
Dai presagi del primo conflitto mondiale alle scosse di assestamento della guerra fredda, il Novecento è stato forse il secolo più sanguinoso della storia. Eppure, grazie alle innovazioni tecnologiche e ai progressi scientifici il tenore di vita di buona parte dell'umanità era notevolmente migliorato e l'economia sembrava aver imboccato la via della crescita costante e inarrestabile. C'erano tutte le premesse perché si potesse auspicare una diffusione della pace e della democrazia in un mondo "globalizzato". Come spiegare l'incredibile portata e intensità delle ondate di violenza che hanno messo a ferro e fuoco i cinque continenti, trasformando gli ultimi cento anni in una tragica stagione di massacri, genocidi e innumerevoli conflitti etnici e religiosi che si protraggono, con immutata ferocia, anche nel Terzo millennio? Questo studio è una riscrittura dell'età contemporanea in cui l'autore ricerca le radici dei conflitti e delle esplosioni d'odio che hanno sconvolto il ventesimo secolo, fino a individuare alcuni tratti comuni a tutte le guerre del Novecento. "La guerra del mondo narrata in queste pagine conclude Ferguson - si ostina a non finire: finché gli esseri umani si prefiggeranno la distruzione dei propri simili, finché temeremo, e nel contempo desidereremo, di vedere devastate le nostre metropoli, questa guerra è destinata a continuare, abbattendo le frontiere della cronologia."
Lorenzo de' Medici, detto il Magnifico (1449-92), è uno dei personaggi più rappresentativi della storia italiana. Nessun intellettuale, infatti, ebbe nelle proprie mani altrettanto potere e nessun uomo di governo fu così consapevole della propria cultura. Buon politico e mediocre banchiere, ottimo poeta e scadente stratega, Lorenzo diede prova in più occasioni di coraggio fisico e destrezza, ma ebbe anche un raffinato gusto per l'arte, e fu padrone di Firenze senza mai mostrarlo apertamente. Ricco, elegante, colto, sciupafemmine e ambiguo, capace di slanci generosi e, se necessario, di una buona dose di crudeltà, egli impersona pregi e difetti di un'età irripetibile. In questo libro, Giulio Busi segue Lorenzo nella sfera privata, negli amori e nelle amicizie, e lo accompagna nella sua ascesa alla ribalta della politica italiana e internazionale: la Firenze di Leonardo e del giovane Michelangelo, la Milano opulenta degli Sforza, la Roma degli intrighi pontifici, la Napoli florida di Ferrante d'Aragona, la Venezia dei traffici e dei sospetti. Attorno a Lorenzo, intanto, si muove la scena concitata del Quattrocento italiano. Tutti lo ammirano, alcuni lo odiano, qualcuno cerca di ucciderlo. Nel duomo di Firenze, nell'aprile 1478, i pugnali dei congiurati massacrano suo fratello Giuliano. Lui sfugge d'un soffio alla morte, e subito si abbandona a una vendetta implacabile. Uscirà dalla tormenta più forte, più solo, più Magnifico che mai.
La politica religiosa di Costantino e dei suoi successori, destinata a mutare per molti aspetti gli equilibri politico-sociali dell'Impero, ha costituito un punto di svolta fondamentale anche nella concezione dello spazio e nella sua sacralizzazione, contribuendo a trasformare e a definire la topografia antica attraverso una nuova rete di luoghi santi. Tale operazione ha avuto un importante risvolto ideologico e teologico-politico, spesso enfatizzato dalle fonti coeve e rintracciabile con diverse declinazioni in testi anche posteriori, in cui la memoria costantiniana diventa paradigma di riferimento per la costruzione di un'immagine imperiale cristiana. Basiliche, palazzi, santuari e, di contro, fori, templi, curie, diventano il linguaggio "visibile" attraverso cui è possibile leggere i segni tangibili di trasformazioni, conversioni e permanenze, su cui proiettare rimandi simbolici. Attraverso il contributo di studiosi di provenienza internazionale e di formazione e ambiti disciplinari differenti, il tema dello spazio sacro in età costantiniana è qui indagato da molteplici punti di vista, da quello storico-letterario, a quello archeologico, epigrafico, storico-artistico, e relativi a differenti zone geografiche e cronologiche: dai luoghi classici di Roma e dell'Occidente cristiano alla costruzione della Terra Santa e dell'Impero bizantino, dai discorsi agiografici alle leggende di fondazione, dalla tradizione copta a quella della Rus' dei secoli XI-XIII.
In politica come nella vita cambiare idea è inevitabile. E forse anche giusto, in un'epoca come la nostra caratterizzata da mutamenti così profondi e rapidi. In Italia però cambiare orientamento politico, in specie passare da destra a sinistra o viceversa, è sempre stato altamente problematico: chi lo fa si attira l'accusa di essere un trasformista o peggio un voltagabbana e un traditore. Aguzzo e scomodo come sempre, Galli della Loggia racconta come il cambiamento/tradimento è stato vissuto, interpretato e concettualizzato nella storia politica italiana. Poi mette in campo se stesso, ripercorrendo i momenti-chiave della propria esperienza e le molte polemiche che lo hanno coinvolto nei principali passaggi della vicenda ideologica del Paese: uno sguardo severo sulla storia intellettuale e culturale italiana, colta nei suoi inconfessati cambiamenti di fronte, le sue quasi sempre tacite abiure, i suoi pregiudizi, le sue bugie.
Nell'immaginario collettivo gli anni Sessanta sono definiti "favolosi": l'Italia, superato definitivamente il dopoguerra, si lanciava con gioia e ottimismo verso un futuro che appariva radioso. In questo racconto, Alfio Caruso ci fa rivivere in presa diretta l'anno speciale con cui inizia il decennio. E il 1960 vanta una crescita economica impressionante: il Pil tocca il record del +8%, oltre il 50% delle famiglie si avvia a possedere un frigorifero e un televisore (venduti al ritmo di 1500 al giorno) e spopolano le due utilitarie della Fiat, la 500 e la 600. Il sentimento generale è ben rappresentato da Domenica è sempre domenica, il motivetto che conclude Il Musichiere, la trasmissione televisiva di maggior successo. È anche l'anno delle Olimpiadi di Roma, quelle della corsa trionfale a piedi nudi di Abebe Bikila nella maratona e di Berruti nei 200 metri. Per il cinema italiano è un momento straordinario, in cui escono, tra gli altri: La dolce vita di Fellini, prima accolto da polemiche e poi acclamato a Cannes, Rocco e i suoi fratelli di Visconti e La ciociara di De Sica con l'oscar alla Loren. Ma non solo: è l'anno della trasmissione più importante della storia della Rai, Non è mai troppo tardi, condotta dal maestro Alberto Manzi, l'anno delle prime tribune elettorali, dell'elezione di Kennedy... E Il cielo in una stanza, portato al successo da Mina, è la perfetta colonna sonora di un anno caratterizzato da speranza, ottimismo e gioia di vivere. 1960.
In che modo, e perché, si rideva nella Roma antica? Come agiva il riso nella cultura dell'élite romana? Qual era il suo compito politico, intellettuale, ideologico? E che cosa ci dice di come funzionava la società? In questo libro, Mary Beard esplora le varie forme della comicità a Roma, gettando nuova luce su alcuni celeberrimi classici, dalle commedie di Plauto all'inquietante "Asino d'oro" di Apuleio. In queste pagine non si parla solo di letteratura, ma del riso nella vita quotidiana, fra barzellette e scherzi burloni, fra uomini comuni e imperatori, fra scritte ingiuriose e motti di spirito, perché ridere è anche una questione di potere.
I poveri furono una presenza costante nella società medievale, caratterizzata, nel suo complesso, da un limitato livello di sviluppo e da forti disuguaglianze. Miseria economica, disagi sociali, privazione di diritti interagivano, creando situazioni di bisogno e, insieme, di marginalità. Era un universo, quello delle povertà, tutt'altro che immobile, perché le profonde trasformazioni, congiunturali e strutturali, dei secoli dal VI al XIV, generavano via via stati di necessità assai diversi tra loro. La percezione, personale e collettiva, della povertà era permeata dalla dottrina cristiana che, riconoscendo nei poveri l'immagine di Cristo, invitava ad aiutarli a sopportare le loro condizioni, per evitare forme di disperazione e di sovvertimento dell'ordine sociale. All'interno delle dinamiche di una società profondamente cristiana, dunque, si costruirono complesse reti di protezione (informali o organizzate), nelle quali avevano spazio sia iniziative individuali sia istituzionali (ecclesiastiche, anzitutto, ma anche civili). Nel confronto tra elaborazione teorica e pratica quotidiana, il libro vuol fare emergere volti e luoghi della povertà e della carità.
Svizzera, 2010. Cornelius Gurlitt, cittadino tedesco di 79 anni, sta viaggiando su un treno diretto a Monaco quando viene fermato per un controllo di routine. Agli occhi degli agenti l'uomo non è che un innocuo vecchietto, ma un'ispezione rivela che, cuciti nel risvolto della sua giacca, ci sono ben novemila euro in contanti. Una cifra importante per un pensionato, che porta la polizia ad approfondire le indagini. Si scopre così che nella sua casa di Monaco l'anziano vive come un barbone, nel disordine e nella sporcizia, ma tra scatole vuote di cibo e carte ammucchiate alla rinfusa, nasconde un vero, inestimabile tesoro: più di duemila capolavori di ogni epoca, ufficialmente scomparsi nel bombardamento di Dresda del 13 febbraio 1945. Cornelius afferma di aver ereditato quella fortuna - opere di Canaletto, Picasso, Franz Marc, Matisse, Dürer, Rodin, Kokoschka e moltissimi altri, per un valore stimato di oltre un miliardo di euro - da suo padre, Hildebrand Gurlitt, "mercante d'arte" al servizio del Führer. Quella che state per leggere è l'incredibile storia dell'uomo che per anni si occupò per conto di Adolf Hitler di sequestrare e requisire con la forza le opere d'arte degli artisti ebrei e tutto ciò che il regime definiva "arte degenerata" perché contraria ai principi del nazionalsocialismo. Dopo anni di ricerche negli archivi del Terzo Reich, Meike Hoffmann e Nicola Kuhn hanno ricostruito l'ascesa di un semplice curatore di mostre...
Il libro offre al lettore italiano il testo di partenza della collana francese Les Guides Belles Lettres des Civilisations. Guide scritte per viaggiare nel tempo e nello spazio, indirizzate studiosi, curiosi di storia e civiltà, viaggiatori... Sono opere pratiche e ragionate di cultura generale sulle civiltà che hanno lasciato tracce affascinanti nella storia, che si propongono di offrire al lettore le chiavi per avvicinarsi a testi antichi o approfondimenti storici, aiutando a decifrare allusioni e a chiarire le incertezze. Roma. Si pensa di sapere molto della civiltà romana, ed è senza dubbio vero. Si crede di conoscerla perché è alle origini della nostra stessa società. Ma è qui che sta l'errore: è necessario riscoprire come gli antichi romani guardassero uomini e cose, ed è quanto il libro intende chiarire. La concezione pratica della guida rende possibile leggerla come un libro tradizionale dall'inizio alla fine, ma anche scorrere liberamente i capitoli in base alle proprie curiosità, o utilizzare l'indice per risalire a una specifica informazione d'interesse. Disegni, mappe e schemi consentono di arrivare subito all'essenziale, mentre la bibliografia può avviare a una ricerca più approfondita.
La caduta di Roma, ampiamente analizzata, eclissa troppo spesso la storia senza pari della sua ascesa e del suo successo. Eppure, l'Impero romano fu una grande costruzione politica che unì per cinque secoli una moltitudine di etnie che parlavano decine di lingue e veneravano una cifra perfino superiore di dèi. Quali segreti hanno permesso ai romani di conquistare territori talmente vasti? E, data l'eccezionalità di tale conquista, che dire della loro capacità di tenere unito quell'enorme spazio? Per capire queste differenti imprese, l'autore esamina i miti fondanti della città latina, gli impulsi della politica imperialista, le ragioni delle vittorie militari, la forza morale della res publica e la capacità di integrare gli stranieri. I segreti dei successi e della durata dell'Impero romano, poco studiati, diventano un argomento dal fascino senza fine.
Ogni anno, dall'Italia, migliaia di visitatori raggiungono il lager di Auschwitz; per lo più gruppi di studenti e di insegnanti, ma anche famiglie e singole persone. Dal 1959 il loro numero cresce continuamente, nonostante sia trascorso ormai più di mezzo secolo dalla sua liberazione. Chi si reca a Oswiecim (Polonia), visita il lager di Auschwitz, che ha sede nel campo base, e poi raggiunge Birkenau, il campo poco distante, spesso non riesce a capire come funzionava questo immenso centro di sterminio e di afflizione. Intorno a questo luogo memoriale immerso in un grande e profondo silenzio che lascia esterrefatti, la vita scorre e la città come i suoi abitanti cercano di mostrarsi per quello che sono oggi, senza riuscire a risolvere (ma si potrà mai?) il conflitto tra il presente e un passato che non passa. Per capire occorre arrivare a Oswiecim preparati e informati, ma poi, sul luogo che tra il 1940 e il 1945 vide morire più di un milione di ebrei e fu il lager del martirio di un'Europa soggiogata dalla scure nazista, gli occhi guardano ciò che rimane senza troppo comprendere. Auschwitz è una guida ricca di informazioni, fotografie e mappe, di suggerimenti puntuali per aiutare il visitatore a entrare in ciò che resta oggi di questo terribile passato, un utile strumento per cominciare a ricostruire la storia del complesso concentrazionario e a rivivere con l'immaginazione i frammenti di vita quotidiana di molti dei deportati ebrei e non che vissero in questo luogo.
Chi furono i combattenti più silenziosi e dimenticati della Prima guerra mondiale? A questa domanda chiunque risponderebbe - i soldati dell'Intesa e degli Imperi centrali costretti a stanziare mesi e mesi nelle trincee, in un logorante conflitto di posizione morti a migliaia per conquistare alla Patria' qualche metro di terra. Tale risposta, per quanto corretta, non tiene però conto di una vera e propria armata "silenziosa" (e perciò dimenticata) che pure ebbe una parte fondamentale nel conflitto: gli animali. Perché l'uomo non ha combattuto da solo nella Grande guerra: ancora limitato tecnologicamente e nei mezzi di trasporto e di comunicazione, si è servito di migliaia di cani, muli, piccioni, ma anche buoi, maiali, gatti, canarini. Folco Quilici per la prima volta rende merito a tutti questi fondamentali compagni, in pagine insieme sorprendenti e intense, che mescolano la ricerca storica con i ricordi tramandati da quanti combatterono sui vari fronti, a partire da quelli di suo padre, Nello Quilici, capitano d'artiglieria, e di tanti suoi amici e conoscenti che presero parte al drammatico conflitto. Riemergono così dalla memoria le avventure di cavalli e di muli ("gli amici degli Alpini"), che trasportarono i cannoni e le provviste per i soldati inerpicandosi fino alle più alte quote, in paesaggi impervi che solo loro erano in grado di ripercorrere più e più volte, spesso anche al buio; dei tanti cani impegnati nella ricerca dei feriti...