A dieci anni dal termine del secondo conflitto mondiale, quando le polveri, dopo aver offuscato i cieli, si erano finalmente sedimentate formando uno spesso strato sotto al quale un'intera civiltà cercava di ritrovare trame e orizzonti, gli intellettuali furono chiamati a suggerire cosa di quella civiltà, di quell'Europa minacciata da forze d'ordine economico e politico, era destinato a prosperare, e cosa a perire. Nella discussione intervenne anche Albert Camus, all'incontro organizzato il 28 aprile del 1955 dall'Union Culturelle Gréco-Francaise ad Atene, dal titolo "Il futuro della civiltà europea". Lo sforzo per l'unità, dirà Camus, è un passaggio obbligato, l'unità europea in nome di un pluralismo, di un federalismo ideale e de facto: "La "sovranità" per molto tempo ha messo bastoni a tutte le ruote della storia internazionale. Continuerà a farlo. Le ferite della guerra così recente sono ancora troppo aperte, troppo dolorose perché si possa sperare che le collettività nazionali facciano quello sforzo di cui solo gli individui superiori sono capaci, che consiste nel dominare i propri risentimenti [...]. Bisogna lottare per riuscire a superare gli ostacoli e fare l'Europa, l'Europa finalmente, dove Parigi, Atene, Roma, Berlino saranno i centri nervosi di un impero di mezzo, oserei dire, che in un certo qual modo potrà svolgere il suo ruolo nella storia di domani".
Nel 1953, a pochi mesi dall'uscita nelle sale di "Luci della ribalta" e dalla controversa espulsione di Chaplin dagli USA, Maria Zambrano pubblica i due scritti raccolti in questo volume: "Charlot o dell'istrionismo" e "Il pagliaccio e la filosofia", due brevi omaggi all'arte del clown che danno luogo a una meditazione filosofica profonda sul riso e sulla potenza metaforica del gesto comico. Figura della terra, della povertà e dell'umiliazione, il pagliaccio è a un tempo presenza sottile, capace di sublimare la gravità e l'inerzia della condizione umana attraverso la leggerezza, la gratuità e l'apparente inconsistenza del gesto. Nella piroetta di Charlot o nell'istantanea del pagliaccio che, inseguendo un nulla inafferrabile, fa apparire come per magia la possibilità delle cose, la pensatrice esiliata riconosce un'immagine della libertà del pensiero e la cifra della vocazione poetica della propria filosofia.
Nel percorso esistenziale di Sergio Quinzio, la riflessione ha sempre accompagnato il vissuto, lo ha assunto e dispiegato senza attenuazioni, spingendosi a indagare l'abisso scandaloso della sofferenza. In questa lunga intervista, realizzata nel 1991 dall'amico e "allievo" Leo Lestingi, il teologo ripercorre per la prima e ultima volta le tappe fondamentali della propria vita, rievoca le vicende, gli affetti, gli incontri che più l'hanno segnata. E lo fa con la precisione, il pudore e la profondità che gli sono propri. Il dialogo prende così la forma di un testamento spirituale, che testimonia l'ampiezza della sua ricerca, la continua messa alla prova del pensiero e la disperazione di fronte alla Storia coesistente alla speranza inestinguibile nella Salvezza. Una salvezza "povera", che darebbe finalmente senso a tutto il male del mondo, attesa nella fede in un Dio sensibile alla sofferenza e alla morte. Non onnipotente, ma tenero.
Nel febbraio del 1928, all'inizio della sua formazione pastorale, Dietrich Bonhoeffer si rivolge ai fedeli della comunità tedesca di Barcellona con un'articolata riflessione sull'essenza di un'etica cristiana. L'eccezionalità umana e storica di Gesù, la sua vicinanza agli ultimi e agli esclusi della società, la radicalità dei suoi insegnamenti determinano l'unicità del messaggio cristiano. Essere etici, per i cristiani, significa rifiutare la morale corrente e i princìpi tramandati storicamente, per abbandonarsi in piena libertà all'evento della croce e al mistero della grazia. Con il rigore del teologo e la passione del credente, Bonhoeffer non si limita a gettare le basi teoriche di un'etica cristiana, ma si confronta con le scelte concrete e spesso drammatiche che sfidano la coerenza dei comandamenti biblici. In queste profonde considerazioni giovanili, che già contengono i semi della successiva ricerca filosofica, Bonhoeffer esorta il cristiano a trovare il coraggio di riconoscere le manifestazioni della bontà divina anche nei fenomeni del maligno e della sofferenza esistenziale.
Nell'estate del 1932, a pochi mesi dall'ascesa al potere di Hitler, il ventiseienne Dietrich Bonhoeffer tiene un corso universitario sull'essenza della Chiesa. Sviluppate dal punto di vista della teologia protestante, le riflessioni di Bonhoeffer si concentrano sul rapporto tra l'istituzione ecclesiastica, espressione di Dio nel mondo, e la società che la circonda. Con un'analisi lucida e schietta, il giovane teologo riconosce le difficoltà della Chiesa di rappresentare adeguatamente nel mondo la realtà divina, indicando allo stesso tempo la necessità di continuare a trasmettere ai fedeli il significato dell'appartenenza a una comunità spirituale. Per non perdere il contatto con il mondo, in cui è storicamente collocata, la Chiesa deve recuperare l'autenticità e la passione delle origini, deve cioè ritornare ad essere il "luogo" di Dio in Terra. La presente edizione è arricchita da due lettere inedite scritte nel 1936 dal seminario clandestino di Finkenwalde, in cui Bonhoeffer prosegue la sua riflessione sulla vera natura dell'istituto ecclesiastico.
Nelle città moderne - sempre più centro di contaminazione tra razze e culture - si decideranno le sorti dell'umanità: è qui che il bisogno di sicurezza si confronta con le limitazioni della libertà, è qui che la mixofilia lotta contro la mixofobia, il terrore con le speranze, la paura dell'altro con l'accettazione e la comprensione. Trasformare la convivenza tra culture diverse da minaccia in risorsa, suggerisce Bauman, è compito della politica, delle istituzioni, di chi pianifica le città e di chi le costruisce. Ma, soprattutto, è compito di chi le abita.
Attraverso lo sguardo critico di Marx ed Engels, Ágnes Heller propone una nuova lettura di un Rinascimento che è stato al tempo stesso rivoluzione e crisi: i ceti del feudalesimo, infatti, lasciano il posto a una stratificazione sociale più fluida e a una nuova forma di lotta di classe, l'uomo si riappropria del suo destino, e il capovolgimento del sistema dei valori getta le basi del futuro individualismo. Dalle contraddizioni di quest'epoca si apriranno due strade sul futuro dell'Europa: da una parte proprio l'Italia, così come la Spagna, incarnerà il volto di un Rinascimento naufragato all'apice della sua trasformazione economica e culturale; dall'altra, le successive evoluzioni in Inghilterra e Francia rappresenteranno le naturali conseguenze di ciò che è stato anche l'alba del capitalismo. Analizzando i capolavori di Shakespeare, More, Machiavelli, Giordano Bruno e tanti altri artisti che sentirono l'esigenza di ripensare l'uomo e il mondo, la Heller ci restituisce la complessità di un'epoca così fondamentale per l'identità europea.
Nell'immaginario collettivo gli alberi sono l'asse del mondo, elemento di forza vitale e di enorme stabilità; appagano il senso di grandiosità, la tensione verso ciò che è senza confini, l'ansia di superare la finitudine umana e il senso del soprannaturale. Rappresentando il tramite fra cielo, terra e mondo ipogeo, sono stati tra i primi oggetti di venerazione in tutte le civiltà antiche. In questo volume, Anna Maria Sciacca ne esplora la sacralità, narrando miti e leggende diffusi nel continente europeo e in quello asiatico, come pure in Africa e nelle Americhe, e mette a confronto le tradizioni di popoli diversi: prima di tutto greci e latini ma anche germani, celti, egizi, fino alle credenze indiane e vediche. E giunge infine alla cristianità, in cui l'albero acquista nuovi significati religiosi di rinascita e speranza in un mondo di felicità eterna. Prefazione di Angela Ales Bello.
Ildegarda di Bingen è oggetto da molti anni dell'interesse di storici, teologi, studiosi di scienze e di folklore: la sua lunga vita, infatti, è stata caratterizzata da una multiforme attività di studi, impegni, apostolato, di cui resta eco nella produzione scritta giunta sino a noi. Il lavoro di Anna Maria Sciacca prende in esame i tre libri profetici, in cui sono raccolte le visioni della santa. La traduzione di ciascuna visione è preceduta dall'elenco degli argomenti trattati, per chi volesse approfondirli, e seguita da un'analisi del significato morale e teologico, attraverso il riassunto della lunga e circostanziata spiegazione in latino che Ildegarda stessa fornisce con dovizia di riferimenti biblici. Questo studio è introdotto dalle riflessioni di monsignor Enrico dal Covolo, da gennaio 2019 assessore del Pontificio comitato di Scienze storiche.
Il rapporto tra l'essere umano e la Terra ha superato un limite sistemico: le risorse naturali non sono infinite, né possiamo supporre un progresso infinito. L'umanità è costretta a confrontarsi con una questione globale dal valore etico più che scientifico. Per questo è urgente elaborare un'etica della Terra che sia in grado di restituire alla grande Madre comune la vitalità che il nostro agire le ha sottratto. Quest'etica, però, non sarà possibile senza una spiritualità profonda, che possa risvegliare in noi un serio impegno di amore, di responsabilità e di cura nei confronti della Casa comune che abitiamo.