«È il momento di avere pazienza e di non fare errori. È il momento di cercare la nostra corsa perfetta, quella che abbiamo costruito giorno per giorno, espressione del nostro personale equilibrio tra sforzo e durata, tra velocità e resistenza. Se ci siamo allenati con la testa, oltre che con le gambe, ormai la conosciamo bene, è diventata una vecchia amica. Siamo nelle condizioni migliori per metterla in pratica: non dobbiamo spingere troppo – anzi, dobbiamo controllare la velocità – e possiamo concentrarci sull’efficienza. Eccola, la nostra corsa perfetta!»
La corsa sulle lunghe distanze è una disciplina dura. Richiede costanza, capacità di sopportare la fatica e superare soglie di sofferenza a cui la nostra vita sedentaria non ci prepara. Ma è l’attività più naturale che sia possibile praticare; un’attività nella quale milioni di anni di evoluzione della specie ci hanno reso imbattibili. E, soprattutto, la corsa ci rende felici. Non soltanto più magri e forti, più sani e soddisfatti: riesce a toccare qualcosa di misterioso, che ci avvicina alla nostra natura più profonda e ci fa sentire liberi.Se l’uomo è un perfect runner, la maratona è la distanza perfetta. Rappresenta infatti il giusto compromesso tra resistenza ed efficienza: mette alla prova la capacità fisica e mentale di ‘tenere duro’, ma consente di esprimere un gesto atletico efficace, limpido, ‘bello’.Può essere un’avventura splendida o fallimentare; può lasciare stanchi e felici, o frastornati, svuotati e delusi. Non tutto dipende dal risultato. Come insegnano i filosofi orientali, la strada è più importante del traguardo, ed è il cammino a dare un senso alla meta.
“Non ricordateci tristi: ci siamo divertite, nei nostri giorni luminosi. Abbiamo appassionatamente preso a morsi la vita.”
«Anche se ci mancano le parole, dobbiamo usarle lo stesso», Samuel Beckett. «E allora vediamo di usarle bene», Massimo Roscia.
In fin dei conti, ognuno di noi le usa. Perché sono immediate, perché le sentiamo in ogni dove, perché chiunque le capisce (o almeno finge bene), perché quando non abbiamo altre parole fungono da salvifico pronto soccorso linguistico. Sono le frasi fatte: espressioni idiomatiche, modi di dire, metafore logore e formule preconfezionate che hanno invaso ogni ambito semantico. Il burocratese ne abbonda, il giornalese ne abusa, in cucina sono uno degli ingredienti principali e nel meteo poi mietono più vittime dei violenti nubifragi. A volte servono a dare colore al discorso o a rompere il ghiaccio, ma più spesso appiattiscono la comunicazione in un prevedibile ammasso verbale trito e ritrito, con il risultato di parlare molto senza dire niente. In questo libro, Massimo Roscia, il non-linguista, non-lessicografo e non-grammatico più innamorato dell'italiano, si diverte a prendere in giro la nostra inveterata tendenza a usare formule stereotipate a ogni piè sospinto. Lo fa tramite la storia di Mario, un mite impiegato romano che, ovunque si volti, si imbatte nella quintessenza della banalità espressiva, fino ad avere il sospetto che a essere trita e ritrita non sia la lingua, ma l'idea. Giocando con le parole come Flaiano e Campanile, Roscia torna a farci sorridere e riflettere sull'uso, talvolta bizzarro, che facciamo dell'italiano, e ci invita a cercare (almeno) un modo migliore per dire sempre le stesse cose.
La realtà, di fatto, non gira attorno ai nostri desideri. Funziona secondo le sue leggi, è fatta di “fatti”. Se li si ignora, ne derivano “mappe” fuorvianti e, a quel punto, non c’è pensiero positivo che basti o “legge dell’attrazione” che tenga.
Ciò che serve è essere “realisti”! Il realista non tradisce la realtà. La guarda in faccia e su di essa aggiusta la sua visione e la sua strategia. Non rinuncia al potere dell’immaginazione, ma ha fatto sua la lezione del metodo scientifico. E in fondo, proprio per questo, non è uno “scienziato” della vita: sa benissimo che l’esistenza non è riducibile a formule. Tuttavia, conscio della sua vulnerabilità, si attrezza al meglio, impara a leggere la realtà con chiarezza, identifica con rigore una visione e una meta, costruisce un progetto e si adopera con tenacia e competenza a realizzarlo. Così, passando dalla definizione del problema e degli obiettivi alle strategie d’azione, riesce a mettere solide fondamenta ai suoi sogni e a reindirizzare per quanto è possibile la realtà verso i suoi propositi.
Praticare il “potere dei realisti” è ciò che chiude il cerchio per vivere in pienezza, e questo libro indica la via per farlo.
Come mai, nonostante il nostro slancio e la nostra passione, un obiettivo ci sfugge di mano? Perché mai l’universo non risponde come una calamita alla nostra “intenzione focalizzata” e non ne vuole sapere di obbedirci, lasciandoci lì, frustrati e delusi?
Inutile pensare di essere perseguitati dalla cattiva sorte, o cercare di attrarre la fortuna con la sola forza del pensiero (magico).
Gianfranco Damico suggerisce un percorso molto, molto concreto per trovare il giusto approccio alle sfide della vita e al raggiungimento dei risultati.
Un vademecum di buona educazione per comportarsi in modo appropriato in ogni situazione. Per sapere sempre cosa dire e, soprattutto, cosa non dire, cosa fare e come farlo, dalla scelta di un regalo alla buona conversazione, dallo scrivere sul web allo stare a tavola... con naturalezza e misura.
Semplice e indispensabile, perché conoscere le regole del buon vivere aiuta a sentirsi sicuri e a proprio agio, a fare buona impressione con gli altri e a stare bene con sé stessi.
La scienza è diventata un crimine.
La vera medicina è stata bandita.
Hanno vinto "loro".
Ma una madre non si arrende. Non ancora.
Per i suoi cinque anni, il padre del giovane Albert Einstein gli regalò una bussola, che scatenò in lui un desiderio irrefrenabile di capire le leggi dell’universo. Da semplice impiegato dell’Ufficio Brevetti di Berna, il giovane Einstein arrivò a pubblicare, nel 1905, una serie di articoli scientifici che rimisero in discussione tutto ciò che si era creduto di sapere sulla fisica fino a quel momento. La sua teoria, sintetizzata nella formula E = mc2, ha aperto all’umanità le porte della potenza dell’atomo… Genio tra i geni, ma anche grande umanista, Einstein ha attraversato la prima metà del XX secolo con tutti i suoi orrori e le sue contraddizioni, al servizio della scienza, sempre sconvolto da ciò che la follia dell’uomo è capace di fare.
Una fede che non voglia farsi imprigionare nelle gabbie delle rigide formulazioni dogmatiche, che rifiuti le trappole della seriosità, deve essere ripensata come un grande gioco. E una Chiesa che confidi nell’azione dello Spirito, più che nell’ordine delle cerimonie o nel rigore formale e nei paramenti inamidati dei suoi ministri, non può non aprirsi alla dimensione ludica. Anche perché il diavolo – come diceva Friedrich Nietzsche – è lo spirito di pesantezza. Cioè il contrario dell’aerea leggerezza del gioco.
Sommario
Introduzione. Il limite e il sogno (C. Kostner). I. Ecclesia ludens (A. Mastantuono). II. Fragilità e mito della perfezione (L. Grion). III. Sport e spiritualità (M. Lusek). IV. Gioco, sport e iniziazione cristiana (F. Ammendolia).
Note sull'autore
Antonio Mastantuono insegna Teologia pastorale alla Pontificia Università Lateranense. Luca Grion è docente di Filosofia morale all’Università di Udine. Mario Lusek è direttore dell’Ufficio nazionale per la Pastorale del tempo libero e sport della Cei. Fortunato Ammendolia è studioso di pastorale digitale e di opinion mining in ambito religioso.
Caroline Kostner, pattinatrice artistica su ghiaccio, medaglia di bronzo alle Olimpiadi invernali di Soči 2014, è stata campionessa mondiale nel 2012, cinque volte campionessa europea e otto volte campionessa italiana.
Una selezione accurata di aforismi, aneddoti, proverbi, motti di spirito e brani di letteratura per aiutare a capire la vita ed affrontarne i problemi con metodo.
Torna rinnovato nella veste grafica e ancora più ricco il Libro dell'anno Treccani diretto da Riccardo Chiaberge, strumento per ripercorrere e ripensare quanto è accaduto negli ultimi 12 mesi. Nella sezione cronologica vengono presentati giorno per giorno gli avvenimenti del 2017, mentre in 41 approfondimenti firmati da prestigiosi studiosi ed esperti dei vari campi del sapere si analizzano i temi più significativi dell'anno e i 10 personaggi più emblematici. 670 immagini, 170 grafici, 165 pagine di dati comparativi sull'Italia, l'Europa e il resto del mondo aiutano a rileggere l'anno trascorso mentre 12 Autori commentano le foto simbolo di ogni mese.
Un pratico calendario-agendina tascabile. Ogni mese, due pagine.
L’agendina è illustrata con fotografie di volti sorridenti di bambini, uomini e donne di ogni età.
Per ridere, per riflettere, per lasciarci appesi una domanda, un dubbio. Venticinque anni di consuetudine quotidiana raccolti in un volume, duemilacinquecento opinioni che Serra si diverte a rileggere, commentare e reinterpretare, aggiungendo qui e là la sua voce di oggi a quella di ieri
Diffidate di chi non sa ridere. In genere non sa neanche piangere
Dal 1992 al 2017 Michele Serra, prima dalle pagine dell'«Unità» con la rubrica «Che tempo fa», poi da quelle della «Repubblica» con le sue amache, ci ha abituato ogni giorno a un suo corsivo. Per ridere, per riflettere, per lasciarci appesi una domanda, un dubbio. E venticinque anni di consuetudine quotidiana sono un anniversario che merita un regalo. Nasce così l'idea di selezionare e raccogliere in questo volume cento corsivi per ciascuno di questi anni: duemilacinquecento opinioni, che Serra qui si diverte a rileggere, commentare e reinterpretare, aggiungendo qui e là la sua voce di oggi a quella di ieri e aprendo ogni anno con un riassunto dei principali avvenimenti (ma non solo) che diviene sintesi fulminante in grado di restituire la complessità del nostro vivere e delle nostre insensatezze. In fondo al volume una serie di apparati consente al lettore più curioso un'indagine trasversale dei testi – attraverso i protagonisti, i partiti, le tematiche che ci hanno scosso per un quarto di secolo –, per tutti gli altri resta il gusto di sfogliare le pagine, come si sfoglia un album di fotografie. Per ricordarci chi siamo guardandoci allo specchio.