Le passioni colorano emotivamente l’esistenza e vengono vissute come un’esperienza travolgente. La Grecia antica ha riconosciuto la loro importanza e le ha rese protagoniste dei poemi epici e delle tragedie. L’ira, l’amore, l’odio, la paura, il desiderio sono tra le grandi passioni che dominano Achille, Edipo, Medea e gli altri eroi cantati da Omero, dai tragici e dai lirici greci. Sono moti della psiche ambivalenti, ma viverli – e a maggior ragione osservarli in scena, provando pietà e terrore – favorisce la conoscenza delle sfere più nascoste della mente. Concepite come forze che si impossessano dell’anima, le passioni erano subite dagli eroi del mito che le incarnavano. Furono però variamente considerate: ora come effetto dell’intervento divino, ora come sintomo di un conflitto interiore dell’individuo, ora come ostacolo al predominio della ragione sull’irrazionalità. Giulio Guidorizzi passa in rassegna alcuni dei più affascinanti miti greci per scoprire quale significato quelle passioni possano avere tuttora o come ne sia mutata l’interpretazione, a partire da alcune diventate emblematiche, come quella di Edipo riletta dalla psicoanalisi.
Il piacere di incontrare un viso, un paesaggio, un libro, un film, una canzone, l’emozione del ritorno o della prima volta: sono impressioni fugaci, momenti di felicità concessi a tutti, indipendentemente da origini, cultura, sesso. Spesso arrivano improvvisi, in situazioni dove nulla sembrerebbe favorirli: nondimeno esistono e resistono, contro venti e maree, al punto di abitare stabilmente la nostra memoria. Marc Augé esplora questi momenti di felicità, mescolando riflessioni e ricordi personali, con un piccolo cammeo dedicato ai canti e sapori d’Italia, delizioso omaggio ai piaceri dei sensi che il nostro paese gli ha sempre offerto e offre a chiunque sappia intenderli come forma di autentica cultura. Ma lo sguardo dell’antropologo si fissa anche sull’oggi, sui momenti felici che oppongono resistenza all’epoca presente, all’inquietudine e all’angoscia: momenti “di felicità nonostante tutto”, perché nei periodi di incertezza avviene di norma che si vada in cerca di salvagenti.
Circa quarant'anni or sono gli psicologi israeliani Daniel Kahneman e Amos Tversky hanno dato alle stampe una serie di lavori in cui mostravano come la mente umana tenda a cadere in errore quando si trova costretta a scegliere in situazioni di incertezza. Le loro scoperte hanno posto le basi di una nuova disciplina, l'economia comportamentale, e la loro teoria della mente è stata premiata con il Nobel vinto da Kahneman nel 2002. Un'amicizia da Nobel racconta la storia di una collaborazione avvincente, quella tra due menti d'eccezione che hanno al tempo stesso la statura di grandi figure letterarie. Le ricerche di Kahneman e Tversky, eroi sul campo di battaglia oltre che dell'accademia - entrambi avevano alle spalle importanti carriere nell'esercito israeliano -, erano indissolubili dalle esperienze fuori dal comune che avevano segnato le loro vite. Tversky era un combattente dinamico, un carattere estroverso, sempre al centro dell'attenzione; Kahneman era un introverso dominato dalle proprie insicurezze. La storia delle loro ricerche viene ricostruita a partire dalle personalità di due individui affascinanti, anche se molto diversi. Eppure il loro sodalizio ha cambiato per sempre il modo in cui gli uomini percepiscono la propria mente.
Arte e scienza possono trovare un terreno comune? In questo nuovo libro, il premio Nobel Eric Kandel sostiene che la scienza può plasmare il nostro modo di assaporare le opere d'arte e aiutarci a comprenderne il significato. Il riduzionismo, che mira a riportare i concetti scientifici o estetici complessi a componenti più semplici, è stato usato dagli artisti moderni per distillare il loro mondo soggettivo in colore, forma e luce. In particolare, ha guidato la transizione dall'arte figurativa alle prime manifestazioni dell'arte astratta, di cui si vede il riflesso nelle opere di Monet, Kandinsky e Mondrian. Kandel spiega come nel dopoguerra Pollock, de Kooning e Rothko abbiano utilizzato un approccio riduzionista per arrivare al loro espressionismo astratto e come Warhol e altri, partendo dai risultati della "scuola di New York", abbiano reimmaginato l'arte figurativa e minimale. Arricchito da esplicativi disegni del cervello e illustrato da riproduzioni a colori dei capolavori dell'arte moderna, questo libro mette in evidenza i punti di contatto fra scienza e arte e il modo in cui esse si illuminano a vicenda.
Se la pelle è l'involucro del corpo, allo stesso modo l'Io tende ad avvolgere l'apparato psichico. Da questo punto di vista, le strutture e le funzioni della pelle possono offrire agli psicoanalisti e agli psicologi analogie feconde e guidarli nelle loro riflessioni e nelle loro pratiche. L'io-pelle si presenta come un concetto operativo che definisce il modo in cui l'Io si appoggia sulla pelle e implica un'omologia tra le funzioni dell'Io e quelle del nostro involucro corporale: limitare, contenere, organizzare. L'idea che l'Io, come la pelle, si strutturi in un'interfaccia consente anche di arricchire le nozioni di frontiere, limiti, contenitori, in una prospettiva psicoanalitica. Inoltre, la pregnanza concettuale dell'Io-pelle permette di comprendere meglio una realtà clinica complessa: al di là della relazione tra le malattie dermatologiche e i disturbi psichici, Anzieu dimostra come il sovrainvestimento o la carenza di una funzione dell'Io-pelle servano a spiegare in particolare il masochismo perverso, il nucleo isterico della nevrosi o la distinzione tra personalità narcisistiche e borderline.
Può esistere una cosa come una lingua umana impossibile? Un biologo potrebbe definire impossibile un animale che contraddicesse le leggi fisiche della natura (l'entropia, per esempio, o la gravità). Esistono leggi simili in grado di condizionare le lingue? In questo libro, Andrea Moro, autorevole linguista e neuroscienziato, esplora l'esistenza delle lingue impossibili, alla ricerca dell'"impronta digitale" del linguaggio umano. L'autore ci conduce oltre i confini di Babele, attraverso l'insieme di proprietà che, al di là delle apparenze, tutte le lingue condividono, e indaga le fonti dell'ordine, facendo riferimento a esperimenti che egli stesso ha contribuito a progettare. Paragona la sintassi al rovescio di un arazzo, rivelandone la struttura nascosta, descrive il cervello come un setaccio e ascolta il suono del pensiero attraverso la registrazione dell'attività elettrica encefalica. Parole e frasi, ci dice, sono come sinfonie e costellazioni: non hanno contenuto proprio, esistono perché le ascoltiamo e le guardiamo. Siamo parte dei dati.
Emozioni, sentimenti e passioni forgiano la qualità della nostra esistenza, ma non sempre siamo consapevoli dei modi in cui si esprime la nostra vita affettiva. Tendiamo infatti a vivere in modo irriflessivo. Quale cura di sé consente di coltivare la parte affettiva a vantaggio della qualità dell'esistenza? E come è possibile alimentare gli affetti positivi, che generano sentimenti vitali, e ridimensionare quelli negativi, che mettono a rischio la relazione con se stessi e con gli altri? Rispondere a queste domande significa tracciare un orizzonte alla luce del quale valutare se e quanto le nostre convinzioni siano adeguate alla vita buona. Significa creare le fondamenta della migliore vita possibile. In questa prospettiva, sviluppare la capacità di autocomprensione affettiva rappresenta un obiettivo esistenziale imprescindibile.
John Bowlby è uno dei più eminenti teorici della psicologia del ventesimo secolo. Questa nuova edizione del libro di Jeremy Holmes è sia un resoconto della vita e delle idee di Bowlby, sia un'introduzione aggiornata agli studi contemporanei sulla teoria dell'attaccamento, ormai imprescindibile in psicologia, psicoterapia e sviluppo infantile. Holmes ripercorre l'evoluzione del lavoro di Bowlby, a partire dalla sua fecalizzazione iniziale sulla delinquenza e sulla deprivazione materiale e dalla sua insofferenza per l'impermeabilità della psicoanalisi nei confronti della scienza empirica, per arrivare sino all'affermazione della teoria dell'attaccamento come modello psicologico a se stante. Questa nuova edizione documenta l'esplosione dell'interesse per la teoria di Bowlby, con le ricerche e le nuove teorie dei suoi seguaci, che comprendono la scoperta da parte di Mary Main dell'attaccamento disorganizzato e la sua elaborazione àe\Y Adult Attachment Interview, le indagini sull'attaccamento in età adulta di Mikulincer e Shaver, e i contributi fondamentali di Fonagy, Bateman e Target. Vengono presi in esame anche i progressi nel campo della biologia e della neuroscienza dell'attaccamento. Questo libro, scritto in modo molto accessibile ma rigoroso dal punto di vista accademico da una figura autorevole in materia, resta la perfetta introduzione alla teoria dell'attaccamento per chi si interessi di psicologia, psichiatria, lavoro nel sociale e di cura.
Perché le persone si comportano in modo diverso alle prese con la medesima situazione? Perché, davanti alle avversità della vita, alcuni cadono in depressione, altri diventano aggressivi, altri ancora si fortificano? Perché alcuni si barricano in casa per paura mentre altri sentono il bisogno di evadere? Perché l'amore, a volte, degenera in dipendenza o in violenza? Perché alcuni soffrono per non soffrire mentre altri non vivono per paura di morire? A queste e ad altre domande risponde Manuel Villegas, a partire dalla concezione del disagio psicologico come risultato di costrizioni interne o esterne della libertà, sotto forma di vergogna, paure, dipendenze, sensi di colpa, ossessioni, pulsioni. L'essere umano non può evitare i conflitti che accompagnano la sua esistenza, ma può affrontarli con atteggiamento responsabile, imparando a gestirli in modo autonomo.
Guarire la frammentazione del sé integra nozioni teoriche basate sulle conoscenze neurobiologiche a proposito di trauma, dissociazione e attaccamento con un approccio pratico al trattamento, attraverso un linguaggio diretto, accessibile sia al paziente sia al terapeuta. Viene presentato un modello che pone l'accento sulla "risoluzione", una trasformazione della relazione con se stessi che sostituisce la vergogna, il disprezzo di sé e il senso di colpa con un'accettazione compassionevole. Gli interventi proposti sono stati adattati da numerosi modelli terapeutici all'avanguardia, che comprendono la psicoterapia sensomotoria, il modello degli Internai Family Systems, gli approcci terapeutici basati sulla mindfulness e l'ipnosi clinica. Il lettore arriverà alle pagine finali del volume con una salda comprensione dei modelli terapeutici rivolti all'attaccamento traumatico, del lavoro con i sintomi e i disturbi dissociativi non diagnosticati, dei metodi di trattamento basati sulla comunicazione "da emisfero destro a emisfero destro" e di molto altro ancora. Soprattutto, riceverà degli strumenti per aiutare i pazienti a creare un senso interiore di sicurezza e un legame compassionevole anche con le parti più disconosciute di sé.