebri delle collezioni capitoline, quali il Fauno in rosso antico, i due Centauri Furietti e l’Amazzone ferita opera di Sosikles. Approfondite schede scientifiche, destinate a diventare punti di riferimento indispensabili per le future ricerche sulle sculture capitoline, sono accompagnate da un ricco apparato di eleganti fotografie in bianco e nero. Ciascuna sezione del catalogo, inoltre, è aperta da inedite foto di sala capaci di restituire a pieno il fascino degli allestimenti storici del Museo.
Nei racconti del Vangelo, Matteo è un “pubblicano”, uno che riscuote le tasse per conto dei romani, un infame che collabora con l’oppressore. Eppure Gesù lo vede, lo chiama. E lui lascia tutto e lo segue. Sarà apostolo ed evangelista. Sedici secoli dopo, a Roma, chiedono a un pittore nemmeno trentenne, noto come il Caravaggio, di dipingere quella chiamata per la chiesa di S. Luigi dei Francesi. La committenza è esigente. Vuole fedeltà al testo evangelico, ma anche capacità di renderlo attuale, come il Concilio di Trento ha prescritto agli artisti. La risposta del Caravaggio è geniale. Fa irrompere il Cristo in un vicolo della Roma del 1600, nella stamberga di un usuraio. E lì, tra quegli uomini, giovani e maturi, affaccendati attorno a un tavolo su cui si contano monete, chi è il Matteo che Gesù chiama? È l’uomo d’età, ben vestito, che sta al centro e si volta con sguardo incuriosito e turbato? O è invece il giovane a capo del tavolo, incurvato sui soldi, il più lontano di tutti, ma sulle cui spalle si posa la luce calda e accogliente della Grazia? La scelta del Caravaggio fu netta, rivoluzionaria. E decretò l'immediato e travolgente successo del suo dipinto, tra i cuori semplici del popolo, ma ancora più tra i dotti. Il “vero” Matteo è colto nell’attimo del dramma interiore, della scelta tra le due vie del male e del bene, della soglia decisiva su cui anche lo spettatore riluttante è trascinato invincibilmente, alla vista di questo capolavoro della pittura di ogni tempo, ancora oggi straordinariamente attuale. Le collezioni di opere d’arte che hanno mantenuto la loro integrità grazie a tale istituto, oltre ad aver perpetuato fino a noi il nome e le ambizioni delle famiglie a cui sono legate, ci hanno soprattutto consegnato – salvandole da perdite e dispersioni – le loro opere che non sono più soltanto proprietà di una sola famiglia, ma fanno parte di un patrimonio ormai condiviso da tutti e sul quale pesa l’onere e l’impegno della sua corretta tutela per il futuro.
Nel 1798 il cardinale Francisco Antonio de Lorenzana acquistò a Roma diversi codici liturgici provenienti dalla Sacrestia della Cappella Sistina e li inviò in Spagna per salvaguardarli dalla “maxima in Urbis direptione”. Il ritrovamento a Toledo di questi splendidi codici miniati, ancora integri e perfettamente conservati, ha permesso di ricostruire e presentare, almeno in parte, quello che un tempo costituiva uno dei nuclei di manoscritti liturgici tra i più importanti e preziosi del patrimonio librario pontificio. Il volume magnificamente illustrato è ideato come catalogo sistematico di tutti i codici sistini recuperati dal cardinale Lorenzana e attualmente conservati nella Cattedrale e nella Biblioteca de Castilla-La Mancha di Toledo e nella Biblioteca Nacional de España di Madrid. Il catalogo comprende codici dall’XI al XVIII secolo, destinati ad essere utilizzati dal papa, dai cardinali e dai vescovi durante le celebrazioni liturgiche nella Cappella Sistina e nella Basilica vaticana. La ricchezza delle decorazioni miniate e il pregio delle legature, nelle quali compaiono gli stemmi dei proprietari dei codici, confermano il prestigio dei loro antichi possessori, tra i quali emergono il cardinale Pietro Barbo e poi pontefice Paolo II, il cardinale Jean Balue, il cardinale Girolamo Basso Della Rovere, il cardinale Francesco Borgia, il cardinale Antoniotto Pallavicini, Giulio II, Clemente VII, Pio v, Urbano VIII e Alessandro VII. I saggi introduttivi affrontano le problematiche riguardanti il fondo della Sacrestia Sistina, le vicende della sua dispersione e del recupero da parte del prelato spagnolo, mentre altri sono dedicati all’esame della situazione della miniatura a Roma nel Cinquecento e nel Seicento con una particolare attenzione al periodo del pontificato di Urbano VIII Barberini (1623-1644). Attraverso la ricostruzione della figura e della personalità artistica di alcuni dei miniatori coinvolti nella realizzazione dei codici di Urbano VIII, il lettore inoltre sarà immerso nella fitta rete di relazioni tra la raffinata corte pontificia e l’ambiente artistico e antiquario del tempo, in cui videro la luce il Museo Cartaceo di Cassiano dal Pozzo e la Roma sotterranea di Antonio Bosio. Il libro include anche una serie di apparati documentari e la ricostruzione delle localizzazioni attuali dei codici, fogli staccati e frammenti di miniature, provenienti dal fondo di sacrestia e finora rintracciati sulla base degli inventari di Sacrestia del 1547 e 1714 e del catalogo di vendita della collezione di miniature dell’abate Luigi Celotti (Christie’s, Londra, 26 maggio 1825).
“Costruisciti un Paradiso tuo altrove!”. Questo il consiglio con cui nel 1513 san Pietro avrebbe accolto alle porte del Paradiso papa Giulio II, appena defunto, stando almeno a quanto racconta un libello satirico dell’epoca. Al di là del sarcasmo sulla dispotica natura e sui progetti megalomani del pontefice, il riferimento al Paradiso coglie di fatto un aspetto centrale dell’intenzione perseguita da Giulio II nel commissionare a Michelangelo gli affreschi sulla volta della Cappella Sistina. Questo libro ricostruisce le diverse fasi decorative dell’edificio, dal 1481 al 1541, evidenziando le peculiarità di ciascuna nel dare forma a un’idea: quella di rappresentare la “prima cappella del mondo” come anticamera del Paradiso; suoi guardiani, san Pietro e i pontefici a lui succeduti. Ne emerge con particolare risalto l’importanza decisiva che ebbe la prima fase di edificazione e decorazione della Cappella, fra il 1481 e il 1483, con l’apporto determinante di Perugino, Botticelli, Ghirlandaio, Rosselli, Signorelli e Piermatteo d’Amelia, di cui si propone una nuova cronologia. I contributi più tardi di Michelangelo e Raffaello, infatti, si possono comprendere appieno solo mediante il confronto con gli affreschi già eseguiti nella Cappella dagli artisti che li avevano preceduti. Anche la straordinaria realizzazione del Giudizio Universale appare allora l’esito naturale delle idee e degli intenti che ispirarono la creazione di questa anticamera del Paradiso.
Diega Giunta, già Presidente (2008-2014), collabora con il Centro di Studi Cateriniani dall’avvio (1977) della ricerca iconografica, il cui primo esito è il volume L. Bianchi – D. Giunta, Iconografia di Santa Caterina da Siena – I – L’Immagine, Roma, 1988. Sta curando il vol. II: Le scene della vita. Ha tenuto corsi di Storia dell’Arte Medievale e Moderna e di Iconografia e Iconologia presso la lumsa di Roma. Alcuni studi: Appunti sull’iconografia delle storie della Vergine nella Cappella degli Scrovegni, (Rivista dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte, 1974-75); I mosaici dell’arco absidale della basilica dei SS. Nereo e Achilleo e l’eresia adozionista del sec. VIII, in Roma e l’età carolingia, 1976; La presenza di S. Caterina da Siena in Roma: cenni storico-iconografici, (L’Urbe, 1979); La questione delle stimmate alle origini dell’iconografia cateriniana e la fortuna del tema nel corso dei secoli, in Con l’occhio e col lume, Siena 1999; Iconografia cateriniana: committenza, aree di diffusione, tipologie, in ‘Virgo digna coelo’, Editrice Vaticana, 2013.
PRESENTAZIONE DELL'OPERA
Il Quaderno del CISC Profilo cateriniano. Dal fondamento all’azione offre, in dodici sezioni tematiche, 108 titoli degli scritti minori di Giuliana Cavallini, editi tra il 1949 e il 2004. L’autrice delinea il profilo umano e spirituale, dottrinale e operativo di Caterina da Siena, centrato sull’insegnamento del Cristo: Tu sei quella che non sei; io, invece, Colui che sono (Vita §92). «Da qui per Caterina» scrive D. Giunta «la comprensione sempre più profonda del rapporto Creatore-creatura, formulato in quel “cognoscimento di Dio in sé e cognoscimento di sé in Dio”, che è intelligenza amorosa della verità di Dio sull’uomo, ossia della verità di quel Dio così divinamente innamorato della creatura pensata che nemmeno l’eventuale sua disobbedienza Lo esime dal darle forma vitale. Per tale fuoco d’amore, “condito” di ineffabile misericordia, Dio Padre... alla creatura ribelle, ricreata a grazia dal sangue redentore del Figlio, ridona “la chiave dell’obbedienza”», da lei gettata «nel fango e schiacciata con il martello della superbia».
STRUTTURA DELL'OPERA
TOMO I – I 41 titoli del tomo I, suddivisi in tre sezioni, offrono al lettore un approccio con la persona di Caterina da Siena quale è e quale si pone con la sua azione e con i suoi scritti (sezione I e II). Elementi che inevitabilmente rimandano all’idea di attualità da riconoscere ad una laica della seconda metà del Trecento, per di più una donna illetterata, che dal secolo scorso può dire la sua anche su “la costruzione della Casa comune europea” (sezione III).
TOMO II – Alla Chiesa, “La dolce sposa di Cristo” (sezione IV), lo Sposo affida il ministero e il mistero della sua presenza eucaristica. Per Caterina, mistica-apostola, l’Eucaristia è mistero da adorare, da contemplare, ma è altresì vitale nutrimento spirituale e principio fecondo di azione. I due titoli della sesta sezione costituiscono un prezioso ausilio per la comprensione di “Maria secondo la prospettiva cateriniana”. Gli studi dell’ultima sezione (VII) delineano specificità e fondamenti della spiritualità cateriniana, che giustificano per la Senese gli appellativi di “madre e maestra di anime”.
TOMO III – La commemorazione dei più recenti riconoscimenti ecclesiali – Dottore della Chiesa e Compatrona d’Europa – aprono il tomo III (sezione VIII), cui segue la riflessione su Caterina in seno alla “Famiglia domenicana”: si spazia da s. Domenico di Guzman (1170-1221) alle concordanze o consonanze di pensiero con s. Tommaso d’Aquino (1225-1274); dai profili della Senese e della mistica domenicana Lucia Broccadelli da Narni (1476-1544) alle convergenze e sintonie con una moderna domenicana, Luigia Tincani (1889-1976). La Cavallini porta alla ribalta anche temi inesplorati – “La natura e l’uomo”, “La poesia delle cose”, “Ecologia cateriniana” – e sottolinea, sia pure con poche voci, l’idea e l’opera di pace tanto perseguita da Caterina Benincasa (sezioni X, XI). Sempre aggiornata circa le pubblicazioni italiane ed estere su Caterina da Siena, la Cavallini non produce tanto in recensioni. Se ne pubblicano poche, espressamente richiestele o da lei volute (“Recensioni e recensori”).
Con questa raccolta di studi, per lo più inediti o, se editi, largamente rielaborati e fondati su nuove ricerche archivistiche e sulla più recente bibliografia, si intende contribuire ad una conoscenza più approfondita della famiglia di Caterina Benincasa e di taluni ambienti nei quali si affermò la sua vocazione e si diffuse il culto per la “beata Caterina”prima della sua canonizzazione, delineando con maggiore precisione alcune figure tra le più rappresentative di “caterinati”, seguaci e discepoli che continuarono a venerarla anche dopo il suo “transito”, o più semplicemente di personaggi, anche meno noti, destinatari delle sue epistole, per poi accennare a personalità che, nel corso dell’ultimo secolo, si sono distinte nel celebrare con opere e iniziative diverse la santità della Vergine senese.
Il Catalogo narra la storia di uno dei luoghi più leggendari e simbolici di Roma, il Capitolium, acropoli e roccaforte della città antica, abitato già prima della sua nascita e dove sorse il più importante dei suoi santuari, dedicato a Giove, Giunone e Minerva. Partendo dalla visione mitica e romantica che i diversi viaggiatori e artisti in visita a Roma, ebbero dell’Urbe sin dalla fine del XVI secolo, si esamina il percorso storico-urbanistico del Campidoglio attraverso rari documenti d’archivio, dipinti, sculture, plastici e opere conservate essenzialmente presso le collezioni capitoline. Pur segnato da un periodo di totale abbandono, iniziato con la caduta dell’impero romano e che lo rese selvaggio e inospitale, nonché funesto e tetro per via delle esecuzioni capitali che vi si volsero durante il Medioevo, il Sacro Colle risorse con l’arrivo della nobile famiglia dei Caffarelli alla metà del XVI secolo. Viene in seguito approfondito il periodo in cui i Prussiani si stabilirono in Campidoglio ampliando le loro proprietà con nuovi edifici e successivamente si illustrano i cambiamenti che furono messi in atto dopo la proclamazione di Roma Capitale d’Italia nel 1870. Liberato il colle dalla presenza teutonica con la fine della I Guerra Mondiale, ebbe inizio un fervido periodo di studi e indagini archeologiche volte alla riscoperta del Tempio di Giove e delle fasi più antiche della città, accompagnato da demolizioni e distruzioni che dovevano riportare alla luce il virgiliano immobile saxum, la Rupe Tarpea, simbolo sacro dell’origine stessa di Roma. L’ultima parte del catalogo è infatti dedicata a una storia dei più recenti scavi che si sono eseguiti in Campidoglio, con particolare riferimento agli importanti ritrovamenti emersi sull’area del Belvedere Tarpeo e che hanno restituito oltre a strutture della prima età imperiale, un cospicuo numero di terrecotte architettoniche dipinte e di scultura fittile riconducibile alla decorazione della fase originaria di fine VI secolo a.C. del Tempio di Giove.
I disegni del Bernini offrono una prospettiva privilegiata, un’opportunità di affrontare l’arte del cavaliere nella sua universalità come scultore, pittore e architetto, ma anche come inventore per le arti decorative, e ci permettono uno sguardo intimo nel laboratorio del genio, capace di adattare le sue invenzioni a circostanze in continua evoluzione e alle domande pressanti dei suoi committenti. Mentre l’esecuzione dei grandi progetti era delegata sempre più a una schiera di collaboratori altamente specializzati, il tratto personalissimo dei disegni ci riporta alla mano e al pensiero del Bernini. Sono disegni preparatori che fanno trasparire l’iter concettuale di occasioni grandi e piccole, ma anche studi di struggente naturalismo, ritratti parlanti di straordinaria vivacità e quei grandi disegni autonomi dell’ultimo Bernini, ormai non più semplice segno grafico ma strumento di contemplazione mistica.