«Apprendere dal bambino è il titolo pensato con Dina Vallino molti mesi fa, quando, in una sera d'inizio inverno, ragionavamo di Infant Observation nel soggiorno della sua casa di campagna, davanti a un bel fuoco acceso nel grande camino...Ci parve che l'idea di mettere l'accento sull’apprendere dal bambino fosse pertinente per le due aree coinvolte, quella dell'osservazione dell'infans e quella pedagogica.
Apprendere dal bambino, poi, la dice lunga: evoca Martha Harris e il suo imparare dai bambini, evoca Esther Bick e il suo insight sull'importanza di apprendere mediante l'Infant Observation, da un lato, com'è normalmente un neonato normale nella sua normalmente normale famiglia e, dall'altro, ciò che accade quando invece le cose non filano lisce...Evoca il Bion di Apprendere dall'esperienza, che aprirà la via agli psicoanalisti per trovare nel paziente il loro miglior collega e nei genitori del bambino in terapia delle persone con le quali condividere un'osservazione del bambino in stanza d'analisi e in famiglia...Apprendere dal bambino, infine, segnala anche, a nostro parere, la necessità per noi adulti di restare in contatto con il bambino che è in noi, dal quale farci guidare per non perdere punti di vista improbabili/imprevisti sul mondo e sulla realtà...In effetti, in Apprendere dal bambino sono molte le scoperte che abbiamo potuto trasformare in ipotesi sulle quali riflettere da punti di osservazione imprevisti» (Marco Francesconi, Daniela Scotto di Fasano).
«...la caratteristica più rilevante dell'atteggiamento conoscitivo assunto da Apprendere dal bambino mi sembra il rifiuto di considerare l'Infant Observation come una conquista realizzata una volta per tutte, atteggiamento che, sebbene a mio parere "dovuto" a ogni metodo empirico, può apparire inattuale in anni in cui l'osservazione è divenuta pratica diffusa e indiscussa in ambito psicoanalitico oltre che psicologico. Ma, come sa chi si occupa di Infant Observation, non basta avere gli occhi per saper osservare, occorre un lungo lavoro di apprendimento, autocritica e confronto con le osservazioni degli altri perché si giunga a una provvisoria - obiettività...
Il bambino è qui avvicinato con grande rispetto per la sua soggettività, con attenzione a non prevaricarlo, con la sensibilità di non proiettare su di lui la mente adulta dell'osservatore» (Silvia Vegetti Finzi).
«Questo libro prosegue il discorso già sviluppato nel mio precedente Biografie dell'inconscio (Borla, 2007). Volgendomi indietro a guardare sia la mia vita personale, sia la mia esperienza professionale e culturale di persona immersa nella continuità dell'esistenza, mi convinco che la memoria inconscia costituisce un tema fondamentale che ci aiuta a comprendere l'origine dell'attività di pensiero e a "vivere l'esperienza" dei precursori dello spazio e del tempo. La psicoanalista francese Piera Aulagnier ha parlato dei "pittogrammi" dell'inconscio. Per quanto mi riguarda, ritengo che le esperienze percettive originarie lascino un segno doloroso, un'impronta che incide la materia estremamente fragile della nostra mente...
Possiamo parlare, adottando un termine bioniano, di un inizio catastrofico della vita?...Quando e dove fanno la loro apparizione i pensieri mentali o verbali? E in che modo? In quale punto geometrico e in quale posizione, materia o sostanza ha luogo l'"impatto sensoriale"? È nell'immagazzinamento di tutte queste esperienze estetiche (aisthetikòs implica la sensazione, il sensoriale e il sensibile) che consiste l'origine della memoria, della memoria inscritta, impressa, immagazzinata e conservata nei tessuti della mente?
Attraverso i vari capitoli del mio itinerario cercherò di istituire un dialogo immaginario con le altre galassie della mente. Grazie ai miei pazienti e ai loro viaggi deliranti e non, sono riuscito ad approdare a zone impreviste del mondo inconscio, quelle che affascinarono Freud e altri viaggiatori di territori ignoti» (Salomon Resnik).
«Leggere questo libro è come sedersi accanto a Salomon Resnik e vivere intensamente con lui non soltanto le sue esperienze cliniche, ma anche e soprattutto le vicissitudini di un pensiero vivo e dinamico che può permettersi di procedere per libere associazioni, spesso assolutamente imprevedibili e inedite. Possiamo così rinviare a un momento successivo l'esigenza legittima di cogliere la logica di una trama teorica dalle maglie larghe soltanto in apparenza, e lasciarci trascinare dai nostri personali processi creativi che si mettono in moto, quasi entrando in vibrazione per un fenomeno di simpatia...» (Ludovica Grassi).
Umano/Disumano, l'ultimo seminario tenuto dall'Autore, viene qui presentato al lettore, incontro dopo incontro, a partire dalle registrazioni originali. La clinica dei casi ritenuti difficili (personalità limite, patologie narcisistiche, enclave autistiche interne alle nevrosi, depressioni...) sollecita l'esperienza di una disumanità". Questa entra in gioco negli aspetti relazionali, ma soprattutto nella perdita del volto, della voce, nella cancellazione della parola, nella percezione dell'altro simile. A volte, come ricordo dell'impressione umana, non resta che la voce e qualche parola, forse una sola....
Una contraddizione attraversa lo spazio dell'interpretazione psicoanalitica finendo, a volte, per collocare gli analisti su due fronti opposti. Da una parte l'interpretazione è imperniata sulla centralità del «fantasma» (l'articolazione delle propaggini dell'inconscio nel preconscio), perché non si può prescindere dalla discrepanza che esiste in ogni essere umano tra il desiderio e la possibilità di nominarlo e significarlo. D'altra parte, gli analisti si trovano sempre più spesso a dover far fronte, oltre che a una domanda di significazione del desiderio, anche a una richiesta di sostegno della soggettività, spesso prioritaria e pressante. Questo secondo versante della cura psicoanalitica sposta l'attenzione terapeutica sulla posizione e sul movimento del soggetto nello spazio della relazione analitica, e cioè sulla sua possibilità di esistere e di esprimersi nel suo interno.
L'analista deve farsi carico della contraddizione, evitando di privilegiare un versante a scapito dell'altro. Tutta la ricchezza del lavoro clinico in analisi sta nella possibilità di un'integrazione tra la significazione del rimosso, che mette in movimento aree di esperienza già metaforizzate, consentendo una loro espressione adeguata sul piano del processo secondario (e dei significati condivisi), e un lavoro di interpretazione che riflette, invece di significare, vissuti che emergono spontaneamente, per la prima volta, e favorisce la loro metaforizzazione. né l'interpretazione del fantasma, né la riflessione nel discorso psicoanalitico di una parte dell'esistenza spontanea del paziente precedentemente preclusa (che tanto può essere riflessa quanto lascia la sua impronta nell'assetto mentale ed emotivo dell'analista, trasformandolo), possono prendere una forma vera se il paziente non riesce a usare in modo spietato l'analista, per mettere a dura prova i limiti e le potenzialità della teoria psicoanalitica e piegarla alle sue esigenze di realizzazione personale. La disponibilità dell'analista a farsi usare spietatamente dal paziente (e la sua capacità di sopravvivere all'uso, mantenendosi vivo sul piano mentale ed emotivo all'interno della relazione analitica) non è il prodotto di una generica generosità, bensì il risultato di una condizione specifica favorita dal dispositivo stesso del lavoro psicoanalitico: l'attivazione della dimensione isterica, onirica, dell'esperienza che consente all'analista di identificarsi con il paziente (anche quando quest'ultimo non è in grado di fare altrettanto), pur mantenendo, al tempo stesso, la sua distinta identità. Farsi usare dal paziente per la significazione o per la costituzione di un suo desiderio, consente all'analista l'estensione (onirica) della propria soggettività desiderante, e gli restituisce un compagno di viaggio vivo e desiderabile.
Terapia individuale sistematica con il coinvolgimento dei familiari significativi. I cormorani sono uccelli marini che prima di abbandonare il nido regrediscono a comportamenti appresi nelle prime ore di vita: dondolano, pigolano, per poi spiccare il volo. Fanno un passo indietro per farne due in avanti, in una sorta di reprogressione" biologica. Quest'immagine viene ripresa dall'autore al fine di illustrare la propria filosofia terapeutica nel trattamento individuale dei pazienti con il coinvolgimento dei partner e dei familiari significativi. "
Questo testo intende focalizzare l'attenzione sul metodo dell'osservazione psicoanalitica quale si è venuta realizzando nel corso del Novecento fino ai nostri giorni in connessione con la clinica e le teorie psicoanalitiche.
Gli articoli di questa antologia non intendono dare una panoramica esaustiva del problema delle perversioni, ma solo offrire alcuni punti di repere - modelli e griglie di lettura - utili a fornire le coordinate per introdurre un tema la cui vastità aumenta continuamente.
La cristologia esige che si proponga tutto il significato della persona, della vita, della morte e della risurrezione di Gesù per gli uomini del nostro e di tutti i tempi. Significa anche proporre la vita di Gesù come modello o paradigma di vita per i suoi seguaci. Fare cristologia equivale a sviscerare il modello di vita che è stato delineato nella persona di Gesù di Nazaret e in tutto quello che Dio ha svelato con la sua vita, passione, morte e risurrezione. Parlare, dunque, di cristologia, equivale a parlare non soltanto della vita di Gesù, il Cristo, ma anche della vita dei cristiani in Cristo. Esporre la cristologia è esporre nel contempo la vita cristiana.
«Noi consideriamo la diagnosi sempre utile per la conoscenza della personalità globale del soggetto, indispensabile se lo scopo è la scelta di un trattamento: essa, utilizzando strumenti diversi, come osservazione, colloqui, test, facilita la comprensione e permette di fare previsioni individualizzate riguardo il comportamento di persone che sono organizzate in modo peculiare ed unico». (Holt, 1968).
I test integrano i dati ottenuti con i colloqui perché: 1) riguardano livelli diversi di comportamento, 2) fanno emergere contenuti più profondi dal momento che non si può prevedere il significato delle risposte, 3) mettono in risalto le parti sane su cui si poggerà la terapia, 4) danno indicazioni utili per l'indicazione o controindicazione al trattamento ed individuano quello più idoneo, 5) evitano il rischio di dover affrontare problemi più gravi di quelli previsti, magari, senza gli strumenti e le capacità adeguati, permettono una prognosi, sono - in sostanza - il «miglior modo» per conoscere l'individuo.