Le nuove tecnologie alla base della comunicazione digitale contemporanea ci fanno credere di essere meno isolati perché sempre connessi. Si tratta però dell'illusione di una reale intimità: i nostri profili online esistono in funzione del numero dei contatti, oggetti inanimati e intercambiabili che acuiscono il senso di solitudine. Allo stesso tempo si sta completando il ventaglio dei rapporti possibili con i robot, dall'ipotesi di affidar loro i propri figli a quella di farne dei veri e propri partner. Questo è il paradosso indagato da Sherry Turkle: mentre gli amici in rete sono in realtà presenze prive di sostanza, molti desiderano, talvolta disperatamente, attribuire emozioni umane ai robot. "Insieme ma soli" è una storia di dissociazione emotiva ma anche di speranza, perché anche dove la saturazione digitale è maggiore, molti, soprattutto fra i giovani, si interrogano su cosa sia davvero il rapporto umano, e chiedono un ritorno a forme più naturali di dialogo. Alla fine Facebook, il BlackBerry e l'iPhone ci spingono a ricordare chi siamo veramente: esseri umani con scopi umani
L'immagine di uomo adottata dal diritto cioè di persona libera, razionale, consapevole e padrona delle proprie azioni, viene oggi messa radicalmente in discussione dalla ricerca neuroscientifica. Dagli studi più recenti emerge che certe emozioni hanno spesso il sopravvento sulla ragione, che a nostra insaputa siamo condizionati dalle circostanze e che il nostro io è meno solido di quanto pensiamo. La genetica e le neuroscienze sembrano dunque costringere l'ordinamento giuridico a tornare su alcuni suoi quesiti centrali: l'agire criminale è da ritenersi normalmente libero, frutto di un'intenzione consapevole del soggetto? Ha senso punire chi è "determinato" all'aggressività? E a porsene di nuovi: si moltiplicheranno le assoluzioni grazie agli esami cerebrali dell'imputato? Gli psicopatici dovranno essere "scusati" a motivo del loro (presunto) deficit di empatia? Temi tipici delle aule di giustizia, ma fondamentali anche nella concezione generale dell'essere umano; temi che sotto la pressione delle scienze cognitive da più parti si propone di ridefinire, come è già accaduto in alcune discusse sentenze. Andrea Lavazza e Luca Sammicheli offrono la prima panoramica unitaria e ragionata delle ricadute giuridiche, filosofiche e sociali di tali complesse questioni. Con una conclusione che non necessariamente vede il cervello "uccidere" mente e diritto
La fisica e l'astrofisica nel XX secolo hanno compiuto passi da gigante, e sono arrivate a un grado di conoscenza del mondo e dell'universo che ha dell'incredibile. Eppure, nonostante questi progressi, i misteri sembrano non finire mai. Gli scienziati si trovano di fronte sfide ancora più appassionanti e complesse: neutrini, energia e materia oscura, gravità quantistica e antimateria sono concetti ai limiti dello scibile umano. Teorie estreme, di frontiera, che hanno bisogno di essere osservate e sperimentate in luoghi altrettanto estremi. Anil Ananthaswamy è stato in questi posti, ha conosciuto e parlato con i protagonisti degli esperimenti, ed è tornato indietro con questo "diario di viaggio scientifico". Le storie che leggerete in questo libro non si svolgono in silenziose aule accademiche o in asettici e ipertecnologici laboratori, ma in Antartide, nei deserti, sulle vette dell'Himalaya, o in fondo a miniere abbandonate. E la fisica che scoprirete è un'avventura (non solo mentale) che merita davvero di essere letta.
Dal 1960 il programma scientifico SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence) scandaglia lo spazio siderale nella speranza di intercettare un segnale, un qualsiasi segnale, che ci confermi l'esistenza di una civiltà extraterrestre. Finora però ogni sforzo si è tradotto in uno strano, e un po' inquietante, silenzio. Significa che dobbiamo arrenderci all'idea che siamo davvero soli nell'universo, e che non esistono altre forme di vita? Non necessariamente, secondo Paul Davies. Il silenzio che ci circonda forse vuol dire che stiamo cercando la cosa sbagliata nel modo sbagliato, e che un buon inizio per affrontare la probabilità dell'esistenza di ET è affrontare l'eccezionalità nell'universo della presenza umana. "Uno strano silenzio" è un libro provocatorio e coraggioso, dove il rigore della scienza non ruba la scena ma anzi alimenta la riflessione sociale e filosofica su un tema capace di toccare le corde più profonde dell'inquietudine umana.
L'evoluzione è stata spesso presentata come un meccanismo prevalentemente competitivo. Questa prospettiva ha avuto notevoli effetti sul modo in cui studiamo le scienze della vita e la stessa cultura. Eppure nella storia della biologia c'è molto altro, ci dice Martin Nowak: a qualsiasi livello il mondo animale ha sempre trovato e trova tuttora nella cooperazione un motore evolutivo altrettanto potente. Dai filamenti di batteri, in cui alcune cellule "si sacrificano" per nutrire le cellule vicine, fino al comportamento di alcune specie animali come le api e le formiche, l'altruismo e la collaborazione sono meccanismi che insieme alla selezione agiscono nel processo evolutivo. Fino ad arrivare alla specie più cooperativa, ai "supercooperatori": gli uomini.
Le tappe di un viaggio umano e professionale straordinario, alimentato dalla spinta di una curiosità insaziabile, caratteristica fondamentale dell'uomo prima ancora che dello scienziato. I ritratti di familiari, di maestri come Adriano Buzzati Traverso e di compagni di studio e di lavoro illustrano e accompagnano parole e ricordi, il ritratto vivido e inedito di uno dei più influenti intellettuali del ventesimo secolo. Sullo sfondo le immagini dei luoghi: il laboratorio di Ronald Fisher a Cambridge, la foresta tropicale della Repubblica Centrafricana, un'avventurosa traversata del Sahara, il Botswana dei boscimani e le aule universitarie di Stanford.
In occasione dei centocinquant'anni dell'Unità d'Italia Gennaro De Michele ci regala le storie degli scienziati italiani che con le loro idee hanno contribuito allo sviluppo dell'industria elettrica. Non solo Galvani, Volta, Galileo Ferraris, Marconi e Fermi, però; le pagine di "Centocinquant'anni elettrizzanti" ci parlano di alcuni "eroi dimenticati", brillanti ricercatori che con le loro scoperte hanno dato un contributo importante all'affermazione dell'elettricità come vettore energetico decisivo per l'umanità. La storia, come tutte le storie, ha un protagonista. Siamo alla fine degli anni Sessanta, al Caltech di Pasadena, in California. Qui Giovanni Manconi, allievo del fisico napoletano Gustavo Hermann, viene invitato a chiudere le lezioni di fisica di una delle leggende della scienza del Novecento, Richard Feynman, con una serie di interventi sul contributo italiano allo sviluppo della scienza mondiale.
La rivoluzione di Twitter: se ne è parlato per le manifestazioni in Iran nel 2009, per la Cina subito dopo, più recentemente per l'Egitto: prima ancora che lo scontento dei cittadini, il grande protagonista delle proteste sembra essere stato il web. La convinzione che le tecnologie digitali alimentino solo cambiamenti positivi e siano lo strumento perfetto per la creazione della democrazia corrisponde alla realtà? Evgeny Morozov, in antitesi al cyber-ottimismo di pensatori come Clay Shirky, spiega molto chiaramente come anche governi tutt'altro che democratici usino le piattaforme digitali piegandole ai loro fini. In Russia e in Cina gli spazi di intrattenimento online sono studiati apposta per spostare l'attenzione dei giovani dall'impegno e dalla partecipazione civile. Internet non è inequivocabilmente buona, insomma, Twitter e Facebook non hanno avuto alcun ruolo cruciale, e la rivoluzione sarebbe accaduta con o senza di loro. Pensare alla rete come a un propagatore naturale di democrazia è fuorviarne e pericoloso: per garantire forme efficaci di cambiamento sociale è necessario rimanere calati solidamente nella realtà.
Il racconto della storia d'Italia attraverso i brevetti depositati dai nostri concittadini presso il Patent Office degli Stati Uniti: una scelta originale da cui emerge il ritratto di una nazione vitale, industriosa e geniale, il quadro che nessun manuale di storia potrà mai restituire. Nei 150 brevetti presentati da Vittorio Marchis convivono premi Nobel, operai, capitani d'industria, ingegneri, soldati, campioni dello sport; trovano spazio la Programma 101 dell'Olivetti, un coltello da tavola a cinque lame, la pistola Beretta, un attrezzo da giardino per potatura, un "processo di produzione di sostanze radioattive" (titolare del brevetto, con altri, un certo Enrico Fermi...), una pompa da bicicletta installata direttamente tra i raggi delle ruote e tantissimi altri. Pagina dopo pagina prende forma il profilo sociale, industriale e culturale dell'Italia, profilo in cui la storia con la S maiuscola appare in controluce attraverso il genio degli uomini (conosciuti e meno conosciuti) che hanno contribuito a scriverla.
Se avete in mente una certa destinazione, la strada migliore da percorrere potrebbe essere quella che inizialmente vi porta nella direzione opposta. Questo, in sostanza, è il pensiero obliquo. Potrà sembrare paradossale, ma se si tratta di superare un ostacolo, risolvere un problema, vincere una battaglia o raggiungere un obiettivo economico, la storia ci dice che un approccio indiretto quasi sempre garantisce un maggiore successo. Attraverso una serie di aneddoti, esempi e consigli pratici che spaziano dal mondo degli affari alla pianificazione urbana, dal calcio allo spegnimento degli incendi boschivi, John Kay dimostra come le aziende con i maggiori profitti non siano quelle più orientate al profitto, come le persone più ricche non siano quelle più attaccate ai soldi, e le più felici non necessariamente quelle che cercano ad ogni costo la felicità.